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LA PRIMA LEGISLATURA DEL REGNO D'ITALIA

STUDI E RICORDI DI LEOPOLDO GALEOTTI

GIÀ DEPUTATO AL PARLAMENTO.

SECONDA EDIZIONE, RIVEDUTA ED AMPLIATA

FIRENZE
SUCCESSORI LE MONNIER TIPOGRAFI EDITORI
1866

(04)

01 - La prima legislatura del Regno d'Italia studi e ricordi di Leopoldo Galeotti - HTML

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CAPITOLO LXVIII.

Buoni auguri.

Essendomi assunto il poco gradito incarico di censurare alcune parli della pubblica amministrazione, mi piace però di costatare, prima di chiudere questo qualsiasi lavoro, alcuni notevoli miglioramenti che sono avvenuti in questi ultimi giorni, e che valuto assai come buoni auguri di un migliore avvenire.

Ho detto superiormente (cap. XXVI) dei nuovi ordinamenti recati dal ministro dei Lavori pubblici nelle amministrazioni provinciali delle poste e dei telegrafi. Devo ora per debito di giustizia accennare le massime di ordine amministrativo che quella riforma rendono più importante.

Col R. Decreto del 25 giugno che riordina l'amministrazione postale, e coll'altro R. Decreto del 18 settembre relativo all'amministrazione telegrafica furono sanzionate due massime che sono appunto fra quelle che io più avrei desiderale.

Fu. introdotta la distinzione degli impiegati in due categorie, la prima delle quali comprende gli impiegati che per la indole delle attribuzioni loro affidate vengono indirizzati ad una vera carriera, mentre la seconda comprende gli impiegati le cui incombenze presso che tutte materiali permettono che sia loro applicato il principio della localizzazione del servizio. % Fu ammesso il tramutamento vicendevole degli impiegati della prima categoria dalla amministrazione centrale all’amministrazione compartimentale.

La distinzione delle due categorie, dice il ministro che egli l'adottò per provvedere ad un doppio inconveniente: inconveniente economico del doversi mantenere un numero soverchio d’impiegati nelle classi superiori e più retribuite: inconveniente pratico del potere accedere gli impiegati tutti per anzianità di grado alle attribuzioni direttive cui non sono capaci.

Non dice il ministro le ragioni che lo mossero ad adottare la massima del vicendevole tramutamento, ma ognuno per poco pratico che sia nelle faccende amministrative è in grado di apprezzarle. È questo l’unico mezzo per avere nell'amministrazione centrale uomini capaci, per stimolare l’emulazione, per rompere e rendere poco temibili certe abitudini che facilmente germogliano e s’insediano in quelle amministrazioni quando un muro di ferro le separa dalle amministrazioni provinciali avute come inferiori e meno considerate.

Nello stabilire però il ministro la distinzione delle due categorie, ha usato alla seconda tutti i riguardi Che la giustizia e sani principii amministrativi richiedevano. Imperocché a questi impiegati è assicurato un maggior compenso col volgere degli anni: la loro inamovibilità dà luogo ad un trattamento diverso in ragione delle località nelle quali sono chiamati a prestare servizio: e non è ad essi vietato l’accesso alla prima categoria, quando essi abbiano desiderio di entrarvi e siano capaci per esercitarne le attribuzioni.

Credo che ognuno debba considerare questa riforma iniziata dal ministro dei Lavori pubblici come ottimo augurio, per vederla presto da lui medesimo applicata all’amministrazione centrale, ed adottata dagli altri ministri nei diversi rami della pubblica amministrazione.

Un’altra riforma importantissima è stata introdotta nell'amministrazione finanziaria dal ministro Sella, il quale, realizzando la idea già annunziata dal Minghetti, ha affidato alla Banca Nazionale il servizio dei Tesoro, ad imitazione di ciò che già si pratica in Inghilterra ed in altri Stati. 1

1 R. Decreto del 23 ottobre 1865.

In ordine alla convenzione stipulata tra il ministro e la Banca, questa si assume

Nel capo luogo di ogni provincia;

a) l’incasso delle entrate e il pagamento delle spese dello Stato,

b) il servizio del debito pubblico nell’interno del Regno,

c) il ricevimento dei versamenti e dei depositi in contanti, e il pagamento per conto delle Casse dei depositi e prestiti,

d) l’incasso delle entrate, e il pagamento delle spese per conto della Cassa ecclesiastica.

Nel capo luogo di ogni circondario tre volte al mese;

a) l’incasso delle entrate dello Stato dai contabili, debitori diretti verso il Tesoro compresi i versamenti per acquisto di buoni del Tesoro,

b) il pagamento dei mandali, esclusi quelli di spese fisse, e il rimborso dei Buoni del Tesoro nel capoluogo del circondario in cui fossero acquistati,

c) il pagamento delle rendite dei titoli di debito pubblico.

La Banca deve tenere nella sua amministrazione centrale due conti, cioè: Il conto corrente nel quale dovranno portarsi a debito della Banca le somme effettivamente incassate il giorno appresso alla pervenuta notizia del versamento, ed a credito suo, le somme per le quali venne spedito ordine di pagamento, dal giorno in cui l'ordine gli venne trasmesso, se a vista, o dal giorno della scadenza. Questo conto deve chiudersi giornalmente, e la differenza fra il debito e il credito costituisce il fondo a disposizione del Ministro delle Finanze.

Il conto definitivo di debito e credito rispetto allo Stato, nel quale devono figurare e devono giustificarsi le somme effettivamente incassate, e le somme effettivamente pagate. Questo conto deve presentarsi ogni mese per la debita revisione e per il legale accertamento alla Corte de conti. La differenza fra le somme effettivamente incassate, e quelle effettivamente pagate, che resulti dall'esame della Corte dei Conti, costituisce un resto attivo dell'Erario.

In correspettività di questi obblighi che assume la Banca, i contabili dello Stato riceveranno come danaro contante i biglietti della Banca che venissero offerti in pagamento nell'interesse dello Stato.

I vantaggi che da questa convenzione possano resultarne, ove l'interesse dello Stato sia efficacemente garantito, sono molti e importanti.

Imperocché mentre il servizio del Tesoro è avvicinato a tutti i centri delle popolazioni, questo servizio fatto per mezzo della Banca arreca un immediato risparmio sul bilancio di L. 986,109 all'anno, che in seguito può ottenersi per somme assai più rilevanti.

Nel tempo stesso accrescendosi per la Banca il suo fondo metallico, essa può essere autorizzata a mettere in circolazione una somma assai più rilevante di biglietti, e così rendesi proficuo un capitale nuovo, che giacente inoperoso nelle pubbliche casse non frulla a nessuno.

Ma il vantaggio maggiore di questa riforma si consegue sotto aspetto amministrativo, poiché ne deve resultare un miglioramento notevole nella contabilità generale dello Stato.

Sotto questo riguardo sono meritevoli di studio e di considerazione le parole che adopera il Ministro nella sua Relazione:

«È questo anche il solo mezzo» col quale sodisfacendo a un bisogno tanto vivamente sentito, si possa avere l'accertamento giornaliero dell'entrata e della spesa del Regno. B allorquando tutti gli organi della grande macchina governativa funzioneranno con moto più regolare e uniformemente coordinato, si potrà anche da noi, al chiudersi dell’anno finanziario, fondare sui resultamenti del conto di cassa e di bilancio e i provvedimenti finanziari dell’anno successivo. La tenuta i di un unico conto corrente per tutte le entrate e le spese del Regno da chiudersi ogni giorno fra il Tesoro e la Banca, non vuoisi nascondere che incontrerà nella sua prima applicazione gravissime difficoltà, sopratutto per non potersi prescindere dal seguire le norme prescritte dalla vigente legge di contabilità. Tuttavia si confida di poterle superare, e lo scopo sarà ancor più facile a raggiungere, quando il Parlamento approvi la nuova Legge che all'aprirsi delle Camere il Referente intende di proporre.»

Questo vuol dire, se io non m’inganno, che affidando alla Banca il servizio del Tesoro, bisogna devenire ad una riforma della contabilità generale: vuol dire che non si può aprire per le entrate e le spese del Regno un unico conto corrente colla Banca, se non pongonsi fra loro in armonia i sistemi di scrittura e di computisteria dello Stato e della Banca: vuol dire che i principii della contabilità verranno una volta in discussione davanti al Parlamento.

Tutti quelli che s intendono di questa materia non possono che far plauso al coraggio mostrato dal ministro delle Finanze nell’iniziare colla propria responsabilità questa riforma, la quale nelle vie ordinarie avrebbe incontrati i soliti ostacoli che ne hanno fatte mancare tante altre. Io auguro al ministro delle Finanze, ed auguro al paese che egli voglia e sappia progredire per questa via. Giacché il principio nuovo che egli ha inaugurato, è il solo che può condurre ad una riforma veramente razionale, e veramente liberale di tutta r amministrazione dello Stato. Nondimeno non pochi ostacoli si frapporranno alla esecuzione di questa riforma, vuoi per parte di coloro che sono interessati ad impedirla, vuoi per le solite invidie, che fanno considerare di mar occhio i lucri e i profitti di ogni operazione e di ogni istituzione cui tutti non possono partecipare.

È sperabile però che la evidenza del vantaggio, e qualche migliore garanzia che sia escogitata a favore dello Stato, finiscano per trionfare di una opposizione che troppo contradirebbe all’interesse generale del paese. 1


CAPITOLO LXIX.

L’uffizio di Statistica.

Avendo cercato di raccogliere in questo libro quella maggiore copia possibile di notizie e di fatti che mi parevano acconci a fornire la più esatta idea del Regno d’Italia, che per me si poteva, mi corre l'obbligo di ricordare anche l'uffizio di statistica il quale per i lavori già pubblicati e per quelli ai quali attende colla massima solerzia e diligenza, ottiene ormai un posto cospicuo fra le nostre istituzioni.

U uffizio di statistica venne unificato e costituito coi due RR. Decreti del 9 ottobre 1861 e 30 luglio 1862, ed aggregato sotto la forma di speciale divisione al ministero di Agricoltura, Industria e Commercio.

La parte direttiva di quest'uffizio si esercita da una Giunta centrale composta di un presidente e di otto consiglieri a nomina regia: dalle Giunte provinciali composte di cinque membri eletti dal consiglio della provincia: dalle Giunte comunali diverse di numero secondo le popolazioni, ed elette dai consigli del respettivo Comune.

La parte esecutiva è affidata, sotto gli ordini del Ministro, al Capo della Divisione nel ministero, ai Prefetti nelle province, ai Sindaci nei Comuni.

La Divisione prepara le norme, le istruzioni, i modelli per tutte le operazioni di statistica. Col mezzo dei Prefetti trasmette alle giunte provinciali e comunali i quesiti intorno alle ricerche da farsi, e i dubbi da risolversi durante le operazioni.

1 Furono scritte queste pagine nel mese di ottobre. Non le ho volute cambiare, perché sebbene questa riforma sia costata più tardi al ministro Sella la perdita del portafoglio, pure è stata già accettata dal Senato, che ha anche approvato il contratto di fusione fra le due Banche sarda e toscana.

I dati raccolti dalle giunte comunali, riveduti e corretti dalle giunte provinciali, col mezzo del Prefetto vengono rinviati alla Divisione, che gli esamina, gli discute, gli corregge, per poi compilare i quadri generali e vegliare alla loro pubblicazione.

Ogni anno la Divisione deve presentare al Ministro una relazione generale dei lavori dell’anno, dei resultamenti avuti, delle pubblicazioni officiali, nazionali ed estere, dei progressi della scienza.

La giunta centrale dà il suo parere sui lavori proposti, sul metodo e le norme del condurli, sul merito dei lavori eseguiti, sulle pubblicazioni da farsi.

Con questo sistema, come ognuno vede, uffizio di statistica ha le sue basi e le sue garanzie nella uniformità del metodo, nel concorso del paese e nel sindacato scientifico, garanzie che vicendevolmente si aiutano, si contemperano, si sorvegliano, onde le pubblicazioni portino impronta di un lavoro serio, e sotto ogni rapporto autorevole.

L'uffizio di statistica, appena costituito, ebbe l'incarico di eseguire e condurre a fine il censimento generale della popolazione del Regno al 31 dicembre 1861, del quale detti sommario conto in altra parte di questo lavoro: 1 nell'autunno del 1862 potè essere rappresentalo degnamente al primo congresso internazionale di statistica radunatosi in Berlino: recentemente venne pure incaricato di dirigere gli osservatore meteorologici, stabiliti con savio concetto in varii punti della Penisola, di raccoglierne, coordinarne e pubblicarne le osservazioni. 2

E dal giorno della sua fondazione a oggi, colle pubblicazioni già fatte, ha saputo acquistarsi quella reputazione e quella rinomanza che sono indispensabili onde i lavori statistici abbiano pregio e sieno profittevoli.3

1 Vedi Capitolo IX, pag. 58.

2 Circolare del 10 giugno 1865, e norme relative.

3 Le opere fin’ora pubblicate dall'uffizio di statistica sono le seguenti:

Ma anche su tale proposito (a costo di parere fastidioso) devo notare alcuni inconvenienti, cui mi parrebbe opportuno fosse riparato.

Noi abbiamo un uffizio, il quale è appositamente istituito per assicurare alle pubblicazioni statistiche il carattere di quella autorità, e di quella esattezza che non possono aversi se manchi l'uniformità di metodo nelle ricerche da farsi, nei confronti da istituirsi, nei lavori da compilarsi. Ora io non giungo a comprendere come, avendo tale istituzione, ogni ministero, non escluso quello di Agricoltura e Commercio, invece di limitarsi a trasmettere a quell'uffizio i dati e le notizie che raccoglie e può fornire, si adoperi ogni anno a metter fuori pubblicazioni statistiche per proprio conto.

Censimento degli antichi Stati Sardi, 1° gennaio 1858. E censimento di Lombardia, di Parma e di Modena (1857-1858), Vol. 4.

Censimento generale al 31 dicembre 1861, Vol. I e II, preceduti da una Relazione al Re, da una introduzione e considerazioni generali.

Movimento dello stato civile nell’anno 1862.

Movimento dello stato civile nell'anno 1863.

Istruzione primaria, 18621863.

Società di mutuo soccorso, 1862.

Trattura della seta nell’anno 1863

Movimento della navigazione italiana all’estero, anno 1863.

Movimento della navigazione nei porti del regno. (Pesca del pesce e del corallo. — Marineria mercantile e costruzioni navali) anno 1863.

Statistica delle scuole ginnastiche.

Trattura della seta nel 1864.

Pubblicazioni periodiche delle osservazioni meteorologiche.

Tra i lavori che saranno in breve pubblicati e che si stanno preparando sono notevoli i seguenti: Movimento della navigazione nazionale nei porti esteri nel 1864.

Statistica delle corporazioni religiose insegnanti.

Statistica della istruzione secondaria, tecnica, ginnasiale, liceale, universitaria.

Statistica delle biblioteche del regno, governative e comunali.

Movimento dello stato civile nel 1864.

Censimento della popolazione, volume III.

Statistica industriale.

Ognuno è in grado di comprendere come, prescindendo dalla spesa occorrente per avere in ogni ministero uno ed anche più piccoli ufficii di statistica, e prescindendo anche dalla noia e dalla spesa che per siffatta guisa si procurano alle autorità provinciali e comunali, questa simultaneità di pubblicazioni fatte senza uniformità di metodi e di norme scientifiche, non suffraghi punto allo scopo che la statistica vuol conseguire ed ai bisogni pratici cui essa deve essere in grado di provvedere.

Può disputarsi invero se la compilazione e pubblicazione delle statistiche officiali debba affidarsi ad un istituto indipendente dall'azione governativa, ed operante come società dotta cogli aiuti della pubblica autorità, o piuttosto ad un ufficio governativo che si valga del concorso di autorità indipendenti per completare e sindacane i dati che il Governo stesso gli somministra: ma non può disputarsi nell’un sistema e nell’altro che sia indispensabile una rigorosa uniformità nel concetto, nella direzione e nell’impulso. Bene a proposito notavasi nella relazione premessa al R. Decreto del 9 ottobre 1861, che in lavori che consistono nella raccolta di quantità comparabili, se i fattori di esse sono alquanto diversi, tutto l'edifizio va in rovina. Quindi avviene il massimo inconveniente, che si vedono resultamenti spesso in contradizione fra loro. Io che mi sono valso per questo mio povero libro di tutte le pubblicazioni statistiche, che conferivano al mio scopo, non sono in grado di nulla affermare rispetto alla loro esattezza, ignorando i criterii coi quali vennero immaginate e non avendo nessuna garanzia quanto ai metodi coi quali furono condotte.

Mi corre però il debito di notare, che agl’inconvenienti cui alludo si è già cominciato in parte a provvedere, poiché, per recenti disposizioni, l’uffizio di statistica venne incaricato delle compilazioni e pubblicazioni statistiche concernenti i due ministeri della Istruzione Pubblica e della Marina. 1 Talché tutto porta a credere che tale esempio possa in breve imitarsi anche dagli altri ministeri.

CAPITOLO LXX.

Il Patrimonio Ecclesiastico.

Non posso astenermi dallo spendere alcune parole intorno al progetto di legge, che aveva per scopo di unificare la legislazione concernente il patrimonio ecclesiastico, e che il Parlamento non ebbe tempo di condurre a definitiva deliberazione.

Non occorre io rammenti che fino al 1844 ebbe vigore in Italia (meno che in Sicilia) la legislazione francese, per opera della quale gli ordini monastici furono disciolti, i beni delle corporazioni passarono al demanio, e scomparve tutto l'antico edifizio concernente i beni temporali della Chiesa, quale era stato creato sotto l’influsso del diritto canonico e delle leggi feudali.

Cessata la dominazione francese, dove più, dove meno, dove senza limite alcuno, dove modificato dalle leggi antiche di ammortizzazione e di polizia ecclesiastica, fu ristabilito l’antico ordine di cose, furono ripristinate le corporazioni monastiche, restituiti a queste i beni non ancora venduti, ricondotte tutte le relazioni tra la Chiesa e lo Stato sotto l’impero degli antichi concordati, o delle leggi anteriori alla francese rivoluzione.

Ciò costituiva una differenza ben grande tra le varie province italiane, in quanto che alcune, perdendo le leggi francesi, ricadevano del tutto sotto l'impero del diritto canonico, mentre in altre venivano ristabilite nel loro pieno vigore le leggi giurisdizionali vigenti prima del 1800.

1 Per ciò che concerne il ministero della Istruzione Pubblica, tale provvedimento ebbe luogo col R. Decreto del 42 novembre 1864, preceduto da una relazione ministeriale. Per ciò che riguarda la Marina intervennero accordi fra i due ministeri della Marina e del Commercio.

Le cose rimasero in questo stato tino al 1848. Allora accaddero in Italia due mutamenti in senso inverso. Imperocché, da un lato i principi che tenevano le parti dell'Austria, unendosi più strettamente fra loro e colla corte di Roma, s’impegnavano in nuovi concordati, che alle antiche leggi giurisdizionali facevano non poche restrizioni. Mentre dall’altro lato il Regno Subalpino, dove maggiore era stata in passato la prevalenza del clero, rimanendo fedele alla causa dell’Italia e della libertà, procedette innanzi nella via delle riforme, per tutto quello che rientrava nelle competenze e nelle attribuzioni dello Stato.

Conseguenza di questo movimento riformista furono le leggi sul faro ecclesiastico, sul privilegio di asilo, sulle corporazioni religiose e i beni di Chiesa.

Quest’ultima legge, che fu del 29 maggio 1855, tolse la personalità giuridica alle suddette corporazioni, alle collegiale ed ai beneficii semplici, salve certe tali eccezioni. I beni delle disciolte comunità religiose, non che di altri enti ecclesiastici soppressi, non gli incamerò nel demanio, ma volle che serbando la primitiva loro destinazione passassero nella proprietà di un nuovo ente morale, che si chiamò Cassa ecclesiastica. — Rispettò il possesso degli attuali beneficiati, ed ai membri delle comunità disciolte, cui non restituiva i diritti civili, assegnava una pensione a carico della Cassa suddetta, accordando loro anche la facoltà di continuare, finché vivessero, nella vita comune sotto i loro particolari statuti. Alle corporazioni eccettuate, agli enti ecclesiastici conservati, ai vescovadi, impose una tassa annua proporzionale alle loro rendite, che fu chiamata quota di concorso, a benefìzio della Cassa ecclesiastica, per lo scopo che le rendite di essa servissero (pagate le pensioni) a tutte le spese del culto cattolico, che non dovevano altrimenti figurare nel bilancio dello Stato.

