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RENDICONTI DEL PARLAMENTO ITALIANO

DISCUSSIONI DEL SENATO DEL REGNO

VIII LEGISLATURA

SESSIONE DEL 1863-64

PRIMO PERIODO DAL 25 MAGGIO ALL'11 AGOSTO 1863

SECONDA EDIZIONE UFFICIALE RIVEDUTA

FIRENZE, 1871

COTTA E COMPAGNIA, TIPOGRAFI DEL SENATO DEL REGNO

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Eleaml.org - Dicembre 2016

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Presidente. Ora se il Senato crede passeremo alla discussione del progetto di legge sul brigantaggio: prego i signori Senatori di riprendere i loro posti.

Spero che il Senato vorrà dispensarmi dal leggere lo intero progetto che si compone di nove articoli, salvo a leggerli poi per metterli in votazione.

(V. Atti del Senato, N. 50.)

La discussione generale è aperta.

Senatore Audiffredi. Domando la parola.

Presidente. La parola è al signor Senatore Audiffredi.

Senatore Audiffredi. Non è sicuramente per fare opposizione ad una legge riconosciuta così necessaria e che fu così raccomandata da quella Commissione che sul luogo ha constatato i mali vari da cui è tormentata l'Italia meridionale, ch'io intendo di prendere la parola, soltanto mi preme di dimostrare che questi mali derivano da diverse sorgenti; principale è l'interesse politico di alcune fazioni colla speranza ancora di dividere l'Italia, speranza sicuramente illusoria. Ma non è men vero che questa speranza è mantenuta da alcuni nemici nostri che stanno in Francia; essi credono che sia facile di fare del legittimismo in Italia come sarebbe più possibile in Francia, tuttavia non sarebbe mai con mezzi consimili.

Il Borbone di Napoli, per ritornare sul suo trono, dovrebbe appoggiarsi sulla classe più corrotta, sulla camorra e sui briganti.

Quel Sovrano non mai sarebbe degno di portare la corona di un Regno d'Italia.

È necessario dunque che qualche volta si facciano sentire da noi quelle giuste doglianze per scoraggire quei nemici che tormentano l'Italia; essi credono ancora di assegnarcene i torti, quasicché dipendessero da noi i fatti derivati dalla più sconcia corruzione alimentata da persone che mi dà pena nominare, ma è pur vero che si cerca da quegli agenti politici di associare il clero a questa opposizione politica; quest'associazione ci affligge profondamente.

Spetta al clero la parte di conciliatore, né esso dovrebbe mai rendersi incitatore di discordie civili. E verissimo che si fanno grandi sforzi per indurre il clero a favorire il brigantaggio.

Questa condotta dei reazionari francesi è altamente vergognosa.

Senatore Vacca. Domando la parola.

Senatore Audiffredi. La mitezza di questa legge ognuno la sente; ciò che abbiamo sentito da persone la cui opinione non è minimamente sospetta ci persuade della necessità delle misure di rigore che sono proposte nella presente legge.

Sicuramente è penoso che il giudizio militare sia sostituito al giudizio civile, alle garanzie di un giudizio più regolare. Ma io spero che per l'avvenire si potrà mitigare il rigore della fucilazione col mezzo forse più efficace della deportazione.

La deportazione che cos'è infine? Quando un essere si rende insoffribile alla società, essa acquista il giusto diritto di liberarsene, di questo essere sospetto diverse volte accusato si ha giusta ragione di assicurarsi sopra tutto in tempi difficili quali sono quelli in cui si trova l'Italia meridionale.

Ancora si aggiunge, che l'oro straniero si spende largamente col fine di disaffezionare la Sicilia dalla causa nazionale; ma i Siciliani hanno dato luminose prove del loro patriottismo; tuttavia le masse ignoranti non sono in grado di giudicare quei perfidi consiglieri che li tradiscono.

Noi sappiamo che agenti salariati percorrono la Sicilia a suscitare il malcontento e la diffidenza contro il governo.

Quanti soldati non restano vittime nel combattere il brigantaggio?

Noi cerchiamo premurosamente di stabilire l'ordine politico e la sicurezza personale; cerchiamo di favorire l'istruzione, di facilitare i mezzi di comunicazione col mezzo delle vie ferrate, e delle vie ordinarie. Che torto abbiamo noi per attirarci la malevolenza delle provincie meridionali?

Non è men vero, che persone male intenzionate ci calunniano affine di suscitare un antagonismo pregiudicevole agli interessi nazionali.

Io credo altresì che il brigantaggio sia frutto in parte della miseria di quelle popolazioni. Questa miseria è frutto di una piaga sociale che abbiamo ereditato dal governo borbonico, ma che abbiamo il dovere di sanare.

Se consideriamo qual sia la condizione di esistenza di quelle disgraziate popolazioni, in quale stato furono lasciate dal governo borbonico, realmente quei briganti così feroci quasi ci fanno compassione.

Nessuno ignora che i salari sono bassissimi; in paesi in cui le terre sono molto fertili, l'agricoltura è molto indietro; non vediamo caseggiati, non praterie artificiali, non piantagioni, né tutto quello che costituisce un sistema regolare di coltivazione.

Vorrei dire al Ministero che una parte di quelle terre demaniali fossero date in locazione, ripartite a piccoli lotti alla classe più bisognosa, credo utile d'interessare alla proprietà quella parte di popolazione che ora la minaccia.

Quegli che soffre si crede in diritto di tutto osare per assicurare la sua esistenza: questa piaga profonda è la causa principale del brigantaggio.

L'agricoltura sola è quella che migliora l'uomo che gradatamente lo civilizza; noi vediamo infatti che i progressi dell'agricoltura seguono i progressi della civiltà moderna.

