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Due Sicilie
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“Un 25 luglio” o il tiranno di Siracusa?

di Antonio Orlando

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21 Novembre 2011

Le dimissioni, concordate e differite, dell’on. Berlusconi, per di più subordinate all’approvazione della più importante legge di bilancio, assomigliano, da un lato, ad una sorta di nuovo ed incruento “25 luglio” mentre dall’altro fanno venire in mente l’apologo della vecchietta di Siracusa. Non so cosa ne avrebbe pensato Nicola Zitara, mi manca molto, pur nella diversità di alcune opinioni, il confronto con la sua logica tagliente e netta. Penso, però, che non gli sarebbe piaciuto questo governo dei banchieri né avrebbe condiviso il modo come si è arrivati alla formazione di un esecutivo tecnico che a tutta l’aria del “comitato d’affari della borghesia” del buon vecchio Marx.

Le modalità dell’uscita di scena del IV gabinetto Berlusconi risultano veramente anomale, sicuramente al di fuori della Costituzione, palesemente violata, e poco ci manca che si cominci, non senza qualche fondamento, a parlare di una specie di colpo di Stato strisciante visto l’inedito ruolo giocato dal Presidente della Repubblica. Tutto si è concluso in un week-end!  Non era mai accaduto che il Governo annunciasse, con una settimana d’anticipo, le proprie dimissioni  né che le stesse fossero subordinate all’approvazione della Legge di Stabilità (ex Legge Finanziaria) né che il Capo dello Stato iniziasse le consultazioni per la formazione di un nuovo esecutivo mentre ce n’era uno ancora legittimamente in carica. Il governo Berlusconi è stato accontentato e, a tempo di record, la sua terza manovra finanziaria in quattro mesi, è stata approvata con la “non-partecipazione” (anche questa modalità è inedita, né votazione, né astensione, né uscita dall’Aula) del,’Opposizione, ma poi si è guardato bene dal sottoporsi alla verifica del parlamento. Si tenga conto che il Centro-Destra dispone al Senato di una maggioranza ampia, solida e, a quanto si è visto, coesa.

Le Opposizioni, democratiche ed intransigenti, a loro volta, (forse hanno contraccambiato il favore) si sono guardate dal presentare la mozione di sfiducia, unico strumento costituzionale con il quale è possibile liquidare un governo. Per di più il prof. Monti, Presidente del Consiglio in pectore (da dove l’abbiamo mutuata questa nuovissima e stranissima figura istituzionale? dall’ordinamento canonico che prevede che il Papa possa riservarsi la nomina di alcuni cardinali, appunto “in pectore”?) seduta stante, viene nominato senatore a vita non si capisce per quali altissimi meriti e come abbia fatto ad “illustrare la patria” come dice l’art. 59 della Costituzione, facendo prima il banchiere per conto di grandi banche americane tutte fallite e poi il commissario europeo.

A completare il quadro vi è poi la circostanza, tutt’altro che trascurabile, che il nome del Presidente del Consiglio incaricato è stato suggerito, se non imposto, da almeno due cancellerie straniere, quella tedesca e quella francese, senza parlare delle sollecitazioni comunitarie in tal senso (leggi: Barroso) e del gradimento americano, espresso senza ritegno alcuno. La Corte Costituzionale non ha nulla da dire?

Il governo Monti dei super-tecnici ha già giurato ed avremo tempo per cercare di capire cos’è avvenuto realmente e che fine ha fatto la democrazia e con piacere registreremo il momento in cui i marxisti immaginari del PD si mangeranno le mani, ma non vorrei che dovessimo arrivare a rimpiangere Berlusconi e la sua allegra compagnia di giro e comportarci come la povera vecchietta di Siracusa. Si racconta che a Siracusa una donna, molto vecchia, mentre tutti chiedevano insistentemente la morte del tiranno Dionisio a causa dell'eccessiva severità dei costumi e delle intollerabili imposte, da sola, ogni giorno, di buon mattino, pregava gli dei affinché il tiranno non venisse ucciso e le sopravvivesse. Quando egli lo seppe, non ammirando la debita benevolenza verso di sè, la chiamò e le chiese perché facesse ciò e quale suo nascosto o segreto beneficio perseguisse. Allora la vecchia disse a Dionisio: "é evidente la ragione del mio proposito infatti da fanciulla, poiché avevamo un tiranno molesto, desideravo fortemente che venisse ucciso o, quanto meno, mandato in esilio in terre lontane. Quando fu ucciso, conquistò il potere un altro molto più feroce di lui. Speravo tanto che finisse anche il suo dominio. Poi sei arrivato tu e ti sei rivelato, in tutti questi anni che hanno coinciso, ahimè, con l’inizio della mia vecchiaia, governatore più insopportabile dei precedenti. Perciò, se tu sarai ucciso, affinché non succeda al tuo posto uno ancora peggiore, offro in sacrificio la mia testa in cambio della tua salvezza". Pare che  Dionisio si vergognò di punire la spiritosa audacia della vecchietta. Per capire in che mani siamo finiti, leggete un po’ come la pensa il prof. Monti:

‎"In Italia, data la maggiore influenza avuta dalla cultura marxista e la quasi assenza di una cultura liberale, si è protratta più a lungo, in una parte dell’opinione pubblica e della classe dirigente, la priorità data alla rivendicazione ideale, su basi di istanze etiche, rispetto alla rivendicazione pragmatica, fondata su ciò che può essere ottenuto, anche con durezza ma in modo sostenibile, cioè nel vincolo della competitività. Questo arcaico stile di rivendicazione, che finisce spesso per fare il danno degli interessi tutelati, è un grosso ostacolo alle riforme. Ma può venire superato. L’abbiamo visto di recente con le due importanti riforme dovute a Mariastella Gelmini e a Sergio Marchionne. Grazie alla loro determinazione, verrà un po’ ridotto l’handicap dell’Italia nel formare studenti, nel fare ricerca, nel fabbricare automobili.”  (Corriere della sera, 2 gennaio 2011)

Praticamente – ha ragione Crozza – sono stati chiamati al governo per risolvere la crisi quelli che la crisi l’hanno provocata. Allora? Cosa avevano da festeggiare, sabato sera, tutti quelli che facevano la spola tra Palazzo Grazioli ed il Quirinale?



































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