Dopo il 1859, questa legge del 1855 fu estesa ed applicata, con lievi modificazioni, dai governi dittatoriali nelle province napoletane, nelle Marche e nell’Umbria. Talché ne é venuta la conseguenza, che le province antiche, le napoletane e quelle delle Marche e dell’Umbria, sia rispetto agli ordini religiosi, sia rispetto alle amministrazioni dei beni, sia rispetto alle spese del culto, rimangono sotto il regime di quella legge e della Cassa ecclesiastica che ne costituisce la parte esecutiva. Le province lombarde e toscane sono regolate dalle leggi giurisdizionali, sotto il regime degli economati: le siciliane dai privilegi della regia apostolica Legazia; le altre province dai sistemi diversi che vi erano prima vigenti.

Di qui si scorge una prima ragione della imperiosa necessità, in cui siamo, di adottare un provvedimento, che assoggetti tutte le province italiane ad una legislazione uniforme in materia così delicata e tanto connessa con tutti gli interessi morali ed economici della nazione.

A questa prima ragione un’altra se ne aggiunge non meno grave.

Noi abbiamo in Italia 84 ordini religiosi, 80 dei quali sono ordini possidenti (38 di maschi, 42 di femmine) e 4 sono ordini mendicanti. Gli ordini religiosi possidenti sono distribuiti in 1724 conventi, cui viene assegnato un valore approssimativo di 40 milioni, i mendicanti in 658. Cosi nel complesso abbiamo 2382 conventi o case religiose, delle quali 1506 appartengono a congregazioni maschili, dove convivono 19 960 religiosi (cioè 15 494 professi e 4 466 conversi) e 876 appartengono a congregazioni femminili, dove convivono 25 869 religiose, delle quali 18198 professe e 7671 converse.

Sul numero totale di 45 829 religiosi, 17 407, secondo le notizie ministeriali (e più di 23 000 secondo altre statistiche), tra maschi e femmine appartengono agli ordini mendicanti e vivono di questua, e gli altri 28 422 possidenti vivono della rendita dei loro patrimoni, che secondo i dati raccolti per l'applicazione della lassa di manomorta, ascende a lire 16 216 532. 1 1 Quando si dovesse credere più vera la cifra delle seconde statistiche, bisognerebbe ritenere che tra religiosi e religiose il numero superasse i 50000.

Quadro delle rendite delle Corporazioni religiose

PROVINCE.

BENI RURALI

Fabbricati

Capitali.

Rendite fondiarie.

v

Rendite pubbliche.

Totale.

Provincie antiche

286819

161 489

34 035

90 955

89 858

663 156

Lombardia

191 655

64 002

122 034

52 295

51 823

461 789

Emilia

652 8 11

108 782

72 070

257144

210 563

1 281 370

{Toscana

1 475 722

274 104

344 168!

1 090 136

70 246

3 254 376

Marche e Umbria

493910

71 390

3 143

61 317

7813

637 573

Napoli

560 306

403 703

103155

140 966

151 700

1 359 830

Sicilia

3 407 960

1 045 497

190 208

3 760 590

154 383

8 558 438

Totale.

7 049 165

2 128 967

868 815

5 455 203

716 386

16216 532

Il Regno d’Italia, che agli effetti politici ed amministrativi è diviso in 59 province, agli effetti ecclesiastici è scompartito in 229 diocesi, 44 delle quali sono sedi arcivescovili e 185 sedi vescovili.

Queste 229 mense episcopali, rappresentano una rendita di lire 7 737 214, come fu accertato dalle denunzie per l’applicazione della tassa predetta.

Rendite delle Mense vescovili accertate in occasione della Tassa di Manomorta.

PROVINCE.

Beni rurali.

1 Fabbricati

Capitali.

Rendite Fondiarie

Rendite Pubbliche

Totale

Provincie antiche

855 008

96 625

27 624

110 128

137 385

1 226 770

Lombardia

745 552

33 754

8 671

34 850

60 491

883 318

Emilia

511 219

49 795

42 218

226 453

82 749

912 434

Toscana

461 530

37 301

30 403

241 594

13103

783 931

Marche e Umbria

544 460

34 556

6110

71 503

26 998

683 627

Napoli

1 356 576

139 212

82 663

472 938

22 713

2 074 102

Sicilia

558 592

44 349

7 674

530 691

31 726

1173 032

Totale

5 032 937

435 592

205 363

1 688157

3751651

7 737 214

Le rendite dei Capitoli, delle collegiate, delle prebende parrocchiali, benefizii e cappellate ascendono a Lire 36 912 722.

Prebende parrocchiali, Beneficii ecclesiastici e Cappellante.

PROVINCE

Beni Rurali

Fabbricati

Capitali

Rendite fondiarie

Rendita pubblica

Totale

Provin. antiche

4 316 375

334 101

488 950

1 209 892

537 867

6 887 185

Lombardia

4 010959

245 101

656 658

1 099 971

497 086

6 509 684

Emilia

3 941 808

298 159

273 975

957 639

115 780

5 587 361

Toscana

2 146 518

267 271

296 872

2615911

231775

5 558 347

Marche e Umbria

2 550 359

130 974

26 099

870 399

28 174

3 606 005

Napoli

4 223 451

315015

410 967

1 735 640

88 532

6 773 605

Sicilia

415510

65 525

364 738

1 089 119

55 643

1 990 535

Totale

21 604 980

1 656 146

2 518 259

9 578 571

1 554 857

36 912 722

E finalmente le opere, o fabbriche, e le altre amministrazioni ecclesiastiche rappresentano una rendita di L. 15 400148, senza contarvi quella dei seminari e delle confraternite.

Fabricerie e Amministrazioni di Chiese

PROVINCE.

Beni Rurali

Fabbricati

Capitali.

Rendite fondiarie.

Rendita pubblica.

Totale.

Antiche Provincie

1 039 599

281 Oli

337 264

377 057

357 397

2 392 328

Lombardia

1 041 331

179 328

1 358 961

695 416

312 450

3 587 486

Emilia

914 256

156 919

191 622

232 623

110 691

1 606111.

Toscana

241 1281

84 692

125 491

694 825

61 549

1 207 685

Marche e Umbria

430293

33 509

8 722

107 504

4 625

584 653

Napoli

2 418 647

427 283

246 841

733 070

92 707

3 918 548

Sicilia

749 991

120 513

28 720

1 147 827

56286

2 103 337

Totali

6 835 245

1 283 255

2 297 621

3 988 322

995 705

115 400 148

Così la causa pia ecclesiastica possiede in Italia una rendita complessiva di lire 76 267 016, che per lire 46 026124 è frutto di beni immobili. 1

Malgrado ciò, noi abbiamo in Italia circa 16296 parrocchie, 1 numero probabilmente scarso ai bisogni delle cresciute popolazioni, la rendita delle quali non basta, nel maggior numero di esse, a provvedere al più che mediocre campamento dei parrochi, i quali pure costituiscono la parte più eletta, più utile, più operosa del clero, talché ne avviene che molte sono ancora le province ove l’agricoltore è soggetto alla colletta delle così delle decime sacramentali. E per sopra più, il culto propriamente detto è cosi scarsamente provveduto, che per restauri di chiese e per altri titoli ha bisogno di esser sovvenuto di lire 2 226 431, 21 sul bilancio dello Stato, oltre quello che per i medesimi titoli vi spendono i Comuni.

1 Sebbene il Ministro abbia pubblicate posteriormente altre statistiche le quali diversificano da queste pubblicate per lo innanzi, io le ho mantenute quali le stampai nella prima edizione, mancandomi i dati sufficienti per giudicare se le seconde sieno più esatte delle prime. Bisogna considerare le une e le altre come approssimative e nulla più.

1 Approssimativamente le parrocchie sono distribuite come appresso:

PROVINCE

Piemonte e Liguria

Num. 3122

Sardegna

384

Lombardia

2272

Parma

736

Modena

818

Romagne, Marche e Umbria

2029

Toscana

2641

Napoli

3731

Sicilia

5C3

Per tutti questi fatti, mi sembra evidente il bisogno che le autorità civile ed ecclesiastica, dentro le loro respettive attribuzioni, provvedano ad una riforma quale è richiesta dallo spirito dei tempi, dal mutato ordine di cose e dai fini cui loro incombe di provvedere. Nulla però dicendo delle diocesi, la cui frequenza non si riscontra eguale in nessun altro paese come in Italia, frequenza che certamente non giova né alla dignità episcopale, né alla cultura del clero, mi restringerò invece a ciò che mi pare rientri nelle più sicure competenze del potere civile.

A me parrebbe che il modo più spiccio per superare le non poche difficoltà che si presentano su tale argomento, quello sia di estendere a tutte le province italiane la legge del 1855, sì perché ormai essa è vigente nella maggior parte del Regno, sia perché eviterebbonsi i non pochi inconvenienti che ne derivano, quando una cosi delicata materia si rimettesse tutta in questione.

1 Sul bilancio francese le spese del culto cattolico vanno in costante aumento e sul bilancio del 1864 figurano per franchi 46 400 600 compresa l’Algeria.

Ecco i titoli di quel bilancio:

87

Sedi Vescovili

L. 1 652 500

193

Vicari Generali

L. 506900

917

Canonici di Capitoli

L. 1164000

3 519

Curati

L. 4 512100

31 415

Vice-Curati

L. 29 497 300

9039

Vicari

L. 3175 050


Capitoli di S. Denis e S. Geneviefa

L. 223 350


Seminari

L. 1 555 400


Sussidi personali

L. 880 000


Sussidi a Congregazioni autorizzate

L. 105 000


Spese di edifizi, ec

L. 3129000


Totale

L. 46 400 600

A quelli cui sembra poco, direi che intanto essa provvede ai bisogni più urgenti. A quelli cui paresse troppo, quasi consiglierei di rassegnarsi, in vista del peggio. Ed in tale parere tanto più io persisto, perché se tino dal 1861 ci fossimo contentati di estendere quella leggo a tutta Italia, avremmo già liberato il Parlamento e il paese da una delle più gravi e più scabrose questioni. Laddove il desiderio di provvedimenti più radicali altro effetto non ha prodotto che di ritardare la riforma, e di renderla più difficile e più pericolosa. Ritenuti i principii sui quali tale legge è fondata, sarebbe anche facile il diminuire le difficoltà intorno alla Gassa ecclesiastica, mediante la conversione del patrimonio, e di remuovere quelle ancora che si accampano precocemente rispetto alla finale destinazione dei beni dei conventi. Imperocché potrebbe stabilirsi che, cessato un giorno il pagamento delle pensioni, e provveduto ai bisogni del culto, una porzione delle rendite che sopravanza senza distinzione di province, si distribuisse per sopperire ai bisogni della beneficenza pubblica e della istruzione. 1

Quando poi a questo sistema, che è il più semplice, non si facesse buon viso, allora sarebbe luogo ad esaminare le diverse proposte che fino a qui vennero fatte. Mi limito ad indicare le moltiplici questioni cui esse dànno luogo in ciascuna delle materie intorno a cui dispongono, cioè — la soppressione delle corporazioni religiose — la soppressione di altri enti ecclesiastici — la destinazione e distribuzione dei beni — la conversione — r amministrazione delle rendite. 1

1 Il progetto di legge che meno si discostava da quella del 1855 fu del Pisanelli. Questo progetto fu modificato dalla Commissione della Camera. Poi venne il progetto del Ministro Vacca, più assai radicale e che aveva per base l’incameramento. Questo fu rigettato dalla Commissione della Camera che ne contrappose un altro il quale ebbe nome dal Barone Ricasoli che presiedeva la Commissione. Il Ministero gliene contrappose un altro che limitavasi alla sola soppressione delle corporazioni Religiose, e che poi venne ritirato a mezzo della discussione.

I. Rispetto alle corporazioni religiose, non possono essere molte né gravi le obiezioni che vogliano opporsi contro la convenienza in genere della loro soppressione, resa oggi mai inevitabile per un complesso di circostanze non discutibili, non potendosi tanto più impugnare che siano per la massima parte cessati i bisogni sociali ai quali un tempo provvedevano, e che il maggior numero di esse trovisi in troppa contradizione coi principii politici ed economici dai quali è governata la società moderna.

Però, anche su questo punto, che fu detto più volte essere il meno grave, s’incontrano non poche difficoltà e non poche questioni, che meritano un serio esame per parte del Parlamento.

Imperocché, mentre tutti i progetti che sonosi succeduti vanno d’accordo intorno alla opportunità di eccettuare dalla regola della soppressione alcuni ordini o conventi, la cui utilità ed importanza sociale sembra evidente, è argomento grave di disputa se le eccezioni debbono ammettersi, se lo debbono per Ordini, ovvero per Case, se le eccezioni ammesse debbano avere un carattere permanente o transitorio.

2 Statistica delle petizioni intorno alla soppressione delle corporazioni religiose.


Corpi Morali

Associazioni

ADUNANZE Popolari

Individui

Laici

Laiche

Ecclesiastici.

Monache

Litterati (a)

Illitterati

Per la soppressione

62

32

16

16040

15930

21

86

15930

W

Per esenzioni alla oppressione

101

__

_

7389

7353

11

249

25

7070

319

Contro la soppressione

14



191277

165733

14279

8578

2687

152737

38540

(a) Si noti che fra i litterati della prima categoria vi sono Il firme uniformi, ve ne sono 87 tra quelli della seconda, ve ne sono 7 282 fra quelli della terza.

Ammesse o non ammesse le eccezioni, sorge una questione più grave, se cioè la soppressione debba avere immediato effetto colla chiusura generale dei conventi e colla reintegrazione dei monaci o frati nei loro diritti civili e politici, ovvero se deva darsi facoltà a quelli che lo desiderano di rimanere a convivere nei chiostri secondo la regola del proprio istituto, fintanto che vogliono, o finché non siensi ridotti in numero cosi scarso da potere essere concentrali in altro convento del medesimo ordine. Niuno ha negato che tale facoltà dovesse darsi alle monache, comprendendo ognuno quanta durezza sarebbe l’abbandonarle, quanto gravoso dovesse riuscire loro il tornare a vivere in un mondo che non conoscono, quante difficoltà creerebbonsi in tal guisa alle famiglie. Sarebbe adunque opportuno l’esaminare se per altre e non meno gravi ragioni, anche di ordine pubblico, non fosse, conveniente l'accordare tale facoltà ai monaci e frati.

I religiosi appartenenti alle corporazioni soppresse, abbiano o non abbiano la facoltà di rimanere nei loro chiostri, devono avere una pensione determinata, la quale sia, per così dire, l’equivalente di quella correspettività che stipularono coll’ordine ai giorno della professione e che assume il carattere di un diritto quesito. Lasciando anche da parte le difficoltà che possono incontrarsi per determinare il quantitativo delle pensioni, sorge una nuova questione del tutto finanziaria, rispetto al trattamento che deve farsi ai frati mendicanti. Imperocché, rispetto ad essi, pare non vi siano che due sistemi effettuabili, o di lasciarli nei loro conventi campando fin che vivono di questua come camparono per lo passato, o di assoggettarli alla legge comune, rinviandoli alle loro case con una pensione che equivalga almeno alla congrua sinodale. Ma ognuno intende quanto sarebbe il peso che ricadrebbe per questo titolo sulle finanze dello Stato, tanto più che dietro più accurate informazioni fu costatato, che i mendicanti nell’insieme sorpassano di gran lunga le cifre che vennero date dalle prime statistiche ministeriali.

II. Rispetto alla soppressione di altri enti ecclesiastici, le questioni sono anche più delicate.

Prescindendo infatti dalle cappellate e uffiziature laicali, che per la loro stretta analogia coi fidecommissi non s'intende come abbiano potuto sopravvivere alle leggi aboliti ve, non conviene dissimularsi, esser quella una materia cui si ricollegano per un lato non poche tradizioni e moltiplici interessi delle popolazioni, che conviene rispettare, e per altro lato essere troppo complessa perché possa sempre discernersi il criterio che separa la legittima competenza del poter civile, da quella del potere ecclesiastico intorno al culto, alla disciplina, alla gerarchia. Quanto più cauto andrà il potere legislativo su questa materia, tanto più sarà sicuro di evitare inestricabili impacci, i quali per forza di logica lo potrebbero trascinare ad offendere la libertà di coscienza ed a suscitare pericoli di ordine pubblico, che la ragione politica e la esperienza della storia non rendono desiderabili. Non conviene mai dimenticare che la grandissima maggioranza degli Italiani professa la religione cattolica, e non intende di abbandonarla: come non conviene dimenticare che una religione qualunque bisogna accettarla, e rispettarla tale quale essa è, né spetta al poter civile il discuterla o il riformarla. Non è questione di diritto ecclesiastico, ma è questione di libertà. 1 Ed in questo aspetto i diritti del cattolico, del protestante, dell'ebreo, del miscredente sono alla pari. Per lo che potrebbe dubitarsi se, fatta ragione di tutto, convenisse su questo argomento spingersi oltre i confini della legge del 1855.

1 Boncompagni

III. Le questioni più gravi sorgono poi rispetto alla proprietà e destinazione dei beni, tanto più gravi perché di essi beni non se ne conosce il valore, perché la, sostanza è tutt’altro che appurata, e perché sono ignoti gli oneri da cui è vincolata. Innanzi tutto non conviene confondere i beni provenienti dalla soppressione delle corporazioni religiose, coi beni più propriamente ecclesiastici, perché destinati al culto ed ai ministri del culto. Rispetto ai primi, può dubitarsi se ragioni di giustizia politica permettano l’applicazione del rigoroso diritto imperiale, che trasferisce al Fisco la eredità dei collegi che cessano di esistere. Rispetto ai secondi, non è ammissibile nemmeno il dubbio, poiché il loro carattere e la loro inviolabilità hanno la stessa certezza e la stessa determinazione di tutti gli altri beni, che servono ad oggetti di pietà pubblica. Quindi nuove difficoltà non tanto rispetto alla destinazione in genere, quanto rispetto alla destinazione locale, né più né meno che si trattasse di beni di spedali o di altri pii istituti. Questo già basta a mostrare quanto gravi e pericolose questioni susciterebbe ogni idea d’incameramento dei beni delle corporazioni, e più che mai dei beni ecclesiastici propriamente detti, toccando essi cosi da vicino gli interessi locali coi quali sotto moltiplici aspetti tale materia è strettamente connessa: tanto più gravi, perché è fortemente a dubitarsi che in questa parte la legge sia priva di scopo, per la incertezza superiormente notata intorno alla vera entità dei beni, agli oneri da cui sono gravati, ed alla loro sufficienza per sopportare prima il peso delle pensioni e poi quello delle dotazioni parrocchiali.

IV. La convenienza politica di restituire al commercio una gran parte almeno dei beni che sono stagnanti nel possesso della manomorta ecclesiastica non può essere revocala in dubbio. Ma può benissimo dubitarsi se il passaggio di essi beni al demanio, e la loro alienazione sia il mezzo migliore per operare questa grande riforma, nella quale le vedute finanziarie non possono né devono occupare il primo posto. Bisogna guardare che il patrimonio accumulato dalla pietà dei nostri maggiori non vada perduto nel vortice della speculazione e dell’agiotaggio, talché dispersi i beni, debbano poi ricadere sullo Stato, e sui Comuni le spese del culto: bisogna evitare che una riforma essenzialmente sociale ed economica non sia guasta e resa invisa atteso il modo pratico di eseguirla: bisogna esaminare se questo sia il momento migliore per la vendita, e se gettando così grande quantità di beni sul mercato, non si corra il rischio di deprezzare la proprietà privata: bisogna considerare infine se il disammortamento dei beni non potesse operarsi meglio e più utilmente, applicandovi un sistema misto di censuazione e di vendite col prezzo in mano sempre affrancabile.

Ma poiché le questioni sociali e politiche come non vogliono essere risolute nel solo aspetto finanziario, non lo devono essere nemmeno nel solo aspetto economico, così non è fuori di luogo anche esaminare se il disammortamento debba applicarsi indistintamente a tutti i beni dei clero, ed in specie se sia utile applicarlo ai beni parrocchiali. Valenti scrittori hanno sostenuto che il mezzo migliore, perché i parrochi siano immedesimati cogli interessi delle popolazioni fra le quali vivono, sia appunto quello di renderli proprietarii. Non ci vuole grande acume di vista per capire il concetto di quegli scrittori. Io pongo la questione, parendomi che valga la pena di esaminarla.

V. Le ultime e più gravi questioni interessano l'amministrazione dei patrimoni e la distribuzione delle rendite ecclesiastiche, qualunque sia la forma in cui vengono costituite.

Vi è un punto che ritengo come indiscutibile, cioè la convenienza che il culto e il clero abbiano patrimoni e rendite proprie, non confondibili col patrimonio e colle rendite dello Stato, se non si vuole avere le conseguenze di un clero salariato, cosa che repugna ad ogni sana idea di libertà. Quindi la necessità che il culto ed il clero abbiano un patrimonio o patrimoni aventi un’esistenza separata e distinta, come enti morali riconosciuti dalla legge.