Io confido adunque che qualche proposta del Ministero venga a soccorrere ai bisogni maggiori di quelle disgraziate popolazioni che ora si danno al brigantaggio qual mezzo di campar la vita.

Presidente. La parola è al Senatore Vacca.

Senatore Vacca, Relatore. Io non potrei, signori Senatori, che saper grado all'onorevole preopinante il quale mosso certamente da lodevoli intendimenti stimava di entrare nell'arringo per discorrere di questa legge, comprendendone egli la grande importanza; ma io veggo, e non senza meraviglia, che l'onorevole Senatore Audiffredi parlando di questa legge ha creduto di fare una escursione inattesa in tutto il campo della politica esterna ed interna. Egli ha creduto di fare un'ampia rassegna di tutti gli elementi svariati i quali per avventura potrebbero entrare nella gran questione della pubblica sicurezza e del brigantaggio che vi si liga.

Dirò di più, egli ha creduto eziandio di invocare certe passioni ardenti, ed in questo campo io mi guarderò per certo dal seguirlo, imperocché penso che quando una questione di tal natura si dibatte qui in quest'aula, in questa regione serena non sia lecito di fare....

Senatore Audiffredi. Domando la parola.

Senatore Vacca, Relatore.... appello alle passioni irritanti.

lo credo che con miglior frutto la discussione abbiasi a circoscrivere nei suoi veri termini, guardandola con calma e con severo criterio perché se ne intenda tutta l'importanza e la gravità, e tanto più questo debito a me corre in quanto che, relatore dell'Ufficio Centrale, io non potrei per verità far passare una legge di un carattere si grave, aggiungerò pure sì nuovo, senza alcune osservazioni, le quali saranno dirette a far ben comprendere ed apprezzare al Senato gl'intendimenti e gli scopi di questa legge.

Lo farò colla maggiore brevità possibile poiché il tempo c'incalza, né ci consente larghezza di discussione.

Signori, questa legge, la quale porta l'epigrafe di legge di repressione del brigantaggio, risponde nella sostanza ad una questione anche più ampia, la questione di pubblica sicurezza, questione la quale nella meriggia Italia domina e sovrasta ad ogni altra: questione, dirò pure incompresa, perocché tutti i mezzi fin qui adoperati a restaurare la pubblica sicurezza in quelle provincie tornarono vani ed inefficaci: questione, dirò da ultimo, solidaria, imperocché ricongiunte felicemente tutte le parti dell'Italia divisa, egli è certo che i mali, i dolori e i pericoli di una qualunque parte di essa sano mali, pericoli e dolori comuni.

Il brigantaggio rappresenta uno dei più tristi episodi della pubblica sicurezza mancata in quelle provincie. lo non starò a ritesservi la storia del brigantaggio, né a spiegarne le molteplici cagioni morali. Tutto questo fu detto a sazietà, e se veramente si volesse entrare in questo campo, farebbe d'uopo di raddrizzare molti torti giudizi e molte false opinioni. Ma di questo lo ripeto, non mette conto a discorrere.

Il brigantaggio, o signori, è una piaga ancor sanguinante e viva, ribelle a tutti i mezzi i più efficaci di repressione; il brigantaggio corre la sua via fatale e non si arresta, e semina nel suo passaggio la morte, le stragi, le devastazioni e le rovine.

Che cosa fare in presenza di questa impotenza governativa? Vorremo noi dunque entrare in una via che ci condurrebbe per avventura all'esagerazione del rigore e del terrore, o invece sceglieremo una via opposta, quella cioè della mitezza e dei temperamenti di clemenza?

Signori! Qui Governo e Parlamento si trovano, dirò così, tratti da due correnti e due tendenze opposte.

E certo che se interrogate le provincie meridionali si leverà un grido immenso di dolore, s'invocherà ogni qualunque provvidenza straordinaria, eccezionale, estrema, per ristorare a qualunque costo la pubblica sicurezza manomessa e mancata.

Questo grido dei paurosi, lasciatemelo dire, ci condurrebbe, se fosse ascoltato, sino alla legge dei sospetti, sino ai comitati di salute pubblica. D'altra parte noi veggiamo una schiera d'uomini i quali, "fedeli ai principii e dirò pure ad un puritanismo alquanto esagerato, ma per motivi che io il primo dichiaro di rispettare, perché abbiamo comune la fede nei grandi principii, costoro gridano al sacrilegio qualunque volta cedendo alle alte necessità politiche si venga per avventura a disviare dai rigorosi principii dello Statuto, e dalle garantie di libertà. Or bene, in questo conflitto di opposte tendenze, io credo che il Governo ed il Parlamento si abbiano a tenere in una via mezzana, senza piegare né a dritta né a manca; poiché hanno torto coloro i quali sotto l'incubo della paura consigliano al Parlamento e al Governo gli arbitrii, le illegalità, il terrore; hanno torto perciocché non dobbiamo noi dimenticare che la via sdrucciola dell'illegalità e dell'arbitrio stabilisce per sé un tristissimo precedente il quale potrebbe un giorno invocarsi a loro volta dai nostri avversarii, hanno torto perché il sistema dell'intimidazione e del terrore è un arma che si spunta presto, e cade. E hanno torto eziandio coloro che, come io diceva testé, per esagerazione di puritanismo, vorrebbero assolutamente serbare incolumi le garantie costituzionali, qualunque sia la gravità dei casi e dei pericoli, hanno torto, dirò, perché dovrebbero ben considerare che le garantie della libertà, le franchigie costituzionali non sono, nella sostanza, che mezzi e strumenti per condurci al maggior ben essere sociale, e quando questo fosse compromesso e mancato, ne seguirebbe quel risultato che segnalava un gran pubblicista, il Sismondi, il quale diceva che quando la libertà non basta a provvedere ai sommi beni del viver civile la sicurtà di persone e di proprietà, allora sì che la libertà si piglia in uggia e si detesta. Ricordatevi adunque che la legge che sovrasta ad ogni altra è quella della pubblica salute.

