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Per non far torto a nessuno e per non ledere i diritti degli autori delle opere, riportiamo poche righe tratte dalla prima pagina di ogni testo, per invogliarvi allo studio personale degli argomenti.

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INTRODUZIONE

 

E’ sorprendente constatare come questo Paese conviva da oltre un secolo con due questioni che, comunque le si guardi, coinvolgono la struttura stessa della società civile e dello Stato: la questione setten­trionale e quella meridionale.

Ma quel che sorprende di più, e che potenzialmente dovrebbe sconcertare, è il fatto che i connotati con cui oggi si presentano le due questioni siano identici a quelli originari.

LA QUESTIONE DELLE QUESTIONI

Apparentemente, sembrerebbe appartenere al linguaggio politico contemporaneo l'affermazione della necessità ‑ per il bene del Paese ‑ di:

‑ fermare la spesa pubblica per l'Italia meridionale;

‑ realizzare un decentramento capace di assicurare la gestione autonoma di una parte, almeno, delle risorse dell'Italia del nord da parte di istituzioni settentrionali;

‑ superare il pericolo della meridionalizzazione dello Stato de­rivante dalla separazione tra Paese produttivo (il nord) e Paese im­produttivo (la burocrazia romana innervata e sostenuta dai meridio­nali).

Ed, invece, le espressioni letterali qui adoperate per indicare i contenuti di quella necessità sono molto, ma molto più antiche. Sono copiate, infatti e pressoché alla lettera, non dal progetto confederale elaborato nel 1994 dal sen. Miglio o da qualche discorso salottiero dell'on. Bossi (dove il salottiero sottintende il tono sostitutivo ