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Da Bocca a Feltri: la militanza antimeridionalista

Andrea Balìa


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Napoli, 16 Giugno 2008

Sapete qual è lo sport nazionale dei giornalisti italiani? Sparare sulla Croce Rossa, ovvero parlar male del meridione. In disaccordo su tutto, ma accomunati da Destra a Sinistra nel sacro compito storico di perpetrare la militanza antimeridionalista. Siamo un ameno luogo che per Feltri è “la terra maledetta” e per Bocca “l’inferno”. Quest’ultimo ha segnato la sua carriera di giornalista/scrittore di perle per l’appunto di libri come “L’inferno”, “La disunità italiana”, e buon ultimo “Napoli siamo noi”, nonché un nutrito numero di articoli sempre benevoli, solidaristici, e predisposti (sic!) all’analisi storica. Adesso, stanco di tanta persistente battaglia, dichiara che getta la spugna, non ci comprende e non sa cosa più farci, se tanti suoi colleghi (come Ermanno Rea che lo definì “vecchia sciarpa littoria”) e tutti i meridionalisti ce l’hanno con lui, tranne vari apprezzamenti che gli arrivano, guarda un po’, dal Nord. Dice, con malcelata ironia, che allora sarà vero: forse lui è antimeridionalista e un po’ razzista, e chissà perfino leghista. Il caro (si fa per dire) Bocca non entra nel merito di alcune cose: 1) se tutti i meridionalisti ce l’hanno con lui, forse, non fosse altro che per un conto di probabilità statistiche, qualcosa di vero ci sarà pure, o no? Se tanta gente, ad esempio, ama Berlusconi qualche merito mediatico il Cavaliere l’avrà pure! Se tanto diffuso è l’antiberlusconismo, qualcosa (tra mille accuse) l’unto del Signore l’avrà pur fatto! Bocca invece si sente vittima d’ingiusto ostracismo, e lo viene a dire a noi che saremmo per lui inetti e macchiati di vittimismo cronico! Dice, facendo il finto ironico: sarò davvero razzista e anche leghista? Lui non sarà leghista, però guarda caso gli apprezzamenti più vivi li raccoglie dal Nord e proprio da quei signori, e allora? Che dire, sarà un caso, uno scherzo del destino! All’epoca del disastro di Sarno ebbe il buon gusto di scrivere che la montagna franava per colpa dei contadini di quel luogo che avevano costruito case abusive dove non dovevano. Il fatto che un secolo e passa di governi sabaudi, fascismi e repubbliche avesse ignorato un problema geologico parzialmente combattuto dai Regi Lagni borbonici non lo sfiorò nemmeno. Di chi poteva essere la colpa se non dei cattivi contadini meridionali? Queste cose gliele scrissi all’epoca, ma ovviamente non mi rispose perché probabilmente fui subito inserito nell’elenco dei meridionalisti che l’odiavano. E poi si meraviglia e getta la spugna, ed ironizza che lo si accusi di leghismo, dopo aver detto in Tv da Fazio a “Che tempo che fa” in un’ospitata di qualche mese addietro che se i leghisti dicono “forza Vesuvio!” non gli si può dare del tutto torto! Ma che razza di persona è questa, che ti bastona e s’offende, che dice che lui aveva previsto tutto: camorra, cattivi politici e monnezza. Ma che bravo! Noi della camorra, oltre che viverla sulla nostra pelle, invece non sapevamo nulla, e manco che i politici degli ultimi vent’anni ci avrebbero portato a questo. Cosa crede facciano i meridionalisti? Forse che stimino i politici che ci governano, e che colludino con i camorristi? Di cosa pensa noi parliamo, e per cosa combattiamo? Poi straparla del fatto che noi sosteniamo sempre d’essere la culla della cultura: e cos’è colpa nostra se noi avevamo 14 o 15 teatri operativi ogni sera quando a Milano si faceva fatica a trovarne uno aperto? E colpa nostra se quando al posto dei servizi igienici loro avevano ancora il “pozzo nero”, mentre gente come Goethe, Bach e Gluck ritenevano Napoli un punto d’arrivo culturale? Il signor Bocca, al di là della cultura, dovrebbe spiegarci perché – al di là di tutto – prima della beneamata unità – stavamo (come da documenti, testi d’archivi, ecc…) tanto meglio, sia rispetto a noi stessi che a loro. Questi sono numeri e non opinioni o esercizi filosofici. Ma, tranquilli, il signor Bocca non è solo ma è in buona compagnia. Altro campione, di parte politica avversa, che gli tiene compagnia è Vittorio Feltri, il direttore di Libero. Non sono chiaramente i soli, ma sono solo tra le frecce più avvelenate. Feltri non scrive libri ma non ci fa mancare i suoi “dotti” articoli. Nell’ultimo, di qualche settimana fa intitolato “La teoria del lamento” parla del Sud appellandolo come “terra maledetta”, con la stessa sicumera di come i resistenti del meridione furono chiamati “briganti”. Il metodo lo conosciamo, si rifà a quell’ineluttabilità al male tanto cara a Croce, che lui e Bocca da cattivi nipotini replicanti ci propinano. Feltri dovrebbe sapere, se conoscesse un po’ più di storia, che senza questa “terra maledetta”, la loro terra avrebbe oggi le pezze a quel posto. Tra l’altro oggi si dipana alfine il perché di quel nome “Libero” alla sua testata: ne siamo certi, vuol dire libero di sparare cazzate! Insomma cosa dire? Noi però abbiamo un’idea ed una speranza: auguriamo loro lunga vita, almeno tanta da poter assistere a giorni ed eventi che ripareranno alla loro cordialità e solidarietà nei nostri confronti. Dite che la loro età avanzata non ci permetterà questo sfizio? Ebbene allora vorrà dire che avremo almeno una sola e buona ragione per dolerci della loro dipartita.












 

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