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ATTI UFFICIALI

dei Deputati del Sud nel Parlamento negli anni 1861 – 1862

di Antonio Pagano

    Il 27 gennaio 1861, si tennero le prime elezioni per il parlamento "italiano", con le leggi elettorali piemontesi. In tutta la penisola italiana occupata, su circa 24 milioni di abitanti, gli aventi diritto al voto erano 418.850. I votanti effettivi furono 239.853, ossia meno dell'uno per cento di tutta la popolazione.


    Nelle Due Sicilie, il cui territorio era la metà della parte di penisola occupata, avevano diritto al voto solo 129.700 persone (su una popolazione di circa 10 milioni di abitanti), delle quali, tuttavia, si presentarono a votare in sole 87 mila, che elessero 144 deputati. Garibaldi si presentò nel collegio elettorale di Napoli ove ebbe solo 39 voti.


    In Sicilia, le elezioni furono fatte nella più completa anarchia e nell'isola furono inviati altri 15.000 piemontesi per l'ordine pubblico.


    Conosciuti questi risultati MASSIMO D'AZEGLIO disse: "Queste Camere rappresentano l'Italia così come io rappresento il Gran Sultano turco".


    La bassa percentuale degli elettori iscritti fu dovuta alla legge elettorale piemontese che prescriveva il diritto ai soli uomini che avessero compiuto i 25 anni, che pagassero alcune imposte e che sapessero leggere e scrivere.


    A dispetto delle retoriche declamazioni, il "popolo sovrano" fu limitato ad una ristretta cerchia (l'alta e media borghesia), oggetto per di più di non poche pressioni perché "votasse bene". Le elezioni furono, insomma, opera esclusivamente dei prefetti piemontesi, che instaurarono anche nelle Due Sicilie la corrotta "legalità piemontese". Inoltre, mentre nel nord Italia fu espresso un elettore ogni 12 abitanti, nel sud dell’Italia, per espressa disposizione di Cavour, si ebbe un elettore ogni 38 abitanti. Lo Statuto "sardo" fu imposto a tutti i territori conquistati, senza che ne fosse cambiata una virgola, nemmeno l'art. 62 che dichiarava il francese lingua ufficiale del parlamento "italiano" e per "festeggiare" l'evento fu imposto a tutte le città di sparare 100 colpi di cannone.


    Il nuovo parlamento fu inaugurato nel Palazzo Carignano a Torino il giorno 8 febbraio, mentre ancora sventolava la bandiera duosiciliana a Gaeta, Messina e Civitella del Tronto.


    Pur essendo la prima del nuovo regno, la legislatura continuò la numerazione subalpina, come VIII legislatura, nonostante vi partecipassero per la prima volta deputati e senatori degli Stati appena annessi.


    Questi ultimi furono "inviati" a Torino fin dagli inizi di febbraio. A Napoli aveva provveduto COSTANTINO NIGRA, che così si espresse in una lettera a CAVOUR: "Le spedisco i deputati e i senatori. Vostra Eccellenza vedrà che roba. Ma è malleabile".


    A Palermo era stato incaricato della “spedizione” il marchese MASISMO CORDERO LANZA di MONTEZEMOLO, luogotenente del Savoia in Sicilia, che li fece imbarcare sulla nave Plebiscito per Genova.


    Prima che iniziasse il discorso del re, le guardie nazionali intervennero per espellere dall'aula un napoletano, di nome ANTONIO CATELANO, che si era seduto tra i deputati con l'intenzione di rispondere al discorso del re savoiardo. Facevano parte della Camera 85 nobili, 126 professionisti, 23 ufficiali e 5 religiosi, mentre i senatori erano 221. Quasi tutti i parlamentari erano iscritti alle logge massoniche, ma, per garantire un'adeguata "copertura ai fratelli" che ricoprivano cariche pubbliche, questi furono esonerati dal frequentare la loggia e non apparivano in alcun elenco ufficiale. Essi erano noti solo al "Gran Maestro" che, al termine del suo mandato, li comunicava oralmente al suo successore. Tra i parlamentari vi erano 6 deputati di religione ebraica. In sostanza i deputati appartenevano alle sole classi agiate, che imposero tasse, pubblica sicurezza, codice civile e penale, scuole e amministrazione esclusivamente a favore dei loro interessi.


    I deputati eletti nelle “provincie meridionali” erano tutti filopiemontesi che avevano avuto una parte molto rilevante nel favorire la conquista savoiarda. Erano, dunque, dei traditori collaborazionisti, che, prima, avevano calunniato il governo duosiciliano e, poi, avevano collaborato attivamente all’invasione, eppure furono proprio loro che denunciarono le atroci stragi, le ruberie, la distruzione delle industrie duosiciliane e la soppressione di ogni libertà da parte dei piemontesi.


    Le loro dichiarazioni, per questo, assumono maggior valore di verità, anche perché espresse pubblicamente proprio in quel parlamento che era la massima espressione della consorteria risorgimentale, che decideva e, quindi, era responsabile di quei delitti.


    GLI INTERVENTI

    Gli interventi e le interpellanze furono numerosi, per questo, essendo impossibile riportarli tutti, ne abbiamo estratti quelli più significativi, che fanno intravedere quali enormi tragedie si erano abbattute su un Regno una volta felice e, anche, il tardivo pentimento di questi ascari del Piemonte.


    Il giornale fiorentino "Il Contemporaneo" pubblicò alcune statistiche sui primi nove mesi della "libertà" piemontese nel Regno delle Due Sicilie: morti fucilati "istantaneamente" erano stati 1.841, fucilati "dopo poche ore" 7.127, feriti 10.604, prigionieri e arrestati 20.000, 3000 ex soldati duosiciliani deportati nel campo di concentramento di S. Maurizio (vicino Torino), famiglie "perquisite" (saccheggiate) 2.903, case incendiate 918, paesi totalmente distrutti 14, paesi incendiati 5, chiese saccheggiate 12, sacerdoti fucilati 54, frati fucilati 22, comuni insorti 1.428, persone rimaste senza tetto 40.000.


    Lo Stato “italiano”, intanto, continua a santificare il “risorgimento” come “avvenimento glorioso dell’unità italiana” , ma, nascondendo questi fatti, dimostra di essere rimasto ancora uno Stato piemontese.


    Antonio Pagano
    

    ***

    tornata de’ 28 febbraro 1861 (atto nr. 8)


    Il deputato Massari: ... non è giusto, che alle nuove province si voglia pretendere di applicare la stessa regola, che si applica alle antiche ... Io desidero, che presto abbia a finire nel mio paese quella deplorabile istituzione, che si chiama consiglio di Luogotenenza ...


    tornata de’ 20 marzo (atto nr. 33)


    Il conte Cavour per ischivare le interpellanze su l’amministrazione delle Due Sicilie, che ntendeva fare il deputato Massari, confessa: ...nelle condizioni attuali il governo delle province di Napoli, e di Sicilia, misto di uomini politici, e non politici, non riunisce le condizion necessarie per poter funzionare regolarmente.


    E il deputato Ricciardi osserva: ...Nelle province napoletane tutti sperano, che si dia termine all’attuale situazione grave, molto dolorosa. Io desiderei fare una lunga esposizione, non tanto del male che ivi avete finora fatto, quanto del modo di rimediarvi ...(è impedito di continuare dal prevalente partito piemontista).


    


    tornata de’ 28 marzo (atto nr. 45)


    Il Brofferio (deputato piemontese, n.d.r.) dice: ...Disputate pure di luogotenenze, di governi locali, di governi centrali; sono tutte odiose disputazioni; voi logorerete uomini, leggi e decreti; ma non cangerete le cose. Finché voi vi agiterete nella cerchia fatale, in cui vi siete messi, finché governerete Napoli, come se sapeste di non dovervi restare lungamente, voi non potete reggere. La vostra odiata politica nelle Due Sicilie vi costringe a mantenere una parte dell’esercito per frenarvi le popolazioni turbolente, e quelle armi, di che avreste necessità contro lo straniero, voi dovete impugnarle contro quei popoli anch’essi italiani. ... Noi per verità avremmo dovuti andar più cauti nel portare altrove le nostre leggi subalpine. Non vogliamo dimenticare che ... nel 1814 il Piemonte divenne uno dei più infelici paesi dell’Italia; mentre tutte le altre nazioni si erano inoltrate, noi retrocedemmo spaventosamente ...


    


    tornata de’ 2 aprile (atto nr. 49)


    Fra le petizioni presentate alla Camera ve n’è una segnata n. 6922, in nome di 242 cittadini di Palermo, che invitano il parlamento a dichiarare illegale e incostituzionale il Decreto de’ 17 febbraro 1861 di quella luogotenenza, relativo alla promulgazione de’ Codici, e leggi sull’ordinamento giudiziario piemontese, molto inferiore in merito alle leggi gia ivi in vigore.


    Il deputato Ricciardi: ... Tutto quanto è stato operato da’ nostri rettori direbbesi fatto coll’unico fine di rimpiangere il regime Borbonico ...


    


    tornata de’ 3 aprile (atto nr. 52)


    Il deputato calabrese Greco si restringe a fare alcune osservazioni, tra cui si nota la seguente: ...Chiamo l’attenzione de’ ministri su lo stato della finanza napolitana, che lamentasi di essere molto stremata a causa del lusso di pensioni e di soldi accordati a coloro, che non tutti li hanno meritati; anzi in questi ultimi giorni la Finanza di Napoli è stata chiusa per mancanza di numerario, e gli impiegati non hanno avuti i loro soldi ... E per fare qualcosa utile domando una commissione d’inchiesta, che eserciti un sindacato su ciò che si è fatto del denaro pubblico, e le cariche conferite e da conferirsi, su’ bisogni reali del paese, sul modo di ovviarli, per renderne poi conto al Parlamento (dolorosissima verità, che troppo compruova quale dilapidazione siasi fatta de’ tanti milioni in numerario, dotazione de’ pubblici banchi, accumulata con sapiente economia ne’ 29 anni di regno di Re Ferdinando II, che resero le Finanze napolitane le più floride d’Europa; e il corso di quella rendita il più elevato di tutte le altre nelle borse di cambio del mondo intero).


    Il deputato Valenti (delle Puglie) lamenta la disfatta delle finanze: ...Eppure, o Signori, sotto i Borboni pagavamo gli stessi e forse minori pesi, che paghiamo adesso. I Borboni mantenevano un’armata di centoventimila uomini ... ponevano fondi in tutti i banchi all’estero, dotavano largamente la figliolanza, e tuttavia il tesoro era fiorente ...


    


    tornata de’ 4 aprile (atto nr. 53)


    Il deputato Ferrari: ...e il mio timore si aggrava quando considero le condizioni storiche delle due Sicilie, la cui tradizione si spinge assai più lungi nella notte de’ secoli, che non giunga la real casa di Savoia ... [Napoli] è dessa ancora la terza Capitale d’Europa ... io desidererei che l’annessione fosse differita ...


    Il deputato Petruccelli (di Moliterno in Basilicata): ...Nelle province Napolitane vi sono dieci milioni di moggia di pubblico demanio. Sapete voi quanto ne resta? ... la massima parte è stata occupata da’ convicini possidenti. Ora questo popolo non vuole già la restituzione del Demanio per ripartirselo, ma vuole che lo si restituisca a’ Comuni, appartenendo a’ quali, il popolo, che nulla possiede, che è proletario, avrà dove tagliare legna d’inverno per riscaldarsi, dove condurre il bestiame al pascolo. E lo stesso deputato Petruccelli continuando a scagliarsi contro il governo luogotenenziale, di cui relama l’abolizione, conchiude così: I Borboni avevano una legge organica amministrativa, che fissava la cifra degli impiegati. Questa cifra è stata da Voi enormemente superata. Gli impiegati si sono elevati al di là di sessantaquattromila ...[provenienti dal Piemonte, n.d.r.]


    Il deputato siciliano Bruno: ... La Sicilia sotto i Borboni offrì per molti anni l’edificante spettacolo, che furti non ne succedevano assolutamente, e si poteva passeggiare per tutte le strade, ed a tutte le ore, senza la menoma paura di essere aggrediti, né derubati ...


    Il deputato Amari: ... trattando delle Finanze, chiede al Presidente de’ ministri, che si faccia dar conto in Napoli dall’ex generale Lanza de’ seicentomila ducati in moneta sonante, che prese dal tesoro in Sicilia, asserendo doverli versare al tesoro di Napoli ...


    


    tornata de’ 16 aprile (atto nr. 62)


    Il deputato Petruccelli dice: ... la politica del governo vive di spedienti, di perfidie, di violenze, di violazioni ...


    


    tornata de’ 30 aprile (atto nr. 98)


    il deputato Conforti fa gli elogi dell’antica legislazione penale napoletana: ... nello stesso codice penale sardo si sono introdotti molti miglioramenti, che sono stati tolti dal Codice Napolitano, il quale era opera di sommi giureconsulti ...


    


    tornata de’ 6 maggio (atto nr. 109)


    Il deputato Polsinelli dice: ...pretendere, che le leggi piemontesi debbano così adattarsi alle province meridionali, è cosa che mi offende grandemente, e contro la quale protesto ... in questa camera si nega la estensione del malumore ... si sono toccati gl’interessi dei luoghi ecclesiastici, de’ luoghi pii, e di altri. Una gran parte della gente viveva di questi interessi.


    


    tornata de’ 7 maggio (atto nr. 113)


    Il deputato Zanardelli parlando su la proposta di Legge abolitiva de’ vincoli feudali in Lombardia, tra le molte cose dice: La legge napolitana su tal proposito fu fatta nel 1806, in un tempo non di rivoluzione, ma di restaurazione; in un tempo, in cui i feudi venivano restaurati in Lombardia. ... E questa legge, nella patria di Vico, di Mario Pagano, e di Filangeri fu discussa lungamente nel Consiglio di Stato; questa legge fu chiamata, anche dal Colletta, argomento al mondo della napolitana civiltà.


    


    tornata de’ 20 maggio (atto nr. 140)


    Il deputato Ricciardi: ... havvi ristagno delle industrie e del commercio; havvi per Napoli in specie la mancanza di forestieri, e vi dirò che non ho riconosciuta la mia città natale, tanto l’ho trovata squallida e mesta! Vi aggiungi gli effetti della parifica delle tariffe tra Napoli e gli antichi Stati, la quale parifica ha fatto cadere molte fabbriche, ed ha messo alla strada un gran numero di operai ...


    Debbo dire che non mai la istruzione pubblica fu in così misere condizioni nell’ex Reame di Napoli quanto oggi. L’Università di Napoli è quasi deserta. Sono state create oltre a ciò molte cattedre ad honorem, e concesse a persone onorevolissime, senza dubbio, ma le quali non hanno fatto, e non faranno mai una lezione. Alcune cattedre sono state create per collocate Tizio, Cajo, Sempronio. Vi sono poi delle facoltà dove, sopra 13 professori, non ve ne sono presenti che 5; cosicché vi sono stati concorsi, che si dovettero sorvegliare da 5 soli professori. ... Lo stato de’ Licei provinciali non è punto migliore ... L’Accademia di belle arti ... chiusa da nove mesi: ciò non ostante il suo bilancio si trova raddoppiato ... La maggior parte delle scuole è chiusa ... vorrei chiamare l’attenzione del ministro su la penuria estrema dell’ex reame di Napoli ... vi è una diminuzione considerevole su gl’introiti delle dogane ... in questo momento si dazia a Genova, e non a Napoli ... Si prevede per l’anno venturo la tassa fondiaria, la tassa mobiliare, la tassa delle patenti, da cui finora fummo esenti. ... Circa 1500 ufficiali borbonici, dopo la caduta di Capua e di Gaeta, questi disgraziati furono crudelmente umiliati. In principio ricevevano un franco al giorno. ... ma come non c’è che un solo pagatore all’ufficio di piazza, sono costretti ad andare 10, o 12 volte prima di essere pagati.


    Ricciardi continua: ... Appena (reduce dall’esilio) giunsi in Napoli; i miei amici politici, ed io, sentimmo che precipuo dovere era di fare ogni sforzo affinché l’esercito napoletano rimanesse intatto ... Io feci la propaganda nelle caserme, a rischio di farmi fucilare; ed a quanti ufficiali vedeva, io dicevo: il vostro onor militare è salvo, perché in Sicilia vi siete battuti contro Garibaldi: ora siete in casa vostra, e dovete imitare l’esempio dell’esercito toscano ... Gli ufficiali rispondevano: noi saremmo pronti, ma i nostri soldati sono talmente fanatizzati, che ci fucilerebbero ... Ma vi pare che senza il lavoro segreto di questi uffiziali, senza il nostro lavoro, avrebbe potuto mai entrare Garibaldi in Napoli, città di mezzo milione di abitanti, con 4 castelli gremiti di truppe, ed un presidio di 80.000 soldati? Egli entrò solo in Napoli, perché noi liberali, con buon numero di uffiziali, glie ne aprimmo le porte ...


    Il deputato San Donato prende la parola: ... sono nove mesi che la guardia nazionale sta facendo solo continuamente fucilate.


    Il deputato Ferrari lamenta che solo attraverso i giornali stranieri riesce a conoscere le notizie degli avvenimenti che accadono nelle Due Sicilie e che i giornali italiani sono pieni di falsità e nascondono sistematicamente la verità.


