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IL GUELFO GIORNALE DE L’INDIPENDENZA MERIDIONALE

STORIA BUGIARDA

La presa di Civitella del Tronto

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Il Roma, nei suoi numeri del 19 e 20 corr., rievocando i fasti del famoso risorgimento, narra a modo suo la resa di Ci vitella del Tronto. E’ bene che la verità, anche su questo fatto, si conosca tutta e intiera.

La piccola piazza forte di Ci vitella del Tronto, situata sui monti degli Abruzzi, in una posizione inattaccabile per qualunque verso, tenne alta sui suoi spalti la bandiera dei Borboni, a similitudine del valoroso Maggiore Wade, durante l’ultima invasione francese, e suo emulo nella difesa di quella piazza forte nel 1800-61 fu il Colonnello Giuseppe Giovine del Carabinieri, provveniente dall’Artiglieria.

Dal cominciare della rivoluzione, infiniti furono i tentativi dei ribelli per occupare quella piazza, ma riuscirono infruttuosi per l’energia del Colonnello Giovine, che avea surrogato nel comando quella nullità del Tenente colonnello Asciòne, ed ebbe il piacere di veder tornare scornati i diversi comandanti Garibaldini che l'assediarono, ed anche altri Generali dell’esercito piemontese, fra i quali il celebre Pinelli, e finalmente il Generale Luigi Mezzacapo, quello stesso che nel 1848, unito al suo germano Carlo, dopo di essere stati educati ed istruiti a piazza franca nel Collegio dell’Annunziatella a spese del gran Re Ferdinando II, vigliaccamente disertarono, calpestando il loro giuramento ad ogni dovere di soldato e di gentiluomo.

Anche dopo la resa di Gaeta, Civitella del Tronto resisteva sempre; ma il Colonnello Giovine, intesa la capitolazione di Gaeta, conchiuse col Generale Mezzacapo — che da pochi giorni avea preso il comando dell’assedio—patti onorevoli, che il presidio di truppa, interrogato sotto le armi, unanime accolse.

Però la notte, dal 15 al 16 marzo, il Frate Leonardo Zilli ebbe la cattiva idea di non credete vera la resa di Gaeta e della Cittadella di Messina, e consigliò ai suoi partigiani, che non erano pochi, di prolungare la resistenza.

Il Colonnello Giovine, avutone scienza, e persuaso che presa la fortezza, il presidio di essa sarebbe considerato fuori legge e per conseguenza in buona parte fucilato, quale soldato d’onore uscì dalla piazza con due uffiziali e 97 individui di truppa, si presentò al campo nemico, a dar conto dei patti stipulati, che, come al solito, non furono mantenuti dal nemico. Fatto imprigionare con tutti quelli che si erano arresi, lo sventurato Colonnello Giovine fu mandato per terra, coi polsi stretti dalle manette dei carabinieri, come l'ultimo malfattore, a Torino, ove dopo diversi mesi di carcere ingiusto fu prosciolto da ogni imputazione.

Intanto il Colonnello Giovine dal campo nemico aveva scritto al Tenente Colonnello Ascione ch’era rimasto nella piazza, consigliandolo a persuadere il resto della guarnigione ad arrendersi. Ascione e Salines aderirono alla resa, ma gli altri si opposero, specie Santomarino che avea preso il comando della piazza: quella piazza che aveva respinto parecchi altri assalti con gravi per dite degli assedianti. Fu allora che Re Francesco II, da Roma, inviò il Generale Giov. Battista Della Rocca, accompagnato da un uffiziale francese, a portare l'ordine di cedere Civitella del Tronto, avendo ottenuto che i patti della capitolazione di Gaeta valessero pure per quella piazza. Il Generale Della Rocca, sebbene fosse stato respinto dalle sentinelle avanzate piemontesi, pur tutta volta fece arrivare nella piazza gli ordini Sovrani, che produssero disparità di pareri fino al punto che qualcuno attaccò di falso gli ordini stessi.

Intanto Asciòne che temeva di essere ucciso, occultamente scalò le mura, fece aprire porta di Napoli ed introdusse nella piazza i piemontesi comandati dal famoso Generale Mezzacapo, il quale appena entrato cominciò a fucilare, senza nessuna forma di giudizii sommarii. I primi ad esser fucilati furono i sergenti Massinelli e Supino, denunziati da Ascione, e il frate Leonardo Zilli che fu trovato in un forno e tratto di là in un modo veramente barbaro

Il Mezzacapo per acquistare meriti telegrafò che Civitella si era resa dopo quattro giorni di combattimento e che l’avea avuta per dedizione.

Spudorata menzogna!

L. GAETA























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