Cosi la intese la sapienza degli antichi e dei moderni, fra i quali l'Inghilterra ne porge i più solenni esempi.

Premesse queste generali considerazioni, scenderò brevemente ad esaminare il carattere, gl'intendimenti e scopi di questa legge.

Questa legge a veder mio si propone tre scopi. Costituire la giustizia punitiva nei reati di brigantaggio libera, sciolta e rapida nella sua azione, togliendola alle pastoie e solennità della giurisdizione ordinaria. In secondo luogo economizzare l'applicazione della pena di morte restringendone i casi. In terzo luogo rinvigorire l'azione preventrice della pubblica sicurezza.

Vediamo se questi tre scopi andranno raggiunti mercé le prescrizioni che questa legge informano. Era un generale lamento, e l'onorevole Guardasigilli talvolta ne ha pure intrattenuto il Senato quando invocava leggi organiche dirette a rendere l'azione della giustizia punitiva più sciolta, più libera e più rapida; era un generale lamento, io dico, che di fronte a quella vasta mole di cause e di giudicabili la giustizia penale fesse impotente a rispondere alla gravità dei bisogni. Quindi l'ingombro dei carceri, il ristagno di migliaia di cause, di giudicabili, e tutto questo, ripeto, per I' impotenza dei mezzi e degli organi della giustizia punitiva. E qui, o signori, se per avventura taluno dei nostri sistematici detrattori volesse farci accusa di tai disordini e magagne dell'amministrazione della giustizia, noi potremmo bene rispondere che si piaccia quel tale gettare uno sguardo sulle penali statistiche e l'animo fuggirebbe atterrito vedendo che cosa l'umana nequizia sappia inventare e se veramente il brigante possa usurpare un sentimento di pietà eb' è sacro solo alle vittime.

Dunque riconosciuto questo bisogno vivissimo da un lato, questa insufficienza dall'altro, si è avvisato, e meritamente, a dei mezzi pronti, a dei mezzi straordinari. Ecco l'intendimento dell'art. 1 di questa legge, la quale costituisce la giurisdizione militare giudice dei reati di brigantaggio, però colla limitazione che ciò non si applichi se non nelle provincie dichiarate con Reale Decreto in istato di brigantaggio.

Sarà forse, o signori, a far censura di questa straordinaria giurisdizione? Io credo di no, e lo credo non solo per le ragioni che ebbi l'onore di esporre poco anzi al Senato, ma altresì perché il brigantaggio rende immagine di uno stato di guerra e nella sua forma più brutale e truce; dunque conviene che si subiscano dello stato di guerra le conseguenze ed i rigori.

Ma infine questa giurisdizione militare è siffattamente limitata e vincolata da non lasciar temere pericolo alcuno.

Leggete diffatti l'art. 1 e ne avrete la prova.

Diceva che il secondo scopo di questa legge egli è di economizzare la pena di morte.

Signori, io qui non istarò a sostenere una tesi accademica intorno alla legittimità ed efficacia della pena di morte.

Ma sia lode al vero, la pena di morte se voi la sciupate e la prodigate di troppo, è certo che l'effetto morale ne andrà perduto, perché ne verrà attutito quel senso di ribrezzo e spavento che si prova sol quando la pena del capo è serbata a grandi melefizi; se si chiedesse una prova di questo assunto si troverebbe negli esempi della rivoluzione francese quando nel parossismo della rivoluzione, nei giorni nefasti del Comitato di salute pubblica, dei furori di Marat, di Robespierre, di Collot d'Herbois, lo spettacolo, quotidiano della morte aveva generato profonda indifferenza negli animi, si montava al patibolo con esempi di stoicismo antico; le donne stesse intrecciavano ai vezzi della moda i simboli della ghigliottina rivoluzionaria!

Ciò vi prova dunque, che la pena di morte va adoperata con grande parsimonia. E qui scendendo a toccare un istante dei casi del brigantaggio ci vien narrato, ed è vero, che appunto questo grande sciupio che si è dovuto fare, per inesorabile necessità, del sangue e delle fucilazioni, ha generato un sentimento di profondo disprezzo della morte. Ci vien detto, che taluni dei briganti, di quelle efferate nature, intrepidi affrontano la morte e la guardano in viso senza paura. Ma che cosa vorrebbesi da ciò argomentare?

Io so bene, o signori, che i nostri avversari ostinati e disleali traggono appunto da ciò argomento per farci rimprovero di questa, che essi dicono ecatombe umana; essi sbagliano, calunniano e mentono.

Basterebbe, o signori, rammentare a cotesti nostri accusatori gli esempi notissimi della Vandea.

Eppure quella era guerra civile guerreggiata dai fanatici della fede religiosa e politica; eppure noi potremmo rispondere che non abbiamo a contare né i furori delle colonne infernali, né le atrocità di un Carrier, né tutto quello che mette ribrezzo a ricordare. E qui, o signori, a me corre un altro debito, e lo adempirò.

Si è voluto da taluni o ipocritamente, o calunniosamente gettare il vilipendio e l'onta sulla nostra prode e patriottica armata. Signori, io sento l'obbligo qui, in quest'aula di protestare altamente contro le indegne accuse.

