Eleaml - Nuovi Eleatici


Leggiamo in questo testo non sospettabile di simpatie borboniche:

“Nigra nulla faceva senza consultare l'oracolo di Spaventa; e sua prima cura, appena venuto in Napoli, fu di spendere 80 mila ducati per far mobigliare il suo appartamento, mentre eranvi migliaia e migliaia d’infelici che languivano nella miseria...

Nigra educato alla scuola di piazza Castello, la di cui prima massima è di corrompere, e quando si trovassero uomini incorruttibili diffamare, mise subito in pratica le lezioni del maestro nell’occasione della convocazione dei Collegi Elettorali.

[…] un Ministero senza logica e senza robustezza, sotto la influenza di un egoistico municipalismo, puntellato da tarlate gruccie di compra e bugiarda stampa, accerchiato da un empia setta di demolitori, sitibonda di ciondoli, lucri, ed arbitri, quasi tutta appartenente alla falange degli emigrati, spedita da Torino in queste Provincie col mandato di organizzare le nostre Amministrazioni, e che in poco tempo, con insensata condotta, senza ordine e senza un piano tracciato, organizzò con sopraffina arte la più tremenda anarchia, il più gigantesco malcontento; gittò le nostre Amministrazioni in una confusione senza esempio, riempendole di guasti, di ruine, e di Piemontesi, rovesciando tuttocciò vi esisteva di buono e di ottimo, obbligando infine, con una non interrotta opera di distruzione, a ritirarsi dalla vita pubblica i più luminari del nostro paese, specchi di onestà probità e senno politico: un Ministero che per ben tre duri anni ha manomesso e dilapidato la pubblica finanza, ha paralizzato le fonti della ricchezza nazionale, ha inalberato la bandiera della corruzione e della immoralità, ha caricato il paese di tasse odiose, e di debiti ingenti, e che in pien'Aula Parlamentare confessa che si è profuso il danaro della Nazione con spensieratezza: un Ministero che amministra le nostre Provincie trattandole come se popolate di schiavi conquistati.

[…] dico subito, poicché la piaga del brigantaggio da qualche tempo non curata incomincia ad essere cancerosa, e potrebbe produrre la terribile conseguenza di far distaccare dal resto dell’Italia il Napoletano; distacco che sarebbe il colpo di grazia all'Unità della Patria, si miseramente contrastata dai Moderati, specialmente di Torino.”

Zenone di Elea – Aprile 2015

RELAZIONE SULLA VERA SORGENTE DEL BRIGANTAGGIO

SU I SUOI FAUTORI E COMPLICI

ED ESPOSIZIONE DE' MEZZI ATTI A DISTRUGGERLO

PER LUIGI GARGIULO

EX-LUOGOTENENTE DELLA DISCIOLTA ARMATA MERIDIONALE

A beneficio de' danneggiati della guerra in Polonia

NAPOLI

Stabilimento Tipografico DE' FRATELLI DE ANGELIS 

VICO PELLEGRINI N.° 4. 

1863

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PROGRAMMA

La pertinacia di un Governo del quale ogni atto tende a rendere illusoria quella Unità Nazionale sancita in solenne Plebiscito, e proclamata dei Rappresentanti della Nazione nel Parlamento ltaliano: il libero campo che dassi ad audaci cospiratori che, illusi dalle arti dell’abborrente pretume, sorretti dai Governanti istessi, fansi lecito congiurare a visiera scoverta: l’ardore dei buoni che di giorno in giorno scema, e lo comprime tacita malinconia: una serie di affanni che indebolisce la nostra fede: le stragi, la desolazione, il tutto, la miseria, la devastazione, le rapine, e l’incendio, serie non interrotta di mali fa soffrire il brigantaggio: e la inqualificabile inerzia del Governo, mi spinsero per effrenato sentimento di Amor Patrio a pubblicare nelle colonne dell'Indipendente Giornale l‘Unità Italiana in Milano una breve relazione sulla vera sorgente del brigantaggio, su i suoi fautori e complici, riprodotta poscia dalla patriottica Gazzetta di Napoli.

Più tardi, poiché quel lavoro era incompleto, cercai svilupparlo, aggiungendovi le norme a praticarsi per la completa distruzione di esso, firmandone il presente opuscolo, nel doppio scopo e di coadjuvare i danneggiati dalla guerra in Polonia, mentre il prodotto della smercio di tutte le copie sarà invertito per intero a prò degli stessi, e d’illuminare il Governo, se non vuole tener chiusi ancor gli occhi alla luce della verità.

Napoli 15 marzo 1863.

BREVE RELAZIONE

sulla vera sorgente del brigantaggio
su i suoi fautori e complici ed esposizione de‘ mezzi atti a distruggerlo

È necessario far conoscere lo stato lagrimevole in cui trovansi queste sventurate provincie, a causa della falsa politica del Governo moderato, la quale non conduce alla Unità dell’Italia votata dal Parlamento Italiano: sarò fermo e severo, non per far guerra al Governo come Ente Governo, ma ad un erronea programma malauguratamente iniziato, difeso, e sostenuto da un partito che fatalmente siede al potere, e che col continuo sgoverno ha regalato alle nostre Provincie la desolazione, l'incendio, la rapina, lo stupro, la devastazione, il lutto, la miseria, la guerra civile: seguirò il programma dell’Onorevole Deputato Nicotera, che in pieno Parlamento diceva – Se noi volessimo far guerra al Governo come Ente Governo allora dovremmo battere le mani al Commendatore Rattazzi, e pregarlo che facesse di più di quello che ha fatto –. Seduta de’ 25 novembre 1862, sicuro di trovare valido appoggio. appo tutti gli uomini probi ed onesti, quali solamente 10 venero e stimo.

Il male più grave che travaglia oggi queste Provincie è il brigantaggio, a cui bisogna apportare pronto rimedio se si ama l’onore della Nazione, e si vuole sinceramente l'Unità della Patria: e questo rimedio conviene che sia sollecito ed energico, atteso l'aumento delle compagnie di briganti,

e la colluvie d’infiniti mali che ne derivano, alla vista dei quali anco i moderati di buona fede non hanno più coraggio, fra noi, di difendere l’attuale sistema governativo. Accennerò alle varie cause che provocarono il brigantaggio, cause inerenti allo stesso sistema, verificatesi sotto le diverse Luogotenenze che sgovernarono a Napoli; alle sue speciali fasi; ai suoi fautori e complici; alle ragioni per cui non è stato completamente distrutto nel 1861; perché sia oggi ingigantito; alla influenza ch’esercita questo flagello sullo spirito politico delle masse; ed ai rimedi infine da apportarvi.

