L'unità d'Italia è una beffa, che comincia con una bugia.
Due Sicilie
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L’import di disoccupazione

di Nicola Zitara

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Siderno, 26 gennaio 2006

Da molti secoli padrone del mondo, oggi l’Occidente vacilla sotto i colpi della concorrenza asiatica. Il vantaggio occidentale sta tuttora nella capacità di iniettare un sapere elevato nelle merci e nei servizi che produce e vende. Questo sapere viene chiamato tecnologia; cosa che nel linguaggio attuale vuol dire macchine operatrici adibite a fare un lavoro in precedenza compiuto dall’uomo, e  di recente anche un lavoro che l’uomo non saprebbe e non potrebbe fare (per esempio penetrare nelle arterie per dissolvere un embolo).


Questo vantaggio viene spiegato con la superiorità della civiltà occidentale - quella nata in Grecia, in appresso adottata da Roma,  e dopo un balzo di cinquecento anni rinata nell’Italia comunale signorile; da dove è rimbalzata in Gran Bretagna, Olanda e Francia, che l’hanno rafforzata e imposta a tutto il globo. Si deve ricordare  che  ai caratteri storici di detta civiltà, si son voluti aggiungere il liberismo commerciale e l’eguaglianza; due caratteri  assolutamente veri, ma che, come la storia testimonia, sono ininfluenti quanto alla produzione e al sapere dei produttori. 


Cinquecento anni fa, sia la Cina sia l’India si trovavano in una posizione economica non dissimile dall’Europa.  Se il grado di civiltà materiale di un popolo viene misurato dall’uso WC, dobbiamo dire che, a quella data, sia in Asia che in Europa la gente comune preferiva l’aria aperta.  A quell’epoca il mondo era fortemente separato dalle distanze. Solo gli arabi, e non frequentemente, riuscivano a superarle e viaggiavano dalle sponde dell’Africa Orientale agli approdi indiani,  sfruttando i monsoni che, sull’Oceano Indiano, una stagione dell’anno spirano da Ovest a Est e la stagione successiva spirano in senso opposto.


India e Cina avevano alle spalle una propria (e ancora visibile) civiltà millenaria. Anzi la Cina era probabilmente più avanti all’Europa quanto a conoscenze pratiche (la carta, gli esplosivi, la navigazione guidata dal sole e dalle stelle). Entrambe le civiltà asiatiche erano però ripiegate su se stesse, avvizzite, mentre le popolazioni barbariche insediatesi in Europa, avevano assimilato le tecnologie perfezionate  prima della caduta di Roma e miracolosamente salvate dagli arabi, che le avevano trapiantate in Sicilia e nelle città costiere della Puglia e della Campania, ai confini estremi dell’Europa barbarica.


Civilizzatisi, i barbari d’Italia e d’Europa non avevano perduto, però, il loro ardimento, lo spirito predatorio (che diventerà lo spirito del profitto), il piacere del rischio e dell’avventura.


L’aggressività mercantile di Venezia, Genova, Firenze, Milano, che commerciavano tra il Mediterraneo orientale e l’Europa continentale, venne assimilata dalle altre popolazioni europee, che allargarono i loro affari sugli spazi oceanici da poco scoperti. Gli europei giunti in Oriente ebbero buon gioco degli indiani e dei cinesi,  ormai resi poco vitali - quasi imbalsamati - dalla ripetitività delle regole tradizionali.


Tuttavia l’Occidente conquistò un vantaggio decisivo sulle altre civiltà in seguito, ma non per  effetto dell’allargamento – a volte con le buone, più spesso con le cattive - dei suoi commerci con gli altri continenti, che presero a fare da sbocco industrale.


Un allargamento puro e semplice, per esempio quello imperiale di Roma, comporta forme di saccheggio di tipo fiscale, l’appropriazione manu militari degli uomini validi e della ricchezza tesaurizzata, l’uso coloniale della terra e del sottosuolo, etc., ma non l’espropriazione – intesa come legittima sia da chi prende sia da chi dà - attraverso lo scambio. Il trionfo mondiale dell’Occidente, in verità, va ascritto alla nascita dell’industria e al privilegio d’essere l’officina del mondo per due secoli e mezzo.


Seguite questo esempio di scuola: cento uomini consumano complessivamente (o hanno un salario corrispondente a) un quintale di grano. Gli stessi cento uomini estraggono ogni giorno 13 tonnellate di carbone. Alimentata con quei 13 quintali di carbone, la macchina a vapore fa  il lavoro di migliaia di uomini. Come dire che la forza di cento uomini che lavorano assieme non muoverebbe un treno neppure di un millimetro, mentre 13 tonnellate di carbone gli permettono di percorrere centinaia di chilometri.


La macchia a vapore è sapere storico condensato in una caldaia di ferro. Chi impiega la caldaia si avvantaggia del lavoro e delle esperienze di un’infinità di persone ormai morte sepolte. Il costo della loro esistenza in vita è stato pagato da loro stessi, dalle loro famiglie, dalla formazione sociale a cui appartennero. L’ultimo venuto, l’inventore o il costruttore della macchina, vivrà bene, magari comprerà una villa, lascerà dei soldi ai suoi eredi. Tutto qui, mentre la caldaia a vapore esplica la sua efficienza muovendo decine di migliaia di treni, di navi, di altri macchinari.


Il differenziale tra una produttività pari a un chilogrammo di grano, da una parte, e pari a un centesimo di 13 tonnellate di carbone, dall’altra, è il vantaggio che ha trasformato la civiltà materiale degli occidentali e che ha portato alla diffusione delle toilettes ai danni dell’aria aperta.


Questo vantaggio è perentoriamente legato alla macchina-sapere applicato, e assolutamente non collegato alla democrazia, al mercato, all’iniziativa privata, a Bush, a Berlusconi, a Prodi, a Ciampi, al tricolore e alla fanfara dei bersaglieri. Infatti il Giappone passò in un ventennio dalla condizione di società feudale a quella di società industriale, senza essere una democrazia liberale. Ugualmente la Russia. Nel 1917 era l’impero della fame, ma già nel 1940 era una potenza industriale, pur avendo un regime politico che era l’opposto di una democrazia liberale. Oggi la Corea, la Cambogia, la Cina sono potenze industriali senza essere e voler trasformarsi in democrazie liberali.


C’è un solo fattore di sviluppo, e questo unico fattore si chiama Stato. Nel 1830 le Due Sicilie uscivano da trenta anni di guerre, sommovimenti interni, occupazione (voluta) di un esercito straniero. Bene, in quindici anni divennero lo Stato più avanzato in Italia, sia sul piano industriale sia sul piano accademico. Il Piemonte del 1850 era un paese antiquato, bacchettone, triste per il visitatore e desolante per chi ci viveva. Ebbene, sia pure facendo una montagna di debiti, che da solo non avrebbe mai potuto pagare, il Piemonte di Cavour si modernizzò in otto anni e riuscì anche a papparsi tutta la Penisola.


La disoccupazione è il maggiore import/export del Sud. Ferdinando II, Cavour, la Cina sono la lezione che dovrebbero imparare le popolazioni meridionali, da centocinquanta anni dedite a comprare con più tempo di lavoro ciò che gli altri producono in minor tempo di lavoro, e a esportare gratis disoccupati permanenti.


Nicola Zitara



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