    


    tornata de’ 25 maggio (atto nr. 153)


    Il deputato Polsinelli parla contro lo schema di legge per la modificazione della tariffa daziaria: ... ora che si sdaziano molte mercanzie a Genova si fa un introito largamente minore ... Ora sapete voi qual’è l’effetto pratico di questa riduzione di tariffa? Le nostre manifatture, che gareggiavano con quelle dell’estero, ora si trovano in cattive condizioni. E notate, che le manifatture estere venivano a portarci i loro tessuti a discretissimi prezzi, perché i loro prodotti erano eguali a’ nostri. Per esempio, dalla mia fabbrica si sono venduti per molti anni, come panni forestieri, i tessuti che erano miei. Ebbene, ora la mia fabbrica è ridotta ad andare in rovina, perché vennero aperte le frontiere a tutti i forestieri, ed i paesani nostri non trovano più lavoro ... moltissime famiglie gemono nella miseria. ... La Francia e l’Inghilterra predicano il libero scambio, dopo aver avuta per secoli una protezione grandissima, anzi la prima anche la proibizione. Esse dicono a noi: facciamo liberamente il commercio, apriteci il vostro mercato. Ma questa, o Signori, è la lotta di un gigante con un bambino ... i generi esteri in appresso si pagheranno molto di più perché i forestieri non trovando concorrenza alcuna nell’Italia, pretenderanno tutti i vantaggi possibili ... già molte fabbriche sono chiuse, molte ... poco ci manca a morire. ... sappiamo noi fabbricanti quanto abbiamo speso nelle macchine, negli utensili di ogni specie, nella formazione degli artisti, e quante fatiche abbiamo durate? ... E adesso tutto è perduto!


    Il deputato Plutino: ... nell’Italia meridionale, appena passò il dittatore Garibaldi, nella provincia della Calabria sorsero ivi non solo de’ contrabbandieri, ma si organizzarono anche delle associazioni sotto il nome di camorristi, che sostituendosi al governo vollero a loro particolare profitto esigere le imposte ...


    Il deputato Polsinelli, ribattendo le obiezioni fattegli da’ preopinanti colleghi Plutino e Nisco, osserva che quest’ultimo è indietro ne’ fatti: ... rimasto (esso Nisco) per 12 anni per la causa della libertà nelle prigioni, e nello esilio, si è ingannato quando ha creduto, che poco o nulla avessero progredito le manifatture sotto il cessato governo borbonico. Io citerò, a modo di esempio, le grandiose fabbriche di filatura di cotone,tessitura, stamperia, stabilite ne’ contorni di Salerno, che occupano migliaia, e migliaia di persone. Poi quelle di tessuti di lana, anche stabilite in Salerno. La magnifica filatura di lino a Sarno, la tessitura di Scafati, i numerosi lanifici del distretto di Sora, di Abruzzo, e di altri luoghi; finalmente gl’innumerevoli telari di seta, di cotone, e lino stabiliti ne’ sobborghi di Napoli; tal che la Capitale, eccettuati i quartieri superiori, può dirsi una vasta fabbrica. Ciò a prescindere dalle cartiere, concerie ed altre. Non terminerei giammai se volessi fare una precisa numerazione delle manifatture e della gente, che viveva con esse tanto in Napoli, che in Sicilia, dove esistono altre manifatture.


    Il deputato siciliano d’Ondes Reggio: In Sicilia le idee di libertà commerciali, ed industriali, sono più antiche di quello che sieno in Piemonte, e queste idee sono in Sicilia da gran pezza attuate ed hanno prodotto ottimo effetto.


    Non ostante queste sensate osservazioni la riduzione di tariffa è approvata.


    


    tornata del 22 giugno (atto nr. 211)


    Su la presentazione d’un progetto di legge organica per la leva di mare fatta dal ministro della marineria, il deputato napoletano Duca San Donato dice: Pregherei l’onorevole ministro di volersi ricordare dei cantieri di Napoli, e di Castellammare, che mi dicono ora abbandonati; e rammentare che da quei magnifici cantieri uscirono il vascello “Il Monarca”, e la fregata “Il Fieramosca”, con altri belli bastimenti da guerra dell’antica marina napolitana; sono avanti tutto stabilimenti nazionali e meritano incoraggiamento. Dunque raccomando que’ due cantieri, che mi dicono non essere guari in molta attività.


    


    tornata de’ 24 giugno (atto nr. 219)


    Il deputato Ricciardi su la proposta fatta dal ministro de’ lavori pubblici per una stazione ferroviaria in Torino, osserva: Non posso fare a meno di manifestare l’immensa mia meraviglia nel vedere, che siasi potuto pur pensare a chiedere in questi momenti, due milioni settecentomila lire per una spesa non indispensabile. In un momento, in cui tutti parlano della necessità della più rigida economia; in un momento, in cui il tesoro di Napoli, in specie, è in tali ristrettezze, che appena è dato sovvenire alle spese più urgenti.


    


    tornata de’ 26 giugno (atto nr. 223)


    Sul progetto di legge per un prestito di 500 milioni, il deputato napolitano Minervini osserva la contraddizione degli atti finanziari del ministero ... che oltrepassa la decenza.


    Il deputato Ferrari, in opposizione a tal progetto di legge, osserva che si vuol dedurre 8 milioni di dote a’ banchi delle Due Sicilie ... la commissione vuol detrarre dal debito meridionale altri 48 milioni per lavori pubblici. E qui l’oratore si diffonde a dimostrare l’incapacità del governo nell’amministrare, lasciando soprattutto deperire i pubblici stabilimenti: ... La incertezza del vostro regnare aumenta per la regola costante da voi adottata di non mai informarci della situazione dello Stato ... nascondendo le fucilazioni, l’incarceramento di migliaia di sospetti e le dilaganti sommosse popolari nelle Due Sicilie.


    


    tornata de’ 29 giugno (atto nr. 233)


    Il deputato Petruccelli nella discussione del progetto di legge per l’esercizio provvisorio de’ bilanci, censura codesta legge. E scagliandosi su tutte le pensioni, gratificazioni, soprassoldi d’impiegati (piemontesi, n.d.r.), dice così: Questa specie di balzelli nel bilancio delle province meridionali è stata messa con una prodigalità più che regale, pazza. So che questa specie di onorarj ascende alla somma di venti milioni ...


    In questa stessa discussione il deputato napoletano Persico si oppone formalmente a che il decimo di guerra sia esteso all’ex regno delle due Sicilie. Viene appoggiato dai deputati Ricciardi, Mandoj-Albanese, Paternostro, Schiavone e Minervini.


