L'unità d'Italia è una beffa, che comincia con una bugia.
Due Sicilie
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Neomeridionalismo, neogiustizialismo e identitarismo

Zenone di Elea


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18 settembre 2012


Conosciamo Gino Giammarino e quello che scrive merita di essere letto e meditato (Bari, sabato 8 settembre 2012 da Pino Aprile al lavoro da fare, Gino Giammarino - www.ilbrigante.it - 15 Settembre 2012), ma il nostro problema si chiama visibilità. A questo doveva servire la eventuale candidatura di Pino Aprile – non certo a ridurre il tutto al leader carismatico, in cui non crediamo – e le elezioni politiche imminenti erano una occasione per dire con forza “ci siamo”. Con un giornale il cui destino non lo conosce nessuno (che rischia di incocciare contro lo scetticismo che ci affligge) la strada si fa lunga e si spostano attese e speranze di migliaia di napolitani sparpagliati verso le elezioni politiche del 2018!

Non veniteci a dire che il movimento parte lo stesso. A tal proposito Gino scrive: “C’è chi è andato via deluso, chi arrabbiato, ma, in maggioranza, da Bari si è tornati con la consapevolezza che, ormai, un partito unitario dei meridionali non è più qualcosa di rinviabile e così, dalla città della Fiera del Levante, mentre il Premier in provetta Mario Monti veniva contestato per l’ennesima volta proprio durante l’apertura dell’edizione 2012 della manifestazione, l’unità dei meridionali si avviava al suo brodo primordiale”. Vien da chiedersi: chi è in grado di fornire ad una aggregazione identitaria la stessa visibilità che le avrebbe dato un Pino Aprile?

Emiliano? Mah, lo vediamo come un uomo del PD che cerca di cavalcare un'onda che possiamo definire “neomeridionalismo”. Scusate, ma non è la stessa cosa dell’identitarismo. E, sinceramente, di linee politico-neogiustizialiste non sappiamo che farcene visti i risultati che hanno prodotto nelle Provincie Napolitane. In questi decenni (ovviamente la nostra è pura teoria non supportata da riscontri inoppugnabili), ci è parso che a seconda delle convenienze politiche di turno si colpissero frange camorristiche piuttosto che mafiose oppure frange mafiose piuttosto che camorristiche. Stesso discorso vale per la caccia ad affiliati alla 'ndrangheta od alla sacra corona unita.

Si potrebbe fare un elenco sterminato di meridionali morti per una giustizia che non è mai arrivata, si tratta di sindacalisti, politici, giornalisti, giudici, poliziotti, carabinieri. Tutti Napolitani e Siciliani, se si escludono il Prefetto Dalla Chiesa e la sua consorte.

Solo una nuova classe politica potrà fare i conti con la criminalità organizzata, lo stato italiano in 150 non ha saputo far altro che trattative per abbassare il livello dello scontro ogni volta che questo diventava insostenibile politicamente e socialmente.

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Lo abbiamo già scritto e lo ripetiamo: lo stato ha il potere militare per contrastare le mafie, un potere che ha saputo usare in Sicilia col separatismo, in Calabria durante la rivolta del 1970, contro il terrorismo nei primi anni ottanta. Se non ha usato e non usa tale potere contro le mafie è perché le Provincie Napoletane sottosviluppate si possono gestire solo con dei compromessi e con l’aiuto di guardiani armati locali. Se si mettessero sul serio le mafie alle corde, cosa si offrirebbe il giorno dopo alle popolazioni meridionali? Come si gestirebbe un territorio dove esploderebbero le rivolte per mancanza di lavoro e di prospettiva? Provate a immaginare centinaia di soldati che passeggiano intorno alle “vele” impedendo qualsiasi traffico a chiunque per una trentina di giorni... Poi che succederebbe? Lasciamo a voi la risposta. A volte vien da pensare che le nostre terre siano state lasciate andare ad un punto di non ritorno.

Fino ad oggi rimesse degli emigrati, investimenti come sostegno alla domanda, facili concessioni di invalidità civili (fino ad alcuni anni fa si poteva tener conto del contesto sociale nel concedere l'invalidità!), impiego pubblico, proventi da attività criminali hanno permesso una gestione 'abbastanza tranquilla' della colonia meridionale.

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A noi serve dunque una classe politica napolitana. Non domani ma ieri! Una classe politica che in parlamento baratti la creazione di una macroregione e l'applicazione di una no-tax-area oppure imbocchi la strada della indipendenza se non vi è modo di rifondare su basi più eque lo stato italiano.

Se, invece, ci crogioliamo nelle pie illusioni, ad esempio che la lega sia finita, ebbene avremo delle amare sorprese. La lega potrebbe anche chiudere bottega domani mattina ma il suo operato rimane: in padania in questi anni la sua presenza ha minato l’idea stessa di stato nazionale. La convinzione che vi sia una sacco del nord ormai è trasversale alle forze politiche, non è affatto una prerogativa del pdl, ma alberga nel pd come nell’udc o nello stesso grillismo.








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