Per non far torto a nessuno e per non ledere i diritti degli autori delle opere, riportiamo poche righe tratte dalla prima pagina di ogni testo, per invogliarvi allo studio personale degli argomenti.
di Edmondo M. Capecelatro e
Antonio Carlo
LA «QUESTIONE MERIDIONALE»
NELL'INTERPRETAZIONE CORRENTE
Il fenomeno del sottosviluppo
meridionale è stato ricellegato, da quasi tutti gli
studiosi, al carattere
ancora semifeudale e precapitalistico del Sud al momento
dell'unificazione
nazionale, la quale, poi, signíficando un rapporto con una
società più forte ‑
il Nord capitalistico ‑, avrebbe definitivamente schiacciato e
compromesso le
autonome possibilità di sviluppo dell'ex reame borbonico.
Questa tesi delle «due
Italie», dominante tra gli storici e gli economisti liberali, ha
avuto vasta eco
all'estero, come provano gli scritti di Vera Lutz o gli accenni al
meridione
contenuti in una delle più celebri opere di Celso Furtado.
Ma su questo punto la
scrimínante non passa tra liberali e marxisti, poiché
anche questi ultimi ‑ a
cominciare dallo stesso Engels ‑ accreditano l'opinione in esame, che
permea
pure gli scritti di Grainsci. Nell'ambito del marxismo, anzi, questa
opinione
diventa il supporto delle analisi e delle proposte politiche del PCd'I,
che
appunto ebbe il merito di porre in rilievo l'importanza nazionale della
questione meridionale.
Basta leggere, per convincersene, quanto scriveva,
nell'agosto del 1926, poco dopo il congresso di Lione, uno dei massimi
meridionalisti del partito: «I tentativi delle monarchie
meridionali di
opporre alla proprietà feudale la piccola proprietà
andarono del tutto falliti,
nel nuovo regime politico‑giuridico del xix secolo la grande
proprietà continuò
a prevalere conservando quasi ovunque immutati i caratteri della
proprietà feudale.
[...]
PER LA CRITICA
DEL SOTTOSVILUPPO MERIDIONALE Edmondo M. Capecelatro - Antonio Carlo
La Nuova Italia
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