L'unità d'Italia è una beffa, che comincia con una bugia.
Due Sicilie
  Eleaml


Lettera di “Peppino” ai meridionali

Festeggiano me, ma la festa l’hanno fatta a voi.

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Vi scrivo, non per scusarmi con voi, cari italiani del sud, ma per dirvi che oggi sarei con voi. Lo so, questo vi sembrerà strano, ma qui da dove vi scrivo, le cose si vedono più chiare. Mi sembra assurdo, che dopo i danni che vi feci, e quelli ancor più grave che vi fecero in mio nome, oggi dobbiate pagare con le vostre tasse la commemorazione della mia nascita. Sono sempre stato uno spirito ribelle è il fatto di essere nato in una cittadina francese, ma di sentirmi italiano, mi ha un poco confuso le idee, sin da bambino. Forse se fossi nato a Bologna, quindi nato già italiano, con lingua italiana e con cultura italiana, questa fissazione dell’unità statale italiana non mi sarebbe venuta. Ma con i se e con i ma, non si cambiano le cose.

Certo avrei dovuto riflettere, che uno stato “italiano” non significa automaticamente, il rispetto dell’italianità di tutti i popoli italiani. Ma all’epoca mia, certe cose non si sapevano. Basta solo dirvi che l’italiano mi fu insegnato da un militare napoleonico, e che quindi concepì l’Italia sono in termini giacobini. Uno stato, un popolo, una cultura e vaffanculo 3000 anni di storia, identità, diversità e civiltà, che sono alla base dell’italianità. Una cazzata tremenda, che distruggerà non solo il vostro sud, da quell’epoca per colpa mia, ma con l’avvento dei liberisti e delle loro banche, sta distruggendo tutto il mondo di oggi, ed io, come vi sarà chiaro, non centro. Io fui diverso da tutti quelli che “scesero” nel vostro sud, chi mi precedette volle solo le vostre ricchezze, con me, e dopo di me, vollero anche la vostra anima.

La mia vita è un romanzo, ma ad ogni capitolo, ve ne renderete conto, c’è la farsa e la tragedia.

Fui socialista, ma alla fine vi consegnai alla peggiore monarchia, io figlio del popolo vi “vendetti” ad un re figlio di un beccaio, (a proposito; perché non fanno l’analisi del DNA è fugano ogni dubbio?) fui anticlericale, ma offrì la mia spada al Papà, feci l’unica “unità nazionale” conosciuta, condotta a fil di spada, contro la religione nazionale, ed alla fine mi volevano fare anche santo.

Lottai per darvi terra e giustizia, ma vi consegnai disoccupazione ed emigrazione. Vergogna su di me, che non compresi, vergogna su di me che distrussi la vostra vita per un sogno. Gli italiani non si potevano fare, perché erano già lì, l’Italia non si poteva “creare” esisteva da sempre. Che vergogna, come uno stupido “leone” confusi lo stato con la nazione, l’identità che esisteva, con una creata a tavolino, distrussi gli antichi valori, costruì i nuovi sfruttamenti. Sapeste ora come mi prendono in giro qui. “Senza italiani che senso ha l’Italia?” Continuano a chiedermi, e sapete una cosa? Me lo chiedo anch’io.

Prendono in giro me, l’eroe dei due mondi e delle tre tavolette, così come mi chiamate voi.

Proprio io, proprio io che il fato, mi portò esule nell’altro capo del mondo, vi regalai l’emigrazione, ed oggi che mi rinfacciate la mia giovinezza di corsaro, mercenario e ladro di bestiame, cosa dovrei rispondervi? Avreste voluto che mi fossi aperto un bistrò di banane sulle spiagge brasiliane? Avreste voluto che mi trasformassi in un rivoluzionario da salotto o da internet, come fanno molti di voi?

Mi dite che sono un ladro di donne, che per vivere trafficai in schiavi? Cosa vi devo rispondere? In guerra ed in amore tutte è permesso ed a me piacquero sia l’avventura che le donne. In questo fui italiano fin nel midollo, ma a me almeno, piacquero le donne, oggi è ancora così per i vostri governanti? Presi e feci, quello che andava preso e fatto, ma pagai anche questo in molti modi, non ultimo, saldai il conto con un orecchio.

