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io nun me scordo

“La lana caprina…”

di Andrea Balìa

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Napoli, 02 Gennaio 2008

Il Meridionalismo non è di certo un fenomeno nuovo. E’ nato decenni addietro, ed ha avuto esponenti tra i più svariati e collocati spesso all’interno delle diverse forze politiche di colorazioni anche opposte. E’ stato sempre mal sopportato, e nel momento in cui il disagio, le rivendicazioni, l’evidenziazione di mali e problemi saliva, subito ci si è preoccupati di metterlo a tacere. 

Persino il nostro Presidente in essere Giorgio Napolitano ricorderà quando (nel dopoguerra) il buon Togliatti tarpò le ali ai Quaderni Meridionali, di cui il buon Giorgio era tra gli estensori, perché bisognava sostenere l’emigrazione dei terroni nelle fabbriche del Nord per farle ricche e far crescere il movimento operaio. Poi, in un’ardita ipotesi, ne avrebbe ricevuto vantaggi anche il Sud! 

Non è andata proprio così, specialmente nella seconda parte. I democristiani e la socialdemocrazia, più raffinati politicamente, i rigurgiti meridionalisti li hanno dolcemente permessi ed indirizzati nel sistema dove erano maestri, ovvero quello del voto di scambio, glorificandone – in modo salottiero – in scritti e anche in targhe commemorative come per Compagna. 

La Destra ha guardato, quasi sempre, con sospetto teorie che davano troppo peso al Sud col pericolo di mettere in discussione i loro ideali unitari ed il mito della grande Italia. 

Gli anni sono passati,  il panorama politico non è cambiato granchè, ma si è ridisegnato lo scenario della politica, mentre il Sud proseguiva il suo progressivo cammino verso il degrado socio economico. E’ partito il fenomeno del borbonismo, “La lana caprina…” o per meglio dire quello della riscoperta e riappropriazione della memoria storica del meridione. Associazioni e movimenti, nonché vari siti con l’avvento di internet, sono fioriti con l’apporto, interno e non, di molti meridionalisti. 

Il fenomeno quindi è ritornato in auge, questa volta più legato alle riscoperte matrici storiche e più aggressivo e alla ricerca sofferta d’una sua organizzazione anche futuribilmente politica. 

La reazione a tutto ciò delle storiche forze politiche nazionali è stata pressappoco questa: la Sinistra fa fatica ad accettare tutto ciò che sa di revisionismo bollandolo come “spazzatura” o destrorso; la Destra, un po’ furbescamente, tenta d’appropriarsi della cosa pur in evidente contraddizione con i suoi dogma. 

Allora, quello che risulta evidente è che il Sud deve camminare con le proprie gambe senza farsi inglobare da vecchi schematismi ideologici legati al carrozzone Italia. E siamo arrivati al problema: non esistono schieramenti o governi uno migliore dell’altro, perché tutti negazionisti della verità storica e nessuno dichiaratamente, anche nei fatti, pro Sud.  

Fa davvero sorridere leggere in articoli di meridionalisti frasi tipo: “questo governo è il peggiore mai avuto”, come se quello precedente fosse stato migliore per noi meridionali; oppure: “questo governo ha fatto il possibile”, come se si fossero notate positività per il Sud rispetto a quello precedente. 

Una cosa deve esser chiara: uscire dalla logica, supportata  dal meccanismo dell’alternanza del sistema maggioritario, per cui l’eventuale nuovo governo sarà migliore di quello che lo ha preceduto. 

Il punto è proprio questo: è un ragionamento di “lana caprina”, lo si gira e lo si volta non c’è con questo governo, il vecchio e/o il prossimo, nessuna possibilità perché (al di là dei bei discorsi) il Sud diventi una vera priorità. Questo paese ha un cancro nel suo DNA che viene da un’unità fittizia che è stata invece un’annessione, e non c’è da dare patenti di 1° o 2° classificato, di governo migliore o peggiore. 

Al Sud serve rappresentatività politica, poi  ne parleremo.








 

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