A chi segua attentamente lo svolgersi dei fenomeni economici in queste provincie non può passare inosservata una ben congegnata "scalata" al nostro risparmio da parte di uno stuolo di Banche grosse e medie, che quaggiù fa, direi quasi, il riscontro alla "scalata alle Banche" dell'Italia di lassù.
Trattasi di un metodico sapiente "pompaggio" del nostro capitale
liquido, il quale non avrebbe niente di riprovevole, anzi sarebbe del
tutto lodevole quando, qui raccolto, fosse qui stesso impiegato a dare
incremento alla nostra economia agricola, industriale, commerciale. Si
sa: il credito e le banche esercitano, normalmente, la funzione di
riunire capitali da chi li abbia e non sappia, non possa o non voglia
sfruttarli, per farli passare a chi sappia, possa e voglia farli
fruttare. Ma il male è che i capitali qui raccolti con tutti gli
accorgimenti e gli allettamenti della industria bancaria sono esportati
a fecondare terre e industrie molto lontane da noi e non sempre in
armonia, anzi talvolta perfino in contrasto con i nostri speciali
interessi.
Difatti un giornale meridionale, qualche tempo fa, molto
opportunamente e... dolorosamente rilevava: gli affari meridionali sono
pochi e se questi pochi non si finanziassero da sé, starebbero
freschi! Per finanziare la Sila si è dovuto ricorrere al fondo
detto della disoccupazione; per finanziare l'Acquedotto di Napoli si
son dovuti chiedere direttamente i fondi ai privati; per finanziare il
Porto di Napoli si è dovuto ricorrere agli americani, com'era
avvenuto per il Porto di Palermo; e... l'elenco potrebbe continuare per
un buon pezzo ancora. E pure in maggioranza si tratta di affari
garantiti dallo Stato, o di servizi pubblici con tariffe obbligatorie.
Il "nume bancario" - concludeva il predetto quotidiano - non ci protegge e non ci odia, c'ignora semplicemente quando... si tratti di venire in aiuto di nostri bisogni; esso si preoccupa più delle piste da cavalli o da motociclette a Milano che, o mo' d'esempio, nella questione degli alcools meridionali, che pure rappresenterà un grosso affare ed una grande arma di difesa nazionale, non appena si vorrà comprenderla.
Le Banche non investono in questo nostro Mezzogiorno nemmeno un
terzo dei risparmi che qui da noi esse raccolgono: e non le sole banche
a carattere nazionale ed internazionale, ma perfino quelle stesse
banche più modeste, che si ammantano di seducenti nomi
"meridionalistici", sotto cui vogliono dare ad intendere di voler
essere le colonne del nostro sviluppo economico, della politica
economica del nostro Mezzogiorno.
Si dirà: ma, come volete pretendere il finanziamento
d'iniziative, d'imprese meridionali, se queste sono generalmente
scarse? Si risponde facilmente che, anche quelle poche e... sicure che
vi sono, come abbiamo più sopra dimostrato, non vengono neppure
finanziate, e poi: non è anche compito delle Banche - come
avviene altrove - di suscitare e promuovere iniziative? Ed e proprio
serio affermare che qui mancherebbero davvero buone iniziative ed
imprese da promuovere, da incoraggiare e finanziare?
E non si dica neppure che i nostri risparmi pompati dalle Banche siano misera, trascurabile cosa. Quando la Banca Italiana di Sconto chiuse i suoi sportelli, il Mezzogiorno fu compreso nella moratoria e poi nel concordato per oltre novecento milioni, la maggior parte dei quali erano investiti e immobilizzati nel Nord. Ed anche tutte le altre grandi Banche hanno depositi meridionali tutt'altro che trascurabili; e poi tutte le Banche di media importanza, con nomi e carattere locale... nel prendere, più che nel rendere.
Da noi non rimangono che le piccolissime banche a compiere
mediocremente le funzioni d'intermediarie del credito, che di qui
prendono e qui impiegano; ma sono ben misera cosa, ché non
possono avere alcuna seria influenza sui nostri bisogni, sul nostro
sviluppo economico.
Il problema bancario è per noi, quindi della più
rilevante importanza. Noi siamo poco azionisti delle banche, ma molto
depositanti e finiamo quasi sempre col mandare i nostri risparmi a
fecondare il Nord, mentre da noi languono, per difetto di capitali,
affari di non scarsa importanza.
E così - notava il predetto quotidiano di Napoli - mentre
ogni modesta e rischiosa iniziativa privata si poggia nel Nord sulla
banca, che è anche nostra - persino i lavori pubblici più
urgenti passano da noi sotto le forche caudine di appaltatori, di
strozzini e di profittatori, come gli ultimi errori commessi in alcune
concessioni di lavori in Basilicata e in Calabria insegnano.
E' un problema sul quale ci proponiamo di tornare e d'insistere vivamente.
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