Noi dobbiamo una testimonianza di stima e di grato animo a quei bravi soldati, i quali inspirandosi all'animo nobilissimo del Generale La Marmora, il cui nome è caro all'Italia ed all'esercito, ed è riverito da miei concittadini (io ne rendo testimonianza), si rassegnano ai più duri sacrifizi, combattono e muoiono senza prestigio di gloria, senza splendore di fama, senza allenamento di premio, salvo quello solo che sta nell'adempimento del proprio dovere e nel più alto sentimento di patriottismo (bravo).

Diceva dunque, che questa legge si mostra assai parca nella comminazione della pena estrema del capo. In effetto voi troverete che nell'articolo 2 la pena di morte è riserbata ai soli casi della resistenza armata mano verso la forza pubblica.

Certo niuno vorrà dubitare essere questo un caso in cui non si può transigere sulla pena estrema; eppure in questi casi, per un emendamento che passò nell'altro ramo del Parlamento si è pure rimesso all'arbitrio prudenziale del Tribunale militare, concorrendovi circostanze attenuanti, il discendere dalla pena della morte ai lavori forzati a vita.

Voi troverete che, fuori questo caso di flagranza e di resistenza armata alla pubblica forza, la pena di morte non è più fulminata dalla legge, vi è invece sostituita la pena dei lavori forzati a vita e, concorrendovi circostanze attenuanti, la pena dei lavori forzati a tempo; ma un fato solo unisce agli autori principali i ricettatori e conperanti materiali o morali; ed in questo io non saprei abbastanza dar lode al Governo ed alla Camera elettiva, poiché penetrandosi eglino del supremo interesse di percuotere principalmente coloro i quali, cento volte più rei dei briganti che combattono e muoiono, li aiutano, li sostengono, gli tengono mano, hanno declinato sennatamente dalle razionali teoriche del diritto comune, vale a dire dalla gradazione di complicità e li hanno adeguati nella pena.

Ma la disposizione benefica, la quale risponde anche ad un voto generoso che testé esprimeva l'onorevole Senatore Audiffredi, sta tutta nell'articolo 3 perciocché quest'articolo 3 stende una mano ed una parola benevola rivolge ài briganti e dice loro: presentatevi, costituitevi nelle mani della giustizia nel termine di un mese e a chi di voi presentandosi porrà giù le armi andrà rimessa la pena di uno a tre gradi.

Io credo, o signori, che da queste benigne e clementi provvisioni noi avremo a prometterci i più lieti risultati, imperroché io non ignoro e ne posso rendere diretta e certa testimonianza, che molti, sia dei capi, che dei gregari di quelle bande armate, si sono profforti più volte prontissimi a metter giù le armi, ed a presentarsi a condizione di aver salva la vita, e di veder cangiata la pena capitale in una deportazione.

Allora queste profferte furono respinte imperocché si trattava di un atto troppo grave, di una indiretta amnistia la quale avrebbe trapassato i poteri del Governo e del Ministero; ora io lo ripeto metto grandissima fiducia nell'efficacia e nel successo di queste benefiche e clementi disposizioni. Poiché a tal proposito mi piacerà ricordare, tornando alla Vandea, che quella vasta insurrezione non fu vinta dall'adopramento di mezzi feroci, né da supplizi e dal sangue, ma fu vinta e domata bensì dall'opera pacificatrice del prode generale Hoche, fu spenta e pacificata dal primo decreto della convenzione che la coprì coll'amnistia, poi dalla seconda amnistia data da Napoleone, primo console.

Non mi resta che a parlare dell'ultimo scopo di questa legge il quale sta nel dettato dell'art. 5; ma intorno a ciò potrò essere più breve, imperocché quest'articolo non è che la traduzioue compendiata di quelle stesse disposizioni intorno alla legge di pubblica sicurezza di cui il Senato ebbe ad occuparsi non a guari e che ottennero il suo voto, ma non l'ottennero nella Camera dei Deputati imperocché l'angustia del tempo non permise di completare la discussione. Qui dunque si tratta di armare il potere esecutivo di facoltà più ampie colle quali possa sorprendere il delitto nei primi passi e troncarne il corso, colle quali possa percuotere quella malnata famiglia, generazione di uomini di mal affare, rotti ad ogni opera rea. Si tratta insomma di soddisfare ad un bisogno vivamente sentito cosi in Sicilia come nel continente napoletano, cioè di vedersi liberati una volta da tutta questa bordaglia tristissima, poiché i camorristi di Napoli e gli accoltellatori di Palermo sono al certo la più gran piaga sociale che ci divori.

Signori, io non abuserò oltre dell'indulgenza del Senato, mi basterà avere così a grandi tratti delineato il carattere e il portato di questa legge.

Mi rimane a fare solo un'osservazione, ed è che l'Ufficio Centrale ha creduto che la redazione dell'art. 5 fosse conceputa in termini abbastanza indeterminati e vaghi talché potrebbe l'interpretazione di esso articolo creare equivoci e dubbi, epperciò, non potendo recarvi una emendazione o variante nell'assenza dell'altra Camera si è pensato, siccome scorgesi dalla relazione, di far marcare la convenienza di precisare bene i caratteri, e le definizioni delle categorie scritte nell'articolo perché nulla sia lasciato all'arbitrio rispetto alla sorte dei sospetti manutengoli, o camorristi.

Dopo queste spiegazioni, o signori, a me non rimane che a raccomandare al Senato l'approvazione di questo progetto di legge, che apporterà un gran bene a quelle affannate provincie, e servirà a rialzare le pubblica sicurezza così profondamente scossa e prostrata.

