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DUE SICILIE, 1830 - 1880

di Antonio Pagano
SITUAZIONE DELLE DUE SICILIE NEL 1860

Facevano parte del Regno, per il territorio continentale, la parte meridionale del Lazio, le province di Gaeta e Sora (che durante il periodo fascista furono assegnate al Lazio per dare più territori alla nuova provincia di Littoria, oggi Latina), l'area del­la capitale Napoli, Terra di lavoro, Principato citeriore, Basilicata, Principato ulterio­re, Capitanata, Terra di Bari, Terra d'Otranto, Calabria citeriore, 2ª Calabria ulterio­re, 1ª Calabria ulteriore, Molise, Abruzzo citeriore, 2° Abruzzo ulteriore, 1° Abruzzo ulteriore; la Sicilia, che era suddivisa nelle province di Val di Mazara, Val Demone e Val di Noto.

Il Regno delle Due Sicilie, all'atto dell'invasione piemontese, nel confronto con gli altri Stati europei era considerato per la sua ricchezza, per la sua cultura e per le sue condizioni sociali tra i primi Stati dell'Europa. Ancora oggi, tuttavia, si continua ad affermare che lo Stato delle Due Sicilie era economicamente arretrato rispetto all'area lombardo - piemontese. Questo non era possibile per una sola considerazione: gli Stati preunitari e, per certi versi, ancora feudali del Nord, erano troppo piccoli perché potessero dare vita ad uno sviluppo industriale consistente, non solo perché non avevano capitali, ma anche perché non avevano un mercato di dimensioni considerevoli come lo era quello del Regno delle Due Sicilie, il quale, inoltre, aveva un'ottima flotta mercantile che gli permetteva di avere rapporti commerciali con tutto il mondo.

In Piemonte il sistema sociale ed economico era ben povera cosa. Vi erano solo al­cune Casse di risparmio e le istituzioni più attive erano i Monti di Pietà. In­somma esistevano solo delle piccole banche e banchieri privati, generalmente d'origine straniera, che assicuravano il cambio delle monete al ridotto mercato piemontese. In Lombardia non c'era alcuna banca d'emis­sione e le attività commerciali riuscivano ad andare avanti solo perché operava la banca austriaca. Tutto questo già da solo dovrebbe rendere evidente che prima dell'invasione delle Due Sicilie, nell'Italia settentrionale non vi potevano essere vere industrie, né vi poteva essere un grande commercio, né che i suoi abitanti erano ricchi ed evoluti, come afferma la storiografia ufficiale. Valga ad esempio il fatto che le locomotive della prima linea ferroviaria del Piemonte furono acquistate nelle Due Sicilie dalle officine di Pietrarsa a Napoli.

Nell'Italia settentrionale i primi ad avere una vera banca furono i genovesi con la Banca di Genova, fondata per sconti, depositi e conti correnti da alcuni commercianti. Questo avvenne soltanto nel 1844. Poi tre anni dopo (vale a dire appena 13 anni prima dell'invasione) si costituì la Banca di Torino, che nel 1849 si fuse con la Banca di Genova, originando la Banca Nazionale degli Stati Sardi (ma di proprietà privata). Cavour, che aveva interessi personali in quella banca, impose al parlamento savoiardo di affidare a tale istituzione compiti di tesoreria dello Stato. Si ebbe, quindi, una banca privata che emetteva e gestiva denaro dello Stato.

A quei tempi l'emissione di carta moneta era fatta solo dal Piemonte, mentre al contrario l'antichissimo Banco delle Due Sicilie emetteva monete d'oro e d'argento, e in più, per velocizzare la circolazione monetaria, fedi di credito e po­lizze notate, le quali corrispondevano ad altrettanta quantità d'oro depositato nel Banco (la quantità di denaro circolante nel Regno delle Due Sicilie assommava a circa 443 milioni di lire dell'epoca). Un sistema che, per alcune norme, possiamo certamente paragonare alle carte di credito di oggi. La carta moneta del Piemonte si basava anch'essa su una riserva d'oro (il circolante nel regno sardo assommava a circa 20 milioni di lire), ma il rapporto era di 3 a 1, in altre parole tre lire di carta valevano una lira d'oro e questo significava la quasi inesistenza di capitali utili per finanziare imprese e commerci. Tuttavia, per le continue guerre che i savoiardi facevano, anche quel simulacro di convertibilità in oro non era mai rispettato, sicché ancor prima del 1861 la carta moneta piemontese non rappresentava nemmeno più il suo valore nominale a causa dell'emissione incontrollata che se ne fece.

Il Reame aveva due amministrazioni: quella delle province napolitane che comprendeva tutte le regioni continentali dagli Abruzzi alle Calabrie e quella siciliana. L'amministrazione dello Stato, divenuta piuttosto farraginosa dopo i cambiamenti apportati dall'occupazione francese (nel periodo dal 1799 al 1815), era in via di trasformazione, ma in sostanza era efficiente e funzionale. La giustizia era proprio borbonica, in pratica era la migliore in assoluto in Italia, ed i suoi codici erano di riferimento per tutta la legislazione della penisola italiana e dell'Europa. Negli affari interni, inoltre, la legislazione era molto tollerante nei confronti delle altre religioni e nei confronti degli stranieri residenti.

Nel 1860 la popolazione del Regno delle Due Sicilie era poco più di 9 milioni di abitanti, di cui la parte attiva era un po'meno del 48%. Il Regno in quell'anno poteva sicuramente essere considerato in campo economico al terzo posto in Europa. Questo era stato il risultato di previdenti leggi che avevano regolato le importazioni e le esportazioni proprio con lo scopo di favorire la nascita dell'industria, dosando opportunamente i dazi doganali e le misure fiscali. L'industria tessile (seta, cotone e lana) e quella metalmeccanica erano già dal 1818 i due principali settori trainanti dell'economia duosiciliana, tanto che portarono anche numerosi stranieri ad investire nel Regno.

La politica industriale era stata insomma lungimirante e coerente, anticipando di un secolo in Italia, la formula dell'iniziativa pubblica nell'industria, senza peraltro avvantaggiare le industrie statali che erano sempre in concorrenza con le iniziative private. Lo sviluppo industriale del Regno di Napoli, vale a dire il trasferimento di risorse dal settore agricolo al settore industriale, non avvenne, infatti, per opera di privati come negli altri Stati (grossi proprietari terrieri, come in Inghilterra, o Banche, come in Germania), ma per diretto intervento dello Stato, che tuttavia fu anche coadiuvato da imprenditori privati con capitali agrari, commerciali, bancari e di paesi esteri già sviluppati.


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DUE SICILIE, 1830 / 1880

DUE SICILIE
 1830 - 1880


Antonio Pagano



Capone Editore, 2002


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