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Atlantide - appunti di viaggio (Zenone di Elea)

La centa


centa

Le cente, la cui origine è incerta, ci ricordano l'infanzia e i giorni delle feste paesane. O del pellegrinaggio al santuario di Viggiano. Le cente sono voti propiziatori o di ringraziamento per grazia ricevuta. Avevamo uno zio, buonanima, esperto nella costruzione di cente. Quache volta.lo abbiamo aiuitato anche noi, tra le nebbie della memoria ricordiamo la preparazione di un gruppo di cente per un pellegrinaggio a Viggiano, dalla Madonna Nera, la bella mamma.

Nel Vallo di Diano, durante la festa di Sant'Antonio del 7 agosto a Fontana del Vaglio,  abbiamo assistio ad una sorta di gara di resistenza tra i portatori di tre cente, due maschi e una donna, che si sono cimentati in una tarantella al suono dell'organetto, davanti alla chiesa.

Ballare la tarantella con una centa sulla testa non deve essere cosa semplice.

La centa raffigurata nella foto è stata portata durante la processione del 2 agosto 2005, giorno della festa della Madonna degli Angeli.



Fonte:
Sui passi dei pellegrini - Basilicata Regione notizie - pag. 65-72

"La ritualità dei pellegrinaggi è  ancora oggi caratterizzata dalla  presenza di macchine processionali  trasportate in testa dalle  donne o a spalle da più portatori:  ne è esempio la centa di  grande dimensione che figura  nella scena del pellegrinaggio  alla Madonna del Carmine di  Avigliano, riprodotta su uno  scheletro di cartapesta al di  sopra del quale sono state sistemate  candele sagomate e decorate  con fiori realizzati con la  carta crespa e l’effigie della  Madonna dipinta su seta. Non  mancano le cente a forma di  barca, di torre, di tempio o di  stoppello (antica unità di misura  dei cereali) riempito  di grano, ornato  con fiori e candele, che  sono presenti nella  scena del pellegrinaggio  alla Madonna del  Sirino.

Una delle scene raffigura  il rito del “passaggio  della spina” che si svolgeva  a Baragiano nei  pressi della cappella  della Madonna Annunziata,  in occasione del  pellegrinaggio del lunedì  in Albis. Il rito,  oggi quasi del tutto  scomparso, era collegato  ad una formula religiosa,  poiché aveva luogo  mentre in chiesa si celebrava  la Messa, e precisamente  nel momento  in cui suonava la campanella  dell’Elevazione.  Il segnale di avvio al rito era  dato da un uomo posto di fronte  alla chiesa.  La religiosità “popolare”, in  una società arcaica come quella  di Basilicata, alle prese con una  sofferta vita materiale, è stata  espressa dunque dentro un  “universo simbolico” ricco di  riti propiziatori, carico di uno  spessore storico e antropologico.  E in questo universo si è  venuta disegnando la storia del  popolo lucano, una storia, per  concludere con le parole di  Gabriele De Rosa, nella quale  “non c’è prima l’economia con  le curve dei prezzi, con i mercati  e le gabelle, non c’è prima  la popolazione con i fuochi e i  libri parrocchiali, non ci sono  prima i feudi, i suffeudi, le  masserie, le abbazie e poi la  pietà con i santi, le devozioni e  anche le superstizioni”, ma una  storia nella quale “tutto ciò si  muove insieme attorno e nella  vita di un contadino, come di  un borghese, il quale contadino  non è diverso quando va  dal notaio e si impegna per  scritto a costruire una cappella  se la Madonna allontana da lui  il malocchio, il quale è lo stesso  quando chiede al santo che  faccia morire i topi che hanno  invaso la terra, il quale è lo  stesso quando si appropria dei  campi della mensa vescovile e  sale poi in pellegrinaggio al  santuario del monte di Novi o  della Madonna di Viggiano”.

Monte Sacro o Gelbison. Fenomeni climatici, aspetti geologici e naturalistici conferiscono a questa montagna un valore di sacralità tuttora sentito dalle popolazioni cilentane. Vi salgono diverse vie di pellegrinaggio. I pellegrini vi giungono da ogni parte del Meridione a piedi sealzi cantando litanie e sorreggendo sulla testa doni propiziatori, fra cui la "centa", una culla a raggiera formata da candele che rappresenta il Bambino Gesù. Il santuario, sulla vetta, fu fondato nelle seconda metà del X secolo; " ricovero di devozione".

Fonte:

"In fine va ricordato il pellegrinaggio che annualmente si compie da parte di devoti per Materdomini di Caposele. A piedi, con canti e preghiere, seguendo la ‘Centa’, un catafalco di candele di oscura origine, raggiungono il Santuario ove depositano la cera ai piedi della Madonna e S. Gerardo. Nei tempi antici simile pellegrinaggio si effettuava verso il Convento di S. Onofrio in quel di Petina."