«Nel 1860, dopo la resa di Capua, venne Luogotenente in Napoli Farini; trovò queste Provincie entusiaste per l’Unità; trovò l’Esercito Meridionale forte di circa 40mila volontarii; trovò le opere pubbliche sospese, perché nella guerra sostenuta contro i Borboni s’impiegarono i fondi comunali e provinciali onde sostenere l'improvvisato esercito di Garibaldi, che si formava nelle diverse provincie a piccoli contingenti, e mano mano ingrossavano il nucleo principale, che trovavasi al Volturno,

Il Luogotenente Farini sapeva tanto delle nostre provincie, quant’io so delle regioni Asiatiche: inconscio all'atto dei nostri bisogni, credette bene di accerchiarsi di uomini nati in questo paese; ma questi pensarono a mungere l’erario per impinguare le loro borse, e nulla si curarono della pubblica cosa, mettendo sempre innanzi il loro patriottismo. Nei fatti però, essi erano e sono tuttavia i più accaniti nemici dell’Italia, e formano gli elementi principali della famosa consorteria.

Alcuni di questi uomini subirono condanne politiche sotto il Borbone; poscia, esiliati, si ricoverarono nella santa Torino, ove cospirarono a favore di Murat: uno, fra questi, fu in seguito uomo di stato governativo; e molto prima del 1860 spediva in Napoli, sotto falso nome, il suo confidente....., onde preparare il terreno in favore di Murat. Questi tali sospesero il lavoro dei loro intrighi, dopocché Garibaldi nel 1860 pose piede in Calabria, e invece manovrarono onde l’antico Piemonte assorbisse queste Provincie! Quando nell’ottobre del 1860 Garibaldi voleva stabilire i patti per l’annessione, onde spianare la strada alla completa Unità d’Italia, Conforti, aiutato dai suoi, minava il piano di Garibaldi, e preparava una dimostrazione al grido di morte a Mazzini, morte a Crispi, ai Repubblicani, vogliamo il Plebiscito: il popolo, al quale questi intriganti della consorteria avevano dipinti i repubblicani, come nemici dell’Unità d’Italia e degl’ltaliani, gridava morte al Repubblicani, vogliamo il Plebiscito, e non volle ascoltare la voce del suo liberatore, di quel Garibaldi, che dall’alto del poggiolo della Foresteria diceva: Popolo, chi t‘ha consigliato queste voci è nostro nemico, è nemico dell’Unità Italiana; noi dobbiamo andare a Roma, in Campidoglio faremo il Plebiscito. Come voleva Cavour e la consorteria fu votata l'annessione quasi incondizionata, e noi avemmo il brigantaggio, e Garibaldi relegato a Caprera, poscia ferito ad Aspromonte ed imprigionato al Varignano; e abbiamo oggi Roma e Venezia ancora schiave. Tali uomini se potessero in certo modo difendere le loro tendenze Murattiane prima del 1859, certo non potrebbero giustificare l’avvilimento in cui han gittato queste una volta ricche provincie Meridionali, e la guerra che fanno agli uomini della rivoluzione, forse per preparare di bel nuovo il terreno al Cugino del Magnanimo Alleato.

Farini, accerchiato da questi uomini, e per loro consiglio, ordinò che non si compissero le opere pubbliche di già intraprese; ma invece si studiassero le opere pubbliche più utili ad eseguirsi; e freni tanto che si studiava, l’operaio restò per più d’un anno senza lavoro, e moriva di fame... Con soprusi, maneggi, ed infamie si riuscì a sciogliere l’Esercito dei volontarii, e più di 20 mila giovani furono gittati sulla strada, e fra questi ve n'erano molti bisognosi, e perché chiedevano pane, furono caricati alla baionetta, per ordine del famoso Spaventa, ora segretario degl’interni, in predicato di ministro, e ministro di fatto.

I settantamila soldati borbonici fatti prigionieri dal ministro Fanti furono rinviati alle loro case, scalzi, laceri, e senza mezzi, per essere poi richiamati sotto le armi a tempo più opportuno. Per tal modo, in men d’un mese, venivan posti in balia della fortuna e senza mezzi più di 100mila uomini tra borbonici e Garibaldini, oltre il numero grandissimo degli operai senza lavoro. Si gridò, si pregò il governo onde riparasse a si grave errore, ma Farini pensava invece a menare una vita da Sardanopalo, per aver la gloria di morir povero, ed i signori di Torino non s’ occupavano. di questa miserie. La carità cittadina in sulle prime venne in soccorso. dei più bisognosi, ma questi crescevano ed i mezzi scemavano; di più successe l‘inverno, maggiori quindi i bisogni. Molti borbonici, molti operai e coloni senza lavoro e senza pane, costretti dall’incalzante necessità, fecero causa comune; si misero a scorazzare per le campagne rubando e devastando. Francesco II e i preti di Roma profittarono della buona occasione, e da qui ebbe origine il brigantaggio, che, sorto da una quistione economica, più tardi assunse forma, aspetto, e scopo politico.

La non curanza in che ebbe Farini dei preti liberali, fu uno dei gravissimi errori politici: difatti costoro si trovavano nella più falsa posizione: i Vescovi li sospesero a divinis, ed il governo non curandoli li abbandonava alla paterna di loro vendetta: di talchè furono obbligati per un bel tratto di tempo a vivere di Carità cittadina. Or perché il sig. Farini non provvedeva per tutti i preti liberali sospesi capricciosamente a divinis per ragion politica dai loro Vescovi, facendoli celebrare per conto della Nazione nelle chiese dipendenti dal governo, e così non costringerli a mendicare, e non dare uno scandalo al paese. La sola Abbazia di S. Antonio Abbate in Napoli, che dipende direttamente dal Governo, bastava per provvedere a tutti: oltre il tanto ricco Pio Monte della Misericordia, la Chiesa di S. Brigida, la Cappella Palatina, e tante e tante altre Chiese tutte di dipendenza governativa; poteansi piazzare come Rettori ne' diversi Licei e Collegi, nell’Albergo dei Poveri ‘e sue dipendenze, nella Scuola Veterinaria, negl’Incurabili, ne’ Pellegrini, ed in tanti svariati stabilimenti dipendenti dal governo: invece si vedea e tuttodì si vede lo specioso spettacolo che de’ beni pasciuti preti insinuano dal pergamo massime contro il governo attuale, e si pappano pacificamente e beatamente il soldo mensile che lor paga il governo istesso per cappellanie a diverse Chiese di sua dipendenza; ed i preti liberali, se non vogliono morir d'inedia, son costretti per vivere ad abiurare ai loro principi politici. Di grazia dopo questi scandalosi esempi come si pretende che il Clero sia liberale? Oh quanti di quelli che sembrano accaniti papisti son fin nelle midolla liberali, ma poiché veggono il Governo esser più debole dei Vescovi, e che costoro han maggior forza dello Stato zittiscono e crepano!...

