L'unità d'Italia è una beffa, che comincia con una bugia.
Due Sicilie
Eleaml


“Su Croce”

di Andrea Balìa

Napoli, 18 settembre 2006

Diversi anni fa conobbi a Milano, per motivi di lavoro, una persona un po’ più grande di me, con cui sì è instaurata un’amicizia importante. Emigrato al Nord da più di trent’anni dopo aver girato, sempre per lavoro il mondo; “guru” riconosciuto del marketing del design, autore di più libri su questo argomento e traduttore in portoghese dell’opera di Umberto Eco, nonché all’inverso in italiano di poesie di poeti brasiliani. 

Conoscitore di cinque lingue e attualmente, oltre che continuare nel suo lavoro, anche docente universitario al Politecnico milanese. Il lievito su cui è cresciuta l’amicizia è stato la mia ammirazione per una “testa” così grande, una stima reciproca, e le comuni radici napoletane. 

Su ciò ho provocato il confronto continuo sull’argomento del nostro ex Regno e relativa unità italiana, bombardandolo di scritti, articoli (anche di questo sito), facendo nascere un dibattito tra noi con condivisioni e/o anche qualche dissenso. Prima di questa estate 2006 mi ha regalato il libro di Benedetto Croce “Il Regno di Napoli”, di cui conoscevo qualcosa ma che avevo voglia di sorbirmi per intero. 

Adesso, anche alla luce dello scritto di quella signora che invitava questo sito (ed i suoi responsabili e frequentatori) a leggersi Croce (come panacea a tutto il problema) e alla risposta di Zenone di Elea, la cosa mi è sembrata capitare a proposito, e, senza alcuna presunzione di recensire un così noto autore mi va di fare alcune considerazioni in merito:

1) Il libro è per un buon terzo (il primo) discretamente pesante nell’affrontare il periodo normanno, angioino e aragonese, con un’incredibile infarcitura di nomi e vicende complicate, che mettono a dura prova il lettore nell’intento di proseguirne la lettura. Dopodiché, e complessivamente, l’opera è interessante perchè l’autore non è certamente un novellino.

2) Pensiero costante di don Benedetto appare l’intento di dimostrare il dna becero, lazzaronesco (nel senso più retrivo) e tendente al malcostume del popolo napoletano, come se presunti o effettivi malgoverni o un qualcosa da interpretare come una iattura divina, lo abbiano bollato in tal senso ad una sorte e ad un atteggiamento irrecuperabile. La cosa lascia per lo meno perplessi, in quanto prevale questa propensione ad un’ineluttabilità almeno discutibile.

3) Dalla considerazione di cui sopra ne scaturisce una sottolineatura sugli intellettuali meridionali, unico motore salvifico, perennemente penalizzato ed irrisolto.

4) Intellettuali che avrebbero dato a regnanti e governanti il loro apporto a condurli sempre sulla retta via dell’evoluzione e delle riforme, ma centrati gli obiettivi avrebbero sempre deciso di defilarsi e brigato per eliminarli. Se così è stato viene naturale lasciarsi scappare: “bella gente!”.

5) Il 1799 è per il Croce la decapitazione di quegli intellettuali. O.K., peccato si dimentichi dei migliaia di meridionali massacrati per instaurare un governo senza consenso popolare, svendendo opere e beni ai collaborazionisti francesi. Già ma forse è perchè erano mascalzoni, lazzaroni e pur se in migliaia, la loro morte non è contrabbandabile o paragonabile con quella di poco più di cento intellettuali!

6) Il “brigantaggio” – considerato che parliamo d’un’opera da ritenersi o volersi ritenere “omnia” – è trattato larvatamente e ridotto ad una sgradevole serie d’episodi di malviventi figli di quell’ignoranza della famosa “plebe”, sempre di cui sopra, in versione contadina; con cui se ne vanno a far benedire la difesa delle proprie terre, l’anelito alla giustizia dei popoli, ecc…per cui la Resistenza, Zapata, il Che, Marcos ed altri sono altrettanto fanatici replicanti di quelle poco “intellettuali” sommosse.

7) Don Benedetto dice che pur se molte cose buone furono fatte, anche se il conto non tornasse, i disegni superiori della storia dovevano attuarsi e ciò che è stato è giusto sia successo. E qui torniamo all’ineluttabilità della storia scritta da un medico come una medicina da sorbirsi per forza. E perché!?! Dice che esistono accuse e difese sull’argomento ma: “ accuse e difese che, in quanto tali, si dimostrano inconcludenti, perché in un’unione si hanno sempre vantaggi e perdite reciproche…?!? “ Molte interessante sarebbe chiedere al Croce – che ormai non c’è più – quali sono i vantaggi che il Sud ne ebbe dagli eventi unitari, per non parlare di quelli ricevuti fino ai nostri giorni!

8) L’opera – sempre perché “omnia” e quanto tale – sorvola e non fa cenno sul come avvenne quell’auspicata unità “ la dissoluzione del Regno di Napoli, unico mezzo per conseguire una più larga e alacre vita nazionale, e per dare migliore avviamento agli stessi problemi che travagliavano l’Italia del mezzogiorno…?!? “ A più di 140 anni siamo in attesa fervida della soluzione che l’Italia unita prima o poi apporterà a quei problemi. E tornando all’omissione sui Cavour, Cialdini, Garibaldi, La Marmora ecc…e le loro epiche gesta riteniamo che don Benedetto non abbia ritenuto importante farne cenno perché non meritevoli d’attenzione, così come i migliaia di morti meridionali e quelli trasportati nei lager di Finestrelle e S. Maurizio in Piemonte. Già …ma la storia deve fare il suo corso!

Insomma, per chiudere: gran libro, scritto bene (e vorrei vedere pure…) ma è, come sempre, “il punto di vista di Croce” e non è “il punto di vista”. Ovvero, e l’ho già scritto, al di là di tutte le opinioni, l’oggettività dei numeri, dei dati, delle cifre, fa sì che non esista punto di vista che tenga al loro confronto. E, piaccia o meno, la storia è questa…







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