L'unità d'Italia è una beffa, che comincia con una bugia.
Due Sicilie
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io nun me scordo

L’industria al Sud prima dell’Unità


Napoli, 20 Febbraio 2007

Ancor prima d’entrare nel merito dell’argomento va chiarito e sottolineato un punto : i Borbone per quasi due secoli hanno conteso con gli Asburgo per la supremazia in Europa per cultura, progresso e crescita industriale che dessero benefici alle proprie terre ed ai loro abitanti e relativo prestigio alle loro dinastie. Incredibilmente, ma come ormai risaputo, la retorica risorgimentale (e a tutt’oggi in auge), ci ha raccontato dentro e fuori la scuola che i Borbone invece erano dediti agli ozii ed a capo di una plebaglia stracciona e senza alcuna voglia di dedicarsi al lavoro.

Andiamo a vedere altresì quali (a fronte di documenti, testi d’archivio ecc..) erano le condizioni :


  • i soli operai impiegati nelle industrie del Regno e nelle maggiori province del Sud erano prima dell’annessione diverse migliaia oltre i 10.000, dopo quasi 10 anni erano scesi già a poco più di 8.000; dopo altri 5 anni si erano pressocchè dimezzati diventando poche decine più di 4.700;

  • la cosa è talmente vera e sta a dimostrare una ottima attività economica prima dell’aggressione; tanto vera che il Regno del Sud si presentò al confronto unitario con gli altri Stati come il soggetto più ricco e sano con un capitale (445,2 milioni di ducati su 668 complessivi) che la somma di tutti gli altri fondi non raggiungeva neanche per la metà!

  • gli opifici metalmeccanici di varie dimensioni erano un centinaio, e tra loro 15 avevano circa 100 dipendenti; nel settore lavoravano oltre 6.500 addetti. Pietrarsa e Mongiana con la siderurgia erano leader a livello europeo.

  • quasi 1.700 operaie lavoravano nelle industrie per la coltivazione e lavorazione del tabacco, la cui esportazione in Europa era in continua crescita.

  • la produzione di zolfo in Sicilia copriva il 90% del fabbisogno mondiale, mentre le saline (le più grandi d’Europa) producevano circa 110.000 tonnellate di sale.

  • più di 1.000 fabbriche operavano nel campo alimentare; stabilimenti ittici, lavorazione del pomodoro, produzione di vino, olio e 10 marchi produttori di birra davano lavoro a migliaia di persone.

  • la produzione di guanti (stimata e famosa in tutta Europa) e quasi tutta a Napoli, era 5 volte superiore a quella di tutto il Nord d’Italia.

  • quasi 3.000 persone erano occupate nelle 40 fabbriche per la lavorazione del corallo, e 2 grandi fabbriche di vetri e cristalli in Napoli assolvevano a più del 50% della produzione di tutta la penisola italica.

  • il 55% di tutti i libri d’Italia era frutto delle case editrici di Napoli con 2.500 addetti che operavano nelle 113 stamperie.

  • l’allevamento caprino, equino ed ovino, nonché di maiali, dava il primo posto al Sud in Italia per numero di capi.

  • le uniche navi a raggiungere l’America e l’Australia erano napoletane e gestite da centinaia di armatori e altrettanti e più addetti all’arte e al lavoro marinaro; cantieri come quello di Castellammare di Stabia non avevano eguali in Italia.

  • fabbriche di seta, stoffe, ecc…con San Leucio e 32 opifici tessili solo in Ciociaria tra Arpino e Sora completavano il quadro di uno Stato dove la Campania era la regione (incredibile ma vero!) più industrializzata d’Italia; Stato che solo 5 anni prima dell’Unità veniva premiato alla Conferenza Internazionale di Parigi come paese al mondo per sviluppo industriale!

  • l’industria italiana, come rimarca giustamente Nicola Zitara, non è nata a Milano o Torino, ma bensì vicino Napoli, tra Nocera, Scafati e Sarno!

  • dando le terre in uso gratuito dal Demanio ai contadini, Ferdinando IV° intendeva portarli a trasformarsi in coltivatori diretti.

  • tutto ciò senza considerare la enorme quantità di lavoro fornito ad artigiani, piccole imprese ed operai per l’esecuzione (e relativi materiali) della gran quantità di opere, monumenti, ed edifici pubblici di cui i Borbone si fecero promotori e portarono alla realizzazione nel Regno delle Due Sicilie.

  • nonostante ciò i Borbone rifuggivano dall’idea di “capitalismo puro”, vietando orari di lavoro ritenuti disumani e l’impiego di minori, a differenza del Nord dove venivano fatte lavorare bambine fino ad oltre 14/16 ore al giorno e non era rispettata la legge sull’istruzione obbligatoria.

  • nei fatti vi erano oltre 5.000 fabbriche che furono in gran parte chiuse o messe nella condizione di cessare la loro attività; e questo è poco ma sicuro!

  • di conseguenza (come dall’ultimo censimento) i poveri nel Regno, e prima dell’unità, erano nell’esigua percentuale del 1,34%;

  • in sostanza all’Italia fu consegnato un paese sano, ricco, e in pieno sviluppo!


non resta che un’amara considerazione :


Lo stato italiano ha rovinato un paese di gente civile e laboriosa!” (Nicola Zitara)


Andrea Balìa




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