    Il deputato Capone osserva che molte parole non sono capite da essi napoletani, come pure una legge sarda del 1859, di cui si rimprovera la non conoscenza: ... ma quando mai è stata pubblicata nel nostro regno una tale legge? Io domando se le province meridionali debbono conoscere tutte le leggi del piccolo Piemonte per sottomettersi alle medesime.


    


    tornata de’ 6 luglio (atto nr. 251)


    Nella discussione del progetto di legge per le ferrovie da Napoli all’Adriatico, il deputato Ricciardi, in favore ed incoraggiamento degli artefici, ed operai napolitani, propone l’emenda dell’art. 28, col quale si permette a’ concessionari d’introdurre ed immettere in franchigia di dazio i materiali, gl’istrumenti, i metalli, le locomotive, i tenders, i vagoni, e tutto ciò che è necessario alla costruzione e manutenzione delle ferrovie. E però esso deputato dice: è incredibile il numero delle industrie, che si collegano allo stabilimento delle ferrovie. Per esempio i carrozzieri cui sarebbe naturalmente commessa la costruzione de’ carri. A questa industria de’ carrozzieri si legano altre moltissime, quelle del falegname, fabbro, pittore, vetraio, tapezziere, ec. A Napoli questa industria è fiorentissima, tanto che i più ricchi signori fanno costruire quivi le loro carrozze, anziché commetterle a Londra, o Parigi. Ora, se voi ammetteste com’è l’articolo del capitolato, che cosa accadrebbe? Accadrebbe, che i concessionari, cui avete già dati tanti vantaggi, allettati massimamente dalla franchgia de’ dazii, farebbero venir tutto dall’estero, e specialmente dalla Francia, e tutto senza dazio. Quindi danno pel nostro tesoro; danno per l’industria nostra, e tutto in vantaggio della compagnia de’ concessionarj. Non veggo perché non si debba fare per l’ex regno di Napoli ciò che si è fatto pel Piemonte, dove si fabbrica tutto ciò che è necessario per le ferrovie. Perché non si può fare lo stesso a Napoli, dove fra gli altri, abbiamo il magnifico stabilimento di Pietrarsa? Io credo adunque, che per emendamento, si debba al detto art. 28 aggiungere, che la compagnia concessionaria abbia a giovarsi di ciò che può avere da’ fabbricatori del paese.


    Benché appoggiato dal voto dell’altro deputato napoletano Polsinelli, il cennato emendamento del Ricciardi, è respinto.


    


    tornata de’ 12 luglio (atto nr. 278)


    Il deputato Liborio Romano sviluppa le interpellanze sugli affari di Napoli, dopo aver denunciato gravissimi abusi finanziari commessi dalla luogotenenza Farini, si sofferma sulla Zecca di Napoli: Vi è in Napoli una Zecca, superiore a quante ne esistono in Italia, e per essa lo Stato spende meglio di 480 mila lire l’anno. In considerazione di ciò un decreto del 17 Febbraro di questo anno dispose così: La Zecca di Napoli è autorizzata a coniare le monete di bronzo italiane, e ritirare dalla circolazione le monete di rame del cessato Governo Borbonico. Ebbene! in marzo decorso, non più ricorda il Governo l’esistenza di quel Decreto, non più quello della Zecca napoletana, non più l’annua spesa di 480 mila lire, e ferma un contratto di appalto colla casa Estiwant per la coniazione di 12 milioni di moneta in bronzo ... E questo contratto, oltre di essere arbitrario, ed illegittimo, è stato stipulato a Torino a’ 19 gennajo di questo anno, senza pubblici incanti, senza le private licitazioni a’ sensi di legge; lascia al concessionario, non solo l’utile del 23 per cento; ma concede loro quattro lire, e 45 centesimi per la coniazione di un chilogramma di moneta ...


    Il deputato s. Donato fa la mozione raccomandando la misera condizione degli ufficiali militari del disciolto esercito borbonico, messi tutti al ritiro, cioè alla più cruda povertà. Deplora lo scioglimento del Real Collegio militare della Nunziatella. Ricorda gli altri stabilimenti militari della fonderia di Napoli, di Mongiana, l’Opificio di Pietrarsa, un dì cotanto fiorenti sotto il cessato governo, ed ora abbandonati; il polverificio di Scafati, che è stato ritenuto sempre ottimo: ed i cantieri marittimi di Napoli, e di Castellammare, dolorosamente dimenticati.


    Passa poi a lamentare su la ingiustizia con cui procede il gabinetto di Torino nella distribuzione degli impieghi, preferendo sempre i piemontesi pe’ più lucrosi ed importanti nell’ex regno di Napoli in tutti i rami, e destituendone i napoletani; ovvero chiamandoli con degradazione a servire nelle antiche province Sarde.


    


    tornata de’ 20 novembre (atto nr. 234)


    Il deputato di Casoria, il duca di Maddaloni Marzio Francesco Proto, propone il distacco dell'ex Regno delle Due Sicilie dal Regno d'Italia e accusa apertamente il governo piemontese di avere invaso e depredato il Napoletano e la Sicilia: Gli uomini di Stato del Piemonte e i partigiani loro - afferma nella sua mozione - hanno corrotto nel Regno di Napoli quanto vi rimaneva di morale. Hanno spogliato il popolo delle sue leggi, del suo pane, del suo onore... e lasciato cadere in discredito la giustizia... Hanno dato l'unità al paese, è vero, ma lo hanno reso servo, misero, cortigiano, vile. Contro questo stato di cose il paese ha reagito. Ma terribile ed inumana è stata la reazione di chi voleva far credere di avervi portato la libertà ... Pensavano di poter vincere con il terrorismo l'insurrezione, ma con il terrorismo si crebbe l'insurrezione e la guerra civile spinge ad incrudelire e ad abbandonarsi a saccheggi e ad opere di vendetta. Si promise il perdono ai ribelli, agli sbandati, ai renitenti. Chi si presentò fu fucilato senza processo. I più feroci briganti non furono certo da meno di Pinelli e di Cialdini.