Presidente. La parola è al Senatore Audiffredi

Senatore Audiffredi. lo non abuserò certamente della pazienza del Senato, desidero soltanto di far rimarcare che il Senatore Vacca non ha contestato alcuna delle ragioni ch'io addussi in sostegno della legge; ma non so intendere come trovandomi con lui d'accordo, abbiano le mie parole potuto venire tacciate di irritanti.

Io non penso di aver portato la questione su d'un terreno irritante; è naturale che quando si vede che dall'estero si cospira a danno della causa nazionale, i membri del nostro Parlamento si mostrino giustamente risentiti, io penso che una parte dei francesi portino invidia alle nostre libere istituzioni; spetta a noi di smentire coi fatti e colle parole le calunnie inique dei giornali clericali; invece di difendere i diritti della religione e della giustizia, essi si compiacciono a contrastarci il godimento dei nostri diritti politici; lasciamo pur loro questa invidia, intanto diamo loro il buon esempio di consolidarci e di ristabilire l'ordine pubblico con quei mezzi, che sono in nostro potere; cerchiamo di' reprimere un brigantaggio che non si deve più chiamar politico, ma un ladroneccio.

La giusta prova di questo fatto si è che i nostri nemici sono costretti di assoldar briganti nella Spagna, nella Vandea e nell'Allemagna.

Presidente. Se non c'è altri che domandi la parola sulla discussione generale, essa s'intende chiusa.

Passo alla lettura degli articoli.

Art. 1.

«Fino dal 31 dicembre nelle provincie infestate dal brigantaggio, e che tali saranno dichiarate con decreto reale, i componenti comitiva o banda armata composta almeno di tre persone, la quale vada scorrendo le pubbliche strade, o le campagne, per commettere crimini o delitti, ed i loro complici, saranno giudicati dai tribunali militari, di cui nel libro II. parte Il del Codice penale militare, e con la procedura determinata dal capo 3 del detto libro.»

Per errore di copia si è ommesso dopo le parole 31 dicembre quelle di corrente anno.

Chi approva l'articolo 1 con questa correzione, voglia sorgere.

(Approvato.)

Art. 2.

«I colpevoli del reato di brigantaggio, i quali armata mano oppongono resistenza alla forza pubblica, saranno puniti colla fucilazione, o coi lavori forzati a vita, concorrendovi circostanze attenuanti.

«A coloro che non oppongono resistenza, non che ai ricettatori e somministratori di viveri, notizie ed aiuti di ogni maniera, sarà applicata la pena dei lavori forzati a vita; e concorrendovi circostanze attenuanti il maximum de'  lavori forzati a tempo.»

Senatore Farina. Domando la parola.

Presidente. Ha la parola.

Senatore Farina. Non ho certamente nò cose nuove, né di cui sia bene certo da dire relativamente a questo articolo; tuttavia non so dispensarmi dal far presenti alcune osservazioni che da persone pratiche delle località nelle quali infierisce il brigantaggio, furono a me stesso fatte.

Io, ripeto, non ho sufficiente conoscenza delle tendenze, delle abitudini, dei pregiudizi degli individui di quelle località, tuttavia venni assicurato che per molti di costoro riesce di maggior spavento l'idea di una deportazione che non l'idea della morte.

Se ciò è vero, io non saprei dispensarmi dal fare un eccitamento al Ministero, di occuparsi di verificare la cosa, e procurare di provvedere all'uopo.

Io non mi dissimulo la gravissima difficoltà che presenta l'effettuazione della deportazione; non mi dissimulo che nelle condizioni nostre. attuali essa non si potrebbe per il momento effettuare; ma nel tempo stesso che io non rifiuto il mio voto a questa disposizione di legge, non so trattenermi, ripeto, dal fare un eccitamento al Ministero affinché veda se realmente nel sentimento di quelle popolazioni è più potente l'idea della deportazione che nou l'idea della morte; e quando ciò fosse vero, se non sia possibile di trovar modo di applicare questa pena.

Io, lo ripeto, non mi dissimulo le difficoltà; dirò di più, non mi dissimulo l'impossibilità attuale di applicare questa pena, ma siccome credo che non vi sia, a lungo andare, nulla d'impossibile, cosi credo sia il caso di fare quest'eccitamento.

Ministro Dell'Interno. Domando la parola.

Presidente. Ha la parola.

Ministro Dell'Interno. Per quanto possa essere disputabile se in un sistema penale possa essere conveniente l'introdurre la pena della deportazione, ciò non ostante avuto riguardo alle speciali condizioni, che altra volta ho avuto l'onore di esporro al Senato, in cui si trovano certe provincie del regno, tanto il Ministero attuale quanto i Ministeri che lo hanno preceduto, hanno sempre volto il pensiero verso l'adozione, almeno come misura transitoria, della deportazione.

Fin ira però si sono incontrate molte difficoltà per trovare un luogo adatto: ma il Ministero non ismette dalle pratiche che fa a tal uopo, e non dispera di poter giungere ad un risultamento, dietro il quale sarà presentato al Parlamento un progetto di legge a questo riguardo.

Se non che io credo che l'onorevole Senatore Farina vada troppo «lire nell'importanza che dà alla pena o alla misura della deportazione: imperocché, per quanto grande esser possa lo spavento che incute, io mi sento poco inchinevole a credere che questo spavento sia maggiore di quello che incute la pena del supplizio estremo.

Presidente. Se non c'è altri che domandi la parola, metto ai voti l'art. 2. Chi lo approva s'alzi. (Approvato.)

Art. 3.

«Sarà accordata a coloro che si sono già costituiti o si costituiranno volontariamente nel termine di un mese dalla pubblicazione della presente legge, la diminuzione da uno a tre gradi di pena.

