E’ ormai arcinota ’opera deleteria di Bossi, il Senatur lumbard. E ci meravigliamo come gli allocchi Italiani del Nordovest e del Nordest continuino a sostenerlo e a farsi rappresentare da lui, col pericolo che il suo avventurismo possa produrre grandi rischi nel nostro paese in crisi. Non si possono ulteriormente sopportare le sue incongrue sparate che possono condurci ad una guerra civile, o ridurre l’Italia come la Jugoslavia e la Padania come la Bosnia.
Purtroppo Veneti e
Lombardi con altri poco benpensanti sparsi qua e là per la
Penisola hanno offerto a Bossi ben 3.394.000 voti, inviando al
Parlamento 59 deputati e 27 senatori, non tutti davvero leghisti,
perché di questi una buona parte si sentono italiani. E tali
dovrebbero sentirsi pure i sedicenti secessionisti per i proclami
grotteschi e per le minacce di sciopero fiscale, loro proposti da un
leader farneticante.
Ripercorriamo la storia della nostra Italia e
constateremo che l’idea del federalismo e leghismo non è stata
lanciata dai “lumbard”. Potremo constatare anche come nelle scuole si
fanno leggere e studiare ai ragazzi libri, nei quali è falsato
il pensiero e alterata l’opera dei principali personaggi che
prepararono l’Italia UNA.
Noi Meridionali non dimentichiamo che Napoli,
prima che venissero i “nordisti”, era la terza città d’Europa
dopo Londra e Parigi, sia per popolazione che per cultura.
Né
dobbiamo dimenticare che il totale monetario circolante in tutt’Italia
nel 1860 era di lire 668.000.000, di cui ben 443.000.000 appartenevano
al solo Regno delle Due Sicilie, e che la Lombardia ne aveva soltanto 8
milioni. Il Regno delle Due Sicilie possedeva 5 mila fabbriche, e non
aveva emigranti.
Invece dal 1870 al 1913 ben 5 milioni di meridionali
dovettero emigrare in America per poter sbarcare il lunario; e dal 1860
al 1870 sorse il fenomeno del brigantaggio, conseguenza del mancato
lavoro (da ricordare la ferriera di Mongiana con le sue officine, la
seconda d’Europa, che dava lavoro a molti operai) e delle numerose
repressioni indiscriminate operate dai militari contro i meridionali e
le loro famiglie.
Il generale Cialdini, luogotenente a Napoli nel 1861,
in tre mesi di luogotenenza, relazionò al governo 8.968
fucilati, tra cui 64 preti e 22 religiosi, 13.629 imprigionati, 6 paesi
bruciati, 1.428 comuni assediati. E’ guerra civile tra Italiani, e vien
chiamata Risorgimento!...
E questo clima di repressioni doveva durare
per molto tempo. Basti pensare che il 29 ottobre 1860 (un episodio tra
tanti) i piemontesi sadici, spietati e feroci, che avevano conquistato
il paese di Pizzoli in Abruzzo, precedentemente insorto, lo
saccheggiarono. Durante l’insurrezione il generale Pinelli aveva
ricevuto una sassata alle spalle dalla popolazione infuriata, e fu
quindi ospitato e curato dal farmacista Alessandro Cicchitelli.
Ebbene
il giorno dopo il generale, ospitato e amorevolmente curato, fece
fucilare il povero farmacista dinnanzi ai familiari per aver trovato in
un cassetto della sua casa un ritratto del re borbone Francesco II.
Quanti episodi della stessa risma si potrebbero riferire!
E quanto si
potrebbe riportare contro il (signor?) Bossi e seguaci secessionisti,
che dimenticano tanto facilmente la storia e i meriti dei Meridionali,
per il numero elevato di caduti nella grande guerra per l’unità
d’Italia e per la loro indipendenza dall’Austria!
Dovrebbero costoro
ricordare come le industrie del Mezzogiorno furono sistematicamente
devastate dai garibaldini d’accordo con gli industriali del Nord.