In Basilicata a San Chirico Raparo, in provincia di Potenza, come in molti altri luoghi del nostro sud, per la festa della Santa, le donne portano una ‘centa‘ di ceri.
Si tratta di una costruzione a forma di corona, di barca, o di torre costituita da un supporto di legno e metallo che ne dà la forma, su cui sono fissate candele di varie misure e colori.
Malgrado le interpretazioni evochino lontani e simbolici significati affondando le radici nel nostro ‘inconscio collettivo’ , continuo ad ignorare il perché in mezzo ai monti della Basilicata la forma della barca sia così ricorrente. A dire il vero, a volte, preferisco non cercare spiegazioni . Sono misteri, termine forse troppo abusato dalle nostre televisioni, che legano tra loro, sottilmente, i culti cristiani del nostro sud. La reiterazione e diffusione di alcuni elementi ci suggeriscono connessioni di cui non troveremo, forse, mai le radici storiche.
Dovremo accontentarci di fantasiose ricostruzioni credibili solo in relazione all’autorevolezza di chi le pronuncia.

Fonte:


https://www.comune.sanmartinodagri.pz.it/sito/paese/turismo/festereligiose.htm

Festa Patronale: Ultima domenica di Maggio. Ascensione della Madonna della rupe sulla cappella del monte Raparello. Una processione di fedeli esce dalla chiesa, dove la statua della Madonna è custodita, per portarla a spalla fino alla cima del monte, a circa 7 km di distanza dal paese. E' un viaggio lungo e spossante, ma i fedeli lo percorrono arditamente guidati dalla fede e facendosi carico, le donne, della “Centa”; una sorte di altarino che preparano in casa artigianalmente, costituito da una gabbia di candele poste a formare una chiesetta, all'interno della quale si inseriscono alcune immagini sacre della madonna, la “Centa “ viene caricata sulla testa delle donne e portata fino in cima al monte. Gli uomini a turno portano la statua a spalle fino alla cappella e mentre si cammina tutti intonano canzoni ed inni dedicati alla sacra signora.

Fonte:

https://www.cilento.it/ - Come si costruiscono le Cènte


"A Pattano, frazione di Vallo della Lucania (Sa), fino al 21 agosto si tengono i solenni festeggiamenti in onore di S. Maria Assunta, cui è intitolata la chiesa parrocchiale.
In vista della solenne processione con fiaccolata del giorno 15, il gruppo parrocchiale coordinato dal parroco don Aniello Pignataro e sotto la guida della prof.ssa di disegno e storia dell’arte Adele Sannino, ha avviato un laboratorio la realizzazione di una decina di “Cente” votive, antichissima tradizione che accomuna tutti i paesi del Cilento ma che negli ultimi decenni è stata interrotta per il venire meno degli artigiani in grado di costruire le Cente.

Il programma religioso si è aperto l’8 agosto con l’inizio del Novenario di preparazione e si concluderà il 15 agosto con la Santa Messa alle ore 8,30, la tradizionale raccolta delle Cinte (cente) votive alle 10,30, la Santa Messa solenne per gli emigranti alle 11,30, la Santa Messa solenne sul sagrato della chiesa alle 21,30 e la processione con fiaccolata per le vie del paese alle 22."

Fonte:

https://www.viagginrete-it.it/

A Mercato Cilento la fiera della Madonna del Carmine.

Processione, cente e cipolle di Vatolla.

