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Due Sicilie
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16 giugno: la linea jonica diventa un tranvai

di Franco Zavaglia

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Siderno, 7 Maggio 2005

Il 16 giugno prossimo, la linea ferroviaria ionica–reggina diventerà un ricordo, al massimo un tranvai. Infatti, lo stato italiano, con un processo sommario e senza possibilità di appello, ne ha decretato la fine; e cosa ancor più grave, non ha reso pubblica la sentenza.

E’ da tempo, che si parla della chiusura parziale o totale della ferrovia ionica, ma fino ad oggi non era stata presa una decisione in merito. La notizia, drammatica per tutti noi, si è avuta in via confidenziale, qualche giorno addietro, in un al bar, davanti a una tazzina di caffè. Parlando del più e del meno, si viene a sapere che, a giugno, la nostra ferrovia sarà in parte chiusa, in parte adibita al trasporto locale. Nelle stazioni, i  ferrovieri sono  disponibili alle confidenze e hanno confermato la notizia, è dir poco, ferale. Il clima è triste. Domina lo sconforto, quasi la rassegnazione. Non si sa cosa fare. L’auspicio è che le cittadinanze colpite dal diktat governativo e i sindaci della Locride  intervengano tempestivamente. La protesta appare legittima, le  manifestazioni doverose. Risalta, nella vicenda, l’avversione del governo centrale e l’ipocrisia della giunta regionale. Infatti entrambi hanno scelto  la via del silenzio, si sono adoperati a impedire la divulgazione della notizia.

Ma qual è il motivo di questa chiusura?

Secondo i ferrovieri, il motivo ufficiale è la costruzione del secondo binario sulla tratta  Reggio Calabria Centrale – Melito Porto Salvo; nei fatti, il motivo recondito è lo smantellamento dell’importante arteria, che è vitale per le comunicazioni con il Nord, dove vivono centinaia di migliaia di cittadini jonici e dove sono ubicati gli  ospedali meglio attrezzati e più qualificati.

Riepilogando, il prossimo 16 giugno, la tratta ferroviaria Reggio Calabria – Lamezia Terme sarà degradata al solo trasporto locale. Scompariranno i treni a lunga percorrenza, ovvero sia  il treno per Milano che quello per Torino e il diretto per Bari (già Intercity). Sarà garantito soltanto l’espresso per Roma con partenza da Melito ed il servizio locale ( treno regionale) da Lamezia a Melito e viceversa.

La Melito -  Reggio Calabria diventerà un binario morto, la “Cassandra Crossing” del meridione. A chi da Monasterace viaggerà per Reggio toccherà lasciare il treno a Melito e imbarcarsi su un autobus. 

Non c’è, comunque da preoccuparsi,  il tricolore sventola ancora sulla torre del Quirinale insieme al vessillo europeo. Se non c’è il treno, ci sono sicuramente le trombette che intonano l’Inno di Mameli.  E poi l’Italia si sta europeizzando, l’Alta velocità tra Milano e Torino è già un fatto compiuto e a Crotone c’è posto per centinaia di clandestini bicontinentali, che non useranno più il treno per raggiungere Francoforte, perché riceveranno un biglietto d’aereo. Chi pensava che nel periodo estivo, la linea ferroviaria sarebbe stata arricchita di treni straordinari da e per Torino e Milano, si rassegni e si goda il sole in solitaria tranquillità.

Si diceva dell’orchestrato silenzio sulla novità governativa. Ora c’è da chiedersi se anche i boss locali, che tanti affari hanno con il potere politico e con le banche, siano stati, anch’essi  tenuti all’oscuro. Eppure anche i loro interessi vengono lesi pesantemente. Se la prossima estate, ormai alle porte, non ci sarà gente che viene da fuori a trascorrere le vacanze nella Calabria ionica, il loro fatturato ne risentirà inevitabilmente. Per non parlare del silenzio della classe politica, sia nazionale che regionale, che non ha voluto improntare la campagna elettorale sul tema della difesa della tratta ferroviaria. Né Berlusconi, né Prodi, né Loiero, né Abramo e tanto meno il presidente uscente, Chiaravalloti, hanno minimamente cercato di accaparrarsi  i  voti promettendo di evitare la decisione funesta.

La sentenza era già stata emessa e  ahinoi era inappellabile.

Io, sinceramente, mi sento in dovere di ringraziare Ciampi e il suo stato italiano, per averci fatto questo nuovo ed inaspettato regalo; il suo risorgimento ( quello del nord ai danni del Sud), continua.

Dopo 144 anni, dall’invenzione dell’unità italiana e dall’annessione del Sud all’Italia, lo smembramento e lo smantellamento dello stato meridionale ( Regno delle Due Sicilie), sta per essere completato.

Ci hanno tolto tutto, a cominciare dal nome Italia, che si fermava alle porte di Rimini e non includeva le popolazioni padane. Abbiamo perduto le fabbriche, le banche, i soldi ed adesso anche la ferrovia. Prossimamente, perché no, perderemo anche le spiagge, secondo le fertili idee di Tremonti. Visto che la Lega di Bossi ha impostato il concetto di Stato in termini di soldi, è giusto allora rifare i conti. Per cento e dieci anni, dal 1860 al 1970, il Sud ha pagato allo Stato più di quanto ricevesse dallo Stato, dati Istat certi e incontrovertibi. In termini di contabilità privata, poi, l’agricoltura meridionale ha sopportato il costo del protezionismo industriale. E siamo cauti. Infatti c’è chi sostiene che il Sud sta continuando a pagare allo Stato più di quanto riceve dallo Stato, ed è anche certo che l’attuale protezionismo a favore del grano, del latte, dei formaggi e della carne è un sovrapprezzo che il Sud paga senza ricevere alcun beneficio in contropartita.

Visto che la nazione viene intesa in termini di danaro, allora restituiscano il maltolto.  

Questo Stato ci sta togliendo tutto, sta facendo terra bruciata del Meridione e ci sta portando nuovamente all’emigrazione di massa. Se la comune dignità e il legittimo orgoglio dei meridionali esistono veramente, e non sono invece un vano sproloquio, è doveroso reagire.

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