Mi accusate di essere un massone? Non lo nego e come potrei, ma non tramai mai nell’ombra, le squadre ed i merletti mi interessarono solo in vecchiaia, ma ai tempi che riguardano voi, erano solo un mezzo per fare la rivoluzione. La mia “squadra” erano i compagni rivoluzionari, i compassi li usai solo in funzione dei cannoni. E poi, come direste voi, era di moda.

Non ero consapevole che quando parlavano dei “migliori dei mondi possibili”, non parlavano per TUTTI, ma solo per loro.

Cari amici su molte cose sono d’accordo con voi, la storia va riscritta, quei pennivendoli di regime, mi hanno descritto “senza paura e senza macchia”, per farsi belli con la mia storia, perché mangiavano della mia storia, perché quella “storia” faceva comodo ai nostri nemici di sempre, che li pagavano. Dico nostri, perché non potete negare, che nonostante tutto e nonostante i miei errori, il Savoia ed i liberali, non erano miei amici. I piemontesi mi chiamavano sovversivo, i Savoia mi condannarono a morte, i bersaglieri mi spararono….

Senza paura un corno! Tanta era la paura di fare la stessa fine di Pisacane e dei Bandiera, tanta la paura che quelle navi borboniche ci facessero fuori lì, sul bagnasciuga di Marsala, tanta la paura, per come vi difendeste sul Volturno e ancora tanta la paura nel vedere che non potevate essere tutti corrotti dall’oro dei turchi e dell’Inghilterra.

Ma per mia fortuna, l’attacco dei liberisti alle vostre libere e sovrane istituzioni, non iniziò con me e anche i vostri governanti fecero i loro errori. Addirittura il fratello del vostro Re si era venduto.

Li ingannarono certo, ma ingannarono pure me. Io non mentivo quando volevo dare la terra ai contadini, ma i banchieri fecero bene i loro conti, e se da un lato mi diedero armi e logistica per farvi la guerra, dall’altro mi descrissero al mondo come il solito pericoloso socialista e sovversivo, amico del terrorista Bil-Mazzini. Mi usarono, come, usarono tanti altri. Tanti altri, che più di me erano in buona fede e questo non lo potete negare. Ed oggi? Conoscete qualche politicante in buona fede? Avete la libertà di parola, basta che tenete la bocca chiusa. Avete la possibilità di scegliere i vostri rappresentati, basta che li scegliete fra gli eleggibili pre-scelti dai banchieri. Avete l’automobile, ma l’aria irrespirabile.

Ma, perché c’è sempre un ma, se non avessi “regalato” la vostra patria al Savoia lì a Taverna Catena, e non a Teano, Cosa sarebbe successo? Orde di “barbari” senza pensioni e con la pena di morte facile vi sarebbero venuti a “liberare” dal sottoscritto terrorista antelitteran. Vi risparmiai un’altra guerra, un’altra con cui non avreste neppure conservato l’illusione di essere italiani. Voi mi potreste dire: “potevi lasciar decidere noi?” E come? Cari Napulitani, la democrazia non esiste, è una pia illusione, buona per darvi una scusa atta a sopportare le umiliazioni e i soprusi di chi comanda. Senza la quale dovreste dire a voi stessi che siete uomini senza palle, dei sudditi, degli schiavi. Basta solo ricordarvi quella supercazzola mondiale che fu il plebiscito d’annessione e quella dittatura trentennale che voi chiamate democrazia bassoliniana.

Io lottai al di sopra di ogni cosa per la libertà di tutti gli italiani, immaginate come mi debbo sentire oggi, oggi che liberandovi da voi stessi vi consegnai, insieme a tutti gli altri italiani, nelle grinfie degli stranieri. Gli stranieri peggiori, gli stranieri di ogni patria, gli stranieri da ogni legame naturale, di tutti i popoli, i banchieri.