Agl’Inglesi, che finanziarono la spedizione dei Mille, fu dato in preda
lo zolfo; a Lemmi e Adami, noti massoni di Livorno, che si presentarono
a Mazzini con la raccomandazione di Garibaldi, furono cedute le
ferrovie.
E noi meridionali siamo stati sempre penalizzati! Sì,
penalizzati pure da una “guerra commerciale” con l’Inghilterra, con la
Francia... e con le stesse regioni settentrionali, quasi fossimo una
colonia interna asservita allo sviluppo capitalistico delle regioni
nordiche della stessa nostra Penisola.
Anche Nicola Zitara nel suo
recente romanzo Memorie di quand’ero italiano definisce Cavour e i suoi
seguaci “conquistatori”, perché massacratori dei pastori, dei
contadini meridionali, dagli stessi considerati quali briganti al
servizio dei Borboni; e distruttori delle non poche industrie per i
gravami fiscali e doganali loro imposte o perché cedute al
mercato nordista con acquisto simulato o con moneta stampata a bella
posta, pur di riuscire nell’intento d’impadronirsi del mercato
specialmente oleario.
Tanto è vero che lo stesso Gramsci ebbe a
scrivere: “Lo stato italiano è stato una dittatura feroce che ha
messo a ferro e fuoco l’Italia meridionale e le isole, crocifiggendo,
squartando, seppellendo vivi i contadini poveri che gli scrittori
salariati tentarono di infamare con il marchio di briganti”. Come si
può fondare l’amor di patria sulla menzogna?
I libri di scuola
ci tramandano i nomi dei Padri della Patria, ma non le loro opere e i
loro... misfatti!
Garibaldi, che diceva di credere solo nel Grande
Architetto (e forse neppure ci credeva), come dimostrò col
proposito di spazzar via il “papismo” distribuì ai contadini le
terre tolte ai proprietari, che non esibivano documenti attestanti la
loro proprietà.
Ed il governo del Nuovo Regno d’Italia
abolì il vincolo consuetudinario sulla proprietà
terriera. Garibaldi, ritirandosi a Caprera, si portò con
sé non “un solo sacco di grano”, ma anche una buona scorta di
bibbie protestanti da distribuire e da mandare alla Maddalena, sempre
spinto dall’odio inveterato contro il papismo.
A Roma, sul Gianicolo,
le statue di Garibaldi e di Anita sono rivolte in modo minaccioso
contro il Vaticano, specialmente Anita con la pistola in mano! Cavour,
altro bell’imbusto, di “cultura ginevrina infarinata di calvinismo”,
aveva stretto un patto con gl’Inglesi, con la Prussia e gli USA per
sovvenzionare la spedizione dei Mille e per diffondere in Roma le
bibbie protestanti, specialmente durante la breve Repubblica Romana di
Mazzini.
Aveva fatto abolire tutti gli Ordini religiosi, ed aveva
esiliato o mandato in galera molti vescovi. Temendo di andare a Roma
per non contrarre la malaria, di malaria morì. Prima di spirare
gli fu condotto un frate al capezzale per amministrargli i sacramenti.
Seppe soltanto dire: “Padre, Padre, libera chiesa in libero stato”.
Mazzini, altro galantuomo, la cui religione era un miscuglio di
panteismo. Quando scese a Napoli per la sua propaganda, chiese ed
ottenne ospitalità presso un convento di Suore (le Vergini?).
Fu
accolto perché travestito da vescovo; ché anzi fingeva di
celebrare la messa. Le Suore, curiose come al solito e sospettoso, in
sua assenza entrarono nella stanza dov’era ospitato, aprirono la
valigia e vi trovarono... pugnali ed altre armi.
Partì per la
Sicilia, dove pensava di organizzare una rivolta repubblicana. Ma
appena arrivò a Palermo venne arrestato. Con la sua ultima
amante, l’inglese Sarah Nathan, ebbe un figlio, Ernesto Nathan, primo
sindaco di Roma dopo la presa di Porta Pia, nonostante non avesse
rinunziato alla cittadinanza inglese e fosse Gran Maestro della
Massoneria Italiana.