L’essere nel Clero uno spirito borbonico papista non è conseguenza di un errore governativo‘!

Qual favorevole prospettiva, o qual premio si è ancora dato ai preti liberali, che dal pergamo spiegano alle non‘ ancora dirozzate masse le vere massime del Vangelo, ed il vero Amor Patrio? Miseria, persecuzione, null’altro che questo è spettato a qualche mai capitato che credeva giunto il momento di gittar giù la maschera e qual ne è stata la conseguenza? Che taluni dimentichi della Santità del loro ministero di carità e di pace senesi fatti i propugnatori del brigantaggio, ed invertono contro la patria i mezzi dati loro per esercitare le virtù evangeliche. Tralascio parlare delle insinuazioni ne. confessionali, domestico spionaggio istituito nello interesse de’ governi tirannici, e che ha per puntello il Papato, insinuazioni che turbano le coscienze e la sana politica, e procacciano amici al Borbone; le benedizioni segrete che dànno ai neofiti-briganti, incoraggiandoli a morir martiri per la Santa Chiesa; infine una vera crociata su scala vasta. Son queste le conseguenze tutte del primo passo falso, ed i frutti che si raccolgono da quella semina. Dopo lo sgoverno di due o tre mesi, Farini il povero cadde sotto il peso dei suoi errori, lasciando queste Provincie in uno stato deplorabile. Ora egli è ministro, gran cordone dell’Annunciata, e... grande unitario Italiano; però un di, e pria che avesse la malinconia di morir povero, offriva i propri servigi a Pio IX, ieri era collaboratore del Risorgimento, e forse domane, se il Papa tornasse al suo antico splendore, potrebbe verificarsi il caso di una novella e sincera offerta de’ propri servigi!?...

A Farini succedette il profumato Nigra, scolare e Beniamino di quel Cavour, che fa l’anima del partito moderato prepotente in casa, servile al di fuori, e servile d’una servilità umiliante e disonorevole. A lato di Nigra trovavasi Spaventa, detto il terribile, e fu quello che recò maggior danno alle provincie del Sud; perciò a ragione si dice, che se il Borbone l’avesse bene conosciuto, l'avrebbe creato ministro di polizia; e per verità dignus erat intrara, e..... stare.

Nigra nulla faceva senza consultare l'oracolo di Spaventa; e sua prima cura, appena venuto in Napoli, fu di spendere 80 mila ducati per far mobigliare il suo appartamento, mentre eranvi migliaia e migliaia d’infelici che languivano nella miseria...

Nigra educato alla scuola di piazza Castello, la di cui prima massima è di corrompere, e quando si trovassero uomini incorruttibili diffamare, mise subito in pratica le lezioni del maestro nell’occasione della convocazione dei Collegi Elettorali.

Alcuni buoni patrioti andarono nelle provincie onde istituire Comitati Elettorali per promuovere la scelta de’ migliori candidati, senza farsene imporre dal potere, e‘ lasciando da parte l’intrigo e la corruzione; se ciò si fosse permesso e non impedito dal Governo, sarebbero risultati deputati i veri difensori del paese, e non i Bonghi, gli Spaventa, i Poerio, i Conforti, e gli altri della consorterie, i quali diedero tanto scandalo all'Europa coi loro voti di fiducia, e che costituiscono quella maggioranza che si scinde o s’unisce, a seconda che i privati loro interessi cozzano o s’accomunano, senza tener conto del bene o del male che possa venirne alla Patria; quella maggioranza, che sfacciatamente e con un cinismo da far rabbrividire, sostiene pubblicamente di essere le nostre provincie ingovernabili, di essere, il brigantaggio una chimera, quasi che le migliaia di vittime sgozzate dai briganti, Pontelandolfo e Casalduni incendiati e distrutti non riaclamassero vendetta; quella maggioranza a cui si è dato in custodia la libertà, ma che con una plenipotenza soverchiatrice la demolisce, l’uccide; quella maggioranza infine che ha perduto ogni prestigio, ha rinnegato la propria missione, ha costretto le nostre Provincie, mi si permetta l’espressione, a non aver più, fede nei propri rappresentanti.

È d’uopo ricordare i dispacci mandati a, taluni Prefetti da Spaventa, in cui ordina di tener di mira Giovanni Nicotera ad altri, i quali si portavano nella Provincie, onde promuovere la candidatura dei più accaniti repubblicani, per cosi sconvolgere dalla fondamenta la tanta desiderata Unità Italiana, ed arrestarli se fia necessario. I messi spediti da Spaventa strombazzavano le gesta degli uomini della consorteria; promettevano impieghi, cariche, onori a coloro che più potevano influire sulla masse; sciupavano oro per comperare voti; calunniavano, infamavano i patrioti che potevano essere eletti; e adoperando mille altri mezzi bassi e schifosi, ottennero un risultato favorevole alla consorteria che tollerò gl'insulti di Viterbo, Terracina, e quelli di S. Lareuzino; che rispose con inchini alle cannonate francesi nel porto di Gaeta; che ci diede Rattazzi e lo stato d’assedio, Sarnico ed Aspromonte: il Popolo vergine ancora alla vita politica imparò di buon’ora il sistema di corruzione, l’intrigo, le ingerenze ufficiali; ed oggi guarda con indifferenza la scelta di un Deputato. È doloroso il dirlo, ma pur troppo vero! Nei nostri Collegi Elettorali, degli Elettori appellati appena ne rispondono il quarto, mentre nel 1860 tutti accorrevano all’urna, e lo reputavano un obbligo. Ecco quale fatale influenza ha esercitato la. consorteria sullo spirito politico delle masse! Se maggioranza nel 1861 avesse accettata la Commissione d‘inchiesta sul brigantaggio proposta dall’onorevole Deputato Ricciardi e non ne avesse negata la evidenza, il brigantaggio si sarebbe distrutto nel suo nascere, le nostre provincie avrebbero da ben molto tempo riacquistata la perduta pace, e le finanze non sarebbero disquilibrate per mantenere sul piede d’accantonamento 95mila soldati, oltre i soprassoldi giornalieri, che loro si pagano pel servizio di sicurezza pubblica.

