Sull'operato dei Borboni ha sempre pesato il giudizio degli storici risorgimentali e ad Ischia soprattutto quello dello storico Giuseppe d'Ascia, il quale, pur mettendo in risalto alcune opere effettuate sotto l'impulso dei regnanti, non può fare a meno di sottolineare che per degli ostacoli "le opere rimasero isterilite in vani progetti".
Pur tuttavia nessuno può negare che i Borboni, soprattutto
nell'ultimo periodo del loro regno, abbiano fatto molto per l'Isola
d'Ischia: costruzione di comode e ridenti strade e, principalmente,
l'apertura del porto che nuovi orizzonti aprì all'economia
ischitana.
Non aveva tutti i torti Alessandro Cieca quando, nel 1855, scriveva
sugli Annali Civili del Regno delle Due Sicilie: "Prima del 1853
quest'isola era presso a poco impraticabile: poche e dirute strade per
lo più rasenti al littorale; le famose acque del Gurgitello
abbandonate in una meschina casupola, (...); la Maestà del Re N.
S. s'interessò dello stato infelice di oltre 24.000 suoi devoti
sudditi (...)".
I Borboni, d'altra parte, si erano legati da stretti vincoli di
amicizia con alcune famiglie di antica origine d'ogni paese dell'isola.
A Casamicciola aprirono la bella strada Ferdinandea (oggi Principessa
Margherita), la strada Maria Teresa (oggi Via Garibaldi), la Strada
Regia, oggi detta la Borbonica, strada rotabile a mezza costa, che da
Forio, passando per il Fango, arriva al Maio.
A Forio s'interessarono e intervennero per il molo e la chiesa di San
Vito; ad Ischia, oltre ai lavori per il porto e per le strade,
elevarono la chiesa di Santa Maria di Portosalvo, dando l'ultimo tocco
alle loro "delizie ischitane"; a Casamicciola intervennero anche per la
costruzione della chiesa dell'Assunta in Piazza Bagni, rasa al suolo
dal terremoto del 1883.
Non pochi ischitani fecero ricorso ai sovrani, venendo esauditi, ma
questo può essere valutato come un atteggiamento strettamente
paternalistico, ben distante dal riconoscimento della loro
dignità umana.
Resta comunque storicamente accertato che la loro caduta per Ischia fu
un'altra calamità, oltre a determinare per quello che fu uno
degli Stati più avanzati d'Europa una situazione di
pseudocolonialismo, verificatasi un tempo per quei paesi che oggi sono
detti del terzo mondo.
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