    Tra l'altro così aggiunge: Intere famiglie veggonsi accattar l'elemosina; diminuito, anzi annullato il commercio; serrati i privati opifici. E frattanto tutto si fa venir dal Piemonte, persino le cassette della posta, la carta per gli uffici e per le pubbliche amministrazioni. Non vi ha faccenda nella quale un onest'uomo possa buscarsi alcun ducato che non si chiami un piemontese a sbrigarla. A' mercanti del Piemonte si danno le forniture più lucrose: burocrati di Piemonte occupano tutti i pubblici uffizi, gente spesso ben più corrotta degli antichi burocrati napoletani. Anche a fabbricar le ferrovie si mandano operai piemontesi i quali oltraggiosamente pagansi il doppio che i napoletani. A facchini della dogana, a camerieri, a birri vengono uomini del Piemonte. Questa è invasione non unione, non annessione! Questo è voler sfruttare la nostra terra di conquista. Il governo di Piemonte vuol trattare le provincie meridionali come il Cortez ed il Pizarro facevano nel Perù e nel Messico, come gli inglesi nel regno del Bengala.


    La Presidenza della Camera invita il deputato di Casoria a ritirare la sua mozione e ne vieta la pubblicazione negli Atti Parlamentari perché espressione della più bieca reazione. Nella stessa seduta è impedito al deputato di interpretare ancora una volta le insurrezioni nelle Due Sicilie come una "guerra civile". Dopo questo rifiuto, il deputato Giuseppe Ricciardi preannunzia una sua interpellanza sulle condizioni delle province meridionali. Il Governo non intende, tuttavia, discutere assolutamente su questo argomento. La stesso Presidente del Consiglio Ricasoli interviene ed invita la Camera a "non fare discussioni inutili: il promuovere la questione delle piaghe delle provincie meridionali sarà un perder tempo prezioso, sarà il ripetere una storia dolorosa di cose che purtroppo, sappiamo".


    


    tornata de’ 29 novembre (atto nr. 333)


    Tre deputati con lettere offrono la loro dimissione, cioè Malmusi di Modena,Turrisi-Colonna di Sicilia, e il duca Proto di Napoli.


    I due primi per motivi di salute, e il terzo per contrarietà sofferte in occasione della nota mozione d’inchiesta su lo stato infelicissimo del suo paese, e nell’analoga lettera del 27 di questo mese tra l’altro dice: io era ben lungi dal credere, che la mia mozione dovesse destare tanti sdegni, e che ciò ch’avevo scritto pe’ soli deputati e per leggersi negli uffizii, dovesse diventare di ragion comune dell’universale, e subbietto alle diverse dicerie della stampa periodica ... La lettura della mia mozione seppe di reo? Ciò mi è grave. Non pertanto io posso ritirarla, e ritiro invece la mia persona dalla Camera elettiva, dolorosamente protestando contro un potere che pare non voglia sapere, né riparare i mali che travagliano le provincie napolitane ... Frattanto ho già ordinato venga data a stampa la mia mozione, acciocché gli amici del vero, e la storia possano conoscerne le vere parole, e il senso; e però giudicare a loro agio tra me, ed i miei avversari politici.


    


    tornata de’ 4 dicembre (atto nr. 340)


    Il deputato Ricciardi: ... Un poco di critica farò sul capo delle indennità. Queste si danno con una facilità grandissima, massime nelle due Sicilie, e non senza ingiustizia, dandosi solo agl’impiegati dell’Alta Italia, mentre a’ napoletani, che vengono traslocati nel Piemonte non se ne dà alcuna. Debbo parlare delle spese di rappresentanza, delle quali si è fatto spreco indicibile. Che importa all’Italia in questi momenti, che i Prefetti diano pranzi e feste da ballo? L’Italia ha ben altro ha pensare! Non vi citerò che un esempio. Il prefetto-deputato-generale Lamarmora ora ricevé 120 mila lire l’anno per ispese di rappresentanza, oltre il suo stipendio da generale. Or io domando, se in questo momento si possa fare una simile spesa? ... La maggior parte de’ decreti del Governo sono profondamente incostituzionali. Per esempio, si sono accresciute le piante di quasi tutte le amministrazioni; si sono creati impieghi nuovi, e quindi stipendi nuovi, ed aggravi allo stato, che il solo parlamento aveva diritto d’imporre, e nulla ne conosce ... Abbiamo cose molto più urgenti a fare, che andar abolendo questa o quella legge al napoletano, per introdurvi le leggi dell’antico Stato di casa Savoia, le quali non sono certe le più perfette. Non bisogna dissimularlo, in questi ultimi mesi si è operato un fatto importante, una reazione generale verso l’egemonia piemontese. ...


    Il personale degli’impiegati venne mutato a capriccio, senza veruna norma, vale a dire alcuni impiegati borbonici sono stati cacciati via; altri mantenuti; alcuni onesti licenziati, alcuni tristi messi in loro luogo.


    Quanto alle finanze, credo, sappiate la penuria immensa dell’erario di Napoli, tanto di essersi dovuti mandare da Torino a Napoli alquanti milioni ... Come mai questo paese, le cui finanze erano così floride, la cui rendita pubblica era salita al 118, è in così misera condizione? ... Si agita la quistione se il brigantaggio sia vera guerra civile: io credo oziosa questa discussione. Esaminiamo il fatto: noi abbiamo un numero considerevole di uomini con le armi alla mano, che vorremmo chiamar ladri; ma d’altra parte veggo, che questa gente innalza bandiera bianca, in alcuni luoghi stabilisce governi provvisori ... Per lo meno potrà essere metà brigantaggio, metà guerra civile ... Supponete che un uomo di genio sorga nel Napoletano; che cosa accadrebbe, massime se la guerra scoppiasse sul Mincio? ... Finora abbiamo avuto nel fatto lo stato d’assedio, benché non fosse stato decretato dal parlamento; anzi né pur dal governo; ma senza nessuna delle garanzie dello stato d’assedio venne applicato fra noi ... In prova di ciò, citerò il doloroso fatto di Somma. Saprete che colà sei individui, io non saprei se borbonici o non borbonici, furono arrestati, ed in meno di tre ore fucilati ...