«Tale pubblicazione dovrà essere fatta per bando io ogni comune.»

(Approvato.)

Art. 4.

(Il Governo avrà pure facoltà, dopo il termine stabilito nell'articolo precedente, di abilitare alla volontaria presentazione col beneficio della diminuzione di un grado di pena.»

(Approvato.)

Art. 5.

«Il Governo avrà inoltre facoltà di assegnare, per un tempo non maggiore di un anno, un domicilio coatto agli oziosi, ai vagabondi, alle' persone sospette secondo la designazione del Codice penale, nonché ai camorristi, e sospetti manutengoli, dietro parere di Giunta composta del Prefetto, del Presidente del Tribunale, del Procuratore del Re, e di due Consiglieri provinciali.

Senatore Pareto. Domando la parola.

Presidente. Ha la parola.

Senatore Pareto. Io ho chiesto la parola per una spiegazione.

Questo articolo, quando era stato messo nella legge precedente votata dal Senato, non abbisognava della dichiarazione dello stato di brigantaggio per essere applicato. Era detto che nelle provincie meridionali avrebbero potuto questi oziosi, questi camorristi esser condannati, mancando a certe condizioni, ad un confine, a restare per un anno in un luogo determinato.

Vorrei sapere ora se, messo in questo modo nella nuova legge, è subordinato alla dichiarazione di brigantaggio.

Questa è la spiegazione che vorrei dal Ministro, perché se non fosse soggetto alla dichiarazione deMa provincia in stato di brigantaggio, mi sembrerebbe che si allargasse di troppo, perché allora potrebbe essere esteso a tutte le provincie. Ora non credo sia intenzione del Sonato applicare questo articolo a tutte le provincie indistintamente.

Ecco perché ho fatto una tale osservazione per chiedere al Ministro che chiaramente si spiegasse e dichiarasse che è nelle provincie soltanto che sono dichiarate in stato di brigantaggio che vien data al Ministero la facoltà indicata dall'articolo quinto.

Ministro dell'Interno. Domando la parola.

Presidente Ha la parola.

Ministro dell'Interno. Io credevo che nella relazione colla quale ho avuto l'onore di accompagnare questo progetto di legge al Senato fosse assai chiaramente spiegato il concetto che informai! progetto stesso; concetto che mi pare sia stato perfettamente inteso e spiegato anche nella relazione dell'ufficio Centrale, ed è che questo progetto è sorto dalla necessità nella quale è sembrato ali altro ramo del Parlamento che si fosse, di provvedere alle condizioni eccezionali della pubblica sicurezza nelle provincie meridionali, in seguito della impossibilità in cui il Parlamento si è trovato di procacciare la sanzione dei due rami del Parlamento istesso ed al progetto di legge per la repressione del brigantaggio iniziato nell'altra Camera, ed al progetto per alcune disposizioni relative alla pubblica sicurezza nella Sicilia e nelle provincie Napoletano iniziato dal Ministero in Senato.

A fronte di questa materiale impossibilità si pensò di provvedere temporariamente per il tempo necessario a poter poi riprendere la discussione e sull'uno e sull'altro degli anzidetti progetti di provvedere, dico, con questo che ora è sottoposto alle deliberazioni del Senato, il quale consta principalmente di due parti, una repressiva, l'altra preventiva.

La parte repressiva più specialmente tratta dal progetto di legge per la repressione del brigantaggio si concreta nell'art. 1, cioè nella sostituzione dei tribunali militari ai tribunali ordinarli, e per questa è chiaramente esplicita la necessità della dichiarazione che la provincia è in istato di brigantaggio.

In ordine alla parte preventiva, su questa misura che trovasi e nell'uno e nell'altro dei due progetti di legge cui il presente è in parte sostituito, fu nell'altro ramo del Parlamento esplicitamente dichiarato concordemente fra Ministero e Commissione, ed è pure stato esplicato nella relazione tanto del Ministero quanto dell'Ufficio Centrale del Senato, non essere tale misura applicabile solo alle provincie dichiarate in stato di brigantaggio, ma anche alle altre provincie cui questo progetto di legge si riferisce.

Senatore Pareto. Domando la parola.

Ministro dell'Interno. Infatti, signori, nelle provincie dichiarate in stato di brigantaggio meno che nelle altre, queste disposizioni preventive potranno riuscire opportune ed efficaci, imperocché là piuttosto di azione repressiva che preventiva fa di mestieri: egli è principalmente nelle altre provincie, in quelle dove il brigantaggio per anco non è sorto, dove le condizioni della pubblica sicurezza sono quelle che avevo l'onore di esporre al Senato pochi giorni fa, che queste disposizioni possono riuscire eminentemente opportune.

Egli è per questo che è stato inteso e dichiarato esplicitamente come i vani articoli di questo pn getto di legge siano indipendenti l'uno dall'altro, e come la dichiarazione di stato di brigantaggio sia necessaria per la sostituzione della giurisdizione militare all'ordinaria, ma che tutte le altre misure preventive debbono particolarmente applicarsi a quelle fra le provincie meridionali dove le condizioni della pubblica sicurezza sieno tali da rendere necessarii questi provvedimenti, la necessità dei quali fu riconosciuta e dal Senato e dalla Camera dei Deputati in occasione di discussioni di altri progetti di legge.

Presidente. La parola è al Senatore Pareto.