Se nell’occasione della convocazione dei Collegi Elettorali per la nomina dei Sindaci e Consiglieri Comunali, Nigra avesse esaminato il sistema amministrativo tenuto sotto il Governo Borbonico, non sarebbero risultati Sindaci e Consiglieri per la più parte fautori dei Borboni; Sindaci e Consiglieri che proteggono il brigantaggio, che l’avvertono delle mosse della truppa, in modo che questa, o non incontra i briganti, o l’incontra in forti posizioni, dove possono difendersi e recar molto danno agli assalitori. Infatti alcuni Sindaci e Consiglieri Comunali furono fucilati, altri imprigionati quali fautori e manutengoli del brigantaggio. Il signor Nigra non doveva mai permettere che i vecchi Cancellieri Comunali, lebbra di tutti i Comuni, per la più parte o corrotti o borbonici compilassero le liste elettorali, poicché costoro le compilarono escludendone tutti i liberali, onde far risultare per Sindaci e Consiglieri gli antichi Sindaci e Decurioni Borbonici. Invece, pria di far compilàr le liste, doveva ordinare uno scrupoloso squittinio sulla condotta politica-morale passata e presente di tutti i Cancellieri Comunali, destituendo inesorabilmente tutti i borbonici o corrotti, e rimpiazzandoli con persone probe, oneste, e di puri sentimenti patriottici; le liste elettorali fatte da costoro avrebbero prodotto tutt’altro elemento per Sindaci e Consiglieri Comunali, ed il Governo avrebbe trovato un ‘efficace appoggio in ogni Comune per la distruzione ‘del brigantaggio. Ciò non si fece, qualche Cancelliere Comunale è stato fucilato, poicché provato manutengolo dei briganti, ed il Governo non ha trovato nei diversi Comuni quell’elemento liberale in carica di cui ha tanto bisogno.

Il Sig. Nigra trovò in Napoli e nelle Provincie una Guardia Nazionale composta di conosciuti liberali, invidiata dall'Europa intera: questa patriottica riunione armata gli toccò i nervi:

bisognava assolutamente imbastardire la Guardia Nazionale, togliendone molti Ufficiali che erano sperimentati liberali, introducendovi l'elemento eterogeneo, e disfacendo infine tutto il bel fatto. Per riuscire nell’intento si mise in pratica il gesuitismo il più raffinato: bisogna, si disse, nominare i Consigli di ricognizione, componendoli di uomini opposti al partito veramente liberale, per formare i registri di matricola; a costoro s’ingiungerà di escludere tutti gli Uffiziali liberali dai sudetti registri; ne verranno certamente i reclami presso il Comitato di revisione; ma il Comitato di revisione non può riunirsi, se prima le Compagnie non abbian nominato gli Ufficiali, Sottoufficiali, e Caporali Art. 23, Legge 4 Marzo 1848; dunque, dopo fatte tutte le nomine, riunito il Comitato di revisione, si ascolterà il loro reclamo, ma troppo tardi, poicché tutte le cariche si troveranno occupate.

Questo progetto si mise in esecuzione e riuscì. La maggior parte degli Ufficiali veri liberali ebbero questo trattamento: ma ogni Consiglio di ricognizione diede un passo più ‘in là: smembrò tutte le compagnie patriottiche, sparpagliandone i militi nelle altre compagnie, e chiamò a prestar servizio nella Guardia Nazionale anco dei borbonici. Bisogna fondere i partiti, si disse. Il risultato è troppo chiaro: molti uffiziali, specialmente nelle provincie, son tutt’altro che liberali, e si è verificato in qualche paese che un capo urbano della civica borbonica, oggi è capitano della Guardia Nazionale: ora con questi elementi come si può estirpare il brigantaggio?

Giova notare una circostanza: in quell’epoca eravi una quantità di Garibaldini inoperosi e privi di mezzi: immaginammo di formarne dei corpi di Volontari al servizio del Governo, obbligandoci di combattere il brigantaggio:

si decise quindi di nominare una Commissione per presentarsi al Principe Carignano a farne la proposta. Furono di fatto scelti per la Commissione gli era Maggiori Garibaldini signori Pisani e Tretta, l’ex Capitano Garibaldino sig. del Grosso, ed io, che riuniti ci recammo dal Principe, ma fummo invece ricevuti dal sig. Nigra. Gli parlammo a lungo del Brigantaggio, dei nostri piani, e gli domandarono se il governo intendeva avvalersi delle nostre offerte: ci rispose cortesemente, che apprezzava il nostro amor Patrio e disinteresse, che ne avrebbe l’istessa mattina parlato al Principe, e ci avrebbe l’indomane data risposta. Alla domane la risposta fu che il brigantaggio non era così allarmante come si vociferava, che perciò per ora il governo non credeva prudente formare questi corpi franchi; ad ogni modo ci ringraziava da parte del governo, sperando in seguito valersi dei nostri servigi. Questo cortese rifiuto da vero diplomatico produsse il suo effetto, poicché, pochi giorni dopo, il brigantaggio aumentò sensibilmente, in modo tale che Nigra fece l’istessa figura di Farini, e cedè il posto al sig.  Ponza di S. Martino  non tralasciando di scrivere in Torino la tanto celebre relazione, che provocò la indignazione di tutte le Provincie Meridionali.

Giunse finalmente in Napoli il sig. Ponza di S. Martino, il quale certamente dev’essere in epoche tranquille un ottimo amministratore; non così nei momenti convulsivi in cui trovava le nostre Provincie: pare ch’egli venisse fra noi con un piano già architettato per distruggere il brigantaggio: se ne attese lo sviluppo: ma quando si trapelò che il suo piano era appunto quello di conciliare i diversi partiti, carezzando specialmente il più retrivo, e sperando che questi una volta tratti al suo partito avrebbero influenzato positivamente sulle masse borboniche a farle acquetare, si disse pubblicamente: male, male, male: così fu, così riuscì.