Mazzini diffondeva stampe clandestine, organizzava
gruppi segreti di lettura, “colportori” (venditori ambulanti). A questi
ultimi appartenevano molte camicie rosse: anzi uno di questi
“colportori” fu il primo ad entrare dalla breccia di Porta Pia (il 20
settembre 1870), dopo i bersaglieri, con un carretto di bibbie
protestanti, trainato da un cane cui avean dato il nome di “Pionono”.
Vittorio Emanuele II, il “re galantuomo”, prediligeva andare a San
Rossore, presso Pisa, per spassarsela con “Rosina”, la bella
Vercellana, da lui elevata a contessa.
Essendosi ammalato d’influenza e
temendo di tirare le cuoia si premurò di chiamare il Card, Corsi
per farsi assolvere dalla scomunica, poiché Pio IX, dopo la
presa di Porta Pia, aveva scomunicato tutti i Padri della Patria. Il
Card. Corsi gli fece sapere che prima avrebbe dovuto regolarizzare la
sua posizione concubinaria con la bella Rosina; il che fece sposandola
con matrimonio morganatico: mentre prima diceva di voler fucilare tutti
i preti e, parlando del Papa, Pio IX, lo definiva “quel povero
diavolo”. San Giovanni Bosco - si legge nella vita del Santo - avendo
ricevuto un torto per la sua istituzione, gli aveva predetto che tutti
i suoi familiari sarebbero morti nel breve tempo di tre mesi, come
effettivamente accadde. Venne anche il suo turno.
Chiese perciò
prima un prete, e Pio IX gli mandò un vescovo. Ma dalla corte
gli fu impedito di passare; così dovette accontentarsi d’un
semplice prete per avere l’estrema unzione. Di questo monarca
ricordiamo un particolare: il suo incontro a Teano con Garibaldi. Nei
libri scolastici vi è scritto che all’incontro Garibaldi
salutò il sovrano con queste parole: “Obbedisco re d’Italia”.
L’espressione invece garibaldina fu ben altra: “Porco, ti consegno
l’Italia”. Si sente spesso dire, ed anche si legge, che il Meridione,
cioè la Calabria, la Sicilia, la Puglia, la Campania, ed in modo
particolare la capitale del Mezzogiorno, Napoli, siano zone di degrado,
di omicidi, di furti, di rapine. Laddove il primato lo detiene Bologna.
Da un’indagine fatta proprio a Bologna il 28 maggio 1996 da
quell’Osservatorio bolognese, risulterebbe - dati Istat alla mano - al
primo posto Bologna, seguita da Milano e da Firenze, e quindi da Napoli
al 4° posto.
Per rapine e per borseggi è sempre Bologna al
primo posto, seguita da Milano, da Venezia e da Firenze, superando le
stesse città per la prostituzione, e Palermo e Catania per gli
omicidi, sebbene Inglesi e Tedeschi, muniti di telecamere, scendano a
Napoli ed eseguano servizi pagando finti scippatori, onde far vedere il
degrado del Meridione e di Napoli in particolare.
Da buoni meridionali
non possiamo non ricordare che, se vi sono ancora opere nel
Mezzogiorno, la paternità è da attribuire ai Borbone.
Mentre dai governi succedutisi dopo l’unità d’Italia non
sappiamo quale grande opera ricordare.
Si è parlato tanto e si
parla di decollo della Calabria, che purtroppo non decolla mai; si
è financo distrutta da qualche decennio una vasta zona di
agrumeti pregiatissimi nella Piana di Gioia Tauro, con l’intento di
farvi sorgere un grande centro siderurgico in un primo tempo, e quindi
un grande porto internazionale; si è pure progettato un viadotto
cavalcamare per il congiungimento della Calabria con la Sicilia. Ma
finora non si è approdati a nulla.
Tuttavia, nonostante tutto,
siamo sempre per l’intoccabilità della predetta unità
d’Italia, oggigiorno così avversata dai secessionisti, con la
loro balorda velleità di proclamare l’indipendenza della
cosiddetta Padania dal resto d’Italia.
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