L'unità d'Italia è una beffa, che comincia con una bugia.
Due Sicilie
Eleaml



Tremonti meridionalista

La banca serafica

di Nicola Zitara

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Siderno, 15 Settembre 2004

Quel che sta avvenendo dentro e fuori la Fiera di Bari è di portata rilevante per l’opinione pubblica e per il movimento sudista. Accade infatti che non solo gli ascari meridionali cominciano a lamentarsi per la poca zuppa che il padrone gli passa, ma anche che a questi stessi ascari arrivino dei consigli volti all’insubordinazione da chi meno ce li aspetteremmo.

Fra questi accadimenti portentosi, il  più importante è sicuramente un fondo del defenestrato ministro Tremonti apparso sul Corriere della Sera di sabato 11 settembre. Ovviamente Tremonti se ne fotte del Sud e dei suoi guai, e lo ha ampiamente dimostrato.

Piuttosto, da deregolazionista colto e potente, si toglie un sassolino dalla scarpa – immagino – nei confronti di Arlecchino Ridens, che lo ha estromesso dalla stanza dei bottoni, nonché di altri suoi fieri avversari, quali Antonio Fazio, Ciampi Carlo Azeglio, le grandi banche meneghine e quelle limitrofe.

Con buona efficacia giornalistica, Tremonti  ha sciorinato in un solo articolo quel che il sottoscritto va cantano  da anni (si veda sul sito www.eleaml.org “L’unità truffaldina").

Si tratta del tema satanico della dipendenza bancaria del Sud, instaurata (insieme alle altre dipendenze, ivi incluse le cadenze linguistiche) nella patriottica patria, finalmente unita, da Cavour in persona; una cosa di cui   tutti gli istruiti sono informati, benché preferiscano far finta d’ignorarla.

Niente di nuovo, insomma. Eppure l’articolo è eccitante, perché è stato ospitato dal più spocchiso quotidiano padanista  – il Corriere della Sera – a cui credono devotamente tutti gli itagliani, non esclusi i meridionali, la cui stragrande maggioranza pensa che, senza la benedizione del Nord, il Sud morirebbe asfissiato nel vuoto.

Il ben organizzato e ben scritto articolo di Tremonti, contiene, però,  delle affermazioni non esplicitate, sicuramente per rispetto del  pulpito padanista da cui è stato  ospitato. Una è questa: “Il problema (della banca) non è tanto oggettivo, quanto soggettivo. Non è tanto e soltanto quanto credito si eroga ed a che prezzo. E’ soprattutto chi lo eroga: con quale spirito, con quale reale impegno”.

Credo che Tremonti non sia tanto avanti negli anni per ricordare lo “spirito” con cui fu condotta la Cassa per il Mezzogiorno.  Chi è vecchio ricorda ancora lo “spirito” con cui i contadini vennero mandati all’attacco della Conservazione sotto il vessillo delle “Lotte per la terra”, mentre in Emilia e in altre regioni padane la Banca Nazionale del Lavoro erogava miliardi, di cui lo stato pagava gli interessi, per promuovere e portare avanti l’acquisto di bovini selezionati, di mungitrici, la costrizione di stalle e di silos, l’irrigazione dei prati.

Se poi questo qualcuno militava al tempo in un partito di sinistra, ricorderà anche come Togliatti chiuse d’imperio la rivista napoletana “Cronache meridionali”, di Napolitano, Chiaromente, De Martino e altri esponenti della sinistra meridionale, che si occupava del doppio passo, o tango, o giro di valzer, con cui veniva portata avanti la Ricostruzione postbellica al Sud e al Nord.

Volendo andare ancora indietro, fino al tempo dei nostri patriottici avi,  forse vale la pena di citare il saccheggio postunitario, che non consistette  solo  nell’appropriazione dell’oro e dell’argento duosiciliani e nella distruzione del capitale storico del Sud, ma anche nella patriottica vendita ai meridionali delle terre meridionali, cosa che portò miliardi del tempo nelle tasche ancora vergini dei banchieri genovesi, milanesi, fiorentini e livornesi, e in contemporanea immiserì il capitale agrario di un  Sud dimentico delle secolari virtù usurarie degli stessi genovesi, pisani, livornesi e milanesi.   

Ma torniamo allo “spirito” di cui parla Tremonti. Nella  filosofia cristiana ogni “spirito” abita in un corpo.

Quando il corpo muore, lo spirito vola in Cielo. Di “spiriti”  senza  corpo, ci sono solo gli Angeli, i Serafini, i Cherubini. E anche i Diavoli.

Insomma  è fortemente dubitabile l’esistenza di uno spirito “vivente” senza un corpo “vivente”. Per tal motivo è pertinente chiedersi in quale corpo dovrebbe calarsi lo spirito bancario di cui arpeggia Tremonti. Forse quello stato italiano che produsse la Cassa per il Mezzogiorno?

O in quello che produsse la Ricostruzione?

O nell’abbraccio del livornese Ciampi, ex governatore della Banka d’Italia, ex ministro del tesoro, ex presidente del consiglio dei ministri e attuale presidente della Repubblica (Stato) Italiana, nonché severo liberatore delle banche da ogni spirito di sudicie  sofferenze?

O ai presidenti Prodi, Amato, D’Alema, nonché ai leader sindacali Epifani, Pezzotta, Angeletti e a simili inviatori di baci per posta, sebbene si sappia che i baci “per la posta, perdono il sapore”.

O ai santini di  Giuseppe Di Vittorio, valoroso duce delle lotte per la terra, e di Lama Luciano,  invitto duce della marcia dei Resistenti e “Bella ciao” su Reggio Calabria, terra di disoccupati fascisti e incostituzionali?   

Dice ancora Tremonti: “…le banche che operano nel <territorio>, ma non sono del <territorio>, non bastano”.

E come le creiamo, professore? In forza della concorrenza liberista e nel quadro dei ‘naturali’ meccanismi di mercato? Non si adonti, Professore! A me le sue idee sembrano alquanto facete.  Secondo me c’è una soluzione, e una sola soltanto: quella secondo cui di queste cose non si occupi Lei, ma uno Stato meridionale non subalterno né a Milano né alla sua magica esperienza. Ciò che serve non è lo “spirito”, ma un pezzo di carta che si chiama passaporto, di cui dovrei servirmi io, le volte che andrei a Milano, e di cui dovrebbe servirsi Lei, nel caso volesse prendere 15 giorni di sole al Sud.  

Citiamo ancora una frase di Tremonti. Una frase che mi ha molto colpito, in quanto dentro vi aleggia  uno spirito preunitario: “… è tempo che (il Sud) smetta di guardare alla sua ombra”. Peccato, Professore, che Lei non sia nato a  Napoli, al tempo del cavaliere Medici e  di Ludovico Bianchini. Fuori dalle arlecchinate padane, avrebbe ricevuto il rispetto che merita.   

Tuttavia un’osservazione. Nella frase sopracitata Lei usa il mondo indicativo: E’ tempo che …” Al suo posto avrei usato il condizionale: ” Sarebbe tempo che…” Sta di fatto che Milano e Roma foraggiano gli ascari meridionali.

Gli ascari? Tanto peggio va a noi, tanto meglio va a loro. Se il Sud non avesse il problema dell’inoccupazione, gli ascari porterebbero a casa la stessa paga di chi lava latrine. Viva Milano. Viva Roma. Viva lo spirito che esse promanano verso il Sud ammirante!


Nicola Zitara

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Altri commenti all'intervento di Tremonti sul

Corriere della Sera di sabato 11 settembre

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