Il S. Martino promise ai borbonici, ed ottenne da Torino, di collocarli ai migliori posti delle varie Amministrazioni, posti che, non appena occuparono, incominciarono a perseguitare gl'impiegati liberati, in modo che molti di essi, maledicendo il Governo di Torino e S. Martino, si ritirarono dalla vita pubblica, e ai loro posti si posero altri borbonici, e tanti, che non v’ha amministrazione la quale oggi non conti tre quarte parti d’impiegati borbonici, che invece di fare la causa della nazione, non fanno che angariare: e perseguitare tutti i liberali, creare ogni sorta d’ostacoli e al governo, e al partito liberale.

Intanto costoro, profittando delle loro cariche, tengono avvisato il loro partito di tuttocciò si vuol porre in opera per arginare la reazione; peroni, scoprimenti di congiure borboniche sventati, arresti non verificati, e tutta la seguela delle conseguenze di tener le spie in Propria casa. D’altra parte il brigantaggio infieriva in modo, che una bella sera una comitiva armata di briganti si presentò in Napoli nel quartiere del Vomero a commettere assassini e furti: i briganti, in Napoli!...  si batte la generale dalla guardia nazionale, si corre, si va, si viene, ma non si trova alcuno: i briganti se l’avean svignata: i tre ex uffiziali garibaldini, ed io, che eravamo andati in Commissione da Nigra, credettimo utile far lo stesso col signor di S. Martino, e proporgli la formazione di battaglioni volontarii per combattere il brigantaggio.:Non potemmo parlare con lui, ed invece parlammo col signor da Monale suo segretario. Questi, ricevendoci piuttosto scortesemente, appena senti la proposta, saltò dalla sedia ove stava adagiato, sembrandogli che noi gli proponevamo la distruzione d'Italia, e per quanto potemmo ragionare sulla convenienza di accettarsi la nostra offerta, fu tutto tempo perduto: prendemmo commiato e ci ritirammo:

ricordo bene che dissi nel ritirarmi all'ex-maggiore Pisani, come mai potrà farsi l’Unità d'Italia finché questi elementi di aristocrazia puro sangue tengono le redini del governo? Costoro né vogliono fare, né permettono di fare; Iddio ce la mandi buona!... Pisani proruppe in un riso sardonico, chinò la testa pensieroso, e non rispose!

Intanto S. Martino vedeva il pericolo che lo minacciava, e scriveva a Torino, o di spedir subito forti colonne di truppe, o darebbe tosto la dimissione. Si vacilla, si tentenna a Torino, e finalmente infierendo sempreppiù il brigantaggio S. Martino si dimette, rimanendoci a fronte ed a tergo i briganti ed i borbonici, e viene il Generale Cialdini.

Ecco spiegate le vere e principali cause del brigantaggio, e del suo incremento. Se per poco si studiano attentamente le diverse fasi che abbiam subite dal novembre del 1860 finoggi, appare ad occhio nudo che il Governo di Torino non tenne mai fede nel partito liberale; ne temeva tanto por quanto prese la risoluzione di distruggerlo, e la Consorteria l'agevolò: bisognava formarsi un partito forte e compatto: si fè calcolo sul partito borbonico, ritenendo che carezzandolo si fosse reso docile all'attuale Governo, e così questo avrebbe trovato una solida base conciliando il partito moderato col partito borbonico: le conseguenze di questa falsa politica sono state fatali: il Ministero o di buona o di mala voglia si spinse a capo chino sulla via della reazione: il popolo entusiasta, che jeri plaudiva al patrio risorgimento, oggi se non gli è aperto nemico, è divenuto freddo ed apata: un Ministero che a forzati passi retrocede e distrugge tuttocciò preparò di buono la Rivoluzione; un Ministero senza logica e senza robustezza, sotto la influenza di un egoistico municipalismo,

puntellato da tarlate gruccie di compra e bugiarda stampa, accerchiato da un empia setta di demolitori, sitibonda di ciondoli, lucri, ed arbitri, quasi tutta appartenente alla falange degli emigrati, spedita da Torino in queste Provincie col mandato di organizzare le nostre Amministrazioni, e che in poco tempo, con insensata condotta, senza ordine e senza un piano tracciato, organizzò con sopraffina arte la più tremenda anarchia, il più gigantesco malcontento; gittò le nostre Amministrazioni in una confusione senza esempio, riempendole di guasti, di ruine, e di Piemontesi, rovesciando tuttocciò vi esisteva di buono e di ottimo, obbligando infine, con una non interrotta opera di distruzione, a ritirarsi dalla vita pubblica i più luminari del nostro paese, specchi di onestà probità e senno politico: un Ministero che per ben tre duri anni ha manomesso e dilapidato la pubblica finanza, ha paralizzato le fonti della ricchezza nazionale, ha inalberato la bandiera della corruzione e della immoralità, ha caricato il paese di tasse odiose, e di debiti ingenti, e che in pien'Aula Parlamentare confessa che si è profuso il danaro della Nazione con spensieratezza: un Ministero che amministra le nostre Provincie trattandole come se popolate di schiavi conquistati; che jeri condannava Lamarmora, e che oggi, con un bel giuoco di bussolotti, lo toglie da Prefetto, ma gli conserva la sua onnipotenza, abbenché con 9omila soldati, e soldati italiani, non sia stato abile distruggere 570 briganti: un Ministero che perseguita i più rispettabili amici del paese, che vigila e spia i liberali, che sta alla testa dell'arbitrio e del favoritismo, e quindi premia e batte alla cieca. che sopprime le associazioni democratiche, che impassibile vede agitarsi e fervere le passioni borboniche e murattiane e tace, che vieta il canto degl'Inni Nazionali, che imprigiona financo i Deputati. che attenta infine alla vita di quel Garibaldi là sul Calvario di Aspromonte;

un Ministero che ha creata una magistratura quasi tutta o candida, o servile, salvo rara eccezione; un Ministero che financo pe' condannati politici si serve di due pesi e di due misure, profondendo a larga mano favori ai condannati borbonici, ed usando un inesplicabile e farisaico zelo a danno de'  disertori condannati pe' fatti di Aspromonte; un Ministero che non crede, non vuole, non puole distruggere il brigantaggio, e che calcola come nemico della Patria chiunque osa parlare di Roma, di Venezia, o della Polonia; questo Ministero appunto è la causa principale e del brigantaggio e della reazione.

