Eleaml - Nuovi Eleatici


Proponiamo la lettura di questo scritto di Giustino Fortunato su un argomento, quello della terra ai contadini, che ha fatto versare fiumi di inchiostro a meridionalisti e non. L’autore apparteneva ad una famiglia di proprietari terrieri che aveva servito i Borbone prima, fiancheggiato i briganti poi, per divenire infine unitarista.

Il tema della terra ai contadini, sinceramente, non ci ha mai appassionato. Noi non riteniamo che il risorgimento sia stato una rivoluzione incompiuta, bens� una rivoluzione borghese di costituzione dello stato nazionale. Il problema principale, secondo noi, non fu dovuto alla mancata partecipazione del popolo al movimento unitario (storiella facilmente smentita dalle migliaia di contadini che fecero da massa di manovra antiborbonica grazie alla promessa della terra fatta dall’eroe dei due mondi prima in Sicilia e poi in Calabria) ma al fatto che le provincie meridionali si opposero manu militari alla unificazione ingaggiando una guerra decennale contro il nuovo regime sabaudo-italiota.

Zenone di Elea – 12 Agosto 2013

NUOVA ANTOLOGIA

LETTERE, SCIENZE ED ARTI

SESTA SERIE - MARZO-APRILE 1919

VOLUME CC DELLA RACCOLTA CCLXXXIV

ROMA

DIREZIONE DELLA NUOVA ANTOLOGIA

Piazza di Spagna, Via di S. Sebastiano, 3

1919

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Agosto 2013

"LA TERRA AI CONTADINI!”

Non ancora la bene auspicata pace � conchiusa, dopo tanto aspettare e tanto soffrire, e gi� tutte lo illusioni, tutte le chimere del fantastico nostro abito mentale tornano ad assordar l'aria di loro suoni a Ili e forti, uno prevalendo sugli altri, v�lto in particolar modo al Mezzogiorno, — l'alato mostro della favola: — �la terra a'  contadini!�. Tornano, cio�, in voga le solite frasi fatto su questa estrema parte d'Italia, che il Signore Iddio, come non avrebbe creata mirabile di fertilit�, se �i vasti latifondi e la coltura estensiva� non l'avessero impoverita, le lunghe distese di campi nudi ed inabitati fatta selvatica; e, quindi, i soliti luoghi comuni su �l'accidia e la incapacit� degli abitanti�, — o, peggio, �la nobilesca prepotenza degli uni e il vergognoso servaggio degli altri�, — d'un paese, si sa, �arretrato e feudale�. Non la menoma nozione della triste realt� delle cose, non il menomo dubbio circa l'enorme disparit�, che rispetto all'agricoltura, principalmente, corre tra noi e la rimanente Italia, inconciliabile con la uniformit� di qualsiasi provvedimento coattivo; e, per compenso, schemi e disegni ottimistici d'un nuovo ordine agrario, che rimarrebbero innocuo esercizio letterario, se non inducessero i pi� in fallaci e pericolose aspettative, le quali conviene prontamente disingannare. Gli ammonitori, per fortuna, non sono mancati: Giuseppe Prato nella Riforma Sociale (1) di Torino, Romolo Gaggese nella Sera (2) di Milano, Maffeo Pantaleoni nella Vita Italiana (3) di Roma, e Gelso Ulpiani (un marchigiano, insegnante alla Scuola Superiore d'Agricoltura d� Portici, che, ignoto sino a ieri, ha tutt'a un tratto suscitato intorno a s� cos� largo favore (4) nel Mezzogiorno (5) di Napoli, — han cercato e cercano di combattere i rinascenti eufemismi, le rinnovate menzogne convenzionali, che ancora una volta provano di quale smarrimento d'ogni buon senso sia talora capace il nostro mondo politico.

Non pi� tardi dell'ultima tornata della Camera, nello scorso novembre, il deputato Colajanni rammentava a'  presenti ed a'  lontani, che per effetto della guerra �essendosi di molto accresciuto il dislivello della potenzialit� economica fra nord e sud�, sempre pi� dannosi divenivano i passi falsi o gli atti mal calcolati, sempre pi� difficile quell'accordo e consonanza d'interessi, che fu e rimane il maggior problema della nostra vita unitaria; e gi� prima l'onorevole De Viti De Marco aveva giustamente osservato che la guerra, fra le sue conseguenze, era indubitatamente riuscita

Nota. — Questo articolo tien luogo di ((Prefazione� a un' libro, in corso di stampa (ed. Laterza, Bari), di E. Azimonti, dal titolo: l� Mezzogiorno agrario quale �, relazioni e scritti raccolti da G. Fortunato.

(1) Fase. 12, gennaio-febbraio 1917. — Cfr., del medesimo, in Annali della R.. Acc, di Agr. di Torino, vol. LX, 1� luglio 1917; e in Minerva, fasc. 18 e 22, 16 settembre e 16 novembre 1918.

(2) N. 7 ottobre 1917, 23 gennaio, 12 febbraio, 3 marzo e 7 maggio 1918.

(3) Fase. 12, 15 dicembre 1918.

(4) L. Einaudi, in Minerva, fase. 1� luglio 1918.

(5) N. 26 luglio, 24 settembre, 17 e 18 ottobre, 4 dicembre 1918. — Cfr., del medesimo, Il programma agrario meridionale (Portici, 1917), I privilegi del suolo e del clima d'Italia (Portici, 1918).

�a peggiorare la gi� non equa ripartizione de'  carichi fra le varie regioni�, poi che al Mezzogiorno, sia per la minore ricchezza, sia per l'assoluta mancanza d'ogni compenso bellico, toccava sopportare un peso assai pi� grave. Pur dove meno si sarebbe immaginato, — nelle aule parlamentari e universitarie, in cui � stato ed � tanto il dilagare di proposte relative al passaggio dallo stato di guerra allo stato di pace, — han tenuto e tengono il primato quelle fra esse, le quali riguardano �la demanialit� e l'assegnazione di terre al proletariato agricolo�: rancidi cataplasmi di pi� rancida farmacopea sociale, del passato prossimo e remoto; quasi nulla insegnassero, intorno al Mezzogiorno, due millenni di storia economica, disgraziatamente informati al duplice concetto, che il possesso importi un diritto di godimento, non di propriet�, e la terra, anzich� mobile e divisibile, debba essere collettiva e promiscua; quasi nulla significhi,, ci� che � pi�, il fallimento del maggiore esperimento di quotizzazione, che gli annali del mondo civile registrino, avvenuto quaggi� per effetto della legge eversiva della feudalit� del 2 agosto 1806, — la quale, dove un terzo dove la met� di tutto il demanio feudale e comunale, inutilmente spart� ad oltre duecento trenta mila contadini...

Ma la storia, � noto, non fu mai maestra della vita, e il semplicismo analfabeta della quotizzazione, cui s'informaron sempre tutte le leggi agrarie da'  Gracchi in poi, non � meraviglia sia oggi ricomparsa in cima al programma riformatore, vero libro de'  sogni, se tanti son tuttavia fra noi quelli, i quali presumono poco men che rivedere le bozze della creazione. N� i pi� temerari o i meno avveduti suoi banditori si contano tra coloro che sono, o fan le viste di essere, aperti seguaci de'  partiti estremi: accade invece l'opposto.

� l'Associazione Monarchica Liberale — la pi� antica e di onorate tradizioni — della maggiore citt� del Mezzogiorno, quella che divulga �tutto un nuovo disegno politico ed economico�, pregno d'ogni bene possibile; del quale fan parte integrale, naturalmente, �le grandi opere pubbliche�, non una eccettuata, dalla sistemazione delle terre e delle acque alle trasformazioni idroelettriche, e che comprende nientemeno che la �la costituzione d'un grande Demanio Nazionale� (l'idea della grandezza � connaturale a noi), �formato delle terre dello Stato e degli Enti pubblici e di quelle incolte o mal coltivate da espropriare, mediante indennizzo, a'  privati, e da dare in affitto' o cedere alla collettivit� od alle persone direttamente coltivatrici�: parole testuali.

� il pi� diffuso giornale di parte moderata della Capitale, per il solito sereno giudice delle cose meridionali, quello che, dando la via alle fiumane della rettorica, bandisce a'  quattro venti qualmente �spetti agli umili e forti contadini del Mezzogiorno trovare ormai, nella stessa loro terra, libero il campo a poter moltiplicare quelle indomite energie, le quali, dalle fazendas delle Americhe alle trincee dolio Alpi, hanno stupito e maravigliato il mondo�; od affinch� �la voce di tutto un popolo, anelante alla rigenerazione, salga fino al potere centrale�, eccolo suggerire al sindaco di Napoli �di convocare nell'antica metropoli del Mezzogiorno senatori, deputati, presidenti di Consigli o Camere elettive,

per una discussione esauriente, ma conclusiva, su d'un'unica proposta d'azione�: parole, anche queste, testuali. B dentro la novella aula di Montecitorio che uno de' pi� illustri oratori e, insieme, de'  pi� chiari insegnanti d'Universit�, quegli che particolarmente esorta il Capo del Governo, suo vecchio e buon amico personale, �a intensificare lo studio del problema meridionale�, dacch�, �se l'Italia non ai decide a definirlo, avviandolo ad una provvida soluzione positiva, l'Italia non si rinnover�: n� pi� n� meno. In verit� il Capo del Governo, nel rispondergli, sfugg� dal raccogliere la dimanda, e non spieg� l'enimma; ma pur lui convenendo, che �questione meridionale e questione agraria son termini correlativi�, non si perit� a soggiungere, che la maniera pi� radicale di risolverle sia, non quella �delle espropriazioni in massa�, la quale non rappresenterebbe se non una semplice sostituzione di persone, bens� �d'un nuovo demanio collettivo�, diverso dall'antico feudale, che �mediante acquisti collettivi ed esercizi individuali, congiunga i benefici della grande con quelli della piccola propriet�, l'agricoltura estensiva, industrializzata, alla pratica intensiva, specializzata, del lavoro umano�: discorso vago e nebuloso, se pur non s'intese alludere alla utenza da sostituire alla quotizzazione, — come non pochi fra noi altra volta chiedemmo, ben lungi dal sospettare che in Russia, ad esempio, l'utenza abbia gi� fatta cos� cattiva prova da indurre gli stessi contadini, levatisi in armi al primo sorgere del governo bolscevico, a domandarne, contro il dogma socialista, l'abolizione...

Enfasi di linguaggio e imprecisione di idee: queste le ing�nite nostre disposizioni d'animo, che ritornano ad infierire, non che alla, vigilia d'ogni nuova sbandierata elettorale, ma anche in tutti i momenti un po' critici della nostra vita politica. E vien voglia di domandarci: ma a niente, dunque, valgono gli studi fatti sin qui, a niente gli scritti di quanti da qualche tempo si adoperano a trarci d'inganno? �Il motivo eterno delle terre!�, esclama, sfiduciato, un insegnante (1), che della natia terra di Puglia sa tutte le amarezze e tutte le disillusioni. Quali e quante le cos� dette �terre incolte�, pubbliche e private, da dare a'  contadini in usufrutto od in propriet�, a titolo gratuito od oneroso? Il guaio del Mezzogiorno � quello di avere molte terre coltivate male, non terre incolte convenientemente coltivabili; e, in cambio, pochi e miseri gli avanzi del pubblico demanio, a pascolo od a bosco, dopo lo sperpero inconsulto che se ne � fatto sin qui. Peggio ancora, il suo gran guaio, la vera sua condanna � la malaria, funesta dote di terre aduste e impermeabili, sotto un cielo inclemente, — come l'Ulpiani dimostr� fino all'evidenza nel Congresso Agrario siciliano, adunatosi in Palermo il settembre decorso: abbondanti le p�oggie nel solo inverno, e por lo pi� concentrate luno la nuda costa dell'Appennino, donde le acque precipitano a valle e impaludano, non per anco trattenute da dighe o da bacini mondani, — se l'esperimento tuttavia dubbio del lago di Muro Lucano fatto dal ministro Nitti, non basti a farci disperare dell'inafiatto foracchiato nostro calcare.

(1) G. Carano-Dona'  ito, in Giornale degli Economisti, fassc. dell'agosto 1918.

Ad ogni modo, ammessa la ripartizione, e quindi, occorrendo, la forzata espropriazione dell'altrui, — bisogner� forse procedere, secondo l'antico diritto teutonico, alla confisca, ovvero attenerci alla compra, con criteri di stima che mente umana non potr� mai equamente definire? Perch�, in conclusione, come bene avvertiva, cento anni fa, un modesto economista, il Gambini, �tutte le violente leggi agrarie�, escogitate da coloro che han preteso affidare allo Stato attribuzioni e funzioni oltre le due proprie e sostanziali, — rendere giustizia a tutti e garantire la sicurezza personale, — �son sempre state di gusto turch�sco�, le une pi� deleterie delle altre: tali, purtroppo, i famosi decreti luogotenenziali dell'8 agosto 1915, del 27 luglio 1916 e del 10 maggio 1917, poi che i primi hanno favorito, in sostanza, l'abbandono delle terre sative, il terzo contribuito alla devastazione delle terre foraggiere. Come non ricordarci del detto del Treitschke: �l'agricoltura � la professione pi� odiata dalla burocrazia�?

Terreni e latifondi che la ignavia e l'avarizia abbiano sottratti, e sottraggano, alla coltura intensiva e frazionata, — se ne convincano i tanti che pappagallescamente ripetono le abusate scempiaggini di mezzo secolo fa, — non esistono n� nell'alta n� nella bassa Italia; e in questa non pi� che in quella: esistono bens�, ed esisteranno Dio sa fino a quando, negli sterminati campi della crassa ignoranza delle moltitudini, c�lte ed inc�lte. Il clima, ben pi� del suolo, rende il Mezzogiorno dissimile e di valore economico inferiore alla rimanente penisola, dacch� le principali sue caratteristiche, — pioggia invernali e siccit� estive, — mantengono stazionaria e arretrata l'agricoltura, unica sorgente della sua ricchezza: il sole e l'acqua, i due massimi fattori della vegetazione, non si accompagnano mai quaggi�, perch� quando il sole incombe, brucia, e l'acqua, quando cade, distrugge. Il latifondo sar� una necessit� economica e tecnica presso che irreducibile, e la trasmigrazione delle greggi dal piano al monte, come negli albori della civilt� lungo i paesi del Mediterraneo, inevitabile, finch� non siano modificate od attenuate le cause d'ordine naturale, che hanno prodotto e l'uno e l'altra; finch�, almeno (occorre ripetere le cento volte poi che i sordi sono legioni), sia tanta quaggi� la sproporzione fra il capitale circolante e la popolazione, tanta ognora l'ostinazione in una cerealicoltura di rapina, vero terno al lotto (1), che � stata ed � la pi� caparbia delle nostre fissazioni.

(1) G. Zattini, Il frumento in Italia, Min. dell'Agr., Suppl. alle �Notizie di Stat. Agr.�, Roma, 1917. — Cfr. E. Marenghi, Vicende della cultura granaria nell'attuale periodo di guerra. Min. dell'Agr., Suppl. alle �Notizie di Sta. t. Agr. �, Rama, 1917.

�Il fattore clima �, certo, nell'Italia Meridionale, de'  meno favorevoli alla produzione del frumento. Temibile � la siccit� prolungata dopo la semina. Ma pi� temibili sono i venti caldi ed asciutti (lo scirocco, il �favonio�), che provocano le strette di caldo e lo striminzimento della spiga in maturazione, onde le cartossidi risultano o denutrite o vuote. Cos� nel volgere di pochi giorni il prodotto pu� diminuire pi� del cinquanta per cento, oscillando, ciascuno anno, da un estremo all'altro: � la sorte che tocca pur troppo non di rado al Tavoliere, il cui terreno coltivabile �, in generale, di limitata profondit�. La provincia di Foggia, pel solo quinquennio 1909-1913, ebbe nel primo anno quintali 16 per ettare, nel secondo 7, nel terzo 12.7, nel quarto 4.4, nell'ultimo 17.1�. — p. Moreschi, Giornale d'Italia Agr�colo, 12 gennaio 1919.

Sissignore, anche senza credere, come io non credo, alla possibilit� di grandi laghi artificiali, cosi grandi e di tanto numero da bastare. Ad esempio, alla estesa landa del Tavoliere, e, quindi, senza prestare intera fede alla sub-irrigazione quale si pratica in California, costituita, cio� da una fitta rete di tubi di terracotta porosa, in cui, esclusivamente, l'Ulpiani ripone ogni sua speranza, si pu� tuttavia antivedere, per buona fortuna, un Mezzogiorno agrario, che sia davvero e valga assai pi� dell'attuale. Non gi� che s'abbiano a sognare miracoli, e immaginare che esso, un giorno, competa con la vallo del Po, od anche con le regioni del Centro, pur esso de'  cascinali e de fienili, che le si collegano, — tutte insieme circoscritte dalla sedicesinm linea delle isoterme annuali, la quale, unitamente con la climatologia, ha segnato per mille quattrocento anni la divisione politica del nord dal sud della penisola.

Altre le possibili suo sorti avvenire. Se il Mezzogiorno soffre d'una cattiva distribuzione delle pioggie, esso gode de'  vantaggi del clima mediterraneo: lunghe primavere e lunghi autunni, scarsa nebulosit� e grande luminosit� di cielo; e, perci�, massimo sviluppo d'una speciale vegetazione arborea. La vite, l'olivo, il mandorlo, sono esclusivamente nostri, fatti apposta per resistere alla violenza del libeccio, il d�mone familiare dell'Italia Meridionale, cui � dovuta l'ostinata turbinosa siccit� del versante pugliese. I Romani seppero vantaggiarsi, — sia per la industria del bestiame, ancorch� necessariamente brado, sia per l'arboricoltura da sostituire, quasi che dapertutto, alla cerealicoltura, — di quanto il nostro clima ha di buono, pure non mai sacrificando a quell'altro mito, tornato or ora di moda, che � la cos� detta �indipendenza economica� (1); e se l'Italia antica pot� fornire d'olio e di vino l'impero romano, o perch� la nuova Italia, col Mezzogiorno agronomicamente specializzato, non potr� dare, oltre che l'olio e il vino, ogni specie di frutta a mezza Europa? Basteranno a tal fine tempo e danaro, cio� a dire, una politica di parsimonia e di libert�, — �la libert�, che � la saviezza�, — al dire dell'amico deputato Perrone; una politica che sola pu� farci conseguire quanto � unicamente provvido per la nostra redenzione economica: il basso prezzo del danaro. Questo, e non altro; tutto il resto � fandonia, al servizio di quella mala arte che si chiama impostura, e che si compiace nel diffondere la falsit� e nello ingannare le moltitudini. Alla vigilia della guerra il prezzo del danaro era sceso, tra noi, al quattro e mezzo per cento, — un punto, che a memoria d'uomo non fu mai raggiunto; e vi torneremo, io non ne dubito, assai pi� presto di quanto generalmente si creda, in premio del contributo �senza restrizioni e senza compensi�, dato alla guerra dalle nostre popolazioni, — �le quali�, attest� alla Camera il Presidente del Consiglio, �non ebbero n� interventisti ne neutralisti, e non abbisognarono n� di calmanti n� di eccitanti, tanto fu meraviglioso il loro spirito di disciplina e di sacrificio�, — se, a pace conclusa, l'Italia non sar� artificiosamente lanciata in una politica di avventata produttivit� industriale,

(1) U. Ricci, in Riforma Sociale, fasc. 2, marzo-aprile 1918.

 che la costringa sempre pi� a gravar di pesi e di angherie la fonte primigenia del risparmio nazionale, solo alimentatore d'ogni ramo delle attivit� economiche (1). Si ripete ormai d'ogni parte: produrre, produrre, produrre! Certo, � questo l'impellente dovere del prossimo domani. �Ma il vero problema della produzione�, osserva l'Einaudi, �� quello di migliorare i valori spirituali e morali del cittadino�; e non � un migliorarli, lo infarcire vie pi� le menti d'ogni genere d� stoltezze e di errori: l'indirizzo socialistico della economia di Stato, che, piaccia o dispiaccia, sopravviver� lungamente alla guerra, riuscir� tollerabile o non, utile o dannoso, a seconda della maggiore o minore capacit� attiva e rigida d'organizzazione, che il popolo, tutto il popolo mostrer� di aver saputo acquistare. L'ora, senza dubbio, corre difficile. Ma il timore dell'ignoto, cagionato dal novissimo spettro del bolscevismo, troppa gente fa delirare, e acconciarsi pazientemente a checchessia; troppa, specialmente, della classe de'  proprietari territoriali, sorta quaggi� nel decennio francese per effetto delle oensuazioni, la quale in breve si credette e fu creduta ricca quando non era neppure agiata, e la cui vita fu di sole tre generazioni, — una che fece la fortuna, un'altra che la god�, l'ultima che la dissip�, — tanto pot� su di esse la mancanza d'ogni elementare senso politico, fatto della consapevolezza del passato e del presentimento dell'avvenire: quel senso politico, che la buona educazione e la coltura formano e rendono fruttuoso.

Con aria smarrita e stanca, come remiganti cui � venuta meno ogni forza di andar contro vento, cottesta gente non sa pi� a qual santo votarsi, e non ha su le labbra se non il solito ritornello di chi si tiene per perduto: �il diavolo � alle porte�! Appartengo anch'io a quella classe che, insieme con l'ordine de'  professionisti, rappresent� nel Mezzogiorno tutto il ceto medio, cui la storia, qui come altrove, rimetter� colpe e delitti in grazia di tutto ci� che i nuovi tempi gli debbono; ma io vengo, grazie a Dio, da vecchia austera famiglia di agricoltori, che andata da'  pressi di Salerno, or sono due secoli, a'  paesi del Vulture sul confine tra Basilicata e Puglia, sempre lai onor� del diretto lavoro della terra, imparando a proprie spese quanto sia dura l'arte de'  campi nel millantato giardino delle Esperidi. Or bene, presso al termine della vita, senza nessuno, dopo di mio fratello e di me, del nome nostro, — la coscienza mi assicura che nulla d'interessato � nel deplorare che io fo l'inconcludente cicaleccio su le vane aspettative del domani, e che, invece, per quanto un uomo possa contribuire all'utile generale, non inutilmente io speri adoperarmi affinch� un po' pi� di luce si faccia sul difficile complesso problema del Mezzogiorno agrario: tal qual esso �, non come dotti e indotti, ignari de' pi� semplici suoi termini, pieno l'animo di pregiudizi e di idee preconcette immaginano che sia.

(1) F. Ferroni, in Corriere Economico, 2 novembre 1916.

�Dateci il carbone allo stesso prezzo che in Inghilterra, e i noli pi� bassi che sian possibili�, reclamano gl'industriali di Genova: �l'onere che subir� lo Stato, per le differenze da pagare su uno e gli altri, importer� forse, all'inizio, un miliardo; ma esso andr� rapidamente diminuendo�... Parola per parola! (Giornale d'Italia, 21 dicembre 1918).

Oh se io facessi i nomi de' tanti che da Roma in su, tra il bonario e l'ironico, tanto volte m'han chiesto, richiamandomi alla memoria l'ardente solitudine;, tanto a me cara, del cielo di val d'Ofanto:  — � proprio vero che esista nello vostre provincie la malaria, il terribile flagello di cui ci parlate, e che malaria e latifondo siano, novantanove casi su cento, sinonimi? — Non della sola storia del Risorgimento, ma della prima nozione d'ogni nostra cosa riguardante la vita della nuova Italia, ben si pu� dire ci� che di quella sarcasticamente dice il Papini, ossia, che �la � ancora allo stato di cromolitograf�a�...

Fortunataunente, se troppo arrogante sarebbe dire degl'italiani quello che il Carlyle disse degl'inglesi: �i pi� sciocchi a parole, ma i pi� savi in opere�, non parmi presuntuoso ripetere a favor loro ci� che scrisse non mi sovviene pi� che �gl'italiani dicono assai pi� sciocchezze di quante no facciano�. Auguriamoci dunque, che se a lungo ci � toccato sentirne di cotte e di crude su le provvidenziali salvatrici riforme del dopoguerra, assai pi� ci tocchi attendere prima di vederle, nonch� attuate, espresse in appositi disegni di logge. Ad ogni modo, affinch� un m�nito autorevole giunga in buon punto a sorreggere auspici e speranze di pi� sereni d�, io ho pensato fesse bene raccogliere relazioni e scritti d'uno de'  pi� competenti agronomi che siano in Italia, informato della realt� ne' suoi segni caratteristici, com'� peculiarmente rappresentata dalla grande zona trasversale, che va dalle foci della Pescara e dell'Ofanto, su l'Adriatico, alle marine di V�lia, sul Tiirreno, e di S�bari, sul Ionio: — dico di Eugenio Azimonti. Lombardo, e alunno della Scuola Superiore di Agricoltura di Milano, ma da quattordici anni domiciliato quaggi�, — prima come direttore della Cattedra Ambulante di Potenza, poi capo dell'Ufficio regionale di Napoli della Federazione de' Consorzi Agrari, che gli ha porta occasione di girare per lungo e per largo, non che tutto il Mezzogiorno, la Sicilia, — f�ttaiolo, a un tempo, e conduttore di propria azienda nell'alta valle dell'Agri; egli, pi� di ogni altro mai, pu� oggi, con la lucida facilit� della sua parola di studioso e di pratico, indurre altrui a giudicare ragionevolmente delle cose: non piccola impresa se � vero ci� che un secolo e pi� fa, con tanta arguzia, diceva Pietro Verri, ossia, che di tutte le umane fatiche la pi� grave e penosa sia quella di far uso della ragione...

Veder facile e chiaro! non � una delle pi� irriducibili qualit� nostre la poca capacit� di pensare con chiarezza, di scorgere prontamente e sicuramente la incompatibilit� tra due o pi� proposizioni contraddittorie? L'amore della precisione e della determinazione, cos� nel giudizio come nell'azione, proprio del mondo moderno, � tutt'altro che diffuso in mezzo a noi, ancor poco assuefatti allo spirito critico e alla idea del metodo. Ci giovi pertanto, nel presente caso, apprendere la verit� da un uomo che per lunga esperienza pot� dirittamente conoscerla ed esporla con spontanea limpidit� e, per cos� dire, alla buona: come chi non prevede (n� certo lo previde egli stesso) che altri, un giorno, possa andare in cerca di quanto, nell'esercizio dell'ufficio, occasionalmente e fuggevolmente gli riesce di scrivere.

Un solo, forse, avrebbe potuto essere alla pari dell'Azimonti, pel fine che mi sono pref�sso: Antonio Sansone, — il quale, anche lui, con una esperienza non di sola veduta o d'udito, ma frutto di non poche n� deboli prove di fatto, pass�, or sono sette anni, dalla direzione dell'Istituto di Fondi Rustici, con sede a Roma, a quella delle Foreste presso il Ministero dell'Agricoltura: le classiche sue �Relazioni� del sessennio 1906-1912 su le trasformazioni colturali da lui compiute o tentate (1), che tanto pensoso lasciano il lettore scevro di passioni, io non avrei altres� esitato a ripubblicare, se il loro carattere del tutto tecnico, e la qualit� di meridionale, anzi di basilicatese dell'Autore, gi� alunno della Scuola Superiore di Portici, non me ne avessero fatto deporre il pensiero. Varr�, se mai, pi� in l�, — dato il festevole sapiente motto manzoniano, �che di libri basta uno per volta, quando non � d'avanzo�.

Giustino Fortunato.

(1) Avanti all'ultima, di queste �Relazioni� (Roma, tip. dell'U. E., 1912) � la seguente avvertenza: �La sincera esposizione de'  risultati ottenuti da un lavoro cos� vario e in luoghi cos� diversi forse servir� a dare pi� precisi contorni al problema agrario delle zone poco o mal coltivate del Centro e del Mezzogiorno, su cui imperversa tanta bufera di parole. Gli splendidi effetti raggiunti in regioni tanto agrariamente pi� evolute, ha gi� troppo allargato i rosei orizzonti de'  nuovissimi pionieri: — arricchite i terreni di perfosfati, estendete il dominio delle piante foraggiere, ed a breve scadenza otterrete il cento per cento sul capitale impiegato. — Davvero? Ma andate nelle lande della Maremma toscana, della campagna romana, del Tavoliere di Puglia, della Basilicata., della Calabria; fatevi col� incontro arditamente alla malaria, bonificate pantani, cavate chilometri di fossi da scolo, costruite case, stalle, magazzini e strade, rifate il bestiame e... gli uomini, dal direttore al bifolco: risolvete col� problemi di nuove possibili rotazioni e di nuove possibili colture, create, insomma, tutto un nuovo mondo... — e che cosa, mai avrete ottenuto? La risposta non � facile! Questo � certo, che sia per le caratteristiche speciali dell'industria agraria, sia perch� in regioni senza esemp� da imitare e senza tradizioni da seguire, la strada da percorrere � assai difficile e insidiosa, le cadute gli smarrimenti e i ritorni inevitabili�.












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