L'unità d'Italia è una beffa, che comincia con una bugia.
Due Sicilie
Eleaml


PENSIERI

di Andrea Balìa

Napoli, 19 dicembre 2006

Lo sconforto, la delusione - è inutile negarlo – ti colpisce se, vivendo in questa terra martoriata che è il Sud d’Italia, sei anche sul fronte di quelli che tentano di darsi da fare per il riscatto, la rinascita, la diffusione della memoria storica e il conseguente recupero d’una dignità, d’una consapevolezza dell’appartenenza, per una diffusione della verità sulla nostra storia.

Ipotesi, analisi, dibattiti, convegni: il tutto teso alla costruzione d’una idea politica in cui incanalare il diffuso individualismo per tentare la costruzione d’una organizzazione che sfoci in un progetto, un partito, un movimento, che si carichi sulle spalle il futuro del Meridione dandogli rappresentatività politica.

E’ difficile, tremendamente difficile, dibattendosi in una mancanza di soldi, tempo, disponibilità di spazi, e idee talvolta confuse e non mirate. Sei portato, dopo anni e tanti discorsi, ad abbatterti mentre intorno cresce il qualunquismo, il degrado, la criminalità, l’immondizia, la presenza della camorra, un’ignoranza diffusa e avvilente.

L’aria è ammorbata dalle chiacchiere e dall’inefficienza, rispetto almeno ai problemi urgenti, dei governi centrali e di quelli locali, dai meridionalisti che – fulminati sulla via di Damasco – fanno come unica e quotidiana battaglia e sport nazionale il quotidiano tiro al piccione ai Bassolino/Mazinga, come se il problema fosse tutto lì.

Somigliano a quelli della Sinistra che, cambiando il piccione, mirano il Cavaliere. E sbagliano, perché rompono i “cosiddetti” anche a chi li legge, facendo tra l’altro un piacere al Monarca Regionale, di cui accrescono il mito; diceva Mao: tanti nemici, tanto onore.

Tra l’altro l’uomo in questione, per tutta una serie di ragioni, non si presta come il Cavaliere ad essere oggetto di battute, sfottò, vignette e tutto un dossier d’umorismo che si è andato costruendo in questi anni.

Ecco manca almeno questa parte che rende la cosa un po’ godibile; resta la litania fine a sé stessa, noiosa, poco costruttiva e ossessivamente cantilenante come una musica noiosa. Quindi il quadro di tutto l’insieme porta alla demotivazione totale. Poi però cammini per strada e senti per caso un saggio e antico proverbio detto da un vecchio col suo contenuto di sottile umorismo tutto napoletano, e ti ricordi che quel proverbio lo diceva anche tua madre.

Non lo ascoltavi da un pezzo, e il riscoprirlo ti apre un mondo di ricordi, tra il sorriso e la nostalgia. Poi torni in auto dalla zona flegrea a Napoli città, costeggiando il mare, e sei pervaso, quasi immerso, in uno scenario, un’atmosfera, dove storia, mito, cultura, paesaggio hanno una forza che ha sfidato i millenni e, pur se volessi, non puoi occultare sapendo che ci sei dentro, t’appartiene.

Poi ti fermi ad un baretto a prenderti un caffè, e la cassiera ha un sorriso e degli occhi che non sono quelli dello stilema delle veline della tv e dei reality, e manco quelli del sottoproletariato urbano e periferico assaliti e immersi nel consumismo becero che ne ha devastato anche i connotati, tramutandoli in volgari maschere al femminile; sono solo gli occhi ed il sorriso d’una giovane e bella donna del Sud. Poi ti fermi, prima di tornare a casa, dal tuo pescivendolo per comprare un po’ di pesce chiedendogli un consiglio sul come cucinarlo.

Si tratta d’un giovane che ha studiato economia con master ad Edimburgo, e che ha deciso di riscoprire un mestiere di famiglia, immaginando di poterlo fare meglio di suo nonno, con una laurea in più. Gli ho parlato del Sud, della nostra storia, e ammaliato continua ogni giorno a chiedermi: cosa dobbiamo e possiamo fare?

Mi consiglia il modo semplice e sicuro di come cucinare il pesce, e, come succede solo a certe gente del Sud, me lo regala e non vuole soldi. Poi torno a casa, apro il computer e leggo che la Campania è stata nel 2006 la regione con la migliore percentuale di crescita nelle esportazioni: non è una buona notizia, è un miracolo visto tutto il marcio di cui sopra. Poi nella posta elettronica trovo l’e-mail d’un amico, giovane imprenditore campano, che mi invia il progetto d’un oggetto di design per la casa: bellissimo, geniale, non prodotto ancora da nessuna grande azienda del Nord.

Vuole produrlo, e mi chiede lumi, sapendo del mio mestiere in questo settore. Poi riapro vecchi scritti e analisi, che, saggiamente, avevo deciso di conservare di Nicola Zitara.

Li leggo di botto, mi rientusiasmo e in quel momento farei tre giornali, aprirei due nuovi siti, fonderei sei movimenti politici.

Forse la mia terra può farcela. Deve!

Amen!!!

J. Manolenta (alias Andrea Balìa in vena poetica)


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