Cialdini conobbe gli errori commessi dal Ministero,, conobbe che le nostre Provincie erano agitate dal partito borbonico, conobbe che bisognava mettersi su altra via, se si voleva salvare la fama del Governo, e che perciò unico scampo era l'avvicinarsi al partito liberale, e lasciare ad esso la cura di organizzare la Guardia Nazionale Mobile per la distruzione del brigantaggio. Chiamò quindi a sè tutti i Deputati della sinistra, e volle da loro consigli ed aiuto: voile pure che i più influenti fra essi si recassero nelle Provincie a ritemprarvi lo spirito pubblico. Ordinò la formazione della Guardia Nazionale Mobile, dandone il comando a conosciuti patrioti e ad uffiziali Garibaldini: e coll'aiuto di questa e dell'esercito, in circa due mesi ridusse il brigantaggio a lievi proporzioni. Queste misure non garbavano ai Signori di Torino, i quali temevano che Cialdini si lasciasse illudere dai liberali, poicché vedevano il brigantaggio quasi distrutto, mentre dalle Tuilleries ricevevano forse l'ordine di tollerarle, per facilitare cosi il possesso di Napoli a qualche cugino del Magnanimo alleato: per la qualcosa richiamarono Cialdini.

I Napoletani ricorderanno quel po' di bene che fece questo Luogotenente, che era più destro, se non più liberale degli altri: ma ricorderanno ben più a lungo il Cialdini della lettera di Garibaldi: il Cialdini che ordina di distruggere e di schiacciare il Liberatore dimezza Italia.

A surrogare Cialdini si scelse Lamarmora, e per renderlo bene accetto, prima del suo arrivo gli organi ed organetti ufficiali ed officiosi strombettarono i suoi talenti militari, la gloria. che fece acquistare il nome Italiano sui Campi della Cernaia e di Sebastopoli ec. ec.; ma i Napoletani misero a confronto questi meriti e questa gloria col bombardamento di Genova, colla guerra fatta a Garibaldi ed ai volontari, col suo astio per tutto ciò che sente di Libertà, e presagirono male della di lui venuta a Napoli. I fatti, sgraziatamente, non li smentirono.

Il primo atto del Proconsole fu lo scioglimento della Guardia Nazionale Mobile che aveva resi importanti ed utili servigi combattendo i briganti, inseguendoli battuti, molestandoli sempre, non lasciando loro un momento di tregua, onde impedire che si riorganizzassero. Sciolta la Guardia Nazionale Mobile il brigantaggio ripullulò: la truppa che trovavasi qui non fu sufficiente a combatterlo, per cui se ne fece venire dell’altra, richiamandola dalle frontiere del Mincio e del Pò, onde  da 60mila si portò a 93mila il numero dei soldati che trovansi nel Sud dell’Italia. Ma ad onta di questa‘ forza, il brigantaggio crebbe sempre, e quindi crebbero le stragi, le devastazioni dei campi, gl’incendi delle messi, i saccheggi dei villaggi: ed ora abbiamo il brigantaggio numerosissimo, e che per l’indolenza del Governo acquista forza ed ardire, e ci gitta tutti nella costernazione e nella sempre crescente miseria.

Nello scorso Luglio, quando Garibaldi dalla Sicilia accennava a Roma, il brigantaggio cominciò a diminuire, e di mano in mano che Garibaldi avanzava, i briganti scomparivano, cercando rifugio altrove, perché comprendevano che l‘ultima ora era suonata per essi. Ma quando il telegrafo ci portò la trista novella che sull’Appennino di Calabria, Garibaldi, inseguito e perseguitato come una fiera, era stato ferito, e ferito da palla italiana, e per ordine d’italiani, il brigantaggio rialzò la testa e riacquistò coraggio. Che faceva intanto il Governo? Invece di distruggere il brigantaggio, credè più proficuo perseguitare i liberali, e la di lui persecuzione fu si crudele ed accanita, che una simile non si verificò in Napoli nemmeno dopo il 15 maggio 1848.

Ecco i vantaggi che il partito moderato rese all'Italia: ecco i frutti che ricavarono gl’ltaliani dal lasciar commettere il fratricidio d’Aspromonte, dal lasciar ferire, e ferire da ferro e da mano italiana il Liberatore di mezza Italia, l’uomo amato e venerato dai due mondi, l’uomo che volle compiere il proprio dovere, anche a costo di perdere la vita, che preferì le catene del Varignano e della Spezia, al cordone dell’Annunciata, per consacrarsi tutto alla causa del popolo!

Povero mozzo Nizzardo, misero esule nella tua stessa terra, avevano sete del tuo sangue, avevano invidia della tua gloria, e cercarono di carpirti l’alloro, col quale il popolo ti cinse la fronte: ma invece ti resero più grande! Alla tua gloria, per esser completa, non mancava che il martirio; ora hai voluto anche questo; rialza la fronte, o Eroe, poicché sei più grande, ben più grande di prima!

Oggi queste Provincie sono in uno stato veramente lagrimevole: non havvi famiglia che non conti qualche podere devastato, qualche masseria incenerita, qualche congiunto sgozzato dalle masnade, che s’organizzano all’ombra della bandiera che il Bonaparte piantò sui cadaveri di 4mila italiani:

e in mezzo a tante sciagure, fra tanta miseria e desolazione, il governo perseguita i liberali, lascia che i briganti passino e ripassino il confine romano a loro piacimento, e non ardisce inseguirli fin là: e perché? perché, un caporale francese grida: En arrière Piamontais. Ora il governo, il quale dice che i briganti sono solamente 570, che confessa d'avere nel Napoletano 93mila soldati, che ha in suo potere tutti i mezzi per distruggere il brigantaggio, adotta non un rimedio, ma un palliativo a tanto male; e un palliativo inefficace perché illusorio; e illusorio perché consigliato non già dal desiderio di salvare il Napoletano, bensì da quello di salvare il Ministero: che se effettivamente il ministero intende salvar se e l’Unità Italiana col distruggere il brigantaggio ferendolo nel proprio cuore, fa d'uopo che metta in opera e subito i rimedii, che qui appresso indicherà, ceche in buona parte furono accennati dell'onorevole Deputato Mosca, e de’ quali ne fò tesoro con poche aggiunzioni che reputo necessarie; dico subito, poicché la piaga del brigantaggio da qualche tempo non curata incomincia ad essere cancerosa, e potrebbe produrre la terribile conseguenza di far distaccare dal resto dell’Italia il Napoletano; distacco che sarebbe il colpo di grazia all'Unità della Patria, si miseramente contrastata dai Moderati, specialmente di Torino.