L’alba, alle cinque del mattino, stempera la notte, rosseggia, rischiara torpidamente il nastro di strada, che parte dalla chiesa di San Nicola a Prignano e arriva al santuario della Madonna del Carmine a Mercato.
Adagio, a piedi nudi, uomini, bambini, donne giovani, anziane, da tanto, tanto tempo, partono, ripercorrono il cammino, portano le cente: i cesti devozionali per invocare la grazia.
La processione procede calma.
Una donna, da mezzo secolo, ritorna su quei passi, che sua madre le insegnò, nel tempo in cui proprio per lei, piccola e ammalata, portò alla Madonna del Carmine la centa per supplicare la clemenza, la sua guarigione e la ottenne, insieme con lei, la gente, il suo paese.
Ogni anno la prima domenica dopo il 16 luglio, giorno della festa della Madonna del Carmine, da Prignano Cilento, il corteo parte, anche adesso, domenica 24, i fedeli si riuniranno di notte, davanti l’antichissima chiesa di San Nicola, risalente al mille e a piedi, portando a turno le cente, arriveranno, dopo due o tre ore, a Mercato Cilento.
In questo antico borgo, frazione di Perdifumo, sorge il convento e la chiesa del Carmine: la loro meta.
Il Convento di S. Maria del Carmine, nel 1472, incluse l'antica chiesa di S. Maria dei Martiri e fu fondato dal carmelitano Giovanni de Signo.
Fu soppresso nel 1809, nel Decennio francese e verso la fine dell’Ottocento fu affidato all’Ordine dei Trinitari Scalzi, fu tenuto poi da altri ordini religiosi e andò, infine, ai Vocazionisti nel 1934.
Il Convento fu fortificato nella prima metá del XVII secolo per difendersi dagli attacchi dei briganti che predavano il paese e assunse così il suo aspetto di fortezza.
Al raggiungimento di questo sacro luogo è tesa la processione, che da Prignano parte prima dell’alba, alle cinque del mattino, per venerare la Madonna del Carmine.
Questo rito antico serba immutate le tradizioni del suo popolo.
A Mercato fervono i preparativi e intorno alla statua dal viso dolce della Madonna, è allestita “l’apparata” con stoffe bianche, celesti, colorate, d’oro.
Le donne più anziane raccontano che, un tempo, tutta la chiesa era addobbata, non solo la statua; la chiesa, ancora meravigliosa, forse la più bella di questo magico cantuccio del Cilento, accoglie i fedeli, imponente, ricca, stupenda, affianco al bellissimo chiostro del convento.
Sono confezionate, a Mercato come a Prignano, con maestria e passione, le cente a forma di barca o di ostia “sacrata”, di corona: bellissime, abbellite con fiori, rametti, immagini sacre, le pesanti cente, da reggere sulla testa, poiché, come le donne spiegano, non possono essere portate a mano.
Le mamme, come tanti secoli fa, ancora insegnano alle giovani figlie a portare sulla testa i pesi, per poter partecipare alla processione.
Le cente, che riportano la memoria indietro nel tempo, sono una particolarità di tutta l'area lucano-cilentana e non si può escludere una relazione tra queste e la gerla tipica delle immagini iconografiche dell’antica dea Cibele: ai festeggiamenti in suo onore, infatti, prendevano parte vergini vestite di bianco che davano in dono primizie di frutta finemente allestite in canestri dalle forme diverse.
La Madonna del Carmine, che attende il corteo nella chiesa, è vestita con il bellissimo abito marrone, regalo dei prignanesi e ha un mantello prezioso e antico.
Alzando lo sguardo alle colline attorno, tre santuari si guardano: questo, quello della Madonna della Stella e quello di Novi Velia.
Le tre Madonne venerate, dall’alto, proteggono, in un dolce abbraccio di sguardi, i propri fedeli.
Una delle più antiche fiere è organizzata per concludere la festa e, anche se piano piano smarrisce le proprie origini, divenendo più mercato che non fiera, conserva tuttora una delle sue caratteristiche arcaiche: la vendita della cipolla di Vatolla.
Questo pregiato bulbo si distingue dalle altre cipolle perché è zuccherino, squisito e gustoso come nessun altro ed è famoso in tutto il Cilento e oltre.
La cipolla di Vatolla è diversa, è prelibata, è antichissima sfera, dolce pietanza per gli dei.
Un frutto della terra che serba in sé il sapore della genuinità, del passato, un magico pomo dal sapore sorprendente, che solo a Vatolla, nobile frazione di Perdifumo, nasce dalle cure di mani esperte che da secoli si tramandano la sua coltura.
Montagne di globi enormi, rosati e lucenti occupano la strada, saranno vendute tutte, per la loro delicatezza e perché ognuno aspetta questa occasione per poterle acquistare oggi, come allora, durante la festa.
Le peregrinazioni, le cénte votive, le fiere, pur essendo espressioni proprie della devozione popolare, attecchiscono nell’anima dell’etnia cilentana, nascono dall’eco di una tradizione secolare costruita su riti antichissimi che riaffiorano nei gesti della gente, estremo alito di vita di miti ancestrali, spirito culturale di una popolazione che si riscopre, nuovamente si ama.
                                                                                                        Milena Esposito

Fonte:

https://www.grottedimorigerati.it/

"Le candele erano portate in chiesa ed accese dinanzi all'altare oppure usate, nei diversi formati, per la costruzione delle “cente votive”. Si tratta di grandi e pesanti oggetti costituiti da una struttura di supporto in legno con base circolare, quadrata ed ellissoidale. Su questa base, a più livelli, si fissavano le candele in modo da formare le pareti della centa. Rivestite di nastri colorati e di immaginette sacre erano portate sul capo dei devoti, in processione, e poi depositate all'interno del santuario. Grandi ceri erano anche donati, nelle chiese, a Pasqua ma anche alla nascita di un bambino ed in questo caso il peso del cero era eguale a quello del neonato."





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