    Due sono le principali piaghe di quelle provincie, che tutti, quantunque con mezzi diversi, vogliamo curare. La piaga morale è l’offesa profonda recata a sette milioni d’uomini; e io credo, che da tutta la tela del mio discorso sia risultata la prova di questa offesa. Un paese, che per otto o nove secoli è stato autonomo, ad un tratto ridotto a provincia; un paese che vede distrutte per via di decreti le sue antiche leggi, le sue antiche istituzioni certamente non può essere contento. Aggiungete la invasione d’impiegati non nativi del paese i quali non sono veduti di troppo buon occhio ...


    Quanto alla piaga materiale, tutti sanno, che c’è quivi ristagno d’ogni cosa, e che la miseria è grandissima ... E poi, e io ve la dico schietta, da Torino non si governa l’Italia, da Torino non si regge Napoli: questa per me è convinzione profonda; in questo sta la radice di tutti i nostri mali.


    


    tornata de’ 7 dicembre (atto nr. 340)


    Il deputato Ricciardi: ... Un oratore ha parlato delle detenzioni arbitrarie di Napoli, e specialmente di quella di sette mesi del Duca di Cajaniello. Nessuno ha risposto a questa importante domanda, al quale proposito dirò, che nelle sole carceri della Basilicata, un mese fa esistevano mille nove detenuti, a giudicare i quali non vi erano che quattro magistrati. Ho pure richiesto il ministro della guerra sulle condizioni misere di 3684 ufficiali dell’ex esercito delle Due Sicilie, e segnatamente su la capitolazione di Gaeta, che alcuni fra quegli ufficiali lamentano violata a loro riguardo.


    Il deputato Bertani accagiona il ministero di aver violato a danno di lui il segreto postale delle Lettere.


    


    tornata de’ 20 dicembre (atto nr. 340)


    Il deputato San Donato: ... Tutti gli impiegati che da Torino si sono mandati a Napoli, non solo sono stati promossi di soldo, ma si è loro accordata, sul tesoro napoletano, due, tre, sino a quattrocento franchi al mese di indennità; mentre a’ Napoletani traslocati in Torino nulla si è dato non solo, ma lo sono stati con gradi e soldi inferiori a quelli che lasciavano in Napoli.


    Il deputato Pisanelli: ... In fatti, non vi è istituzione pubblica, collegi, università, amministrazione, educandati, ecc. ecc., a Napoli, che non sieno stati sciolti, unicamente perhé non avevano i regolamenti piemontesi.


    Il ministro della marina signor Menabrea, con un coraggio unico al mondo, ha invitato 43 nobili padri di famiglia a ritirare dal collegio di marina i loro ragazzi (che essi vi tenevano da tre, o quattro anni messi al tempo dei Borboni), unicamente perché gli è piaciuto dire, che questi erano entrati nel 1858, quando a Napoli non vi erano regolamenti piemontesi. ... L’Armata navale aveva, fra le molte cose buone, de’ macchinisti abili e distinti, che, secondo le antiche leggi napoletane, erano assimiliati a sotto-tenenti. Il ministro Menabrea ... li sottopose ad una Consiglio di guerra per farli condannare per insubordinazione.


    


    tornata de’ 21 dicembre (atto nr. 340)


    Il deputato Ricciardi: ... Ora vengo alla giustizia ... Non parlo del torto avuto dalla magistratura delle provincie napoletane nel tollerare durante questi ultimi tempi, i soprusi dell’autorità militare, la quale è la peggiore che io conosca. Per carità patria io tacerò di questi sorprusi: solo ricorderò all’onorevole Guardasigilli, che le prigioni dell’ex Reame di Napoli sono ripiene di detenuti, i quali aspettano invano da lungo tempo il loro giudizio ... è d’uopo sapere che molti arresti sono stati fatti con gran leggerezza, vale a dire sopra semplici denunzie.


    


    tornata de’ 22 dicembre (atto nr. 340)


    Il deputato D’Ondes-Reggio: ... In breve le condizioni in cui si trova la Sicilia sono le seguenti: Leva, che travaglia e addolora, ma è di necessità. Abolizione di tutte le amministrazioni, che travaglia e addolora, ed è in parte necessità pel sistema di concentramento, ma in parte è voluttà di distruggere.


    Abolizione della Luogotenenza, che travaglia e addolora, non necessità, ma voluttà di distruzione. Occupazione delle case religiose, ciò che travaglia e addolora; non necessità, ma voluttà di distruzione.


    Ed ora anche voluttà di distruggere l’amministrazione della giustizia! E di questa distruzione l’effetto, o signori, sarà, che infine la gente vedendosi impossibilitata ad ottenere subito giustizia per torti sofferti, e che manchi l’autorità efficace a conciliare gli animi, ognuno si farà giustizia colle proprie mani.


    


    tornata degli 11 gennaio 1862


    Il deputato Crispi muove interpellanza su’ fatti tragici di Castellammare in Sicilia, che definisce di essere di maggiore importanza di quel che possano farli credere le reticenze della Gazzetta officiale; e che le Autorità locali erano state informate 20 giorni prima, che quivi scoppiasse la insurrezione. Marcatamente dice: ... che il malcontento in Sicilia è gravissimo; ed il governo è pregato a voler ben guardare a quanto succede colà. L’oratore accenna ad altri fatti, tra i quali, che in un comune della provincia di Girgenti fu abbattuto lo stemma sabaudo, e posta in sua vece una croce di legno nero.


    


    tornata de’ 15 gennaro 1862


    Il deputato siciliano D’Ondes Reggio muove interpellanza al ministro guardasigilli, rammaricandosi, che cinque cittadini sieno stati fucilati senza essere stati sottoposti a processo regolare.