Ma allora nascono le questioni concernenti amministrazione. Se cioè questa debba affidarsi alla Cassa o Casse ecclesiastiche, come furono istituite dalla legge sarda del 1855, se debba affidarsi ai RR. Economati, se debba darsi ad un ente nuovo che si chiami in ciascuna diocesi Patrimonio ecclesiastico o Congregazione diocesana, qualunque sia il modo onde tali congregazioni ora o in inseguito possano costituirsi. Certo è che in ogni caso mi sembra evidente, che non si debbano trascurare come elementi integrali del calcolo, l’autorità ecclesiastica, la legittima ingerenza del Governo, la compartecipazione del laicato, che sono tutti egualmente interessati, sebbene per diversi riguardi e con proporzioni differenti, alla conservazione dei patrimoni ed alla savia e prudente amministrazione. Rispetto alla distribuzione delle rendite, a cui si riferiscono anche le quote di concorso, non occorre che io entri in particolari. Giova però rammentare che la teoria che governa questa materia è antica quanto la Chiesa, e poco ci sarebbe da innovare. Il culto, il clero, i poveri hanno un diritto eguale alla partecipazione delle rendite ecclesiastiche. Le diffìcoltà sorgono piuttosto nel modo pratico di applicare questa dottrina alle contingenze presenti, e nello stabilire la giustizia del reparto tra le località meno provviste e quelle che lo sono oltre il bisogno, ma tali difficoltà non mi sembrano insormontabili.

Ho cercato di porre le principali questioni, che possono nascere rispetto ai diversi progetti di legge che conosciamo, e che vogliono essere studiate e risolute senza spirito di parte e con quella calma e serenità di spirito, che si addice ad uomini di Stato, alla gravità dell’argomento ed ai moltiplici interessi di ogni specie che vi sono congiunti.

Ma siccome non voglio essere accusato di restrizioni mentali, dirò apertamente la mia opinione non su tutte le questioni, poiché per alcune mi mancano quei dati di fatto che occorrono a risolverle, e per altre sarebbe per lo meno imprudente impegnarsi in una soluzione che la discussione parlamentare facesse poi apparire meno buona. Devo adunque limitarmi ad esporre quei principii più generali che assumerei come norma dei miei giudizii e delle mie determinazioni.

Io professo la religione dei miei maggiori, cioè quella della grandissima maggioranza del popolo, e reputo sarebbe gravissima sventura per il mio paese se alla nostra unità politica mancasse quel forte cemento che viene dalla fede religiosa. Ma reputerei che fosse non minore sventura se questa si facesse monopolio o bandiera di un partito politico, che rinnuovasse in Italia le esorbitanze e le agitazioni che si videro altrove. La fede religiosa deve esser norma alla condotta morale dell’individuo, nel modo istesso che la religione del paese non deve mai perdersi di vista dall'uomo di Stato, comunque egli pensi: ma per il bene della religione non meno che per il vantaggio della libertà, desidero che la prima si mantenga in quell'aere sereno, cui non giungono le passioni degli uomini e molto meno le passioni politiche, e che la seconda non abbia mai nemmeno apparenza di essere ostile alla Chiesa. Intorno a ciò mi affida il buon senso della grande maggioranza degli Italiani non clericale, né miscredente, ma essenzialmente conservatrice, e quindi tutt'altro che favorevole ai fautori di ogni eccesso in un senso e nell'altro.

Per trattare adunque le materie ecclesiastiche, bisogna prima di tutto tenersi nei limiti che i principii più sicuri del diritto pubblico segnano alla autorità civile, e trovato una volta questo limite, bisogna trattarle nel campo della fredda ragione politica, senza abbandonare mai quei criteri di prudenza pratica, che sono la migliore garanzia per assicurare la riuscita di ogni riforma.

Le mie persuasioni furono sempre per quella scuola che nella separazione dello spirituale dal temporale ha ravvisata la più valida garanzia della libertà civile dei popoli, ed il mezzo più sicuro onde la Chiesa e lo Stato potessero entrambi conseguire, senza reciproco disturbo, ed anzi con reciproco giovamento, il fine del loro proprio istituto. Questa scuola accogliendo quei principii di civile progresso che di secolo in secolo hanno dato un nuovo impulso alla vita dei popoli e delle nazioni, ha sempre creduto che la linea di confine tra le attribuzioni del potere ecclesiastico e quelle del potere civile, dovesse rinvenirsi sul terreno della libertà, che distinguendo la società medioevale dalla società moderna, può sola conciliare, a suo avviso, le dottrine più disparate. Ciò mi ha portato ad accettare in buona fede e con pienissimo convincimento la massima della libera Chiesa in libero Stato, perché mi apparisce la più feconda di conseguenze nelle nuove relazioni che, per il mutato ordine delle cose e per i bisogni dei tempo nostro, dovranno stabilirsi prima o dopo, fra il Papato e il Regno d’Italia, tra la Chiesa e lo Stato, in luogo e vece di quelle che, informale ai bisogni ed alle idee di un’altra età, condussero sempre con alterna vicenda alla subiezione dell’una o dell’altro.

Premesso tutto questo, non mi occorre il soggiungere che rispetto alla soppressione delle corporazioni, come rispetto alla trasformazione del patrimonio ecclesiastico, io credo non possano mettersi in dubbio né la competenza legittima dello Stato, né la opportunità di esercitarla; come credo del pari debbano porsi fuori di questione non tanto il diritto di associazione, quanto la necessità della conservazione vera e non fittizia di un patrimonio ecclesiastico (qualunque sia la forma che voglia darglisi) che provveda al culto ed al clero, e ci salvi dai pericoli di un culto e di un clero salariato.

Però non ammetto la soppressione delle corporazioni religiose senza alcune eccezioni, vuoi di ordini, vuoi di conventi. Di ordini, per ciò che spetta a quelle corporazioni che per proprio istituto sono preordinate alla carità verso gli infermi, o verso i peregrini, come che facciano parte integrale del Cristianesimo, e al bene che essi producono non possa provvedersi dal laicato. Di conventi, per quelle poche corporazioni che si congiungono alle memorie ed alle tradizioni più illustri del nostro paese, e per quelle che per proprio istituto si sono rese benemerite della istruzione letteraria e scientifica, fino a che almeno gli istituti laicali della pubblica istruzione possono fare a mene di qualunque emulazione, e sieno pervenuti a quel grado di prosperità e di considerazione che loro assicuri la fiducia dei padri di famiglia. Bene intese però che con questo non intendo che gli uni e gli altri sieno sottratti alle comuni discipline, e molto mene a quegli straordinari provvedimenti che siano richiesti da circostanze speciali. 1

Non ammetto nemmeno r assoluto incameramento dei beni delle corporazioni soppresse, poiché rispetto ad una riforma sì grave come questa le considerazioni finanziarie debbono occupare un posto secondario, se vuoisi assicurare ad essa il suffragio della pubblica opinione, senza del quale non sarebbe possibile nemmeno il principiarla.

1 Da una statistica ministeriale concernente le corporazioni religiose insegnanti resulta che nel Regno d’Italia vi sono 1112 istituti, dei quali 189 maschili, 795 femminili e 128 misti destinati alla istruzione e posseduti dalle suddette corporazioni. In questi istituti parte attenenti alla istruzione primaria, e parte alla istruzione secondaria vi è un personale di 12,286 individui dei quali 9007 addetti alla istruzione, e 3279 al servizio. Gli alunni che sono istruiti in questi istituti ascendono tra interni ed esterni a 97,440, dei quali 18,730 maschi, e 62,883 femmine. Senza volere istituire nessun confronto tra 1 insegnamento di questi istituti, e quello degli istituiti laici, può domandarsi dove il Governo troverebbe il personale, e dove i mezzi economici qualora tutti gli istituti religiosi venissero soppressi. Non essendo inutile il notare come l’insegnamento degli istituti religiosi, sebbene più copioso di personale, sia meno costoso. La esperienza ha dovuto mostrare ciò che è avvenuto rispetto alle scuole d’istruzione secondaria dei Seminarii. Chiuse quelle scuole e sottratte alla direzione vescovile, sono scomparsi anche i mezzi coi quali si credeva di poter mantenere le scuole laiche che gli venivano sostituite, e la ragione ne è evidente Un Vescovo trova un maestro per 400, o 500 franchi ed anche per meno. Il Governo non può averlo che per 1500 almeno. Da ciò dipende che in tutti i paesi le scuole appartenenti alle corporazioni o associazioni ecclesiastiche e religiose sono quelle che costano meno e sono meglio fornite di maestri. Gli è adunque da ponderare assai, se attese queste circostanze, non possa temersi che una soppressione indistinta troppo precoce, non fosse per deteriorare le condizioni della istruzione pubblica in Italia, che appunto per il difetto di un personale adeguato ai bisogni, non ha potuto dare fin’ora quei frutti che se ne dovevano sperare.

E questo suffragio non sarebbe sperabile di ottenerlo se, fatta una parte ragionevole anche alle esigenze finanziarie, quei beni non conservassero una destinazione per lo meno analoga con quei fini di pietà pubblica cui gli vollero affetti, le disposizioni dei fondatori, provvedendo con essi prima al culto in generale, e poi agli altri bisogni caritativi e morali delle località cui appartengono.

Su questi punii a me pare che le dottrine veramente liberali, ed ogni ragione di prudenza politica non consentano transazioni e ripieghi. Se mi duole che dissentano da me alcuni uomini egregii, dei quali stimo l'ingegno, ed apprezzo il carattere, mi conforta il pensiero di aver meco consenzienti i più distinti scrittori moderni che il delicatissimo argomento hanno saputo ponderare sotto tutti i possibili aspetti, e di aver pure dalla mia parte 1 autorità del Conte di Cavour, il quale sui principii che professava in questa materia erasi mostrato esplicitissimo sempre ed inflessibile, talché gli aveva, per così dire, incardinati nel suo programma di politica nazionale. Questi principii io gli accetto e gli ritengo, non potendomi alcuno rimproverare se non aspiro ad esser più liberale di quel grande statista, e gli accetto perché mi pare che essi separino nettamente la opinione liberale dalle opinioni estreme dei clericali e dei radicali, e tutelando la libertà per tutti, salvino lo Stato dai pericoli delle esagerazioni e delle reazioni.

Intorno agli altri punti sui quali occorre meno spiegarsi, è facile venire agli accordi, ogniqualvolta i provvedimenti proposti non offendano la libertà della Chiesa, non tocchino la libertà di coscienza» non turbino il sentimento religioso delle popolazioni, che per ogni ragione di giustizia e di prudenza politica, quando è sincero, quando sia scevrato dal fanatismo, quando non sia sfruttato dallo spirito settario, ha diritto all'universale rispetto.

CAPITOLO LXXI.

Il Bilancio del 1866.

Ho già indicata nei precedenti capitoli per linee generali la storia della Finanza italiana, i mezzi di cui essa dispone, e quelli pure che la scienza economica suggerisce come i sempre praticabili per ricondurre l'equilibrio tra le entrate e le spese. Ho pure tenuto conto delle varie riforme che già vennero effettuate, e di quelle che potrebbonsi effettuare non tanto per migliorare notabilmente la pubblica amministrazione, quanto ancora per conseguire sulle spese un risparmio maggiore.

Le conseguenze pratiche di tutto quello che ho esposto in questo povero libro si riassumono tutte nel bilancio del 1866, e nelle diverse comunicazioni e proposte che furono fatte dal Governo nella occasione di presentarlo alla Camera dei deputati. E sebbene possa sembrare che con questo io oltrepassi i limiti che mi ero tracciati, pure osservando che ove la nostra amministrazione fosse nel suo stato normale, il bilancio per il 1866 avrebbe dovuto essere già discusso e approvato dalla Camera precedente, spero di essere scusato, se valendomi di una certa tal quale finzione costituzionale vengo a parlare di questo bilancio tutto che presentato alla nuova Legislatura.

Come comprende agevolmente il lettore, non potendo entrare in troppi particolari, e neppure sfiorare le gravi questioni cui dà luogo il bilancio del 1866, devo astenermi altresì dal pregiudicarne alcuna, e limitarmi invece ad accennare i resultamenti generali di quel bilancio, con quelle poche ulteriori notizie che occorrono onde costatare f ultimo stato della nostra situazione finanziaria. Non occorre che io rammenti neppure i nuovi fatti politici che hanno frapposto un troppo rincrescevole ritardo ai più urgenti e necessari provvedimenti. Basti solo accennare che in seguito della crisi ministeriale avvenuta sulla fine del decembre, essendo succeduto il senatore Scialoja al deputato Sella nel ministero delle Finanze, il nuovo ministro se ha creduto opportuno di portare non lievi varianti circa i provvedimenti da prendersi, ha riconosciuta però ed accettata la situazione finanziaria quale veniva esposta dal suo antecessore. Talché rispetto alle cifre, noi abbiamo quella maggiore sicurezza che ci era dato di conseguire. Ciò premesso, entro nell’argomento.

E prima di tutto giovi definire lo stato della gestione finanziaria del 1865, quale per lo meno poteva aversi per approssimazione a tutto il decembre di quell’anno. Il bilancio del 1865, come fu presentalo e come venne approvato dal Parlamento, dava i seguenti generali resultamenti.

Spese ordinarie e straordinarie

L. 876 639 309 29

Entrate totali

L. 669 438563 14

Disavanzo

L. 207 200 746 15

Ma attese le variazioni che detto bilancio dovette subire sia per le nuove e maggiori spese stanziale dal Parlamento nel corso dell'anno, sia per l'imprestito dei 425 milioni onde si aveva una nuova annuità di 33 milioni, esso restò modificato come appresso.


Ordinarie

Straordinarie

Totale

Spese

L. 852 335 276 03

L. 74 620 852 86

L. 926 956 128 89

Entrate

L. 638 553 458 96

L. 63 026 686 44

L. 701580 145 40

Disavanzi

L. 213 781817 07

L. 11594 166 42

L. 225 375 983 49

Rettificata in tal modo li gestione del 1865, vengo adesso ad accennare le ulteriori comunicazioni fatte dal ministro Sella alla Camera dei deputali nella tornata del 13 decembre, intorno alla gestione del 1866, in quanto che ci forniscono un’idea più esatta delle condizioni finanziarie del nostro paese.

Secondo le comunicazioni del ministro Sella il Bilancio del 1866 offre i resultamenti che appresso.


Ordinarie

Straordinarie

Totale

Spese

L. 869447016 76

L. 59310158 78

L. 928757175 54

Entrate

L. 662933276 49

L. 4708466 20

L. 667641742 69

Disavanzi

L. 206513740 27

L. 54601692 58

L. 261115432 85

Non volendo ripetere tutto quello che disse il Ministro per spiegare le ragioni delle speciali differenze nei due bilanci delle spese, e delle entrate, mi limito a notare i seguenti punti principali.

I. Rispetto alle spese, nel bilancio del 1866:

Vi si notano in confronto al bilancio precedente maggiori risparmi per L. 47, 999, 263, 75 conseguiti per 20 milioni sui bilanci dell’Interno e dei Lavori pubblici in dependenza delle leggi amministrative, per 17 milioni in dependenza della vendita delle ferrovie, per 8 milioni sui due bilanci della Guerra e della Marina.

Ma all’incontro vi si nota un accrescimento di spesa di L. 49, 800, 310. 40, che per 45 milioni dipende da nuovi obblighi assunti dallo Stato, cioè L. 14, 140, 000 rimborso delle obbligazioni demaniali. L. 11, 190, 567 aumento nelle guarentigie per le strade ferrate: L. 16, 693, 300 dotazioni maggiori assegnate alla Lotteria, attesi gli aumenti nel numero delle giocate.

Le parziali differenze potranno meglio raggiungersi mediante il seguente

pagina 442

Il Rispetto alle entrate ordinarie, malgrado che si perdano 27 milioni che rendevanci le ferrovie, e quasi 13 milioni di centesimi addizionali retroceduti alle province, pur nondimeno si verifica un aumento di 24 milioni, come resulta dal seguente

QUADRO DI CONFRONTO - tra le Entrate del 1865, e quelle presagite per il 1866


1865.

1866.

Imposta fondiaria

L. 139 827 487 74

L. 134 877 465 —

Imposta sulla ricchezza mobile

L. 63 465 885 66

L. 71 105 741 62

Tassa sugli affari

L. 73 000 000 —

L. 75 950 000 —

Dazi di confine

L. 60 200 000 —

L. 63 560 000 —

Dazi di consumo

L. 28 100 000 —

L. 27 500 000 —

Privative

L. 136 500 000 —

L. 141 400 000 —

Lotto

L. 40 000 000 —

L. 60 000 000 —

Rendite patrimoniali

L. 48 422 122 51

L. 22 887 995 45

Proventi di servizi

L. 28 562 800 —

L. 30112 000 —

Entrate eventuali

L. 1 475 983 41

L. 1 114 300 —

Concorso alle spese Rimborsi

L. 16 051 328 05

L. 34 332 274 42

Totale

L. 635 605 607 37

L. 662 933 276 49

Però le entrate straordinarie che nel bilancio del 1865 figuravano per 63 milioni, sono ridotte nel Bilancio del 1866 a L. 4 708 466, essendo venule meno quelle risorse sulle quali potè farsi assegnamento nell'anno precedente.

III. I disavanzi dei respettivi esercizi 1865 e 1866 posti fra loro in confronto, sono i seguenti

Disavanzo

Ordinano

Straordinario

Totale

1865

L. 213 781 817 07

L. 11 594 166 4

L. 225 575 983 49

1866

L. 206 513 740 2

L. 54 601 692 5

L. 261 115 432 82

in meno

L. 7 268 076 80



Differenza in più


L. 43 007 526 16


finale



L. 35 739 449 33

Quindi si conosce che mentre scema il disavanzo ordinario, cresce all’opposto il disavanzo straordinario, per la ragione che sono venuti meno gli assegnamenti che furono disponibili nel passato esercizio. Ma gli stessi motivi che mi fanno desiderare di vedere scemate le spese ordinarie in confronto delle straordinarie, mi fanno ritenere come buono il resultamento, che vediamo verificarsi nel confronto dei due disavanzi. Rimanendo pertanto i due disavanzi, quello cioè dell'esercizio 1865 in L. 225375983.49, e quello dell'esercizio 1866 in L. 261115432.82 noi abbiamo alla fine di questo anno un disavanzo totale di L. 486490406. 31.

IV. Però un tale disavanzo, considerandolo rispetto al servizio del Tesoro, non incute nessun timore, imperocché il ministro delle Finanze ha dichiarato di avere disponibili per sopperirvi, compreso il pagamento della rendita al 1° gennaio 1867, la somma di L. 507000000, come appresso:

Resto di cassa al 31 dicembre

L. 174000000

Buoni del Tesoro residuo di

L. 14000000

Residuo del prestito

L. 103 000000

Prezzo delle strade ferrate

L. 150 000000

Tassa sulla Ricchezza Mobile del 1865

L. 66000000


L. 507 000000

Ed ha dichiaralo altresì di aver pure disponibile un altro capitale ricavabile dalla vendita dei Canoni del Tavoliere di Puglia, che rappresentano a rendita L. 2 998 928, ed a valore capitale L. 39 978 560. 1

Intanto giovi di tener conto di due fatti finanziarii che emergono dall'esame dei bilanci, cioè: Che separando le spese obbligatorie dalle spese di amministrazione, dal 1864 in poi trovasi conseguito un risparmio di 150 milioni.

1 Vedasi Annuario delle Finanze del 1864, pag. 668.

E che il disavanzo generale che nel 1862 toccava la enorme cifra di 554 milioni, oggi viene ristretto nei più angusti confini di 261 milioni. 1

Malgrado ciò è doloroso il dirlo, ma pure il tacerlo non giova, i risparmi conseguiti ci hanno servito a poco: perché i 150 milioni di economie sulle spese di amministrazione, sono quasi assorbiti dai 137 milioni cresciuti sulle spese obbligatorie, per effetto dei debiti creali nell'intervallo: e l’aver ridotto il disavanzo da 550 ai 262 milioni, non è bastato ad impedire che il nostro credito scadesse ad un segno di depressione ove non era stato mai per il passato.

Molte circostanze hanno influito a ciò: e non tra le ultimò devono noverarsi il discredito che noi stessi per spirito di parte abbiamo gettato sulle nostre finanze, i dubbi perfidiosi e malvagii che abbiamo sparsi sulla moralità della amministrazione, le calunnie versate a piene mani sugli uomini i più autorevoli, i programmi menzogneri coi quali si faceva credere agli elettori che si potessero assestare le Finanze senza aumentò di tasse, e quasi quasi col diminuirle. Ma però non conviene dissimularselo, la cagione precipua del nostro discredito, e della perturbazione che ne è derivata specialmente in questi ultimi tempi, deve attribuirsi in grandissima parte al disavanzo.

1 Giovi avere sotto gli occhi il decremento del disavanzo quale mi resulta dalle cifre che ho raccolte.

ANNI

SPESE

ORDINARIE

SPESE

STRAORDINARIE

TOTALE

1861

179 000 000

318 000000

497 000 000

1862

262 000 000

292 000 000

554 000 000

1863

299 000 000

163 000 000

462 000 000

1864

265 000 000

140 000 000

405 000 000

1865

213 000 000

11 000 000

225 000 000

1866

206 000 000

54 000 000

261 000 000

Il quale se spesso s’invoca anziché per il lodevole intendimento di farlo sparire, piuttosto al tristo scopo d’indebolire la fiducia che è il fondamento degli ordini nuovi, non cessa per questo di essere una brutta piaga, e se oggi non offre ragione congrua e proporzionata ad esagerati sgomenti, non cessa per questo di risvegliare giustamente le apprensioni di tutti coloro cui stia veramente a cuore il bene del paese.

Il problema finanziario adunque che nel 1866 vuole essere inesorabilmente risoluto, se vuoisi rialzare il credito dello Stato cotanto depresso, se vuoisi ristabilire la fiducia pubblica, se vuoisi calmare quella ansietà che paralizza il nostro commercio, e la nostra vita industriale, consiste nel trovar modo che il disavanzo rapidamente sparisca, o riducasi per lo meno in proporzioni cosi anguste da potersi considerare come transitorio ed inoffensivo.

Ed adopero appunto questa formula, imperocché la idea di venire al pareggio immediato sia col mezzo di risparmi, sia col mezzo di nuove imposte, 1 finora non è stata messa innanzi da nessuno, essendovi dei limiti che la necessità delle cose impone tanto ai risparmi quanto alle imposte. E però quando si parla di paréggio, dentro questi limiti, non se ne può parlare che rispetto ad un disegno di bilancio il quale, avvicinando fra loro gradatamente i due termini estremi cioè le entrate e le spese, dia tempo allo svolgimento della ricchezza nazionale, ponga in calcolo incremento progressivo delle pubbliche entrate, assicuri la nostra esistenza politica,

1 Il ministro Sella ha diviso il bilancio in due cifre. L’una comprende le spese obbligatorie, e quindi intangibili, e quelle che sono indispensabili come mezzi per avere le entrate. Questa cifra è di 443 milioni. L’altra comprende le spese di amministrazione fra le quali pone l’esercito e la marina. Questa cifra è di 446 milioni. Le economie non possono effettuarsi che su questa seconda cifra.

ed offra intanto le debite guarentigie al credito, del quale sotto una forma o sotto un’altra, dobbiamo e dovremo sempre valerci.

Sotto questo aspetto noi dobbiamo considerare i due progetti di bilancio che vennero presentati alla Camera dei deputati, dai due successivi ministri delle Finanze Sella e Scialoja.

Il ministro Sella, che fino dal 1862 richiamò l'attenzione pubblica sopra i pericoli del disavanzo allora ingentissimo, 1 oggi che esso è ridotto a 261 milioni, vorrebbe restringerlo a 96 milioni soltanto, mediante un suo disegno nel quale entrano quattro mezzi diversi. 2

I. Nel disegno finanziario del Sella, figurano per prima cosa ulteriori risparmi che egli promette di effettuare sui vari bilanci fino alla cifra di 30 milioni.

II. Provvede poi il Sella al riordinamento delle imposte esistenti per effetto di conseguire una migliore distribuzione. A questo scopo egli propone di togliere ai Comuni la facoltà di sovraimporre centesimi addizionali sulla tassa della Ricchezza mobile: di aumentare a pro dello Stato il provento di questa tassa con tutta quella parte che resulta adesso a pro dei Comuni e delle province: di repartirla tutta per quotità in ragione del 15 per 10 della ricchezza imponibile:

1 Relazione del ministro Sella intorno alla situazione finanziaria del 1862.

2 Sulla Finanza italiana: discorso del ministro Sella alla Camera dei deputati nella tornata del 13 decembre 1865.

3 Il ministro della Guerra, Generale Petitti, che sui due Bilanci del 1865, e 1866 aveva già operata una riduzione di 63 milioni, colle modificazioni successive approvate col R. Decreto del 30 decembre ha ottenuto altri 10 milioni di economie, come resulta dalla Relazione che precede i decreti stessi. Le riduzioni sulle spese dell’esercito operate dai diversi ministri resultano dal seguente confronto pubblicato nella Gazzetta di Firenze del 19 gennaio 1860.

di abolire le quote minime, e di computare a beneficio di ogni contribuente le prime 250 lire imponibili; di abbandonare ai Comuni l’intero dazio di consumo. Quindi da questa sistemazione non si propone di ricavare nessun aumento di prodotto, perché l’aumento sulla Tassa della ricchezza mobile, e la retrocessione del dazio di consumo si compensano fra loro.

Nel 1862 a fronte del

1861

L.

7 344406 77

Nel 1863 a fronte del

1861

L.

46839414 22

1862

L.

39515007 45

Nel 1864 a fronte del

1861

L.

41554838 00

1862

L.

34210431 23

1863



Nel 1865 a fronte del

1861

L.

104073191 22

1862

L.

96728784 45

1863

L.

57 213777 00

1864

L.

62518353 22

Nel 1866 a fronte del

1861

L.

140 727 783 22

1862

L.

133383 376 45

1863

L.

93868369 00

1864

L.

99172945 22

1865

L.

36554592 00

Queste riduzioni furono possibili, 1° perché di mano in mano sono scemate le spese concernenti il materiale, 2° perché di mano in mano consolidandosi 1 esercito che era in formazione, poteronsi risparmiare non poche spese, 3° perché la esperienza ha potuto indicare meglio quali parti dell’amministrazione sarebbonsi potute riformare. Non conviene dimenticare che se il Governo potè contrapporsi efficacemente al partito di azione nel 1861, questo fu mostrando che esso solo poteva e sapeva provvedere alla difesa nazionale.

III. Egli vuole ritrarre un aumento di entrale per 20 milioni dalla riforma che propone delle leggi sul registro e sul bollo, mediante la quale armonizzandosi quelle due leggi coi nuovi codici, rendesi più rapida e sicura la percezione, si allarga la base della imposta, e diminuisconsi alcune tariffe. 1

IV. Finalmente vuole ricavare un maggiore e decisivo incremento di entrata dalle due nuove tasse che egli propone, runa sul macinato, l’altra sulle porte e finestre. La prima, calcolandola un 10 per 100 sul prezzo di 3 ettolitri di grano per persona, dovrebbe fruttare al pubblico Erario 100 milioni, la seconda dovrebbe renderne altri 25.

In tal guisa nel disegno del signor Sella procurandosi una economia di 30 milioni, ed un aumento di entrate per 145 milioni, abbiamo un complesso di 175 milioni che contrapposti al disavanzo di 261 milioni, lo ridurrebbero ad 85 milioni. 2

Il ministro Scialoja si propone di conseguire una maggiore riduzione nelle spese, ed un considerevole incremento di entrate mediante una migliore e più equa distribuzione delle imposte.

I. Egli vuole, anzi tutto, portare a circa 56 milioni le economie che il suo antecessore limitava a 30 milioni, e ne presenta il reparto nel modo seguente:

1 Per esempio la tassa per la mutazione della proprietà del 4 per cento, la riduce al 3, e la tassa sulle sentenze dall’1, all'1 e ½ per 100.

2 Però notando che il signor Sella abolisce le quote minime che danno un introito di 5 milioni, ed ha poi in previsione 4 milioni di spese nuove e straordinarie, il disavanzo finale salirebbe ai 96 milioni che egli ha presagito.

Guerra e Marina

L. 30000000

Finanze

L. 2230000

Giustizia e Grazia

L. 6355 000

Interno.

L. 4348399

Lavori Pubblici

L. 4800000

Istruzione Pubblica

L. 5500000

Agricoltura e Commercio

L. 1000000

Totale

L. 56433390

II. Laddove il ministro Sella lasciava intatta la fondiaria,, perché non essendovi ancora una perequazione definitiva, credeva di non poterla aumentare, il ministro Scialoja affronta subito il problema della perequazione definitiva.

Separando nel contingente generale fissato dalla legge de| luglio 1864 in lire 110000000 la parte d’imposta spettante ai fabbricati che è regolala dalla legge 26 gennaio 1865 ed è repartita coll’aliquota stabilita dalla legge detti il maggio 1865, il contingente residuale affetto alla imposta fondiaria rimane di lire 85 511 636. Ora il ministro Scialoja questo contingente lo riduce alla cifra invariabile e fissa di lire 65 719 640, dividendo la differenza fra queste due cifre che è di lire 19 821996 in un graduale abbassamento di quinquennio in quinquennio, finché nel periodo di anni 21 resti tutta livellata nelle proporzioni stabilite dalla legge di conguaglio. 1

Tabella di confronto

Contingenti dell' Imposta relativa ai beni rustici

Dopo gli anni 21

Piemonte

L. 15521 980

11 911 206

Lombardia

14182992

10883698

Parma e Piacenza

2 080 538

1 596 556

Modena

2811349

2157351

Toscana

5716156

4386446

Ex-pontificio

9964980

7 493 418

Napoli

25616453

19657471

Sicilia

7552093

5795300

Sardegna

2265095

1738181


L. 85511 636

L. 65 619640

Questa imposta che egli dice in tal modo consolidata, la dichiara affrancatale volontariamente per due terze parli con pagamento di altrettanta rendita pubblica 5 per 100.

Passando poi alla tassa sulla ricchezza mobile che chiama tassa suite entrate, esenta da ogni tassa le entrate inferiori alle lire 250 imponibili, e quelle che non oltrepassano lire 350 le assoggetta ad una tassa fissa che non oltrepassi lire 17 75. 1

Sottopone alla tassa tutte le entrate indistintamente, e così quelle pure dei fondi rustici ed urbani, dedotta la tassa prediale, dedotti i debiti, e ridotte le entrate dei fondi rustici a 6/8 e quelle dei fondi urbani a 5/8. E stabilisce per tutte indistintamente le entrate l’aliquota di reparto nel 10 per 100.

Con questo sistema la tassa sulle entrate che oggi figura sul bilancio in 66 milioni verrebbe portata in complesso dai 115 ai 120 milioni (non calcolando le spese di percezione e il decimo di guerra) i quali verrebbero approssimativamente distribuiti:

Sulle Rendite non fondiarie

L. 85 000 000

Sulle Rendite dei beni rustici

L. 26 200 000

Sulle Rendite dei beni urbani

L. 6 600 000


L. 117 800000

Quindi mentre il ministro Scialoja abbandona fino dai primi sei anni lire 8276643 sulla fondiaria, trova nell'indicato riordinamento la possibilità di ottenere sulle tasse dirette un aumento di lire 43 000 000.

Egli compie il suo sistema sottraendo le tasse dirette alla troppa oscillazione cui erano esposte per la sconfinata facoltà di colpirle coi centesimi addizionali. Quindi abolisce affatto la facoltà di sovrimporre la tassa sulle entrate, e limita la sovraimposta sulla fondiaria al 50 per 100 della imposta erariale. Ma tale innovazione conducendolo necessariamente a riordinare anche le imposte comunali e provinciali, a questo riordinamento egli provvede in due modi, cioè: Surrogando alle tasse dirette della provincia il contributo per le spese provinciali repartito fra i Comuni in ragione della fondiaria, e della tassa sulle entrate:

Dando facoltà ai Comuni di supplire alle spese, dove non bastino le loro entrate patrimoniali, il dazio consumo, e la sovrimposta sulla fondiaria e le altre tasse locali, con tre nuove tasse che sono: (a) una lassa di licenza sull’esercizio delle professioni, arti, industrie e commercio; (b) una tassa sul valore locativo direttamente, o per indizio di porte e finestre, ed una tassa di famiglia; (c) una tassa sulle vetture di lusso, sui domestici maschi, e sugli stemmi.

1 Da L. 251 a 300

L. 8. 70.

Da L. 301 a 350

L. 17. 75.

IV. Finalmente il signore Scialoja intende a procurare un aumento d entrate per 90 milioni sulle tasse indirette, in tre modi: —

a) mediante la riforma già presentata dal suo predecessore delle tasse di registro e bollo;

b) mediante una tassa sulla produzione del vino in ragione di lire 1 ½ per ettolitro, calcolata sopra una produzione media di 30 mila ettolitri, tassa che sarebbe restituita al produttore nel caso d'esportazione, ed avrebbe il suo compenso in una sovratassa eguale sulla introduzione dei vini esteri;

c) mediante un diritto di consumo sugli olii, sui grani e sulle farine, abolendo però contemporaneamente il diritto di bilancia sulla importazione dei grani e delle farine che rende circa 2 milioni.

Il resultamento finanziario dell'intero disegno è il seguente:

1 Tassa sulle entrate

L. 118000000


La tassa del 1865 è di

66000000


Differenza

52 000000


Diminuzione sulla fondiaria e parte corrispondente del decimo di guerra

9 000 000


Restano d'aumento

L. 43000 000

L. 43 000000

2 Tassa sulla produzione del vino

40 000 000

3 Tasse di consumo

30 000 000

4 Aumento sul registro e bollo

20000000

Totale

133 000 000

Sottraendo ciò che rendeva il diritto di bilancia sui grani


2 000 000

Restano

L. 131000 000

In tal modo il disavanzo presagito in L. 265 000000 ridotto già per 54 milioni di risparmi a lire 211 trilioni, per effetto di tale aumento di rendite di lire 131 milioni, viene a residuarsi a lire 79 000 000. 1

I due sistemi dei ministri Sella e Scialoia, comunque diversi fra loro nei principii da cui muovono e nei mezzi che adoperano, sono però concordi in questo:

entrambi si propongono di ottenere in proporzioni diverse un risparmio sulle pubbliche spese, migliorando però e semplicizzando le amministrazioni;

entrambi sono preordinati a conseguire una migliore sistemazione ed un più giusto reparto delle pubbliche gravezze;

entrambi fanno entrare come coefficiente della sistemazione e distribuzione delle gravezze un nuovo assetto delle imposte e dei bilanci comunali e provinciali;

entrambi cercano di riempire una lacuna marcatissima che esiste nei nostro bilancio attivo, chiamando a sopperirvi in copia maggiore le tasse indirette.

Non voglio né posso entrare nell'esame critico dei due sistemi. Dirò bensì che se il sistema del Sella distinguasi per la sua maggiore semplicità, quello dello Scialoja risponde meglio ai principii economici ed ai voti della scienza, e certamente io non potrei essere fra coloro i quali credono di muovere una censura esaltando la troppa scienza e la troppa dottrina.

E senza abbandonare quelle idee e quei dubbi che io espressi anteriormente intorno a certe innovazioni e certe riforme, mi corre il debito di dichiarare lealmente che una profonda impressione sull’animo mio l’hanno prodotta non tanto le splendide relazioni premesse ai relativi progetti di legge, quanto gl’ingegnosi temperamenti col mezzo dei quali si vorrebbero evitare gli inconvenienti più gravi delle innovazioni proposte.

Quelle relazioni e quei progetti onorano non tanto i due egregi uomini di Stato cui appartengono, quanto il nostro paese. 1

1 Però calcolando le perdite effettuabili per l'abolizione della tassa minima della ricchezza mobile e la scala graduale rispetto alle quote inferiori alle lire 350, il disavanzo dovrebbe crescere di circa otto milioni.

Potranno certamente quei loro progetti essere migliorati e modificati, ma è d’uopo confessare che dal complesso di entrambi ne sorge la soluzione ai più gravi problemi della nostra finanza, e viene tracciata la sola. strada possibile per la quale essa possa ristorarsi e giungere ad un ordinamento definitivo.

Questo mi prescrive altresì l'obbligo di astenermi da ogni desiderio che io avessi avuto per avventura dell'aggiungere anche un mio disegno finanziario a quei tanti venuti fuori in questi giorni dentro e fuori del Parlamento. Ma siccome nei due progetti ministeriali vi resta pur sempre presagito un disavanzo non indifferente, e questo potrebbe anche esser maggiore per molle eventualità che è duopo di prevedere, quindi non dispero di trovare una qualche scusa presso il lettore se torno ad insistere circa una idea già enunciata dal deputato Bellini, 1 che mi parve buona in se stessa, e feconda di ottimi resultamenti pratici, ma che non è stata valutata quanto Io avrebbe meritalo.

Tra i rimproveri che possono farsi al Governo ed al Parlamento italiano in fatto di finanze, quello certamente non gli si può indirizzare di aver voluto occultare al paese ed ai capitalisti il vero stato delle cose. La verità fu sempre delta da tutti e fu delta intera.

Anzi talora fu delta inopportunamente, e spesso, per darci merito di schiettezza o per risvegliare lo spirito pubblico, o per altre cagioni la esagerammo al segno di fare amari rimproveri a chi mostrava maggiore fiducia, o proferiva parole di più liete speranze.

1 Progetto di legge presentato dal ministro delle Finanze (Sella) nella tornata del 13 decembre 1865 relativo al dazio sulla macinazione dei cereali.

Progetto di legge presentato dal ministro delle Finanze (Scialoja) nella tornata del 27 gennaio 1866, sulla sistemazione delle imposte dirette e sulla introduzione e modificazione di alcune altre imposte.

1 Discorso fatto dal deputato Bellini nella tornata del 14 aprile 1865.

Può affermarsi che bene spesso il maggior danno al credito nostro ce lo siamo procurato noi stessi, suscitando fantasmi e paure male a proposito. Bisogna pur credere che i capitalisti d’Europa siensi accorti essi stessi delle nostre esagerazioni, perché altrimenti ci avrebbero negata da un pezzo la loro fiducia, trattandoci davvero come falliti, giacché pareva ci dilettassimo di darcene le apparenze.

Da queste nostre fisime ne è. conseguito altresì che per il desiderio di voler fare un bilancio sincero, può dubitarsi siasi giunti a farlo in modo che non rappresenti esattamente lo stato delle nostre finanze.

La distinzione tra le spese ordinarie e le spese straordinarie non è una distinzione meramente nominale, ma corrisponde invece alla realtà delle cose, particolarmente nei cosi detti periodi organici delle nazioni. Tale distinzione l’abbiamo anche noi nella legge di contabilità, e serve di base al nostro bilancio attivo e passivo. Ma può dubitarsi grandemente che talora siasi equivocato circa il criterio da adoperarsi per applicarla ai casi concreti.

Perché una spesa possa assumere il carattere di ordinaria, ci vogliono tre estremi, cioè: 1° che sia destinala al consueto andamento dei servizii pubblici, 2° che sia stabilita in modo continuativo da leggi, regolamenti o speciali disposizioni, 3° che riproducasi annualmente per lo stesso, o per analogo oggetto. Ove manchi alcuno di tali estremi, la spesa esser deve considerata come straordinaria. 1

Non basta adunque l'estremo della annuale ricorrenza per caratterizzare una spesa come ordinaria, se, al tempo stesso non abbia anche gli altri estremi di esser destinata al consueto andamento dei servizii pubblici, e di essere stabilita in modo continuativo.

1 Legge del 13 novembre 1859, Art. 4.

Per virtù di questa dottrina, noi abbiamo veduto nel bilancio del 1865 portarsi tra le spese straordinarie, quella parie dell' effettivo del nostro esercito eccedente ii piano organico stato proposto dal ministro della Guerra in stato di pace. Credo che il ministro operasse savia mente, ed il Parlamento gli dette ragione.

Questa stessa dottrina avrebbe dovuto consigliare la iscrizione fra le spese straordinarie delle garanzie assicurate per legge alle società concessionarie di strade ferrate. Ma non fu così: queste garanzie furono iscritte invece tra le spese ordinarie. E finché si trattò di lieve cifra, non se ne videro le conseguenze. Ora però che tali garanzie si accostano ai 40 milioni, e che in breve saliranno per qualche anno a somme molto maggiori, ognun vede che cosa avverrebbe se non si provvede in tempo a mutare sistema. Quindi la necessità di entrare in qualche ulteriore spiegazione su tale argomento.

Se noi avessimo costruite le strade ferrate a spese dello Stato, ogni difficoltà sarebbe rimossa. Imperocché noi avremmo collocati tra le spese ordinarie gli interessi del capitale che prendessimo ad imprestito per costruirle, ed avremmo portato fra le straordinarie le spese di costruzione. La difficoltà nasce, in quanto che abbiamo provveduto a questo grande bisogno della civiltà moderna e del nostro avvenire, incaricando della costruzione e dell’esercizio le società private, coll’obbligo di provvedere il capitale e. colla condizione altresì della reversibilità delle strade ferrate allo Stato dopo tanti anni di godimento. Queste concessioni pongono in essere fra lo Stato e le società concessionarie una vera e propria delegazione, il cui correspettivo sta nella cessione dei diritti e privilegii dello Stato, nella utilità dell'esercizio per uti tempo determinato, bella garanzia di un prodotto nettò chilometrico che assicuri ai sovventori del capitale il pagamento dell'interesse che a favor loro fu stipulato.

In questa delegazione ognun vede che le garanzie assicurate dallo Stato non rappresentano gli interessi del capitale, che gravano le società concessionarie, ma rappresentano invece una porzione di capitale anticipato dallo Stato, capitale che per un'altra porzione è rappresentato dai diritti e privilegi ceduti. E basti ad esserne convinti il riflettere, che quando pure le garanzie dovessero pagarsi per un lungo corso di anni, ed al maximum della promessa fatta, deve pure venire un giorno, in cui l'obbligo di prestarle viene à cessare o a ridursi per lo meno in più angusti confini, come deve venire un giorno in cui le strade ferrate già costruite devono trasformarsi in proprietà dello Stato. Allora lo Stato ritrova il capitale sborsato sotto forma di garanzia, insieme cogli interessi, in una proprietà affrancata da ogni debito, perché durante il tempo dell’esercizio il prodotto concesso alle società deve servire al pagamento degli interessi ed all'ammortizzamento del capitale di costruzione. Talché le garanzie, per le quali il Governo si è impegnato verso le società concessionarie, non rappresentano gli interessi del capitale di costruzione, e se hanno il carattere di spesa ricorrente, non possono dirsi una spesa destinata al consueto andamento dei servizii, né possono dirsi stabilite per modo continuativo. Perché fosse altrimenti, bisognerebbe che, venuto il tempo della devoluzione, la proprietà delle strade ferrate si consolidasse nello Stato insieme col debito del capitale occorso per costruirle. In una parola le garanzie tengono le veci delle sovvenzioni che alle società concessionarie furono accordale da altri Governi.

Quindi, per applicare convenientemente la legge di contabilità, è luogo in questo caso alla distinzione subalterna cui accennava il deputato Bellini, e che si applica a tutte le imprese industriali, cioè fra le spese dette di esercizio e le spese dette di capitale o di prima montatura. E mentre le società concessionarie portano al conto di esercizio gli interessi del capitale, o per meglio dire il dividendo degli azionisti, e portano al conto di primo impianto, cosi le spese di costruzione, come la quota di utili destinati a rimborsare il capitale o ad ammortizzare il valore delle azioni, noi dovremmo portare in conto di esercizio gr interessi equivalenti alle somme che occorrono per pagare le garanzie, e dovremmo portare in conio di capitale le garanzie effettivamente pagate, perché costituiscono in parte l'anticipazione appunto di quelle somme, che dobbiamo sborsare per avere un giorno la proprietà delle strade ferrate, che altrimenti avremmo dovuto procurarci provvedendo noi stessi direttamente a tutte le spese di costruzione.

Ecco la ragione per la quale io credo che importare annuo delle garanzie dovrebbe trasportarsi tra le spese straordinarie nel modo stesso che vedonsi portate in Francia sulle spese straordinarie le sovvenzioni che si danno per lo stesso titolo alle società concessionarie. Assumendo per guida questo criterio, non solamente si giustifica il trasporto che già avvenne fra le spese straordinarie della eccedenza sulla forza militare in stato di pace, ma può sostenersi altresì che nella stessa categoria debbano pure collocarsi quelle quote sia di pensioni sia di assegnamenti di disponibilità, che eccedono la proporzione ordinaria cogli stipendii in condizioni normali. Tutte queste spese, a chi bene ne considera l'indole ed il carattere, altro non sono che spese di primo impianto o di prima montatura per costituire il Regno d’Italia.

Le conseguenze pratiche di questo trasporto di spese da una all’altra categoria, sono di grande importanza. Imperocché rettificandosi in tal guisa il nostra bilancio, ne conseguirebbe: —che le spese ordinarie e costanti del nostro esercizio verrebbero meglio determinate, e poco ci vorrebbe a condurle presto al livello delle entrate ordinarie, le quali devono appunto assicurare l'andamento regolare e costante dei servizi pubblici;—che le imposte e le rendite ordinarie, sarebbero esclusivamente destinale alle spese di esercizio, mantenendo fra queste la priorità agl interessi degli imprestiti che sono occorsi, o occorrerebbero, per far fronte tuttavia alle spese di primo impiantò; — che gli imprestiti, perduto ogni carattere di espediente di cassa, avrebbero sempre una speciale destinazione, condizione precipua per dare nuova base al nostro credito così all’estero, come all'interno; — che niuno potrebbe trovare a ridire se le garanzie (ove non si preferisse di creare per esse una nuova forma di speciali obbligazioni) le dovessimo pagare con altrettanti imprestiti, aumentando soltanto le spese ordinarie per l'importare degli interessi necessari a procurarcegli; — che in tal guisa, senza isterilire con imposte soverchie la produzione, senza impedire l’accumularsi dei frutti e dei risparmi del lavoro, che sono la materia più sicura per le imposte indirette, senza inceppare la lenta formazione del capitale nazionale, noi potremmo dare al nostro sistema d’imposte quel tempo che è necessario, perché, svolgendosi in tutta la sua ampiezza, possa fornirci quel tanto che è necessario, onde chiuso il ciclo troppo periodico degli imprestiti, la integrità del nostro bilancio, salve circostanze eccezionali, possa essere saldata colle risorse ordinarie e costanti del pubblico tesoro; — che frattanto agli interessi occorrenti per gli imprestiti tuttavia necessari in questo periodo transitorio, ma che si facessero con speciale destinazione, potrebbesj sopperire sia cogli incrementi naturali e progressivi delle tasse indirette, come ancora con quegli aumenti lenti e discreti di ogni specie d’imposte, che volta per volta fossero stanziati dal Parlamento.

Questa correzione, che potrebbe razionalmente introdursi nei nostro bilancio con grande vantaggio del nostro credito, apparisce tanto più necessaria quando si rifletta che le garanzie oggi iscritte per altre 48 milioni, saliranno in breve corso di anni a più che 60 milioni. Ed ognuno vede, quali effetti mostruosi ed assurdi ne conseguirebbero, per cosi rapido ed eccessivo accrescimento delle nostre spese ordinarie, alle quali le entrate ordinarie dello Stato non basterebbero mai. Per tal modo, noi faremmo alle nostre finanze una condizione anormale, che non avrebbe riscontro in nessuno degli altri bilanci d’Europa.

Riducendo a pratica applicazione la teoria che ha anche troppo lungamente discussa, ognuno capisce che collocate fra le spese straordinarie le garanzie per le strade ferrate (36 milioni), il rimborso delle. obbligazioni, l’eccedente delle pensioni e dei soldi i espella ti va e qualche altro titolo di spesa che abbia nei singoli bilanci una natura analoga, potrebbesi più agevolmente colmare il disavanzo ordinario anche nel caso che dovesse farsi una cospicua deduzione sui proventi presagiti per le nuove imposte.

Rimarrebbe invero il disavanzo straordinario salito a cifra maggiore, ed a questo per qualche tempo non potrebbe sopperirsi in altra guisa che coi prestiti. Ma le ragioni dette superiormente mi affrancano dal dimostrare che tale disavanzo non farebbe paura ad alcuno, e che questi prestiti non turberebbero i sonni del ministro delle Finanze. Imperocché il paese ed i capitalisti saprebbero che quel disavanzo verrebbe colmato mediante il naturale incremento delle tasse indirette le quali, rinascendo il credito e la fiducia, salirebbero presto al loro stato normale; e saprebbero egualmente che il disavanzo potrebbe sparire anche più rapidamente, ove potessimo risolvere le gravi questioni di patria indipendenza, che sono sempre sospese.

Il pareggio immediato sarebbe per certo ottima cosa, e chi avesse nelle forze economiche del paese una fede eguale a quella che tutti abbiamo nel suo patriottismo, farebbe bene a tentarlo oggi piuttosto che domani, giacché in tal modo noi ci vedremmo ad un tratto eguagliati agli Stati più fortemente costituii). Se questo non può ottenersi, é urgente che il Parlamentò senza lasciarsi sopraffare da certe ragioni di sentimento nocive agli interessi stessi che più gli stanno. a cuore, voti senza ritardo il maggior numero possibile delle leggi d’imposta che gli vennero proposte, onde il disavanzo riducasi almeno dentro i confini nei quali i due Ministri lo presagirono. È questo l’unico mezzo per uscire da questa crisi che ci angustia e che scemando il nostro credito, scema del pari la no stra importanza politica, quando ne avremmo appunto maggiore bisogno.

CAPITOLO LXXII.

Conclusione.

Se riuscii nel delineare alla meglio ed anche incompiutamente i lavori di questa prima legislatura del Regno d’Italia, io mi auguro di aver potuto dimostrare agli amici ed agli avversarli, agli Italiani ed agli stranieri, che essa corrispose pienamente alla espettativa del paese, non meno che alle intenzioni della Corona. Altri di più eletto ingegno potrà tesserne a suo agio la storia ed entrare in quei più minuti ragguagli che angustia del tempo, e i limiti che mi era prefissi non mi concedevano di esporre. Se questo non fosse, avrei dovuto svolgere almeno il concetto di alcune Leggi che ho appena ricordate; avrei dovuto dire del modo col quale procede la istituzione del Giuri, quali resultamenti ci offre la statistica penale, quali miglioramenti siensi ottenuti rispetto agli istituti di pubblica beneficenza. Avrei dovuto parlare delle relazioni commerciali fra le diverse province, delle condizioni della nostra industria agricola e manifatturiera, non che della figura che fecero una e altra nelle Esposizioni di Firenze e di Londra. Avrei pure dovuto toccare della cultura scientifica, letteraria e artistica dell’Italia, e desumere dalle rassegne periodiche e dalle bibliografie se ed in quale grado le scienze, le lettere, le arti abbiano fra noi progredito. Avrei pure dovuto dire qualche parola dello spirito pubblico, dei diversi partiti che sono in Italia, non che dei giornali coi quali si manifestano e intendono d’influire sulle opinioni. Non avrei potuto finalmente tacere delle nostre relazioni cogli Stati esteri, della nostra diplomazia, dei nostri consolati, delle nostre colonie commerciali nei porti di Levante e di America. Ed allora avrei avuto occasione di toccare almeno fugacemente dei principii che governano la nostra politica estera, delle questioni più gravi che su tale proposito vennero dibattute in Parlamento, della nostra attitudine verso i pochi stati che non ci hanno riconosciuti, della questione veneta finalmente che sta e starà sempre in cima del nostro programma nazionale, finché preparandosi ed offrendosi le occasioni opportune, cogli accordi o colle armi, non sia risoluta. Di questi e di molli altri soggetti mi resterebbe pur sempre a discorrere, almeno fugacemente, se dovessi esporre colla conveniente ampiezza l’argomento che presi a trattare. Però anche quel poco che io ne dissi, sarebbe più che sufficiente a misurare lo spazio che abbiamo percorso dal 1860 a questo giorno, se avessi un’autorità pari al buon volere, e se non m’agitasse il dubbio di non aver saputo raccogliere i fatti con tutta la precisione desiderabile, o di non esser riuscito ad esporli con sufficiente chiarezza. Delle mende, degli errori, dei falsi giudizi nei quali posso essere caduto, voglia compatirmi pertanto il benigno lettore.

Nell’intervallo tra le due edizioni di questo mio libro due fatti nuovi si consumarono. Lo scioglimento della Camera di cui facevo parte, e la. costituzione della nuova dalla quale io, e non pochi altri che valevano più di me, restammo esclusi. La nuova Camera profittando della esperienza acquistala in questi cinque anni di vita politica, potrà fare molto più per il bene del paese, che non potevamo o non sapemmo far noi. Ha essa trova lo Stato già costituito e già riconosciuto da quasi tutti i maggiori potentati, le istituzioni politiche consolidate, l’amministrazione tuttora imperfetta, ma pure ordinata; trova la legislazione già unificata, i Comuni e le province nel pieno esercizio della loro autonomia; trova un sistema compiuto e razionale d’imposte, e le gravezze più che era possibile perequate; trova un esercito, una marina, il bilancio passivo già unificato e studiato, il bilancio attivo prossimo a raggiungere i 700 milioni; trova il paese bastantemente abituato alle pubbliche libertà, tutte le misure più odiose già eseguite, il terreno sgombro da mille ostacoli; e quello che più conta, trova ormai vinti e debellali sull’altare dell’unità della patria quasi tutti i maggiori ostacoli accumulati per tanti secoli di umiliazioni e di servaggio.

Tutto questo fu opera non ingloriosa né lieve della legislatura presente. 1

Quello che fece e che lasciò compiuto, le sia di venia per quel più che non fece, o non seppe fare, o lo fece meno bene. Le maggiori agevolezze che avrà questa nuova legislatura ad operare il bene ed a far meglio, come le occasioni che le si porgeranno in copia per correggere, per emendare, per compire e perfezionare, saranno pur sempre e nella massima parte opera sua, e di questo se ne potrà convincere il paese, solo che guardi e osservi come questa legislatura trovò l’Italia e come la lascia.

Delle censure e delle accuse che vennero fatte alla Camera passata, poche o nessuna saranno ratificate dal giudizio imparziale della posterità.

All’accusa che le mossero quelli, che per lo mero ignorano come procedano i corpi deliberanti, di essersi frantumata in gruppi discordi fra loro, rispondono il mirabile accordo che fu sempre nelle sue deliberazioni e la unità di concetto che rimane nei suoi lavori; alla censura di aver troppo seguite certune ispirazioni, piuttosto che certe altre, risponde l’aborrimento, che ebbe sempre senza distinzione di partiti per qualunque maniera d’intrighi; alle contumelie, ai libelli, alle ingiurie di cui essa non meno che i singoli suoi membri furono bersaglio, rispondono la calma «la serenità dei suoi voti. E della stessa censura, che le venne fatta più volte, di aver perduto il tempo in discussioni inutili ed in fastidiose interpellanze, verrà detto ciò che altri risposero rispetto alla identica accusa che venne mossa contro altro Parlamento.

1 La Legislatura 1860 cominciò il 2 aprile 1860 e fu chiusa il 28 dicembre 1860. La Legislatura prima del Regno d’Italia ebbe fin qui due sessioni. L’ una dal 18 febbraio 1861 al 21 maggio 1863, l’altra dal 21 maggio 1863 a tutto aprile del 1865. Facendo il conto dei lavori parlamentari, abbiamo i seguenti risultamene:

Quelle discussioni apparentemente inutili, quelle interpellanze che parvero perdita di tempo, furono il mezzo col quale le province italiane poterono conoscersi fra loro, furono lo sbocco a tutti i malumori, a tutti gli interessi offesi del paese, furono la valvola di sicurezza per dare sfogo alle passioni, ai risentimenti, agli amor proprii, che se non avessero trovato come prorompere nella libera arena parlamentare, sarebbonsi aperta una via ben altrimenti pericolosa alla vita nuova della Nazione. Delle altre accuse che vengono mosse dai nemici occulti e palesi della unità dello Stato e delle libere istituzioni, come di quelle che sono inventate per lattica di partito o per impulso di meno nobili passioni, è meglio abbandonarne il giudizio alla coscienza del paese. A tutti questi censori una sola cosa io dirò: Guardate quello che facemmo, tenete conto delle difficoltà che da ogni lato ci si affollarono intorno, e se uomini imparziali voi siete, ponendo la mano sul cuore, rispondeteci lealmente quello che avreste fatto in vece nostra!

Statistica dei lavori parlamentari.


PROGETTI

DI LEGGE

PETIZIONI

Interpellanze

Sedute pubbliche

Approvati

Ritirati

Respinti

Presentate

Riferite

Legislat.del 1860

73

0

»

159


20

76

Legislat. del 1861








Sessione I

213

15

1

2268

685

181

417

Sessione II

236

21

8

940

529

59

338

Totale

522

42

9

3376 (a)

1295

260

831

(a) Non computo in questo numero le petizioni presentate posteriormente al 22 luglio 1864, perché non potei accertarne il numero.

Comprendesi però agevolmente onde muovano simili accuse. Il Parlamento ha dovuto mutare quasi tutte le leggi: ha dovuto abolire o modificare grandissima parte delle vecchie istituzioni: ha dovuto creare imposte nuove o accrescere le antiche: ha dovuto finanche tramutare la sede del Governo. Cosi molli abusi furono distrutti, ma furono anche manomessi non pochi interessi, contrariate chi sa quante abitudini, offesi mollissimi amor propri.

Il Parlamento non poteva esimersi da tutto questo, se pure voleva compiere il debito suo. Ed anzi verrà un giorno in cui gli sarà tenuto conto della costanza dei suoi propositi, del coraggio che mostrò, della fermezza che ebbe per non cedere davanti a nessuna considerazione di luoghi e di persone. A questi patti, e non altrimenti, poteva farsi l’Italia. Ma intanto non è maraviglia se alcuni rimpiangono i vecchi interessi offesi, chiudendo gli occhi ai ben più importanti interessi nuovi che furono creati; non è maraviglia se alcuni altri si lagnano delle imposte aumentate, dissimulando le spese che vennero fatte e le grandiose opere che furono create; non è maraviglia se altri fanno rimprovero del debito accresciuto, non considerando che insieme col debito crebbero al tempo stesso molte altre cose, e la ricchezza nazionale crebbe del pari.

Non è maraviglia se nell’animo delle popolazioni il dolore degli interessi offesi prevalse per un istante alla rettitudine del senno politico. se quel dolore fu sfruttato abilmente dai rancori di parte, se la calunnia da tanto tempo impunita trovò spianata la via per trionfare dell’opera sua. Siccome queste considerazioni non potranno un giorno sfuggire al buon senso delle popolazioni, cosi le censure colle quali si volle discreditare la Camera disciolta, non reggeranno a lungo neppure al sindacato della pubblica opinione.

Auguro al mio paese che la Camera nuova, nella quale hanno trovato luogo non pochi uomini nuovi che certamente in questi anni di libertà ebbero agio e mezzi di procurarsi quella maggiore esperienza e quella maggiore dottrina che mancarono alla più parte di noi, sappia guardarsi da quei difetti e da quegli errori che noi commettemmo perché nuovi eravamo noi pare, ed è provvida legge della umanità che senza errare non s’impari, e che gli errori degli uni servano agli altri di reciproco ammaestramento. Ma auguro altresì al mio paese che la Camera nuova abbia lo stesso indirizzo che ebbe la Camera precedente, e conservi le tradizioni buone che questa le lasciò in retaggio. Vegli la nuova al pari della vecchia legislatura perché la libertà sia salva ed incolume, ma a questo. oggetto vegli del pari perché sia salva ed incolume l’autorità della legge e del Governo, come che l’osservanza delle leggi costituisca il distintivo dei popoli civili, e sia vano il lusingarsi che il Governo nostro sia rispettato al di fuori, se non ha reputazione di esser forte e rispettato al di dentro. Sia vigile custode delle franchigie costituzionali, ma lo sia egualmente della forza, della dignità e della disciplina dell’esercito, che fu educato al culto dell’idea nazionale, ed al quale si affidano la sicurezza presente e le speranze dell’avvenire. Procuri che meglio ordinata e regolare proceda la pubblica amministrazione, che i prodotti delle imposte si accrescano, che le entrate pubbliche aumentino, che non sia dispersa in spese inconsiderate la pubblica pecunia: ma non ceda alla tentazione di porre troppo presto la mano nelle leggi organiche, e molto meno di troppo alterare e sconvolgere il sistema delle imposte. Tragga la sua forza e la sua autorità dalla opinione del paese, del paese che scrive e parla, ed anche del paese che non scrivendo e non parlando dà il suo sangue più puro all’esercito e dà il frutto dei suoi sudori allo Stato, ma non abbruci incenso, come avrebbe detto il cancelliere Bacone, ai falsi Dei della curia e della piazza. E da un errore e da un difetto capitalissimo, auguro all’Italia, che essa sappia e voglia guardarsi.

Allarghi quanto vuole il campo delle inchieste sui vari rami della pubblica amministrazione poiché tali inchieste affidate ad uomini esperti giovano sempre, ma non si lasci mai trascinare da nessun partito, e per nessun pretesto, nel campo delle inchieste personali. È questo il maggior peccato che abbia commesso la passata legislatura, perché simili inchieste aprono il varco ai più gravi pencoli che possano correre in qualunque paese del mondo la libertà costituzionale ed il Governo parlamentare.