I rimedii che si propongono sono:

1.° Abbracciare il Governo un indirizzo veramente nazionale col mutare quei Prefetti e Sottoprefetti che finoggi non hanno dato luminosa pruova di aver tanta abnegazione e tattica politica da superare tutti gli ostacoli lor procurati dal partito borbonica, facendosi abbindolare da pochi intriganti a danno degli uomini onesti, della Nazione, e del partito liberale:

preferirsi a queste piazze ottimi Amministratori, i quali abbiano specialmente la qualità di essere probi e conosciuti patrioti; all’oggetto scegliere quelli i quali hanno nelle Provincie Meridionali, attesi i loro antecedenti, più influenza politica, in  modo da superare facilmente tutti gli ostacoli finora han paralizzato il buon andamento politico ed amministrativo.

2.° Disporre che i prefetti e sottoprefetti cercassero di ritemprare lo spirito pubblico con circondarsi ed avvalersi di tutti gli elementi veri liberali, e specialmente di quelli che godono la fiducia pubblica, e che han molta influenza morale sulle masse.

3.° Nominare per ogni Provincia una Commissione di proli onesti e liberali cittadini, ai quali dar la missione

A. di scrutinare col massimo zelo, imparzialità, e scrupolosità tutte le autorità e tutti gl’impiegati del Governo destinati nelle rispettive Provincie; fare un quadro sinottico della condotta politica morale passata e presente di ciascuno di essi, e proporne la promozione; la traslocazione, o la destituzione a misura de’ rispettivi meriti, o carichi, e circostanze speciali.

B. di scrutinare esattamente tutti i vecchi Cancellieri Comunali, oggi segretarii, proponendo la sollecita ed immediata destituzione di tutti coloro, che, sia per antecedenti politici, sia perché corrotti, hon godono la pubblica fiducia; proporne il rimpiazzo, facendone cadere la scelta sopra persone probe, oneste, e di specchiato colore politico liberale.

C. di scrutinare colla massima imparzialità la condotta politica passata e presente di tutti i Sindaci e Consiglieri Comunali, proponendo la immediata destituzione di. tutti coloro che per antecedenti politici non possono occupare la gelosa carica di Sindaco, e lo immediato scioglimento de’ Consigli Comunali in quei paesi ove d’essi non godono la pubblica stima: ordinare una novella compilazione delle liste elettorali per la nomina de‘ novelli Sindaci:

Consiglieri Comunali in detti paesi, tenendo una severa e scrupolosa sorveglianza perché le liste si facciano con la massima regolarità e giustizia, e vigilare che l’intrigo non‘ impedisse risultassero Sindaci e Consiglieri uomini energici e devoti all’attuale ordine di colse.

D. di scrutinare la condotta politica passata e presente di tutti gli Ufficiali della Guardia Nazionale, incominciando dai Comandanti di Battaglione; proponendo la. immediata destituzione di tutti gli Ufficiali di equivoca condotta politica o morale; disporre lo immediato scioglimento di quei battaglioni o compagnie i di cui Comandanti fussero proposti per esser destituiti: per le compagnie o battaglioni ove la classe degli Ufficiali è tale da non esserci osservazioni, ordinare di far loro stessi un esatto squittinio di tutti i militi. da loro dipendenti, dando loro facoltà di proporre la radiazione dai ruoli di tutti coloro che non godono la pubblica fiducia..

4.° Disporre che tutti i preti veri liberali perseguitati dai Vescovi per ragion politica sian garentiti dal Governo a spada tratta, e non permettere che i Vescovi ‘si rendano superiori. alla Legge: a tale oggetto disporre l’immediato sequestro di tutte le rendite Ecclesiastiche di quei Vescovi che per ragion politiche abusando della loro carica perseguitino i preti soggetti alla loro diocesi: queste rendite invertirle parte a beneficio de’ preti da loro perseguitati, e parte a profitto de’ danneggiati pel brigantaggio.

5.° Mettere sotto sequestro tutte le rendite degli Arcipreti, Canonici, Abati, e Vescovi che non stiano per ragion politica alle loro rispettive residenze, o che sul di loro conto si abbia pruova certa di favorire il brigantaggio. Tali rendite distribuirle ai danneggiati pel brigantaggio, ed ai poveri.

6.° Far reggere le Parrocchie da preti liberali con l’annuenza de'  Vescovi, ed in difetto con l' approvazione del Cappellano Maggiore. Arrestare tutti i preti o frati che dal pergamo insinuano alle masse sentimenti antinazionali, e rimetterli all'Autorità giudiziaria; procurare che i Parrochi e preti liberali né dl festivi istruiscano le masse sui doveri di ogni onesto Cittadino verso la Patria, inculcando loro le vere massime del Vangelo.

7.°Far evacuare tutt'i monasteri e conventi trovansi nelle campagne, o fuori l’abitato, per farne, se utile, tante caserme per la truppa, e cosi non tenerla esposta all'intemperie, ed evitare che detti locali sian tanti centri di reazione.

8.°Traslocare tutt'i funzionari di polizia non rispondono al loro mandato, rimpiazzandoli con funzionari energici ed attivi: esser rigorosissimi con costoro nell'esatto adempimento de'  loro doveri: dar loro mandato e facoltà di usare tutti i mezzi, pagando e lautamente, onde conoscere a tempo utile tutte le mosse de'  briganti, le loro fila, e le loro diramazioni; per quindi sollecitamente prevenirne le Autorità Civil i e Militari dalle quali dipendono o stanno in relazione. Cercare di scovrire i voluti comitati borbonici, ed i loro affiliati. Oggi nelle Provincie la Polizia dorme, e... con profondo sonno.