Certo vi debbo ancora i soldi che “presi” dal Banco di Napoli, ma anche se volessi restituirveli, e come è evidente non posso, siete sicuri che quei soldi tornerebbero a voi? Siete sicuri che quei soldi non sarebbero investiti in partitocrazia per dominarvi e sfruttarvi meglio? Non esiste neppure più, il Banco di Napoli. A proposito vi debbo i miei complimenti per aver resistito 140 anni a questo stato di cose. Io non avrei resistito, alla propaganda sistematica sin da bambini, agli otto milioni di spot all’anno, alle ferie, alle comodità, ai vincoli sociali e familiari, alla messa televisiva della domenica. Di nuovo complimenti. Da come i Savoia avevano iniziato e continuato e da come è finita la seconda guerra civile europea, sarebbe stato normale, che vi foste trasformati tutti in “automi consumatori”, ed invece no! Se non eravate quel che siete, se non eravate quegli splendidi italiani che siete, per quel che vi fecero e continuano a fare, a quest’ora la camorra dovrebbe essere, un gioco per bambini. Io me li ricordo i mafiosi ed i camorristi, ci aprirono le porte e ci aiutarono, ed in cambio mi chiesero solo di presentargli i nuovi padroni e di avere un poco più di “piccioli”. Brava gente i camorristi, conservatori ed individualisti seri, gente che non cambia facilmente, credetemi le stesse parole che mi disse “tore e crescenzo” a me, le disse Luky Luciano 80 anni dopo agli americani.

Ma torniamo a noi, vi trovo ancora con tanta energia e voglia di cambiare. Se molti di voi hanno perso la forza dell’indignazione, ancora tanti, ricordano di essere stati un grande popolo, con grande ingegno e civiltà. Civiltà Italiana, di stampo napulitano.

Ai miei tempi vi direi di fare, preciso preciso, come facemmo noi, assaltate Poggioreale, liberate tutti i criminali, promettetegli la grazia e tanti soldi. Non preoccupatevi delle divise pure noi avevamo solo 130 camice rosse. Se fra di voi ci sarà anche la futura moglie di un primo ministro, ancora meglio. Fatevi dare un paio di aerei da scentology, corrompete i politici milanesi, dite alle banche che non cambierà nulla e partite all’assalto. Appena arrivate a Milano alleatevi con un Don Rodrigo qualsiasi e fatelo sindaco, prendete Lapo e fatelo ministro dell’educazione, chiudete le scuole per 5 anni e riapritele con professori vostri, cancellate la Fiat e cospargete sale sulla borsa di Milano. Depredate le loro fabbriche e le loro chiese. Alle loro banche abolite il signoraggio, alle loro industrie vietate il commercio estero, togliete le forniture statali a tutti i loro opifici. Con un poco di coraggio anche Roma sarà vostra, rifate Napoli capitale d’Italia e Roma Caput Mundi e fra 60 anni, le frasi che ascolterete saranno , “le auto come le fanno a Melfi, non le fa nessuno”, “I meridionali? Quelli si che sanno come si lavora”, “la pulizia e la civiltà che c’è a Napoli non c’è da nessuna parte d’Italia”.

Ma è questo quello che volete? Essere come noi? Ripetere i nostri errori? Usare i vostri fratelli di cultura italiana, come carne di macello dei banchieri? Mentre voi vi togliete gli “schiaffi da faccia”, sappiate che qualcuno a Wall Street si starebbe sbellicando dalle risate. Volete che i “fratelli d’Italia” siano figli unici o peggio, figli di…. una Savoia qualsiasi.

Questi non sono i miei tempi, ed io non so darvi consigli, ma una cosa sola mi preme dirvi, fu anche colpa mia, ma io oggi sarei con voi, con voi perché OGGI non c’è nessun italiano libero e sovrano, con voi perché avete resistito, con voi per una nuova avventura.

Ed è per questo che sono con voi, perché sognate come me, di cambiare le cose.

Ed è per questo che sono con voi, perché il vostro sogno non è legato all’ideologia, ma alla vostra terra, alle vostre tradizioni, alla vostra storia e queste cose non si possono ingannare.

E da lì, dove la fine mi ricongiunse all’inizio, ora so che sono le uniche cose reali.


Vostro Giuseppe Maria Garibaldi,

cittadino francese, di cultura social-illuminista multilingue, nazionalità italiana, generale pentito di una rivoluzione infame.

Nando Dicé - Napoli, 8 Maggio 2007








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