    E sullo stesso proposito prende la parola l’altro deputato Crispi, e soggiunge: Non è soltanto ne’ momenti di tempesta e d’insurrezione, che il governo ha proceduto con illegalità. Noi tutti conosciamo gli arresti arbitrarj; tutti sappiamo, che non è molto un onesto cittadino veniva ucciso in pubblica via, in pieno meriggio; e la giustizia difesa dal ministro guardasigilli non ha saputo né reprimere, né punire ... Voi siete deboli, e perciò crudeli: la legalità fu quasi sempre manomessa ...


    Nella stessa giornata il deputato Tofano nel perorare a proprio discarico (accagionato d’infedeltà politica) dice tra l’altro: ... erano stati catturati due nipoti del commendatore Scovazzo, che mi pregò, come avvocato, di vedere il re Ferdinando II perché lo inducessi a raddolcire la loro sorte; mentre erano scarni, sparuti nel carcere di Nisida. Ricusai ogni compenso, vidi il Sovrano, ottenni quello che chiedeva. L’importante discussione su questo incidente del Tofano ha dato luogo a far conoscere molti interessanti documenti politici, che compruovano evidentemente di non essere mai mancata la Real Clemenza de’ Sovrani di Napoli per qualunque traviato avesse saputo invocarla.


    


    tornata de’ 27 gennaio 1862


    Nella interpellanza mossa dal deputato Bruno al ministro della pubblica istruzione, sul regime economico del Collegio medico cerusico di Napoli, l’altro deputato napolitano sig. Gallozzi dice, che: ... il collegio medico di Napoli risale ad epoca rimotissima, e meritava tutti i favori possibili: da esso vennero uomini, che onorarono l’Italia, e si distinsero nell’Europa. Il ministro ha detto essere questa scuola unica in Italia; io sostengo, che altra simile non ve ne è in Europa.In questa occasione parla il deputato Mandoj-Albanese e dice tra l’altro: Il ministro della istruzione ha detto, che nella Regia Università di Napoli tutti i professori fanno il loro dovere. Questa asserzione è gratuia: due terzi dei profesori non dettarono lezioni, percependo i mensili. Fra questi professori è un consigliere di luogotenenza, che percepisce il soldo di professore, senza aver mai salita la cattedra: ciò mi fu detto a Napoli, e lo verificai, recandomi di persona all’Università, ed osservando i registri: questi fatti, ch’io garantisco, mi si scrive, ripetersi tuttavia ... Io narro cose, che ho potuto verificare: insisto nel dire, che certi professori presero il mensile senza aver fatto scuola: ne conosco poi qualcuno, che porta il cumulo di sei cariche con stipendio, ... a Napoli, quattro professori ordinari della Università furono nominati senza concorso e senza aver inteso il Consiglio d’istruzione. Si voleva collocare un favorito. Che si fece? si mise in ritiro un distinto professore di matematica che era stato nominato da 4 mesi ...


    


    tornata del 1° aprile 1862


    Il deputato Lovito insiste semprepiù, perché non sieno ulteriormente prorogate le interpellanze già da gran tempo annunziate da lui su le tristi condizioni delle provincie meridionali, e precipuamente sul così detto brigantaggio.


    In appoggio di Lovito l’altro deputato Ricciardi si unisce, e desidera che tali interpellanze si facciano in seduta serotina, e segreta, soggiungendo: ... che così si ovvierebbe a’ varj inconvenienti; non si farebbero conoscere certe cose, delle quali potrebbero giovarsi i nemici; e si potrebbe, senza timore, scendere a que’ fatti minuti e personali, necessarii ad esporsi in così delicata quistione; ma che non è conveniente far conoscere al pubblico (il deputato si riferisce alla guerra di resistenza fatta da quasi tutto il popolo duosiciliano e alle violente repressioni fatte dalle truppe di occupazione piemontese, n.d.r.).


    A questa ultima proposta si oppone il deputato de Blasiis, sostenendo: ... che il paese deve essere informato di ciò che trattasi alla Camera; che tenerlo al bujo intorno a cose importanti come questa, farebbe cattiva impressione.


    Ma il deputato Ricciardi replica persistendo su la convenienza della discussione segreta ... perché dovendosi parlare de’ soprusi della Autorità militare, si potrebbe offendere la suscettibilità dell’esercito. Ad altre contrarie osservazioni, è respinta tale proposta della tornata segreta.


    Continuando poi la discussione su questo interessante tema, il deputato duca S. Donato accenna dispettosamente, che i deputati del napoletano non hanno tutti la stessa opinione intorno alle misere condizioni di quelle provincie ... mentre alcuni di loro le credono felicissime (ironia); e ripete, che tali deputati hanno su di ciò opinioni disparatissime; perché ve ne sono alcuni, che fino a jeri (cioè fino alla formazione del ministero Rattazzi) credevano, che fossero felicissime e ben amministrate.


    Il deputato Bonghi ritenendo a lui diretto il sarcastico eufemismo del deputato S. Donato, risponde: ... che nessuno ha creduto felici le provincie napoletane, né oggi, né jeri; ma parecchi possono credere, che il miglior modo di sanarne le piaghe non sia quello di sciupare in ciarle il tempo dell’assemblea. Dopo questo incidente, alcuni deputati accorgendosi del pericolo delle interpellanze in esame, pregano il Lovito a ritirarle; e questi vi accondiscende; ma vuole ripigliarle per conto suo l’altro deputato Minervini. Vi si oppone il deputato Valerio, e Minervini esclama: ... che le interpellanze su le cose napoletane sono necessare; né la Camera può rifiutare di ascoltarle.


    Impegnatasi una nuova quistione su di ciò, Lovito dichiara, che se debbono effettuarsi interpellanze, egli e non altri debbe farle. Per far terminare la seria e compromessiva vertenza il deputato piemontese Boggio propone votarsi l’ordine del governo puro e semplice. Al che il deputato Ricciardi altamente protesta ... che se si votasse tale ordine del giorno egli uscirà subito dalla Camera; riserbandosi il diritto di tornarvi per mettere di nuovo in campo, a tempo opportuno, la quistione delle provincie napolitane.

    Difatti egli esce dalla sala, vedendo effettivamente votare l’ordine del giorno puro e semplice.








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