Senatore Pareto. Io ben mi apponevo che questo articolo messo nella legge del brigantaggio avesse una portata molto maggiore di quel che mi sembrava, poiché io capivo che potesse stare senza di quello; ma nella prima legge votata dal Senato era limitato alle provincie meridionali dove c'è bisogno di maggior rigore in queste circostanze; ma in questo modo è dichiarato non dipendente dell'art. 1 e nessuno toglie che possa essere applicato anche nelle nostre provincie, perché delle provincie meridionali non si parla punto; nella legge sulla sicurezza pubblica come era stata votata dal Senato era detto: in Sicilia e nelle provincie meridionali il Governo avrà diritto, ecc., ma nel nuovo progetto, di provincie meridionali non si fa parola, si parla invece di provincie dichiarate in istato di brigantaggio, e dalle parole del signor Ministro risulta che questo art. 5 è applicabile dappertutto, e quindi anco nelle provincie settentrionali, dove non vi è ragione nessuna di adottare una tale misura eccezionale.

Capisco che il signor Ministro non ne farà abuso, ma ci sono certe armi che non si debbono sì di leggieri lasciare nell'arsenale ministeriale; abbiamo veduto una volta che avevamo votato i pieni poteri per fare la guerra, che di questi pieni poteri si è abusato per fare leggi organiche, di organizzazione provinciale, di istruzione pubblica e di mille altre cose, di modo che in un sol giorno furono promulgate, non so in quante ore, una quarantina di leggi per lo meno che non avevano che far nulla colla difesa del paese.

Io penso che si potrebbe da un Ministero abusare di questa legge per estendere alle nostre provincie queste misure eccezionali che noi crediamo solo applicabili alle provincie meridionali.

Ma, ripeto, è vero che certe armi in mano dei Ministri sono pericolose, perché se deve supporsi che il Ministro attuale non ne abusi, esso può cambiare da un giorno all'altro; e se l'attuale non ne abuserà, potrebbe abusarne il futuro, e perciò conchiudo opinando che non si può lasciare al Governo questo arbitrio.

Ministro dell'Interno. Domando la parola.

Presidente. Ha la parola.

Ministro dell'Interno. Ho chiesto la parola unicamente per fare osservare come la genesi di questa legge deve pienamente rassicurare; imperocché come aveva avuto l'onore di notare poc'anzi, è sorta da due leggi le quali si riferivano unicamente alle provincie meridionali, quindi non è venuto in mente a nessuno che dessa potesse estendersi alle altre provincie che non erano contemplate in quelle leggi alle quali fu questa sostituita.

Egli è perciò che le dichiarazioni fatte nell'altro ramo del Parlamento si ripetono qui, l'origine stessa di questa legge nata da fatti che riferiscono solo alle provincie meridionali, è tale argomento da rassicurare pienamente tutti coloro che credessero che da essa si desse un'estensione maggiore di quella che è stato nell'animo di darle e dall'altro ramo del Parlamento e dal Ministero istesso.

Presidente. Il signor Senatore Audiffredi ha la parola.

Senatore Audiffredi. Capisco benissimo che nella proposta di legge non si sia voluto fare alcuna eccezione; ma non è questo lo scopo per cui intendeva di prendere la parola, mi consola che questa sia di poca durata, giacché mi rincresce che i generosi ufficiali della nostra armata siano chiamati a giudicare le penalità di questa legge; essi che si mostrarono così generosi d'ogni maniera di sacrifizi non ameranno di essere esposti alle calunnie della gente di mala vita, faccio voti sinceri perché questa legge venga presto modificata, che vi si tolga il giudizio militare e che vi siano sostituiti altri tribunali civili. Io credo che i consiglieri provinciali potrebbero esser chiamati a far parte di questi tribunali..

Presidente. Ha la parola il signor Senatore Farina.

Senatore Farina. Accetto le dichiarazioni del signor Ministro, e le tengo per buone, nelle circostanze in cui siamo, io credo che e l'origine e la genesi, come diceva il signor Ministro dell'Interno, della legge e le dichiarazioni che ha fatte, possano tranquillare sufficientemente il Senato circa l'applicazione della legge medesima, la quale d'altronde non è che una legge di breve durata. Solo io vorrei un'altra spiegazione, ed è questa:

Dacché l'art. 5 non è in relazione coll'art. 1, amerei di sapere quali siano i sospetti manutengoli, ai quali si potrà prescrivere un soggiorno, si potrà applicare in sostanza la legge dei precetti che era in vigore in Lombardia ed in Toscana.

Questi sospetti manutengoli si riferiscono alla Camorra a tutti i delitti in generale. Se si riferiscono alla Camorra, io non avrei ad opporre nessunissima difficoltà, ma se si riferissero a tutti i delitti in generale, il sottrarre la cognizione di questa specie di complicità ai tribunali ordinari per attribuirla a giudici eccezionali, sarebbe al certo materia che dovrebbe formare oggetto di più ponderate considerazioni.

Pregherei quindi il signor Ministro a dirmi se la parola di sospetti manutengoli che non è più in relazione coll'art. 1, perché, come abbiamo sentito, quest'art. 1 è affatto distinto e separato nell'applicazione dall'art. 5 per cui la parola manutengoli non è più in relazione col delitto di brigantaggio, si debba ora intendere circoscritta ai manutengoli della Camorra, oppure estesa ai manutengoli di qualsiasi altro delitto. Prego il sig. Ministro a darmi questa spiegazione.

Ministro Guardasigilli. È vero che l'articolo 5 non è in relazione coll'art. 1 in quanto che esso avrà impero e vigore anche nelle altre provincie che non sieno dichiarate in stato di brigantaggio, ma non di meno è indispensabile, perché può accadere che vi sia il brigantaggio in una provincia, senza che prenda uno sviluppo di natura tale da costringere il Governo a dichiararla in stato di brigantaggio, c stabilire una giurisdizione eccezionale. Così vi potrebbe essere in tali provincie manutengoli anche senza che fossero soggette quelle provincie alle disposizioni dell'art. 1.