9.° Disporre che i Sindaci tutti nel perimetro delli loro giurisdizione tenghino una stretta ed esatta vigilanza sopra tutti coloro che presentano sospetti o di far parte di comitive, o di essere loro manutengoli, e specialmente sorvegliare i preti e gli affezionati del borbone; fare ogni settimana un dettagliato rapporto delle loro mosse, e della loro con dotta alle Autorità tanto Civili quanto Militari dalle quali dipendono, autorizzandoli di arrestare se credano i sospetti, quante volte il Paese che da loro dipende corresse pericolo di una prossima reazione.

10.° Divisione sollecita di tutti i beni ex feudali.

11.° Obbligare il Clero a dare a censo perpetuo e redimibile tutt’i beni dal medesimo posseduti, coll’intervento governativo.

12.° Purgare le ‘Amministrazioni tutte, e specialmente quella della Giustizia dai borbonici e dai corrotti.

13.° Costrurre rapidamente: le strade Nazionali carreggiabili più importanti, spingere le Provincie a fare le provinciali con ponti sui fiumi, onde i Comuni possano incominciare le Comunali che devono a quelle coordinarsi. Abbandonare nel governo di quella Provincia il rigorismo burocratico e senza intelligenza ché vi si è introdotto nella maggior parte, lasciando ad amministratori devoti ed intelligenti una certa latitudine per fare il bene e il necessario con o senza i regolamenti. Scentralizzare il più che si può, e far la debita parte ai Napolitani, specialmente nell’amministrazione delle cose loro.

14.° Formar sollecitamente i 220 battaglioni di Guardia Nazionale Mobile, procurando di aver la bassa forza di elementi liberali, e specialmente di volontari, assicurando il Governo che ogni onesto Cittadino farà quest’altro sacrifizio per la Patria, e cosi non molestare coloro che, per servire obbligatoriamente e per un periodo un pò lungo, son costretti abbandonare i loro negozi, moglie, e figli, risentendone gravi danni; e piazzandoci per ufficiali tutti coloro che servirono in tal qualità nel 1860, e nel 1861, e che diedero specchiata prova di patriottismo e coraggio militare; all’oggetto prendersi una risoluzione equa e giusta per quegli ufficiali della passata Guardia Nazionale Mobile che vennero destituiti dal signor Filippo de Blasio. (cagnotto di S. E. il principe Petrella ministro plenipotenziario di S. M. Francesco II presso l'Imperatore d’Austria)

in quell'epoca segretario generale dell'Interno, con un sol tratto di penna, e consumandosi un atto per quanto illegale altrettanto inqualificabile: costoro trovansi di aver avvanzata petizione al Parlamento fin da giugno 1862, dimandando di esser posti sotto legittimo stato d’accusa, e di essere intesi nelle loro osservazioni da una commissione d'inchiesta, in conformità degli articoli 292 e seguenti, 302 e seguenti, e 350 e seguenti, procedura penale militare, legge 1 ottobre 1859, degli articoli 185, e 206, regolamento di disciplina militare, legge 30 ottobre 1859, e degli articoli 52, 80, 83, e 120, legge 4 marzo 1848, affinché se rei esser puniti se innocenti costatarsi la loro innocenza, e rivindicare la loro lesa fama: petizione presentata dall'onorevole Deputato Lazzaro, e dichiarata d'urgenza, ma finoggi non discussa. Se il sacrosanto dritto di propria difesa suole accordarsi financo ai rei di Lesa Maestà, ai traditori della Patria, ai briganti, perché ribadirlo ad una classe di Cittadini finora reputata benemerita? Dall'attrito delle accuse e delle difese può solamente sorger chiara la verità, e se per avventura, come si han dadi a credere, da questo attrito si costatasse esser costoro vittime di misteriose ed architettate cabale, e di essere stati destituiti per la sola pecca di essere uomini incorruttibili ed indipendenti perché il governo rifiutarsi a riparare un errore, quando questo atto sarebbe invero il più luminoso tratto di giustizia di un governo e leale ed onesto? Ma che siamo ancora nell'Era del Sant'Uffizio, o si perdura ancora a premiare e ballare alla cieca?...

15.° Rinforzare le Stazioni di carabinieri con dei soldati di linea, ed a seconda della posizione topografica della Stazione e della utilità stabilirne il numero; provvedere ad esatta vigilanza ne' confini Pontificii, e lungo il littorale.

16.° Disporre di non eseguirsi più tagli di legnami sulle Montagne che d’inverno son coverte di neve, nel fine di evitare che i briganti abbian viveri o dai pastori, o dai manifatturieri di legnami, i quali ordinariamente ne provvedono non per loro volontà, ma perché continuamente molestati e minacciati di vita se non adempieno alle loro prescrizioni: disporre invece che tutte le boscaglie ai luoghi piani sian recise, onde difinitivamente togliere ai briganti ogni ‘possibile ricovero nel colmo dell'inverno, ed obbligarli a rintanarsi sulle montagne che in allora trovansi coverte di neve, e cosi ridurli per fame e per freddo a presentarsi. Per quei Comuni che per urgenti bisogni finanzieri, o per assoluta mancanza di combustibile non può attuarsi tale misura, disporre che, ove si eseguano tagli siano quei luoghi perlustrati continuamente dalla truppa.

17.° Fare un indulto generale a tutti i briganti che in un dato periodo di tempo da stabilirsi si presentassero alle Autorità costituite, promettendo loro salva la vita, e rimettendoli al potere giudiziario: tal indulto renderlo di ragion pubblica tenendone le copie a stampa affisse per tutti i Comuni durante il periodo di tempo stabilito, e ciò nel fine di scemare il brigantaggio per quanto si può colla presentazione di molti, che certo profitterebbero di questo indulto, e ridurlo a minime. proporzioni.

18.° Istituzione di una cavalleria speciale per combattere il brigantaggio specialmente in alcune regioni, ove unica arma possibile è la cavalleria: ma cavalleria veramente leggiera, con vivaci cavalli di razze. Salernitane o Calabro, leggermente bardati, montati da uomini. più piccoli e tarchiati, armati solamente di revolver e sciabola: essi potrebbero ben inseguire i briganti, grazie al loro minor peso specifico, ed all'agilità dei cavalli. La rimonta costerebbe poco, e sarebbe un utilissima cavalleria. anche nelle prossime guerre.
















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