Si guardi poi l’Italia, si guardi la nuova legislatura dal secondare i consigli di coloro i quali vanno dicendo che, traslocata la sede del Governo da Torino a Firenze, si debba mutare sistema. Questa parola chiude in sé un equivoco il più dannoso di ogni altro, perché ne va delle sorti della patria. Non viene mai per i popoli e per le nazioni il giorno in cui possano gettarsi impunemente nella via dei rischiosi esperimenti o di spensierata sicurezza; molto meno un tal giorno è venuto per r Italia nostra, quando abbiamo l’Austria sempre accampata in mezzo a noi, quando il nostro onore è impegnato colla Francia per mantenere i patti che abbiamo stipulati, quando i partiti estremi si agitano a tutta possa per impedire di quei patti la esecuzione.

Ogni sistema si compone necessariamente di principii e di uomini. Rispetto agli uomini nulla io dico. Fortunata l'Italia se avrà trovato uomini più capaci e più intelligenti, di fede più salda, più operosi, più sicuri, e forniti anche, se è possibile, di maggiore patriottismo di quelli che per cinque anni ne governarono le sorti o come membri del Parlamento, o come ministri della Corona!

Essi, in ogni caso, troveranno nella loro coscienza un conforto, che gli compensi delle amarezze onde vennero e vengono retribuiti, e saranno i primi a rallegrarsi col loro paese, se alcuno sorgerà che possa giovare all’Italia meglio e più efficacemente che essi non poterono.

Ha rispetto ai principii, si guardi bene la legislatura nuova dal cedere al fatale consiglio di mutarli 0 modificarli. Non parlo dei principii secondari, intorno ai quali si può avere diverse opinioni senza danno alcuno per il paese. Intendo dei principii di politica generale, che ci hanno guidati sino a qui, ed i quali hanno la riprova di quei fatti, che dalla spedizione di Crimea a questo giorno gli giustificarono. Da questi, e non da altri principii il Parlamento che cessò trasse la sua forza per superare le gravi difficoltà che si opponevano al suo operare, per risolvere i più ardui problemi della vita nuova in cui era entrata Italia e per consolidare r unità della Nazione. Da questi, e non da altri principii, il nuovo Parlamento può sperare guida, aiuti e forza per avviare l'Italia al conseguimento glorioso dei suoi destini, per compire la emancipazione della patria, per sciogliere i problemi intorno ai quali dovrà tuttora adoperarsi, per difendere da ogni pericolo questo grandioso monumento del senno italiano, che è costato ai nostri padri ed a noi tanti sacrifizii, tante angoscie, e tanti dolori.

NOTE E SCHIARIMENTI.

Cap. V, pag. 18.

Non esistendo ancora nessuna statistica intorno alla stampa periodica, mi limito alle seguenti indicazioni generali che ho potuto raccogliere da una pubblicazione fatta recentemente dalla Direzione Generale delle Poste, rispetto al numero dei Giornali, dei quali ricevonsi gli abbonamenti negli Uffizi Postali.

Da questa pubblicazione si rileva che nel Regno d’Italia si pubblicano attualmente 394 Giornali, cioè:

Quotidiani

N° 76

Settimanali

» 150

Mensili

» 168

No

394

Tali Giornali sono repartiti per province come appresso:

Province antiche

447

Lombardia

87

Parma e Piacenza

6

Province modenesi

7

Ex-pontificio

38

Toscana

56

Province napoletane

59

Province siciliane

37

Cap. VIII, pag. 31.

Amministrazione della Guerra.

Chi voglia formarsi un’esatta idea del nostro esercito e del modo col quale fu costituito, deve leggere la bella e utilissima Relazione sulla Amministrazione della Guerra nel 1864 presentata dal Ministro della Guerra Conte Petitti a S. M. nella udienza del 6 decembre 1865. 1

Questa Relazione contenuta in un volume di circa 300 pagine è distribuita in tre Parti.

La Prima riguarda il Personale, e si occupa delle modificazioni all’ordinamento militare— degli uffiziali e funzionari militari — degli aumenti e diminuzioni della bassa forza—della Leva sui nati del 1843 — della Leva sui nati del 1844 — della modificazione delle leggi organiche.

La Seconda è relativa al Servizio ed alla Istruzione, e si occupa del servizio militare — della istruzione militare — degli istituti militari — della giustizia militare.

La Terza comprende i Servizi tecnici ed amministrativi, e si occupa del servizio tecnico del corpo di Stato maggiore — del servizio del Genio dei servizi amministrativi — della amministrazione centrale.

Fanno corredo e illustrazione al testo n° LXV Specchi o Tavole statistiche, relative ai diversi rami della amministrazione militare di cui è parola nel testo.

Oltre a ciò bisogna consultare 1 altra Relazione dello stesso generale Petitti in data del 30 dicembre 1865, ed i RR. Decreti in data dello stesso giorno, coi quali vengono modificati i Ruoli organici dei diversi corpi militari sul piede di pace. Ciò porta una notevole riduzione nel quadro generale che pubblicai nel testo.

1 Torino, 1861. Tipografia Fodratti, Via Ospedale, 21.

Cap. cit. pag. 40.

La Marina militare.

Per completare le notizie concernenti la nostra Marina aggiungo la seguente tavola pubblicata dal Ministro della

Marina intorno al

Naviglio dello Stato al 1° gennaio 1865

SPECIE

DELLE NAVI

Numero

Forza nominale delle macchine in cavalli

Cannoni

Uomini di Equipaggio

Dislocamento in tonnellate metriche

COSTO

approssimativo

Naviglio da guerra







Navi corrente

18

10400

388

7358

68026

71802400

Navi a elica

20

6000

602

7391

44683

37500820

Nati a ruota

25

6050

146

3381

22828

22196430

Nari a vela

10

»

164

2251

10259

5487120

Totali del naviglio

DA GUERRA

73

23140

1 270

20381

16726

136986560

Naviglio da trasporto







Navi a elica

12

2550

24

1092

16133

7767500

Navi a ruote

10

1800

12

608

6173

3646920

Navi a vela

2

»

6

182

1537

854000

TOTALE DEL NAVIGLIO DA TRASPORTO

24

1350

42

1882

23 843

12238420

Totali generali

97

27400

1312

22266

170560

140224980

Capitale impiegato nella Marina.

Costo approssimativo dei navigli

L. 449 224980

Materiale di arsenali comprese macchine


4 000 000

Materiale nei magazzini

20000000

Totale

L. 473 224980

La relazione premessa al bilancio della Marina per Tanno 1866, indica accuratamente quante utili ed opportune riforme siano state introdotte, anche recentemente, in quella Tasta amministrazione, e quali riforme ulteriori sono in via di effettuarsi, come riconosciute indispensabili.

Fra i miglioramenti più notevoli introdotti nella amministrazione della Marina devono notarsi: gli inventari di tutto il materiale esistente negli arsenali, la separazione dell'amministrazione degli arsenali da quella delle navi, i conti a valore sostituiti ai conti per quantità, la scrittura che prestissimo andrà in vigore montata a partita doppia.

Dalla stessa Relazione che precede il bilancio della Marina desumesi la seguente: Tavola di confronto del materiale marittimo.



Navi.

Cannoni.

Cavalli.

NAVIGLIO CORAZZATO

Francia

46

952

19 985

Inghilterra

35

747

25 818

Austria

7

226

4 250

Italia

18

388

10 400

NAVIGLIO NON CORAZZATO

Francia

422

6 794

81 809

Inghilterra

505

12 011

103 440

Austria

105

838

7 950

Italia

77

849

17 130

La spesa delle respettive Marine, senza quella dei Bagni, è nelle proporzioni seguenti:

Inghilterra

L. 217000000

Francia

L. 428000000

Austria

L. 26 000 000

Italia

L. 32000000

Cap. X, pag. 47.

Per provare che non andai molto lungi dal vero affermando che nella sola provincia di Firenze il numero delle Opere Pie sorpassava quello che la statistica ufficiale assegnava a tutte le province toscane, abbiamo la recente statistica pubblicata dal conte Cantelli nella sua bella relazione fatta quest'anno al Consiglio Provinciale di Firenze. E credo non ingannarmi dubitando che nemmeno in questa tengasi conto di tutte le Opere Pie della detta Provincia.

Opere Pie nella Provincia di Firenze nel 1861


Nnm.

Rendita

complessiva.

Spesa

complessiva.

Spedali

11

918 549 06

1 793 555 21

Monti Pii

6

291 779 18

692 094 32

Esposti

4

559 087 47

643 697 82

Opere Pie miste

128

1 252 830 13

1 228 622 70

Totali

149

3 022 245 84

4 357 970 05

Non sono in grado di dire se in questo conto figurine anche le rendite provenienti dalla eredità Galli-Tassi, per la quota che può spettarne agli Spedali della provincia di Firenze, giacché il conte Galli lasciò la sua eredità a tutti gli Spedali della Toscana in ragione del numero dei letti. Lo sbilancio però in tutti i casi è grave assai. Ottimi provvedimenti furono presi recentemente dalle autorità provinciali, perché tale sbilancio venisse ridotto in minori proporzioni. Il più efficace fu quello certamente di farne sparire la cagione più seria, riconducendo in osservanza gli antichi regolamenti. Ma ciò non basta. Lo sbilancio non può cessare che mediante una misura legislativa che risolva la questione dei cosi detti fondi generali, della quale toccai nel testo.

Cap. XII, pag. 64.

Dalla citata relazione del Prefetto di Firenze ricavansi pure i seguenti dati statistici concernenti la

Istruzione elementare nella provincia di Firenze


CONFRONTO FRA

GLI ANNI SCOLASTICI


1863-64

1864-65

Scuole pubbliche maschili

158

170

Idem femminili

80

94

Scuole private maschili

900

1 013

Idem femminili

850

964

Maestri di scuole pubbliche

| 164

210

Idem private

1 950

1030

Maestre di scuole pubbliche

| 92

102

Idem private

| 874

1 024

Alunni di scuole pubbliche

1 6 509

7 110

Idem private

12 524

12 823

Alunne di scuole pubbliche

3 431

4 266

Idem private

11 202

11 836

Stipendi dei maestri pubblici

85190

104 209

Stipendi delle maestre pubbliche

29 110

37122

Spesa di materiale per 1«scuole maschili.

15 510

29 604

Idem Idem femminili.

7 862

9 985

Resulta pertanto da questa statistica che nella sola provincia di Firenze vi sono 1977 scuole private con 2054 maestri, e 24 659 alunni, che compensano in gran parte la deficienza nelle scuole pubbliche.

Ed ove si pensi che la statistica ufficiale fa ascendere le scuole private elementari in tutte le province toscane a 1165 ed in tutto il Regno a 8182, siamo autorizzati a dedurne che questa statistica debba essere assai difettuosa. % tanto più opportuno questo saggio relativo alla provincia di Firenze perché nelle statistiche ufficiali le province toscane rispetto alle scuole elementari ci fanno anche peggiore figure di quello che effettivamente si meritino. Anzi io credo che le scuole private abbondino nelle province toscane più che altrove, come uno degli effetti della libera concorrenza, la quale semplifica nei rispetti finanziari non poche questioni.

Cap. XVII, pag. 99.

A completare le notizie concernenti la coniazione della nuova moneta decimale, soggiungo il seguente

Quadro delle vecchie monete ritirate dalla circolazione e passate alle anche dal settembre 1861 al giugno 1865


4° Trimestre 1862

1863

1864

1° Semestre.

1865

TOTALE.

Piemonte e

Sardegna

1 403717 49

2013403 56

5807649 23

5904 424 93

44743892 24

Lombardia

336364 13

4 849904 63

4 564980 28

70757 20

3822006 24

Parma

914 01

462 449 72

575846 56

426968 60

4 166148 89

Modena

5600

339962 79

85570 97

25912 53

457046 29

Province ex-pontificie

7676 10

40241380 90

47 403883 77

21294639 24

48947580 01

Toscana

5937865 80

20977137 20

44 944 955 80

44 485556

83032514 80

Napoli

4 499999 25

20554680 25

44 940300 67

41 825821 55

48820804 72

Estere che

avevano corso

399616 40

6574143 41

8620663 87

4 980 52

45596 SOS 90

Totale.

9671 753 48

62712732. 46

60440 854 15

83733 057 57

246558894 06

Cap. XVIII, pag. 107.

Per farsi un’idea adequata rispetto alle pensioni pagate dallo Stato, giovi il notare che mentre in Francia le pensioni civili ascendono a Lire 26 464 000, fra noi ascendono a L. 18635 788. 12, e mentre in Francia le pensioni militari vanno a L 42 400 000, non oltrepassano in Italia. L. 16 367423. 27. Uno sbilancio maggiore si verifica nel confronto quanto alle pensioni straordinarie che noi paghiamo in L. 3 02&218j laddove in Francia giungono presso a poco alla stessa cifra. Nel complesso si pagano in Francia dal Bilancio dello Stato a titolo di pensioni di ogni sorta L. 76 607 930, mentre in Italia se ne pagano Lire 38 031 429. 41 repartite per n° 70470 individui.

Tutto questo rilevasi anche meglio dalla seguente Tàvola statistica che trovasi nell'annuario delle Finanze per l'anno 1865, e che è degna di molta considerazione.


pagina 480

Non è inutile il soggiungere a questa Tavola come semplice schiarimento il seguente

Stato delle pensioni inscritte sul bilancio francese nel 1864

Pensioni civili

L. 26464000

Pensioni militari

42400000

Pensioni ecclesiastiche

45000

Pensioni straordinarie

3192500

Rendite vitalizie

4 506 431


L. 76 607 931

Cap. XLV, pag. 272.

Mi occorre dichiarare che quello che io dico rispetto all'assoggettare o no le rendite fondiarie alla tassa sui Redditi della ricchezza mobile, lo scrissi fino dal mese di novembre, ed era già stampato, quando la questione fu promossa sotto altra forma dal ministro Scialoja.

Cap. XLVI, pag. 285.

Essendo stati pubblicati i resultamenti finali dalla gestione finanziaria dell’anno 1865, rispetto alle entrate delle due Amministrazioni delle Tasse e Demanio e delle Gabelle, credo di fare cosa grata al lettore, se gli aggiungo in questa nota a migliore dilucidazione di quello che dissi nel testo rispetto alle Tasse indirette.

pagina 495

Tavola Comparativa dei Prodotti

Il confronto nei prodotti delle Gabelle deve poi essere sussidiato dalla seguente nota illustrativa dei prodotti e spese del 1865 in confronto coi prodotti e spese del 1862.

Prodotti

1862

1865

Dogane

L. 5618157285

L. 6085601465

Diritti marittimi

178654763

184474492

Dazio consumo

2283879972

2812486312

Tabacchi

6354663210

7783556026

Sali

3507214639

5025737689

Polveri

142920555

220644160


L. 18085490424

L. 22112500144

Maggiore prodotto dei mesi di novembre e decembre 1864 oltre la media dei dieci mesi precedenti, derivante dalle straordinarie provviste fatte in conto de L. 1865 a cagione dell'aumento delle


Tariffe

L. 816517245

Così i prodotti de L. 1865

22929017389

Deduzione dei prodotti 1862

18085490424

Maggior prodotto del 1865

L. 4843526965


Spese complessive del

1862

L. 65669492 43

1865

58624822 03

Differenza in meno nel 1865

7044670 40

Quindi nel 1865 maggiori prodotti

L. 48435269 65

Minori spese

7044670 40

Vantaggio complessivo nel 1865

L. 55479940 05

Cap. LI, e LII, pag. 312, 314.

Avendo pubblicato nel testo il riassunto dei Bilanci comunali e provinciali, quale potè raccogliersi dal Ministero dell’Interno nel 1861, aggiungo adesso colle Tavole A e B dei detti Bilanci per l’anno 1863 pubblicato dalla Direzione generale di Statistica.

pagina 497

pagina 498 

Da queste tavole riassuntive dei Bilanci comunali e provinciali e dalla Relazione che le precede in confronto coi dati pubblicati nel testo, si raccoglie I. Che le entrate ordinarie superano le spesò ordinarie nelle Province Napoletane e Siciliane: le secondò superano le prime in Piemonte, Liguria, Toscana, Umbria,. Marche, Sardegna; il maggior dissesto si verifica nelle Province di Lombardia e dell’Emilia.

II. Che le tasse locali crebbero notevolmente dal 1861 al 1862(29 milioni) ed ebbero un moderato aumento dal 1862 al 1863 (3500 000).

III. Le spese ordinarie si classano nel modo seguente:

Censi e annualità

L. 14594905

Amministrazione

L. 25 442174

Polizie

L. 19957115

Guardia Nazionale

L. 5605337

Lavori pubblici

L. 17326326

Istruzione pubblica

L. 15922638

Culto

L. 4742109

Diverse

L. 40620770

IV. Che le sopratasse alle imposte erariali crebbero come appresso:

Anno 1861

L. 44116558

» 1862

L. 48228793

» 1863

L. 60015010

V. Che le entrate e le spese provinciali crebbero nelle proporzioni seguenti:

1862

1863


Ordinarie

Imposte e sovrimposte

L. 16308605

15396762

Entrate

Rendite diverse

2317245

4305912


Straordinarie


4486330

6429582



Totale

L. 23112180

26132256



Spese

L. 23759673

25798775

IV. Che le entrate comunali ordinarie e straordinarie in Francia toccano una cifra quasi quattro volte maggiore di quella delle nostre Comunità (L. 604 053 623).

V. Che le spese dei Comuni francesi ragguagliano presso a poco il triplo delle nostre, cioè: L. 612 875 000 delle quali: ordinarie L. 373 954 736 e straordinarie Lire 238920264.

VI. Che il disavanzo delle Comunità francesi è di Lire 9 821 377, mentre il disavanzo delle nostre, ascende a L. 49440584.

Cap. LXII, pag, 370,

Della Contabilità e Computisteria

Non posso astenermi dal rammentare il nuovo Progetto di Legge per la contabilità generale dello Stato, presentato dal Ministro Sella alla Camera dei deputati nella tornata del 19 decembre 1865.

Questo progetto è preceduto da una bellissima Relazione del detto Ministro e da una Memoria accuratissima intorno alla contabilità inglese.

Vi sono annessi anche i più importanti documenti del Governo inglese concernenti la materia della contabilità, e che servono di corredo alla detta memoria.

La relazione del sig. Sella contiene una lucida e stringentissima esposizione di tutti gli inconvenienti che egli ha verificati nel nostro attuale sistema.

La sua riforma tenderebbe ad introdurre fra noi il sistema inglese con quelle modalità che sono rese necessarie dalla diversità delle leggi e degli usi nostri.

Sotto il rapporto finanziario questa pubblicazione onora moltissimo il ministro Sella. La sua riforma è ardita, ma si capisce agevolmente che essa sarebbe salutare, perché i più lamentati inconvenienti sparissero radicalmente.

Se il Parlamento malgrado tutti gli argomenti che saranno allegati in contrario, facesse buon viso a questo Progetto del quale mi astengo riferirne i particolari, io credo che farebbesi un passo notevolissimo nella Riforma della nostra amministrazione.

Tutto sta che il Parlamento non si lasci vincere dalia paura (che pure verrà messa innanzi) di sacrificare con tale Riforma le sue prerogative. Ma per chi pensa rettamente, tale obietto non dovrebbe fare impressione, quando il Sella nulla propone che non sia già nelle leggi inglesi. Il Parlamento italiano non può pretendere di essere più geloso delle sue prerogative che il Parlamento inglese. Il quale con quel senno pratico che lo distingue, ha saputo conciliare appunto i suoi diritti e le sue prerogative, colle esigenze dell’amministrazione, e coi bisogni quotidiani del Paese.

_________

Per l’effetto poi di far meglio conoscere al lettore i rapporti pratici tra le regole di contabilità e la computisteria, aggiungo qualche parola intorno al modo col quale la computisteria è montata in Francia. Giacché io ho sempre creduto che si commetta un grave errore, quando copiando, come spesso facciamo i Regolamenti Francesi, non ci curiamo poi di vedere come i relativi servizi siano in Francia ordinati, ed è questa la parte appunto in cui avremmo molto da imparare e da imitare.

I servizj della contabilità dei quali devesi tener conto nei rispetti della computisteria sono: La percezione delle pubbliche entrate — la centralizzazione delle riscossioni — la decretazione delle spese — il pagamento delle medesime — il conto generale delle Finanze. Giovi esaminare come questi diversi servizi, sieno ordinati nell’Amministrazione francese.

I. Percezione delle entrate — I fatti di percezione devono essere tutti descritti nei libri tenuti in modo uniforme e che sono il libro giornale dove si registrano le entrate in specie e valori, i libri ausiliari destinati allo sviluppo proprio di certi determinati servizi, il Libro Maestro che recapito la le operazioni singole, collega gli incassi e i pagamenti giornalieri coi fatti anteriori, e presenta incessantemente la situazione completa del contabile verso ciascuno dei servizi affidati alle sue cure.

