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Fonte:
https://www.historiaregni.it/ - giovedì, gennaio 1, 2015

Migrazioni e istruzione, lavoro e capitale

di Angelo D’Ambra


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Marzo 2015

Migrazioni e istruzione, lavoro e capitale di Angelo D’Ambra


“Il Cairo scrive, Beirut pubblica e Baghdad legge”, affermava un celebre detto. Queste tre capitali, due su tre concentrate nel Mediterraneo, insieme a Damasco, la “bella come il paradiso” a ridosso dello stesso mare, sono state a lungo i centri della cultura e dell’istruzione nel mondo arabo, ma oggi Abu Dhabi e Dubai negli Emirati Arabi Uniti e Doh in Costa d’Avorio le hanno superate e sarebbe l’Arabia Saudita attualmente ad avere il più alto livello culturale. 

Sotto il profilo dell’istruzione la situazione è pressoché confermata: secondo un report di Brookings Institution, il Bahrain, il Kuwait ed il Qatar sono vicini a raggiungere l’alfabetizzazione del 95 % degli adulti, mentre le punte più alte di abbandono scolastico e bassi livelli della qualità dell’istruzione si registrano in Marocco e Tunisia, con Siria ed Algeria prossimi a sprofondare nell’analafabetizzazione. Il mondo mediterraneo di lingua araba, secondo un report dell’Unesco del 29 gennaio, avrebbe bisogno di circa 500.000 insegnanti e di un altro milione e mezzo per sostituire quelli che stanno lasciando la professione. In base alla disamina di Brookings, impossibilitati a svolgere un proficuo lavoro didattico per deficienze strutturali, crisi o guerre, gli insegnanti hanno l’unica preoccupazione di accelerare i programmi disinteressandosi del livello di acquisizione generale. 

Per le statistiche dell’Organizzazione araba per l’Educazione, la Scienza e la Cultura, il 19% della popolazione del mondo arabo non sa nè leggere nè scrivere - tra le donne la percentuale è addirittura del 60% -, e sei milioni di ragazzi non studiano. L’abbandono scolastico conduce alla vergognosa piaga del lavoro minorile che coinvolge l’intero bacino mediterraneo dal Marocco, dove appena all’inizio di gennaio una diciannovenne si lasciava cadere dal quarto piano di un edificio di Casablanca stufa di una vita fatta di violenze e di lavoro sin dall’età di quattordici anni, all’Egitto, dove lavorano più di 2 milioni di bambini tra i 7 e i 15 anni, su una popolazione di circa 80 milioni di abitanti. I giovani, dunque, per lo più non coinvolti né in situazioni lavorative né in percorsi scolastici, fanno i conti con disoccupazione, lavoro nero, delinquenza ed emigrazione. Questi strati di forza-lavoro sono destinati ai cantieri, alle mansioni più gravose e funzionano come serbatoio di manodopera non qualificata migrante.

Non si sottovaluti però il fatto che la decadenza de Il Cairo e Beirut corrisponde indubbiamente alla decadenza del Mediterraneo intero sotto il peso degli interessi economici e geostrategici di USA e UE. Caso emblematico è quello siriano: Damasco contava su uno dei sistemi educativi più sviluppati, il migliore del Vicino Oriente, ma dal 2011 tre milioni di bambini hanno interrotto il proprio percorso di studi a causa dei combattimenti; nelle zone di A- Raqqa, Idlib, Aleppo, Deir Ezzour, Hama e Dara’a  i tassi di frequenza scolastica sono crollati addirittura al 6%; Unicef, Unhcr, Save the Children e World Vision hanno denunciato come in Siria una scuola su cinque non può essere utilizzata perché danneggiata, distrutta o adibita a riparo per sfollati.

Conviene sempre al capitale finanziario europeo innescare dinamiche per tenere bassi i livelli di formazione nelle periferie in modo da conseguire il doppio risultato di colmare la domanda di forza-lavoro dei suoi Paesi più industrializzati ed impedire contemporaneamente ai salari di elevarsi proprio lì dove son già più elevati, ma la logica centro-periferia si palesa anche quando i piani UE sostengono investimenti nella formazione professionale nelle capitali di Marocco, Tunisia, Egitto, Libano e Giordania per selezionare manodopera meglio qualificata.

Risultato di crisi economiche, guerre, bombardamenti, destabilizzazione politica e frontiere allo sbaraglio - tragico colpo d’occhio sugli esiti della cosiddetta “primavera araba” -, la scarsa istruzione si traduce direttamente in manodopera a basso costo disposta ad accettare qualsiasi tipo di lavoro nelle centrali imperialiste e ad alimentare il tessuto criminogeno nelle periferie della UE dove l’assorbimento dell’immigrazione, legale e illegale, incide su reti economiche il cui equilibrio salta e va a rimodularsi anche con i mezzi della mala (vedasi la sparatoria verificatasi a Pescopagano, in provincia di Caserta, con la gambizzazione di due immigrati e le proteste incrociate di residenti stranieri e italiani).

A conclusione della Conferenza euro-mediterranea per l’agricoltura tenutasi a Palermo il 1 dicembre con i rappresentanti di trenta paesi del Mediterraneo, il direttore della Fao ha sollecitato i governi a rimettere al centro lo sviluppo agricolo, alimentare e rurale per arginare “la marea di migrazione forzata e la sofferenza umana ad essa connessa”. La premessa di tutto questo però l’ha indicata Papa Francesco in Turchia non solo incontrando i rappresentanti dell’Islam e dell’Ortodossia ma anche difendendo la Siria dalle accuse di Terrorismo: il Mediterraneo deve essere un mare di pace. Vorremo che finisse il massacro dei migranti, vorremo anzitutto che nessuno debba abbandonare la propria terra per poter vivere, ma c’è qualcuno che da queste disgrazie ne trae vantaggi. E’ questo “qualcuno” che affossa il Sud ed il Mediterraneo.

Angelo D’Ambra

Foto scattata da Angelo D’Ambra ritraente il golfo di Catania
























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