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Due Sicilie
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IL MAZZO DELLO STATO

Antonia Capria

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Siderno, 13 ottobre 2005

Circa duecento anni fa è nata una nuova scienza, la quale ha acquistato, con il trascorrere dei decenni, sempre maggiore importanza. Si chiama linguistica e si applica al linguaggio. Ma è cosa ben diversa dalla grammatica e dalla sintassi.

Le sue applicazioni sono vastissime e crescono con il tempo. Per esempio, se la linguistica viene applicata alla storia, e meglio ancora alla preistoria, si possono ottenere conoscenze altrimenti impossibili. tanto per dirne una, i Galli padani erano Celti e non indoeuropei. Cosa che poi si ve­de benissimo, in quanto il lin­guaggio di Bossi ha lo stesso sottofondo che ha quello dei Baschi­, anche se Bossi se ne va in gi­ro senza basco.

Ciò premesso, poniamo il se­guente problema linguistico: perché una stessa cosa al Nord si chiama «tangente» e al Sud si chiama «mazzetta»? Il quesito è importante perché potrebbe venir fuori che il fatto sottostante non è lo stesso. E non essendo lo stesso, il cervello è andato a trovare connessioni linguistiche diverse.

Ma  tangente cosa significa?  Non  viene dal latino Tangere, cioè toccare; siamo quindi sicuri di un fatto: socialisti, azzurri e pidiessini non si toccano. Né davanti, né di dietro, e neppure quando incrociano un gatto nero o qualche tonaca. Neppure viene dal linguaggio trigonometrico, cioè dalla scienza dei geometri. Questo linguaggio è pur esso pieno di allusioni erotiche, quasi un film a luci rosse; per esempio, i termini Seno, Coseno e appunto Tangente. Dove tangente è una linea Retta, e come tale sicuramente onesta.

Le nostre indagini ci hanno invece portato ad una diversa radice. Nell' uso settentrionale si chiama «tangente» la parte che spettava al padrone sulle attività del servitore. Abbiamo quindi una relazione chiarissima: c'è un padrone, che se non appartiene a Forza Italia, appartiene sicuramente all’ UDEUR, a meno che non sia dell’ UDC o del PDS. E c’è un servitore che incassa la parte principale. In buona sostanza, la tangente è un minus, una parte minore, rispetto ad un maius, alla parte maggiore, che spetta al servo.

Siccome l’ex-giudice Di Pietro è molisano, cioè meridionale, queste  cose gli erano totalmente ignote. D'altra parte, lui è un ex-giurista, non un linguista. E così, per uscire dall'impiccio, ha messo dentro padroni e servitori.

 E veniamo alla mazzetta. Qui il discorso linguistico è molto più difficile. Infatti, diversamente dai Celti della Gallia padana, qui siamo sicuramente indoeuropei, nonché greci e civili da parecchi millenni. Cosa per cui le sedimentazioni linguistiche sono infinitamente maggiori. Comunque è sicuro che mazzetta viene da mazzo.

Mazzo! Non vi dico i guai che passa il povero studioso con tale radice sicuramente napoletana. Napoli è straordinaria, imprevedibile. La parola mazzo, oltre a significare le cose che tutti sappiamo, a Napoli ha un significato in più. Vitale, genetico, erotico. Come dire una cosa esclusivamente femminile, destinata all'«esclusivo» uso maschile.

A  rigor di logica la parola mazzetta dovrebbe essere il diminutivo di mazzo. Il mazzo e la mazzetta. Ma questa deduzione è sicuramente falsa, come avevo dottamente spiegato qualche anno fa a proposito del nostro illustre defunto concittadino, Ciccio Mazzetta.

Spigolando tra le anticaglie linguistiche è venuto fuori un dato interessante. Pare i tipo­grafi di un tempo usassero l'e­spressione mazzetta in relazione a una mano di carta tolta dal mazzo più grande, per stampar­la. Quindi mazzetta uguale carta stampata, eguale biglietti di ban­ca. Questo dato è rivelatore.

C’è, infatti un mazzo, quello dello Stato ‑ per esempio la spesa per una refezione scolastica – dal quale viene estratta una mazzetta, un mazzo di carta. Logicamente di carta stampata dal Poli­grafico dello Stato. Da tutto que­sto viene fuori una precisa dedu­zione logica. Per combattere la mazzetta basta abolire i tipogra­fi.

Più difficile, invece, combattere la tangente.

Se si trattasse di una articolo geometrico, baste­rebbe abolire la trigonometria, ma si tratta - come abbiamo visto - di una relazione sociale, cosa sempre difficile da cambia­re. Si potrebbe abolire il Nord. Ma cosi facendo dovremmo abo­lire anche gli Alpini e la fanfara dei bersaglieri, cosa che signifi­cherebbe cancellare tante glorie,compresi lo scarpùn e le piume al vento.

Potremmo invece portar­lo a sud della Sicilia, magari ri­conquistando la Libia. Non so, però, se un 'idea del genere piacerà agli albergatori della Val Gar­dena. Forse basterebbe abolire le elezioni. Non so. Comunque fate voi.





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