L'unità d'Italia è una beffa, che comincia con una bugia.
Due Sicilie
Eleaml


“PAROLE VUOTE”

di Andrea Balìa
Napoli, 5 Novembre 2006

Sul sito del Movimento Sudista (www.movimentosudista.org) vi è un articolo dal titolo “Napoli da salvare” scritto dal giornalista Massimo Fini e ripreso come fonte dal suo sito.

Massimo Fini è persona colta ed acuta, però ci sono alcune precisazioni da fare:

1) L'articolo nulla apporta, propone, o dice di nuovo. E' la fiera degli stereotipi: Capodichino (ha mai visto altri aereoporti?), il tassista ciarliero e senza bollo, le valigie rubate con l'auto (lo sa che Milano è in testa a questa poco edificante classifica?), ognuno che ha un parente camorrista ( ma chi? dove? come? quando?), il termine borbonico usato al solito come denigratorio (qualcuno, per favore, gli spieghi che i Borbone furono, almeno e come minimo, certamente non peggiori per il Sud di chi ci governa da oltre un secolo e mezzo!), l'assioma tra male bene come tra governanti borbonici e popolo (insopportabile ed errato paragone di un esempio, più unico che raro, invece di comunanza tra popolo e re, che bypassando la borghesia permetteva al popolo d'inneggiare con "Viva 'o 'Rre" all'istituzione ritenuta non nemica e non al culto dell'individuo)

2) Detto ciò nessuno vuole chiudere gli occhi sul problema Napoli, grosso e pesante, al limite della sopportazione e del massacro. Ma altrettanto al limite della sopportazione sono articoli come questo o quelli di Bocca (unitamente ai suoi libri). Per fortuna qualche persona che dice cose saggie pure appare in un secolo, come Pasolini che scrisse: "I Napoletani oggi sono una grande tribù che, anzichè vivere nel deserto o nella savana come i Tuareg o i Boja, vive nel ventre di una grande città di mare. Questa tribù ha deciso - in quanto tale, senza rispondere alle proprie possibili mutazioni coatte - di estinguersi, rifiutando il nuovo potere, ossia quello che chiamano la storia, o altrimenti, la modernità. La stessa cosa fanno nel deserto i Tuareg o nella savana i Boja (o fanno anche, da secoli, gli zingari): è un rifiuto, sorto nel cuore della collettività; una negazione fatale contro cui non c'è niente da fare. Essa da una profonda malinconia, come tutte le tragedie che si compiono lentamente; ma anche una profonda consolazione, perchè questo rifiuto, questa negazione alla storia à giusto, à sacrosanto!". Alta vola la poetica che da una dignità ad una solenne, pur se triste, eutanasia. Ovviamente noi, privilegiati nuovi briganti, speriamo e combattiamo invece perchè ci sia qualcosa da fare nonostante tutto!

3) In ognuna di queste occasioni mi torna in mente Zitara, utopico e sognatore quanto si vuole, ed un'esclamazione, in fondo ad un articolo, del sig. Giuseppe De Gennaro: "facite 'sta madonna 'e secessione e... Jatevenne!".



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