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Gli scherzi della moneta

di Antonio Orlando

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6 Luglio 2019

Un  gruppo abbastanza numeroso di persone, che erano in crociera su una splendida nave, a causa  di un inaspettato naufragio, si ritrova  su un'isola, deserta ma accogliente, ricca di acqua dolce, alberi da frutto, selvaggina, pesci, ecc. Poiché l'isola è lontana da luoghi abitati e dalle rotte delle navi, i naufraghi non hanno speranza di essere salvati in tempi brevi e debbono pertanto organizzare la loro vita sul posto. Innanzitutto, decidono di restare uniti, di formare un gruppo che, con la coesione possa meglio fronteggiare le esigenze individuali. Il gruppo è molto eterogeneo, tra di loro, infatti, ci sono artigiani, agricoltori, carpentieri, calzolai, sarti, etc.  I naufraghi dispongono insomma di una ampia varietà di competenze, che possono anche agevolmente esercitare in quanto hanno potuto salvare dal naufragio attrezzi, strumenti vari e perfino sementi. Insomma, tutte le esigenze primarie dei naufraghi possono essere soddisfatte. Bisogna solo mettere all'opera i volonterosi, ognuno nella sua specializzazione. Si presenta subito un problema. Se il falegname costruisce una imbarcazione, il carpentiere e il muratore le capanne, i pescatori le reti, il sarto i vestiti, il calzolaio le scarpe (e loro come tutti gli altri), per tutto il tempo necessario a svolgere il loro impegno, non potranno procurarsi il cibo, l'acqua, un riparo e soddisfare, in genere, ogni altra esigenza pratica di vita. E non si può ricorrere al baratto, mancando i beni da scambiare.

La situazione è questa: potenzialmente vi è la possibilità di realizzare tutto quanto necessita a soddisfare le esigenze dei naufraghi, ma in pratica non si può concretizzarla se non si arriva a consentire ad ognuno la possibilità di disporre contemporaneamente dell'apporto di tutti gli altri.

Il problema appare insolubile, finché un impiegato di banca non suggerisce di ricorrere alla creazione di un titolo di scambio, un oggetto, che tutti debbono accettare, che sia simbolo di un certo valore, di una porzione di quello dei futuri beni da scambiare. Una sorta di credito di scambio o di baratto. In questo modo, il falegname sarà in grado di trasferire a chi gli darà cibo od altro, frazioni del valore dell'imbarcazione, per tutto il tempo in cui sarà impegnato nella costruzione e così tutti gli altri. Appare evidente che è stata inventata la moneta, che per certi aspetti potremmo chiamare titolo di credito.  

Uno dei ragazzi, che ha ancora non ha terminato il Liceo, nel corso di una delle abituali assemblee serali nella quali si dibattono tutte le questioni riguardanti la comunità, dopo aver preso il coraggio a due mani, interviene nella discussione e pone una serie di domande.

–Appare evidente  – afferma – che noi abbiamo inventato, o meglio, reinventato,  la moneta, o comunque la vogliate chiamare e se la chiamate titolo di credito, come sembra vogliate fare, il discorso non cambia.  Però io mi pongo e vi pongo, specialmente a quelli che se ne intendono, quattro domande

1.che tipo di moneta abbiamo creato?

2.da che cosa deriva il potere di scambio di questa  moneta?

3.quanta moneta riceverà ognuno di noi?

4.quando verrà creata questa moneta? All’inizio o alla fine di ogni ciclo produttivo?

Le domande del ragazzo caddero in un silenzio pesante ed il Presidente dell’assemblea, un attempato avvocato, non senza un certo imbarazzo, glissò elegantemente e passò all’altro punto all’ordine del giorno che era la costituzione di una scuola primaria per i venti bambini della comunità.

Dopo qualche anno, la comunità dei naufraghi, colpita improvvisamente da una malattia che causava forme di amnesia temporanea, decide che la moneta verrà stampata, in qualche modo, da un tipografo che non sa fare altro e verrà distribuita da un banchiere, il quale, non solo darà il denaro in prestito, ma chiederà anche un compenso, un interesse, fino a quando le somme fornite non saranno restituite.

I naufraghi si troveranno obbligati a prendere costantementea prestito il denaro necessario per far funzionare gli scambi e attivare la produzione. Tutta la comunità, complessivamente, si troverà nella necessità di prelevare denaro in quantità sempre crescenti per poter non soltanto restituire il capitale ricevuto, ma pagare anche gli interessi relativi. Quando il falegname restituirà al banchiere la somma avuta in prestito, dovrà infatti aggiungervi altro denaro per gli interessi. Denaro che dovrà procurarsi presso altri membri della collettività. Per farlo, dovrà aumentare il prezzo della imbarcazione costruita. Gli altri membri della comunità si trovano nelle stesse condizioni.

Il costo complessivo degli scambi è inevitabilmente destinato a crescere, a meno che si creino delle condizioni per le quali se non tutti, almeno parte dei beni prodotti possano registrare un calo del “costo” di produzione. Questa riduzione, ad esempio, potrebbe avvenire a seguito dell'addomesticamento di un bufalo selvatico che, addestrato a tirare un aratro, consentirebbe di triplicare la produzione di grano. Egualmente, l'invenzione di più efficienti tecniche di lavorazione, potrebbe consentire al falegname o al calzolaio di costruire una imbarcazione in tempi più ridotti o un maggior numero di scarpe. Nella collettività si verificherebbero, però,  almeno due fenomeni negativi.