I fatti di percezione sono poi giustificati dal contabile mediante i Registri a matrice dai quali si staccano le ricevute, mediante l'annotazione nei Ruoli del quantitativo, e della data delle singole riscossioni, e mediante il confronto tra i Registri, i Ruoli e i libri di scrittura.

II. Centralizzazione delle riscossioni. — Consiste questa nel riunire sui diversi punti del territorio e mettere a disposizione del Tesoro le somme percette, come pure nel raccogliere e riassumere in un medesimo uffizio i resultati forniti dalle casse principali. A questo punto comincia il vero bisogno della scrittura a partita doppia, la quale passando ogni fatto di centralizzazione sopra due conti distinti, permette di potere sindacare ogni articolo del conto, mediante l'articolo corrispondente, e nel tempo stesso personificando, per cosi dire, ogni ramo di operazioni, e aprendogli un conto distinto in dare e in avere, permette pure di rilevare il merito intrinseco di ogni singola operazione. Si applicano qui i metodi dei negozianti, e quindi si adoperano gli stessi libri loro cioè gli Scartafacci, il Giornale, il Libro Maestro, i libri ausiliarii per alcuni conti speciali, tenuti collo stesso sistema, e per il medesimo effetto che sono tenuti nelle Taberne commerciali.

Cosi col mezzo di un tale corredo di libri si conosce esattamente il primo apparire di ciascheduno articolo — ogni atto di gestione viene classato sotto il titolo suo proprio — si conosce lo stato delle relazioni coi diversi corrispondenti — si procurano intorno ad ogni faccenda tutti i possibili ragguagli.

Provati e costatati coi libri i fatti della centralizzazione la giustificazione relativa alla gestione dei contabili centralizzatori si ottiene, mediante i Registri a matrice — mediante gli Stati settimanali — mediante i Conti annuali. Registri, Stati, Conti, che fanno capo all’ufficio della Contabilità Generale del Ministero delle Finanze, il quale raccoglie tutti questi documenti, gli rivede, gli recapitola in Registri mensili, gli passa con scrittura doppia nel Giornale, nei libri ausiliari, nel Libro Maestro: ed alla fine dell’anno confronta i resultati della sua scrittura coi conti annuali dei contabili centralizzatori, e gli trasmette alla Corte dei Conti coi documenti di corredo.

III. Decretazione delle spese. — Distribuiti i Crediti iscritti nel Bilancio, specializzati i medesimi per Ministeri, e per servizi e poi liquidate secondo le regole di contabilità dà ciaschedun Ministro ordinatore le spese, si giunge ai giorno nel quale, verificata la esecuzione dei contratti, costatata la soddisfazione dei respettivi servizj, bisogna ingiungere ai Contabili pagatori il pagamento dei debiti legalizzati. Questa è la decretazione delle spese che i Ministri ordinatori fanno col mezzo di ordinanze, e gli ordinatori secondarii col mezzo di mandati. Tanto il primo quanto i secondi devono descrivere le proprie operazioni, e giustificarle.

Il Ministro ordinatore deve riunire in una contabilità centrale del proprio Ministero tutti i fatti concernenti la liquidazione, la decretazione e il pagamento delle spese. Tale contabilità si compone egualmente del Giornale, nel quale vengono descritti secondo la loro data tutti gli atti che riguardano l'apertura dei conti, la liquidazione, le ordinanze, i pagamenti: di un Libro Maestro a partita doppia, nel quale tutti questi atti vengono riportati sotto le loro classi e titoli corrispondenti: di libri ausiliarii che riproducono con dettaglio gli articoli del gran libro, e dei quali il numero è vario, come è varia la forma secondo i servizi diversi cui il Ministro provvede.

Ogni ordinatore secondario altresì tiene un Giornale ove registra per ordine tutte le operazioni relative alle spese cui provvede, cioè i conti aperti, i diritti relativi ai servizj, i mandati da lui fatti, i pagamenti successivi. Tiene pure un Libro Maestro nel quale i conti sono classati per materie e secondo le divisioni del Bilancio: Tiene i libri ausiliarii destinati allo sviluppo di determinati servizj.

Da questo doppio ordine di scritture si staccano le giustificazioni, che ogni ordinatore secondario deve fare al Ministro ordinatore, ed ogni Ministro ordinatore deve fare coi suoi Conti annuali alla Corte dei Conti in corrispondenza esercizio per esercizio, e servizio per servizio ai Titoli del Bilancio.

IV. Pagamento delle spese. — Emanate le ordinanze, e rilasciati i mandati bisogna provvedere ai pagamenti, quindi la necessità di avere i fondi occorrenti, d inviargli ove occorre, effettuare l'impiego regolare di ogni somma, costatare e descrivere i pagamenti diversi.

L’incarico di distribuire i fondi è affidato ad un funzionario speciale che chiamasi Direttore Generale del giro dei fondi, e che è come il banchiere del Tesoro. Esso riceve da ogni cassiere principale a periodi molto frequenti, lo stato di cassa, gli incassi realizzati, e i versamenti, ed apre con ciascuno di loro un conto corrente di dare e avere. Descrive nello stesso conto le operazioni giornaliere relative al servizio di banca e al giro dei fondi, e giorno per giorno stabilisce la situazione del conto. Nel tempo stesso riceve dai Ministri o loro delegati i mandati di pagamento: gli confronta coi crediti aperti, riscontra che i mandati non eccedano i crediti aperti e trasmette i mandati ai pagatori, indicando, loro come de vano procurarsi i modi di pagamento. Descrive in una speciale contabilità tutte queste operazioni,, e ne trasmette l'estratto alla Contabilità Generale del Ministero delle Finanze, onde possa sindacare le dichiarazioni e le scritture dei contabili.

I pagatori alla loro volta registrano tutte le proprie operazioni in partita doppia, nel Giornale che serve ad un tempo come libro di cassa, e di portafogli, nel Libro Maestro, nei libri ausiliari, nei Registri delle ordinanze che presentano la data e il quantitativo dei mandati, e i pagamenti effettuati in corrispondenza coi capitoli, e cogli articoli del Bilancio.

Le giustificazioni rispetto alle riscossioni ottengonsi col mezzo dei Registri a matrice: rispetto ai pagamenti ottengonsi col mezzo delle ricevute, e degli estratti delle ordinanze e mandati.

V. Conto Generale dell’amministrazione delle Finanze. Questo componesi di due elementi, il Conto dei bilanci, la situazione generale dell’amministrazione.

Il Conto dei bilanci viene compilato sui resultati della contabilità generale ed è preordinato a confrontare le previsioni legislative coi fatti avverati si nelle riscossioni che nei pagamenti. Questo conto è sviluppato mediante un doppio stato delle spese e delle entrate, ciascuno di loro in confronto coi diversi titoli del bilancio attivo e passivo e giustificati il primo dai conti particolari di ciascun Ministero, ed il secondo dagli stati delle rispettive riscossioni.

La situazione generale dell’amministrazione finanziaria si compone di tre elementi cioè; l’estratto bilanciato dei conti del Gran Libro della Contabilità Generale; il conto del Tesoro; il conto delle operazioni dell’annata distinte per esercizj.

Cap. LXVII, pag. 406.

Anche questo Capitolo era scritto prima che fosse convocato il Parlamento, e prima che il ministro Sella avesse presentato innanzi a quello il progetto di Legge per la validazione del Decreto Reale che affida alla Banca il servizio della Tesoreria.

Questa riforma era il primo passo necessario a farsi per devenire alla più vasta Riforma della Contabilità Generale, e non ci voleva troppo acume per accorgersi a qual fine mirasse il Sella proponendo alla firma reale quel Decreto.

Devo aggiungere che il Senato dopo una splendida discussione lo ha convertito in Legge. Resta a sapersi adesso se il voto del Senato verrà confermato dalla Camera dei Deputati.

Cap. LXX, pag. 417.

Tra le diverse idee immaginate per agevolare lo scioglimento delle questioni ecclesiastiche, e per utilizzare a pro dello stato i beni di manomorta, mi corre il debito di rammentare quello del deputato Minghetti.

Questo egregio amico mio in un suo opuscolo intitolato Saggio di provvedimenti finanziari, propone di prelevare sui beni del clero una tassa straordinaria di 600 milioni, pagabile in. quattro anni e di assicurare al Clero la proprietà di tutto il rimanente patrimonio ecclesiastico» colla condizione che esso lo converta in rendita e lo disammortizzi come meglio crede, ma nel periodo di dieci anni. I beni immobili che in questo tempo non fossero disamortizzati, ricadrebbero al demanio. Alla fine del decennio dovrebbero cessare le corporazioni religiose di cui fino da ora sarebbe dichiarata 1 abolizione.» Gli effetti che il Minghetti si propone sono i seguenti r I. Provvedere alla conversione di tutti i beni ecclesiastici di manomorta con sicurezza e senza pericolo di deprezzamento delle proprietà stabili.

II. Prefiggere un termine alla soppressione di tutti gli ordini religiosi, senza eccezione e senza riserve, esonerando lo Stato dal peso delle pensioni.

III. Fare un passo notevolissimo nella separazione dello Stato dalla Chiesa, e farlo senza odio, senza persecuzione, senza turbare le coscienze.

IV. Assicurare all’erario un provento di 600 milioni divisi in tre o quattro anni, senza ricorrere al credito.

V. Riporre in calma le popolazioni agitate dal timore di nuove tasse.

VI. Lasciare il tempo necessario allo sviluppo dei proventi delle tasse antiche, all’assestamento delle tasse nuove, all'operoso e maturo studio di nuovi cespiti di rendita, ed alla attuazione loro.

Il Minghetti non ha fatto che accennare questo suo disegno senza dirci per ora dei mezzi pratici che egli propone per attuarlo, e per sciogliere le difficoltà che naturalmente questo disegno suscita a prima giunta nella mente di ciascuno. Certo è che vaie la pena che ciò egli faccia, onde tale disegno sia meglio considerato e studiato in ogni suo aspetto, giacché nel suo insieme non può che essere giudicato favorevolmente da quanti senza passione hanno volto il pensiero alle gravissime questioni cui esso si riferisce il vantaggio sostanziale consiste nello sciogliere con un atto solo le due questioni più gravi che abbia adesso il Parlamento l'assestamento delle Finanze, e l'asse ecclesiastico.

U idea di fare la conversione dei beni ecclesiastici col mezzo dello stesso clero, è teoricamente un’idea felicissima ed affatto nuova che distingue e separa questo disegno del sig. Minghetti da qualunque altro, col quale siasi voluto trovare qualche analogia.

È questa la prima volta che vien fuori un progetto col quale praticamente siasi tentato di attuare il principio della separazione della Chiesa dallo Stato, e di ricondurre queste gravi questioni alla politica proclamata dal Conte di Cavour. Il partito liberale è in grado di giudicare quanto gli abbia giovato l’essersi troppo allontanato da quella politica, e se le difficoltà inerenti a quelle questioni sienp cresciute o scemate.

Il progetto del Minghetti deve esaminarsi precipuamente sotto questo aspetto. Sotto l’aspetto finanziario esso non può essere considerato se non come un mezzo sussidiario ai provvedimenti più radicali che furono già sottoposti al Parlamento.

Cap. LXXI, pag. 446.

Bilancio del 1866

La situazione attuale del debito pubblico resulta dal seguente stato, che trovasi nell’Annuario delle Finanze del 1865.

pagina508

Cap. cit., pag. 452.

Chi voglia conoscere più a fondo il movimento della Amministrazione finanziaria, deve leggere la Relazione intorno alle Tasse degli affari e le Relazioni sull’imposta fondiaria, e sull’imposta sui redditi della ricchezza mobile compilata dal Segretario Generale delle Finanze signor deputato Gaspare Finali, già presentate al Parlamento. A questa ultima relazione fanno corredo copiosissime notizie statistiche intorno ai reparti e subreparti della imposta suddetta per il secondo semestre del 1864, intorno ai lavori delle Commissioni, intorno ai centesimi addizionali, intorno alla riscossione. Insomma è un lavoro compiuto che non lascia nulla a desiderare.

Cap. cit., pag. 463.

Applicando ciò che io dissi circa la separazione delle spese ordinarie dalle straordinarie, ne verrebbe l’effetto che sottraendo dalle

spese ordinarie presagite in

L. 869 447 918 76


La estinzione dei prestiti

L. 10 412087 59


Idem delle obbligazioni dei beni demaniali


L. 14 140 000 —


Garanzie di strade ferrate

L. 48 134 375 —


L'equivalente di economie per

L. 30 000 000 —



L. 102 686 462 59

L. 102 686 462 59



Le spese ordinarie vengono residuate a

L. 766761 456 17

Quando adunque alle spese ordinarie presagite nella somma di

662 933 276 49

si aggiungessero per aumenti d' imposte

104 000 000 —

Le entrate sarebbero di

L. 766933276 49

Avremmo cosi ottenuto il pareggio tre le entrate ordinarie e le spese ordinarie cioè:


Entrate ordinarie

L. 766 933 276 49

Spese ordinarie

766 761 456 17

Le spese straordinarie che adesso sono

L. 52 340069 97

sarebbero aumentate di

62 686362 59

E quindi portate alla somma di

L. 1 15 026 429 56


Ma a queste spese straordinarie potrebbero appunto applicarsi le maggiori imposte che fossero votate dal Parlamento oltre la somma sopra presagita di L. 104000000, non che le risorse straordinarie sulle quali potrebbesi fare assegnamento, fino a che gli aumenti progressivi sulle tasse indirette non avessero dato modo di provvedervi totalmente con le entrate ordinarie o non venissero le dette spese a ridursi in proporzioni molto meno gravose. Ma non sarebbe lieve vantaggio per il nostro credito il poter mostrare ormai pareggiate le spese ordinarie colle entrate ordinarie, ed assicurata per sempre la sodisfazione della rendita pubblica.

ELENCO CRONOLOGICO 

DELLE LEGGI E DEI RR. DECRETI PIU' IMPORTANTI

concernenti la unificazione del Regno 1860

16 Gennaio.

R. Decreto che approva il Regolamento intorno alla costituzione, forma, disciplina, e armamento delle Guardie di pubblica sicurezza.

29 Febbraio.

R. Decreto che convoca i collegi elettorali pel 25 Marzo.

18 Marzo.

R. Decreto che annette al Regno le provincie dell' Emilia.

» »

R. Decreto che convoca i collegi elettorali delle province dell' Emilia.

22 »

R. Decreto che annette al Regno le province della Toscana.


R. Decreto che convoca i collegi elettorali delle province toscane.

15 Aprile.

Leggi che autorizzano la esecuzione dei suddetti decreti.

6 Giugno.

Legge concernente il trattato di Zurigo.

11 »

Legge che autorizza l'esecuzione della convenzione della cessione di Savoja e Nizza.

24 »

Legge concernente la convenzione addizionale al trattato di commercio e navigazione tra la Sardegna e lo Zollverein.






1860


30 Giugno.

Legge che estende alle nuove province la Legge organica sul reclutamento militare.

» »

Legge che estende alla Toscana alcuni articoli del Codice Penale Sardo e Legge sulla competenza del Consiglio di Stato.

8 Luglio.

Legge relativa alla esposizione di Firenze.

» »

Legge che approva la convenzione colla Società concessionaria delle ferrovie lombarde e dell'Italia centrale.

» »

R. Decreto che proroga la sessione legislativa.

» »

Legge con cui si autorizza il Governo a contrarre un imprestito di 150 milioni.

18 Agosto.

R. Decreto portante modificazioni alla tariffa generale delle Dogane sui diritti d’entrata.

15 Settemb.

R. Decreto che convoca il Parlamento per il 2 ottobre.

13 Ottobre.

Legge che ordina la promulgazione nelle province toscane della Legge e Regolamenti concernenti la Guardia Nazionale.

» »

Legge per l'attuazione nell'Emilia dei Codici ed altre Leggi vigenti negli antichi Stati.

» »

Legge per l'abolizione del Concordato austriaco.

» »

Legge che approva la convenzione colla Società della ferrovia da Vercelli-Casale a Valenza per la cessione della ferrovia stessa allo Stato.

14 Novemb.

R. Decreto col quale la R. Marina militare viene costituita su nuove basi.

17 »

R. Decreto che istituisce succursali della Banca in diverse città di Lombardia.

3 Dicemb.

Legge che autorizza il Governo del Re ad accettare e stabilire per decreti reali l’annessione delle province dell’Italia centrale e meridionale.




1860


17 Dicemb.

R. Decreto che dichiara sciolta la Camera dei Deputati.

» »

RR. Decreti per l'annessione delle province delle Marche, dell’Umbria, di Napoli e di Sicilia.

» »

R. Decreto che riforma la Legge elettorale del 20 Novembre 1859.

19 »

R. Decreto per la convenzione colla Società del credito mobiliare per la costruzione della ferrovia del littorale ligure dal confine francese a Massa.


1861

3 Gennaio.

R. Decreto per la convocazione dei Collegi elettorali.

7 »

R. Decreto che nomina S. A. R. il Principe Eugenio di Savoja Carignano Luogotenente generale in Napoli.

27 »

R. Decreto che ordina una sola divisa per tutte le Guardie Nazionali del Regno.

31 »

R. Decreto intorno alla pubblicazione nelle province annesse delle Leggi che regolano le amministrazioni della marina mercantile, delle capitanerie dei porti e dei bagni marittimi.

14 Febbraio.

R. Decreto che abolisce l'autonomia amministrativa delle province toscane.

24 »

R. Decreto che istituisce succursali della Banca Nazionale nelle città di Romagna.

17 Marzo.

Legge che conferisce a S. M. e suoi successori il titolo di Re d’Italia.

22 Aprile.

Legge che stabilisce la formula per intestare gli atti intitolati in nome del Re.

5 Maggio.

Legge per la istituzione di una festa nazionale.

1861

23 Maggio.

Legge che approvata convenzione postale colla Francia.

26 »

Legge che approva la convenzione addizionala al Trattato di commercio e navigazione colle città anseatiche.

» »

R. Decreto Che approva il Trattato di amicizia di navigazione e commercio colla Repubblica di Salvador.

9 Giugno.

Legge che approva la convenzione colla Società delle strade ferrate liguri relativa al tronca da Porta a Massa.

27 »

Legge che sopprime i dazii differenziali di entrata sui vini, acquavite ed olii.

7 Luglio.

Luglio. Legge che approva la convenzione per la concessione alla Società delle Ferrovie livornesi della strada ferrata da Firenze per Arezzo fino all’incontro di quella da Roma ad Ancona.

10 »

Legge che istituisce il gran libro del debito pubblico del Regno d’Italia.

17

Legge che autorizza il Governo a contrarre un imprestito di 500 milioni.

» »

Legge che approva la concessione di una strada ferrata da Vigevano a Milano.

» »

Legge che autorizza una spesa di L. 226 000 per miglioramenti da farsi al Porto di Rimini.

» »

Legge sulle tasse marittime.

21

Legge che approva la convenzione per la costruzione e l’esercizio delle strade ferrate da Napoli all'Adriatico.

» »

Legge che approva la convenzione colla Società delle Ferrovie Romane per la costruzione ed esercizio di un ramo di strada ferrata per Ravenna.

1861

21 Luglio.

Legge che autorizza il Governo a concedere una strada ferrata da Brescia a Pavia per Cremona e Pizzighettone.

» »

Legge che autorizza la concessione di una strada ferrata da Savona a Torino per Carmagnola.

Legge che approva la convenzione per la costruzione ed esercizio delle sezioni di ferrovia da Chiusi per le vallate del Paglia e del Tevere fino all’incontro colla strada ferrata da Ancona a Roma.

23 »

R. Decreto che provvede ad una provvisoria organizzazione del Corpo Reale del Genio civile del Regno d'Italia.

» »

Legge che approva la convenzione per la costruzione di una strada ferrata da Ancona a S. Benedetto del Tronto.

28 »

Legge sui pesi e sulle misure.

» »

Legge che approva la convenzione per la costruzione di strade ferrate nelle province meridionali, napoletane e siciliane.

» »

Legge organica sulla leva di mare.

4 Agosto.


Legge relativa al riordinamento ed armamento della Guardia Nazionale Mobile.

» »

Legge per la convalidazione di due RR. Decreti di modificazione alla tariffa doganale del 9 luglio 1859

» »

Legge di unificazione dei debiti pubblici d’Italia.

18 »

R. Decreto che istituisce sedi e succursali della Banca Nazionale nelle province meridionali, e ne aumenta il numero nelle altre province.

» »

R. Decreto che proclama libero in tutto il Regno il commercio dei cereali.

1861

8 Settemb.

R. Decreto che ordina il censimento della popolazione del Regno d’Italia.

» »

Ottobre. R. Decreto che delega ai capi delle province alcune attribuzioni finora esercitate dal Ministero dell'Interno.

» »

R. Decreto che sopprime la Luogotenenza Generale di Napoli e il Governo della Toscana, e si danno analoghi provvedimenti.