Può accadere ancora che vi siano manutengoli in una provincia in cui non vi sia il brigantaggio, e che porgano aiuti, somministrazioni o facciano pagamenti a briganti che infestano altre provincie.

E quindi evidente come possa accadere che la disposizione dell'art. 5 sia applicata in luoghi, che non sieno stati dichiarati in stato di brigantaggio.

L'osservazione poi fatta dall'onorevole Senatore Farina intorno alle persone indicate con la designazione di sospetti manutengoli, non ha valore quando egli rifletta che, se il manutengolo, complice dei briganti, prenda parte attiva nel reato del brigantaggio, il medesimo cade sotto la sanzione dell'articolo 1 e 2 della legge.

Nell'articolo 5 il sospetto manutengolo è quel tale individuo sul quale l'autorità di pubblica sicurezza, sia per i suoi precedenti, sia per la sua condona, ha serii dubbi che tenga mano al brigantaggio, senza che vi sieno prove tali da poter intentarsi contro di lui un giudizio regolare.

Questi sospetti manutengoli hanno dall'art 5 una guarentigia nel parere di quella Giunta cui è deferito il giudizio intorno ai fatti del sospetto; il sospetto in una parola corrisponde a quelle notorietà che molte volte indiziano una persona senza che possa concretarsi contro di lei una prova che valga a tradurla in giudizio. Passi perciò evidente che l'articolo 5 non è in contraddizione coll'articolo 1.

Senatore Pareto. Avevo chiesto la parola per fare l'osservazione al signor Ministro, che egli è vero che ci fa la genesi e la storia di questa legge e cerca di spiegare come essa sarà applicata; ma io ho sempre sentito a dire che la legge si applica sempre nei termini in cui è scritta.

In generale non si va mai a studiare la genesi delle leggi nelle discussioni che si sono fatte nel Parlamento, salvo che in certi rarissimi casi in cui faccia mestieri di vedere quale è il significato di certe frasi; ma le leggi stanno come sono scritte, e molte volte è pericoloso l'accordare certe facoltà, perché non si sa come saranno applicate.

Senatore Farina. Domando la parola.

Presidente. Ha la parola.

Senatore Farina. Prendo atto delle dichiarazioni del Ministro, e dacché mi assicura che la legge non si applicherà che ai sospetti manutengoli di brigantaggio, mi tengo per pago. Sarebbe per verità desiderabile che le cose fossero state spiegate meglio; ma ciò pur troppo è quello che avviene, quando si improvvisano emendamenti che non sono stati col rimanente della legge coordinati.

Presidente. La parola è al Senatore Vacca.

Senatore Vacca. Relatore. Dopo le ampie spiegazioni fornite al Senato dagli onorevoli Signori Ministri dell'Interno e di Grazia e Giustizia, l'Ufficio non trova che aggiungervi.

Dirò solo che il concetto nei termini in cui lo chiariva e lo presentava il Ministro dell'Interno è quello appunto che parve all'Ufficio Centrale opportunissimo ed accettabile. In conseguenza in questa parte si trova pienamente l'Ufficio Centrale d'accordo col Ministero.

Presidente. Esaurita la discussione sull'articolo 5, lo metto ai voti

Chi lo approva sorga.

(Approvato.)

Art. 6.

«Gli individui di cui nel precedente articolo, trovandosi fuori del domicilio loro assegnato andranno soggetti alla pena stabilita dall'alinea 2 dell'art. 29 del Codice penale, che sarà applicata dal competente Tribunale circondariale.»

(Approvato.)

Art. 7.

«Il Governo del Re avrà facoltà di istituire compagnie o frazioni di compagnie di volontari a piedi od a cavallo, decretarne i regolamenti, l'uniformo e l'armamento, nominarne gli ufficiali e bass'ufficiali, e ordinarne lo scioglimento.

«I volontari avranno dallo Stato la diaria stabilita per i militi mobilizzati; il Governo però potrà accordare un soprassoldo, il quale sarà a carico dello Stato.

(Approvato.)

Art. 8.

«Quanto alle pensioni per cagioni di ferite o mutilazioni ricevute in servizio per la repressione del brigantaggio, ai volontari ed alle guardie nazionali saranno applicate le disposizioni degli articoli 3, 22, 28, 29, 30, 3l e 32 della legge sulle pensioni militari del 27 giugno 1850. Il Ministero della Guerra con apposito regolamento stabilirà le norme per accertare i fatti clic danno luogo alle pensioni.

(Approvato.)

Art. 9.

«In aumento del capitolo 95 del bilancio approvato pel 1863 è aperto al Ministero dell'Interno il credito di un milione di lire per sopperire alle spese di repressione del brigantaggio.»

(Approvato.)

Presidente. Si procederà all'appello nominale per lo squittinio segreto sopra questo progetto di legge.

Domani alle due si terrà adunanza pubblica per la discussione de'  seguenti progetti di legge.

1. Cessione allo Stato della ferrovia Vittorio Emanuele, sezione Ticino, e concessione delle strade ferrate Calabro-Sicule.

2. Approvazione delle convenzioni postali col Portogallo e col Belgio.

3. Approvazione della convenzione col Municipio di Torino pel compimento del palazzo Carignano.

4.Spese per opere nel porto di Livorno.

(Il Senatore, Segretario, San Vitale fa l'appello nominale.)

Risultato della votazione:

Numero dei votanti... 83

Favorevoli.... 73

Contrari.... 10

Il Senato approva.

La seduta è sciolta (ore 5)























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