Il primo, sul piano della cultura sociale. Tutti i naufraghi si troverebbero nella necessità di indebitarsi anche per le normali esigenze quotidiane, e verrebbero presi dall'affanno di procurarsi più denaro possibile, perché esso viene a trasformarsi, da strumento, in un “bene” autonomo.

Un clima di accanita competizione sostituirebbe la tranquilla e pacifica convivenza già esistente.

Il secondo, di carattere economico-sociale.

Una parte consistente della ricchezza prodotta verrebbe sottratta alla collettività, per finire nelle mani del banchiere. Naturalmente, poi, se la collettività decidesse di realizzare opere di interesse comune (un pontile di attracco per le barche, il tracciamento di strade, la sistemazione dei rifiuti, ecc.), si troverebbe nella necessità di chiedere il denaro occorrente al banchiere, cui dovrebbe corrispondere anche degli interessi.

Una situazione che richiederebbe l'imposizione di un prelievo fiscale sui naufraghi.

Il solito ragazzo, nel frattempo cresciuto senza aver potuto approfondire per mancanza di libri i suoi studi, ma che ha fatto ricorso alle competenze ed alla cultura di varie persone della comunità per cercare di colmare le sue tante lacune,  rivolge un quesito all’assemblea dei rappresentanti, organo elettivo che ora “governa” la vita della comunità

Per quali ragioni – afferma il giovane -  “il banchiere”, chiamiamolo così, è legittimato a chiedere il pagamento di interessi? E per quali motivi è necessario introdurre una tassa per costruire opere comuni, utili a tutta la collettività?

Anche questa volta le domande restano in sospeso, senza risposta.

A distanza di molti anni, dopo che molti dei sopravvissuti a quel naufragio sono stati salvati da una nave militare in transito, un bel mattino, alla ricezione dell'hotel “Bellavista”, situato nei pressi della stazione di una ridente cittadina del Lago di Garda, si presenta una giovane donna, piacente e spigliata, che spiega al proprietario di essere in zona solo per la giornata, ma, temendo di non riuscire a sbrigare le proprie incombenze in tempo utile per prendere l'ultimo treno per Roma, intende, per precauzione, prenotare una stanza. La bella signora, che si chiama Afrodite, è figlia di una coppia di naufraghi ed è cresciuta in quel clima libero, informale e semplice dell’isola.

Appare molto disinvolta, affabile, accomodante, disponibile ad accettare qualsiasi soluzione l’albergatore le voglia proporre. Notando le perplessità di questi e non avendo bagaglio, Afrodite gli propone di lasciare come cauzione, e con l'intesa di restituzione nel caso in cui non dovesse utilizzare la camera, un biglietto da 100 euro, scusandosi perché questo presenta un piccolo strappo in alto sulla parte sinistra, riparato peraltro con del nastro adesivo trasparente.

L'albergatore, che si chiama Tommaso, a questo punto accetta volentieri le condizioni; la gentile signora ringrazia, saluta ed esce dicendo che sarebbe, in ogni caso, tornata prima delle 19,00.  Tommaso sta per mettere in cassa il biglietto, quando Alberto, il pasticcere del bar di fronte,  gli comunica che ha appena consegnato in cucina i dolci e la torta per il compleanno della piccola Giulia, figlia di Tommaso,  e che gli spettano i 100 euro già pattuiti.

Il biglietto finisce così nelle tasche del pasticcere che, rientrando al negozio, si ricorda improvvisamente di dover ancora 100 euro al dentista per la rata dell'apparecchio correttivo della propria figliuola. E così si reca nello studio del medico e gli consegna lo stesso biglietto già ricevuto da Tommaso. Il dentista, a sua volta, quando – più tardi – chiude lo studio, si reca a ritirare l'auto dal meccanico al quale, in pagamento della riparazione dei freni, consegna quello stesso biglietto da 100 euro datogli dal pasticcere. Subito dopo si presenta in officina il rappresentante del sapone liquido per incassare il saldo ancora dovutogli. Il meccanico gli consegna lo stesso biglietto da 100 euro appena ricevuto. A fine giornata, il rappresentante, visto che non ha terminato il suo giro in città,  pensa che è meglio fermarsi per la notte all'albergo “Bellavista”, dove però Tommaso, spiacente, lo informa che tutte le stanze sono occupate e si  offre di telefonare ad un altro hotel per vedere se hanno delle camere libere. Ma proprio in quel momento, ecco entrare la giovane e bella Afrodite, che, avendo terminato prima del previsto i suoi impegni, comunica di avere tutto il tempo per prendere il suo treno per Roma e che perciò lascia libera la camera già prenotata.

Il rappresentante allora, ben contento, paga subito la stanza, consegnando all'albergatore il famoso biglietto da 100 euro con lo strappo in alto a sinistra e Tommaso, sfoderando il suo più bel sorriso, a sua volta, galantemente riconsegna alla giovane donna quel biglietto da 100.

–Ha visto signora, manco a farlo apposta…la stessa banconota! Come se l’avessi conservata per lei.

Afrodite riconosce subito la banconota dal piccolo strappo in alto a sinistra; non c’è dubbio che è lo stesso biglietto che lei in mattinata aveva dato a Tommaso; lo prende in mano, lo solleva in alto agitandolo leggermente e, allontanandosi ridendo, tira fuori l’accendino e gli da fuoco,  esclamando “ah, egregi signori,  ci tengo a farvi sapere  che questa banconota  è  falsa!“.

























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