Quando ci è pervenuta l'immagine riproducente la risposta di Francesco II ai delegati di Napoli e di Palermo, le prime parole che ci son venuite in mente sono state quelle del famoso manifesto sul revisionismo e siamo andati a ripescarlo tra le migliaia di files che riempiono il nostro computer.
Se ricordiamo bene venne pubblicato come
editoriale da La Stampa.
Ringraziamo l'amico Nicola da Bari, per
avercela inviata: gli archivi polverosi pretendono di essere aperti e
proprio da quelli che ci accusano di non farlo (ci piacerebbe sapere,
ad esempio, quanti di questi soloni hanno provato a leggere le carte del brigantaggio, per
proseguire l'opera di Molfese).
Noi, gli "opuscoli polverosi" abbiamo cominciato ad aprirli e da diversi anni.
La storiografia patria ce lo ha consegnato come Franceschiello, sottoponendo la sua figura e quella dell'intera dinastia borbonica ad una vera e propria damnatio memoriae.
Riscrivere la storia dell'Italia risorgimentale: è questo, non da ora, uno degli obiettivi di una parte - la più integralista - del mondo cattolico italiano. Riscriverla, per rovesciare i giudizi su Cavour, su Mazzini, su Pio IX.
Per dire che il popolo italiano, quello
vero, è stato spettatore attonito, e spesso accigliato, del
processo unitario. Che il cattolicesimo, autentico collante della
nazione, è divenuto lo spauracchio delle classi dirigenti
liberali. Per celebrare i fasti dell'Italia arretrata e paternalistica
degli antichi Stati regionali.
Insomma: riscrivere la storia
dell'Italia risorgimentale, ancora una volta, per fondare una nuova
memoria culturale. Funzionale, è appena il caso di
sottolinearlo, alla "verità" rivelata.
Si tratta di un'impresa probabilmente legittima sul piano politico e
ideologico, ma apertamente strumentale.
Ogni parte che abbia un
fondamento di massa si misura prima o poi col bisogno di bruciare i
libri di storia e di scriverne di nuovi. Ma tutto ciò non ha
niente a che vedere con la storiografia, con la ricerca scientifica,
con il bisogno, proprio di ogni studioso, di mettere insieme le tessere
del mosaico perduto del passato per capire davvero che cosa sia
accaduto.
I disinvolti "distruttori" del
Risorgimento non fanno
riferimento a fonti, non vanno negli archivi, non aprono opuscoli
polverosi. Non ne hanno bisogno. Ciò che devono dimostrare
l'hanno già in testa; e prescinde da quella ricerca della
verità che è connaturata al mestiere dello storico.
Noi crediamo che l'esercizio, in senso laico e non confessionale, della
ricerca e del racconto della storia, sia ancora un formidabile antidoto
contro la distruzione delle coscienze e contro il proliferare dei
luoghi comuni ideologici, dispensati ormai alla stregua di un qualunque
bene di consumo di massa.
E lo diciamo non perché pretendiamo di
sapere come è andata davvero nel Risorgimento; ma, viceversa,
proprio perché sentiamo di non conoscere abbastanza.
Proprio
perché - sotto l'incalzare della contemporaneità -
percepiamo il bisogno di scavare, di capire, di studiare ancora.
È questo, in fondo, l'unico modo serio di essere "revisionisti".
Giuseppe Galasso, Massimo L. Salvadori, Nicola Tranfaglia, Maurizio
Viroli, Roberto Balzani, Sauro Mattarelli, Luigi Mascilli Migliorini,
Gerardo Marotta, Antonio Gargano, Maurizio Ridolfi
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