16 »

R. Decreto col quale si delegano alle Autorità Giudiziarie ed ai Prefetti alcune attribuzioni spettanti a) Governo Centrale.

3 Novemb.

R. Decreto che fissa il giorno di convocazione del Parlamento nazionale.

» »

R. Decreto sulla contabilità generale dello Stato. Regolamentò in data dello stesso giorno.

9 »

R. Decreto e Regolamento cura l’amministrazione delle Zecche dello Stato.

17 »

R. Decreto che determina il numero, le sedi, le circoscrizioni territoriali delle Autorità Giudiziarie nelle province meridionali.

24 »

R. Decreto che determina il numero, le sedi, le circoscrizioni territoriali delle Autorità Giudiziarie nelle provincie siciliane.

» »

R. Decreto circa 1 ordinamento delle direzioni del Debito pubblico in Napoli, Palermo, Firenze, Milano.

5 Dicemb.

Legge circa l’abolizione dei vincoli feudali nelle province lombarde.

22 »

Legge che accorda al Governo del Re la facoltà di occupare, per ragioni di pubblico servizio, le case delle corporazioni religiose.

29 »

R. Decreto che approva e manda in esecuzione il Trattato di commercio e di navigazione fra l’Italia e la Turchia.

1862

13 Gennaio


R. Decreto che approva il Regolamento gene

19 »


rate per le case di pena del Regno.

Legge relativa all’attuazione nelle province napoletane del Codice di Procedura Penale, e del nuovo ordinamento giudiziario.

» »

Legge relativa all’attuazione nelle province siciliane del Codice di Procedura Penale, e del nuovo ordinamento giudiziario.

» »

Legge che approva il R. Decreto 18 Agosto 1861 relativo alla libertà di commercio de cereali.

20 Febbraio.

Legge che convalida il R. Decreto 8 Settembre 1861 sul censimento della popolazione.

23 Marzo.

Legge che ammette al corso legale in tutto il Regno la moneta decimale in oro.

27 »

Legge concernente la Legge organica giudiziaria, e il Codice di Procedura Penale in Lombardia.

30 »

Legge colta quale la Sicilia è dotata di una rete di strade ferrate.

» »

Legge che autorizza il Governo a dare esecuzione alla convenzione postale conclusa colla Svizzera.

13 Aprile.

Legge che approva due convenzioni per la concessione dei servizj postali marittimi.

16 »

Legge concernente la convenzione colla Società Florio per la concessione del servizio postale tra il Continente e la Sicilia.

21 »

R. Decreto #che provvede all'applicazione della Tassa dei 10 per cento sul prezzo dei trasporti a grande velocità sulle ferrovie, stabilita dalla Legge 6 Aprile 1862.

» »

Legge che approva la tariffa dei prezzi di privativa dei sali e tabacchi.

1862

21 Aprile.

Legge sulla Tassa del Registro.

» »

Legge sulle Tasse di Bollo.

» »

Legge per le Tasse sui redditi dei corpi morali e stabilimenti di mano morta.

» »

Legge per le Tasse sulle Società industriali e commerciali e sulle assicurazioni.

5 Maggio.

Legge sulla Riforma Postale.

6 »

Legge sulle Tasse Ipotecarie.

13 »

Legge sull'ordinamento delle Guardie Doganali.

18 Giugno.

R. Decreto che approva la convenzione tra Francia e Italia relativa alle strade ferrate internazionali.

6 Luglio.

Legge per l'istituzione e l'ordinamento delle Camere di Commercio ed Arti.

10 »

Legge che approva la convenzione per la costruzione ed esercizio della strada ferrata da Cavallermaggiore ad Alessandria.

13 »

Legge che pubblica e attua nelle province napoletane le Leggi, Regolamenti e Decreti intorno alla leva militare.

» »

R. Decreto concernente modificazioni nell’ordinamento doganale.

» »

Legge intorno alla privativa dei sali e tabacchi.

19

Legge sul cumulo degli impieghi e pensioni.

31 »

Legge sulle tasse universitarie.

3 Agosto.

Legge che approva la convenzione per la concessione del servizio marittimo postale tra l'Italia e l'Egitto.

14 »

Legge sull’amministrazione delle opere pie.

» »

Legge per Patimento del decimo sulle tasse, registro, bollo ec.

» »

Legge per l'istituzione della Corte dei Conti del Regno d’Italia.

1862

21 Agosto.

Legge che autorizza la concessione perla costruzione ed esercizio delle ferrovie meridionali e di una linea da Voghera a Pavia, e da Pavia a Brescia per Cremona.

» »

Legge concernente l'alienazione dei beni demaniali.

» »

Legge pel passaggio al Demanio dei beni della Cassa ecclesiastica.

24 »

» »

Legge sulla unificazione del sistema monetario. Legge che determina l’uniforme ordinamento del personale nelle Prefetture e Sottoprefetture.

18 Settemb.


R. Decreto che dà esecuzione alla convenzione sulla proprietà artistica e letteraria tra l’Italia e la Francia.

21 »

Legge sul bollo delle carte da giuoco.


5 Ottobre.

R. Decreto sulla giurisdizione e procedimento contenzioso della Corte dei Conti.

» »

R. Decreto contenente disposizioni per l'assegnamento delle pensioni agli impiegati civili e militari del Regno, loro vedove ed orfani.

» »

R. Decreto che approva la convenzione di commercio e navigazione tra l'Italia e i Regni uniti di Svezia e Norvegia.

9 »

R-Decreto che approva la convenzione di commercio e navigazione tra l’Italia e la Repubblica di Venezuela.

» »

R. Decreto che istituisce uffizj di contenzioso finanziario a Torino, Milano, Bologna, Firenze, Napoli, Palermo.

30 »

R. Decreto sull’ordinamento delle Dogane.

21 Dicemb.

Legge sui conflitti di giurisdizione.

» »

Legge che prescrive la provvisoria osservanza del Regolamento doganale approvato col R. Decreto 14 Settembre 1862.

28 Dicemb.

R. Decreto che approva il Trattato di amicizia

e commercio tra l' Italia e la Persia.

1863


4 Gennaio.

Legge che approva la convenzione per la concessione delle ferrovie di Sardegna.

5 Marzo.

R. Decreto concernente le regole per l'uniforme esercizio del diritto di Exequatur in tutto lo Stato.

14 »

Legge che autorizza un prestito di 700 milioni.

22 »

R. Decreto che istituisce una Commissione speciale per studiare le condizioni attuali della istruzione pubblica in Italia e proporre i modi di migliorarla.

47 Maggio.

Legge contenente disposizioni relative all’ordinamento delle Guardie Doganali.

24 »

Legge sulle casse dei depositi e prestiti.

» »

Legge che approva la concessione di una ferrovia a cavalli tra Settimo Torinese e Rivarolo Canavese.

6 Giugno.

R. Decreto che approva il Trattato di commercio, amicizia, navigazione tra il Regno d’Italia e la Repubblica di Liberia.

14 »

R. Decreto sul Regolamento concernente l'armamento del naviglio dello Stato.

12 Luglio.

R. Decreto che approva la convenzione consolare tra l'Italia ed il Brasile.

16 »

Legge che determina il prezzo dei sali.

11 Agosto.

Legge che approva la convenzione postale tra il Belgio e l'Italia. Altra tra l'Italia e il Portogallo.

» »

Legge per la costruzione di una ferrovia da Gallarate a Varese.

15 Agosto.

Legge in cui sono date disposizioni per la repressione del brigantaggio.

25 »

Legge per la cessione della ferrovia Vittorio Emanuele.

27 Settemb

Legge relativa al giuoco del lotto e lotterie.


1863

11 Ottobre.

Legge sulle disponibilità, aspettative e congedi degli impiegati civili.

8 Novemb.

R. Decreto approvativo del Trattato di navigazione e commercio col Regno unito della Gran Brettagna e l'Irlanda.

13 Dicemb.

R. Decreto che approva il Regolamento per l'esecuzione di quello del 3 Novembre 1861 sulla contabilità generale dello Stato e sul servizio del Tesoro.

1864


24 Gennaio.

Affrancazione dei canoni livellari.

» »

Trattato colla Francia.

28 »

Trattato tra l’Italia e la Russia.

» »

Legge che determina il modo di riduzione e di costruzione delle carceri giudiziarie.

31 »

Legge sulle Privative industriali.

11 Febbraio.

Codice Penale Militare.

3 Aprile

Legge sull’arresto personale in materia commerciale.

14 »

Legge sulle pensioni degli impiegati civili.

24 »

R. Decreto che approva il Regolamento sulle medesime.

» »

Legge sulle pensioni ai militari.

26 Maggio.

Trattato col Belgio.

» »

Trattato pel riscatto del pedaggio sulla Schelda.

19 »

Legge sul Tavoliere di Puglia.



1864


29 Maggio.

Legge che abolisce le Corporazioni privilegiate.

16 Giugno.

Convenzione tra l'Italia e la Francia sui vaglia postali.

30 »

La Convenzione sanitaria colla Francia.

14 Luglio.

Legge della imposta sui redditi della ricchezza mobile.

» »

Legge di conguaglio per l'imposta fondiaria.

26 »

Legge sulla imposta del Dazio Consumo.

2 Agosto.

Convenzione telegrafica fra l’Italia e la Svizzera.

30 Settemb.

Convenzione telegrafica tra l'Italia e la Turchia.

24 Novemb.

Legge che porta aumento di tariffa nei sali, tabacchi, lettere.

27 »

Trattato colla Danimarca.

11 Dicemb.

Legge che trasferisce la sede del Governo a Firenze. — Convenzione del 15 Settembre.

18 »

Legge sulla ritenuta degli stipendj.

28 »

Convenzione tra l'Italia e il Perù.


1865


26 Gennajo.

Legge che stabilisce le norme per l'imposta sui fabbricati.

2 Aprile.

Legge che ordina pubblicarsi:

» »

Il Codice Civile.

» »

Il Codice di Procedura Civile.

» »

Il Codice Albertino di Commercio del 30 Dicembre 1842 con modificazioni.

» »

Il Codice Marina Mercantile.

» »

Il Codice di Procedura Penale.

» »

L’Ordinamento Giudiziario del 13 Novembre 1859, e la Legge sugli stipendi della Magistratura del 20 Novembre 1859.



1865


» »

La Legge che induce alcune modificazioni nell'organico giudiziario

» »

La Legge che modifica il Codice penale circa le competenze

» »

La Legge di espropriazione per causa di utilità pubblica.

» »

La Legge sulla proprietà letteraria e artistica.

23 Aprile

Legge sull’abolizione degli ademprivi in Sardegna.

11 Maggio.

Legge di provvedimenti fìnanziarii.

14 »

Legge intorno al riordinamento delle strade ferrate.

25 »

Legge che modifica alcune regole di contabilità e allarga le attribuzioni dei direttori generali nel ministero delle finanze.

25 Giugno.

R. Decreto che riordina l'amministrazione delle Poste.

19 Luglio.

Legge che ordina la pubblicazione delle seguenti Leggi:

Sull'amministrazione comunale e provinciale.

Sulla sicurezza pubblica.

Sulla sanità pubblica.

Sul Consiglio di Stato.

Sul contenzioso amministrativo.

Sulle opere pubbliche.





INDICE DEL VOLUME





Una parola sulla seconda edizione

Pag. 1

Capitolo

I. Mandato degli Elettori

1

II. Il Parlamento italiano. Statistica elettorale.

4

III. Il Discorso Reale del 18 febbraio 1861

11

IV. L’Alleanza francese

14

V. Libertà ed ordine

18

VI. Quali fossero le condizioni del Regno d’Italia al momento in cui fu proclamato Elenco dei Ministeri dal 1860 al 1865.

22

VII. Indugi e impedimenti

25

VIII. Le forze militari. Forza numerica dell’esercito nel 1861, Quadro dimostrativo delle forze effettive dell’esercito estratto dal Bilancio 1865. Dipartimenti militari. Quadro delle forze navali. Quadro della Guardia Nazionale.

31

IX. Le Prefetture.

44

X. Le Opere Pie

47

XI. Il Censimento

58

XII. Istruzione Pubblica. Statistica delle Università del Regno. Scuole Classiche, Tecniche e Magistrali. Scuole Elementari.

64

XIII. Opere Pubbliche. Distribuzione geografica delle linee ferroviarie. Quadro statistico delle strade nazionali divise per regioni. Spese per opere pubbliche. Popolazione navalestra e pescarecccia.

74



Capitolo

XIV. Le Dogane

Pag. 83

XV. Le Camere di Commercio.

Bilancio attivo e passivo delle Camere esistenti in Italia prima della legge generale in ordine ai bilanci del 1860 e 1861.

86

XVI. Il libero cambio

93


XVII. Il debito pubblico e la moneta. Riassunto della coniazione delle monete non decimali. —-Moneta decimale italiana anteriore al 1861 — Importare complessivo della moneta decimale a tutto il 1862. — Specie e numero di monete coniate nel 1863 e 1864. — Attivo e passivo resultante dalle operazioni concernenti la monetazione.

99

XVIII. Contabilità e pubblici funzionari

106

XIX. La Corte dei Conti

111

XX. Le Imposte

Leggi di finanza.

117

XXI. Le tasse sugli affari

121

XXII. Il Dazio di consumo.

Reparto del dazio consumo. — Tavola comparativa dell entità del dazio di consumo nei vari Stati d Europa.

125

XXIII. La tassa sulle entrate.

Reparto delle tasse sulla industria, commercio, professioni e sulla ricchezza mobile anteriormente alla Legge.

130

XXIV. La Imposta fondiaria

Quadro riassuntivo indicante la superficie, la popolazione di ciascun compartimento catastale, non che la rendita censuaria e l’imposta relativa a tutti i beni compresi in ciascun compartimento medesimo. — Numero dei possidenti. — Quote della contribuzione fondiaria, urbana e rurale. — Quadro delle varie proposte sulla base di un contingente di L. 100 000 000. — Reparto di 110 milioni stabilito dalla Legge del 14 luglio 1864.

136

XXV. Maggiori entrate e migliore reparto

150


XXVI. Gli uffizii finanziari!

Quadro delle Direzioni e degli uffici distrettuali, concernenti il servizio del Demanio e Tasse. — Quadro delle Direzioni compartimentali delle Poste.

155






Capitolo

XXVII. Le Casse dei depositi e prestiti.

Prospetti delle operazioni delle Casse di Depositi e Prestiti dal 1® ottobre 1863 al 30 giugno 1864, e dal 1° luglio 1864 a tutto giugno 1865.

Pag. 170

XXVIII. Il Bilancio unico

175

XXIX. Le Finanze Italiane

Prospetto comparativo del debito pubblico degli Stati d’Europa nel 1801.

181

XX. Accuse e difese

188

XXI. Il pareggio. 194


XXII. Accrescimento di ricchezza. Movimento commerciale pel 1862. —Movimento commerciale pel 1863, — Quadro comparativo della navigazione generale di cabotaggio a vapore e a vela nei porti del Regno. — Quadro di confronto dei bastimenti entrati e usciti nel 1863. — Numero delle Società industriali, e loro capitale nel 1860. —Numero delle Società industriali, e loro capitale al 1864.

196

XXIII. Maggior prodotto di tasse

Andamento delle tasse di registro e bollo, per

204

individuo e per anno. — Confronto delle tasse di registro e bollo, in Francia, nel Belgio, in Italia, in ragione di popolazione.


XXIV. Aumento d’imposte

Entrate dei diversi Stati d’Europa in riscontro delle rispettive popolazioni. —Progressione delle imposte dirette austrache dal 1849 al 1863. — Imposta sui redditi di ricchezza mobile.

210

XXV. Diminuzione di spese

220

XXVI. Dei risparmi se ne sono fatti. Classazione dei risparmi.

221

XXVII. I Confronti

224

XXVIII. Censure esagerate

Prospetto degl’introiti e delle spese di percezione.

228


XXIX. Il Bilancio provvisorio. Riepilogo Generale del Bilancio provvisorio del 1865 in confronto con quello del 1864.

233

XL. La Convenzione del 15 settembre

239

XLI. Anticipazione della Fondiaria

244




Capitolo

XLII. La situazione del Tesoro.

Pag. 248


XLIII. Il Bilancio del 1865.

Risultamenti generali del bilancio attivo e passivo del 1865. —Riassunto generale del bilancio.

252

XLIV. Provvedimenti finanziari

255

XLV. Ancora delle nuove tasse.

Quadro comparativo dei resultati delle tabelle K e dei ruoli d’imposta

259

XLVI. Una grave questione.

Prospetto delle pubbliche Entrate iscritte nei bilanci attivi del quinquennio. I Bilanci attivi della Francia, dell’Inghilterra e del Belgio. Prospetto degli introiti fatti dalle Amministrazioni delle gabelle e delle tassa net primi dieci mesi dell anno 1864, in confronto cogli introiti dei primi dieci mesi dell’anno precedente.

279

XLVII. Unificazione legislativa e amministrativa.

288

XLVIII. Il Codice civile.

291

XLIX. L’organizzazione giudiziaria

296

L. Una parola sul Codice penale

301

LI. Le leggi amministrative.

303

LII. Dell’Amministrazione comunale.

Comuni distribuiti per serie secondo il numero degli abitanti. — Prospetto dei bilanci comunali.

306

LIII. Dell’Amministrazione provinciale.

Sovrimposte del 1861 per le spese provinciali.

314

LIV. Contenzioso amministrativo

317

LV. Il Consiglio di Stato.

320

LVI. La Legge di pubblica sicurezza.

323

LVII. Legge sulla sanità pubblica

331

LVI II. Legge sulle opere pubbliche

333

LIX. Le Circoscrizioni territoriali.

Quadro statistico della popolazione distribuita per province. — Indicazione delle Corti d’appello in confronto della popolazione.

337





Capitolo

LX. Dove sta il male.

Confronto di spesa fra l’amministrazione provinciale in Italia e l’amministrazione dipartimentale in Francia. — Bilancio della giustizia — Quadro comparativo del personale addetto ai tribunali in Italia e in Francia.

Pag. 348

LXI. Risparmi veri

Confronto dei due bilanci 1864 e 1865, presentati dal ministero Minghetti.

355

LXII. Riforme organiche.

Costo delle amministrazioni centrali in Francia e in Italia nel 1864. —'Prospetto di confronto tra l’Amministrazione centrale in Francia e l’Amministrazione centrale in Italia.

361

LXIII. Concentramento di servizi.

375


LXIV. Semplificazione del Rilancio

Tavola comparativa delle spese d’ufficio del Regno d’Italia e dell’Impero francese.

379

LXVI. La esazione delle imposte

387


LXVII. Le Banche

Statistica delle casse di risparmio al 4864. — Elenco degli istituti di credito.

396

LXVIII. Buoni auguri

406

LXIX. L’uffizio di Statistica

412

LXX. Il patrimonio ecclesiastico

Quadro delle rendite delle corporazioni religiose. — Rendite delle mense vescovili accertate in occasione della tassa di manomorta. — Prebende parrocchiali, benefica ecclesiastici e cappellate —Fabrìcerie e amministrazioni di chiese. —Statistica delle petizioni intorno alla soppressione delle corporazioni religiose. — Statistica delle parrocchie.

417

LXXI. Il Bilancio del 1866.

Quadro di confronto delle Spese ordinarie e delle straordinarie approvate con Leggi a carico del Bilancio 1865 e quelle inscritte nel Bilancio 1866. — Quadro di confronto tra le Entrate del 4865 e quelle presagite per il 1866. — Spese ordinarie e straordinarie dal 4861 al 4866. — Tabella di confronto dei contingenti dell’Imposta relativa ai beni rustici dopo gli anni SI.

438






Capitolo

LXXII. Conclusione

Statistica dei lavori parlamentari.

Pag. 464


Note e schiarimenti

Amministrazione della Guerra. — La Marina militare. — Naviglio dello Stato al 4° gennaio 1865. — Capitale impiegato nella Marina. — Tavola dì confronto del materiale marittimo. — Opere Pie nella Provincia di Firenze nel 1861. — Istruzione elementare nella Provincia di Firenze. — Quadro delle vecchie monete ritirate dalla circolazione e passale alle Zecche dal settembre 1862 al giugno 1865.— Tavola delle Pensioni a carico del Bilancio dello Stato. — Stato delle Pensioni iscritte sul Bilancio francese nel 1861. — Tavola comparativa dei Prodotti. — (a) Bilanci Comunali, ordinari e straordinari nell’anno 1863. —(b) Bilanci Provinciali. Biennio 1862-63. — Della Contabilità e Computisteria. — Bilancio del 1866. — Debito Pubblico del Regno d'Italia al 1° luglio 1865.

473


Elenco cronologico delle Leggi e dei RR. Decreti più importanti concernenti la unificazione del Regno

499






























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