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io nun me scordo

La Toponomastica e i Meridionalisti (quali e come...)

di Andrea Balìa

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Napoli, 09 Agosto 2008

Chi è che vive da anni nel mondo dei meridionalisti e relativi movimenti ed associazioni vive in un certo senso un po’ un senso di frustrazione per l’inadeguatezza dei risultati ottenuti e per le molte richieste e/o battaglie ferme al palo. La cosa è valutabile sostanzialmente sotto due aspetti: 1) in effetti ciò che si è ottenuto non è molto, anche per un difficile approccio a posizioni più squisitamente politiche 2) il desiderio e l’ansia di arrivare porta anche a non vedere una crescita e dei risultati (pur se non eccezionali) positivi almeno rispetto a ricordare da dove si è partiti.

Veniamo al problema della toponomastica, che è da sempre cavallo di battaglia d’un meridionalismo che giustamente mal sopporta le piazze e le lapidi ed i monumenti dedicati ai nostri invasori che col loro avvento interruppero un processo evolutivo del nostro ex stato autonomo. E’ come immaginare gli ebrei con luoghi, strade ecc.. dedicate agli aguzzini nazisti.

 Quindi il desiderio di pareggiare almeno in quantità con nomi e quant’altro dedicati a chi fece la storia e il bene del Sud, quantomeno non venendo a distruggere, appropriarsi, vessare e lucrare snelle nostre terre e sulla nostra gente è sacrosanto. Legittima aspirazione pur se non di facilissima attuazione. Orbene qualcosa si muove, qualcosa succede.

 La cittadina di Noto in Sicilia ha da poco dedicato un viale ad un nostro ex re, ovvero oggi vi è un bel “ Viale Ferdinando II” ed ha apposto in una delle piazze principali una targa commemorativa sempre dello stesso Re, ricordandone la presenza avvenuta due volte in quei luoghi e la nomina che egli diede a Noto di “Capovalle” (una sorta di ruolo di rango provinciale) nominandola inoltre sede del Vescovado. A Castelvetrano è stata nominata una strada “Via Due Sicilie” e grazie al combattente compatriota Antonio Ciano (Presidente de Il Partito del Sud), divenuto assessore, è stata restaurata in quel di Gaeta una lapide in onore di Maria Sofia, ultima e valorosa regina del nostro ex regno. Grazie a Fiore Marro e ai suoi accoliti dei “Comitati Due Sicilie”, è stata apposta una lapide in memoria dei soldati e dei civili meridionali deportati e lasciati morire – a cavallo degli anni dell’Unità – in quel di Finestrelle (Torino) sulle mura di quella orrenda fortezza. Ottenendo tra l’altro il riconoscimento di quel comune e l’onore delle armi dei soldati di quel luogo.

 Di questi giorni l’ultimo episodio: il sindaco d’una lista civica di Capo d’Orlando, sempre in Sicilia, ha pubblicamente picconato la targa di una (delle tante in giro) Piazza Garibaldi del suo paese, sostituendola con un’altra IV Luglio in memoria dei defunti concittadini in un luttuoso evento. Ha tra l’altro fatto dichiarazioni poco lusinghiere sull’eroe corso e gli altri “padri della patria”. L’episodio di Capo d’Orlando è stato condiviso dal Presidente regionale, ripreso da tutti i giornali, evidenziato sui siti meridionalisti e perfino trasmesso con tanto d’intervista dalla stessa Rai. Ha comportato inoltre l’irritata reazione di Vittorio Sgarbi che, altrove, è andato a restaurare un’altra targa d’una diversa piazza intitolata sempre a Garibaldi. Insomma un po’ di sano casino che, oltre alla giustezza delle operazioni, richiama attenzione e fa riflettere distratti ed ignoranti in merito. Quindi, sarà poco, ma cose comunque impensabili anni addietro (*).

 Quel che altre sì stupisce è che tale notizia è meritevole d’attenzione innanzitutto come notizia curiosa in quanto tale, ed ovviamente ancor più per chi si batte per il Sud, ne vuole costruire un futuro migliore e ricorda, anche come memoria ed omaggio, i suoi veri “padri della patria” liberandosi di dover omaggiare i suoi oppressori che stanno alla radice dei suoi mali anche attuali. E invece no! Qualche sito meridionalista non. ritiene tale notizia manco degna d’esser menzionata, pur non esaltandola. Si potrà non condividere, per strategia, l’enfasi dei più, ma il trascurarla è segno di superficialità e di sottovalutazione non coerente per chi lotta per il meridione. Movimenti che, pur volendo non agitare il mestolo in qualcosa che ritengono nostalgico e non strumentale, mi chiedo fino a che punto e quale classe dirigente nuova intendano formare che non conosca e dia risalto alla sua storia. I dubbi ci assalgono, e le nebbie anziché diradarsi s’addensano. La gente sarà pure distratta e poco propensa a sentir parlare di storia (pur se è la propria), di simboli e di antichi governanti, ma d’altro canto la gente è altrettanto – se non più – arcistufa di nuovi ed ennesimi partiti simili ai vecchi, senza anima ed appartenenza che almeno ne solleciti l’orgoglio. Del resto quando mai al Sud abbiamo tramutato le nostre teorie meridionaliste, condite anche di memoria storica, in proposte politiche tali da poter affermare con sicumera che non si deve battere il tasto su ciò? Bossi insegna: senso d’appartenenza, simbologia (pur se nel suo caso, e per giunta, frutto della fantasia) unitamente a problemi localistici e difesa di interessi territoriali. Noi invece dovremmo pensare solo ai problemi e agli interessi. Ma perché, ma chi l’ha detto? Dov’è la prova?

 Del resto Zitara, che va nominato pur se non a tutti fa sempre piacere, ha detto una cosa che mi appare banalmente giustissima: “le nostre piazze sono piene di monumenti dei famosi padri della patria con le sciabole sguainate, da cui – pur ovviamente non visibile – si presuppone coli il sangue dei loro nemici. Ma questi signori nella loro vita non hanno avuto altro come nemici che i nostri avi; quindi quel sangue presunto è quello dei nostri padri”.

Vi confesso… a me basta ed avanza!

Andrea Balìa


* [NdR] A Rionero in Vulture, di fianco al luogo in cui si ergeva la casa paterna di Crocco, abbiamo visto che vi è un “Largo Carmine Crocco”.













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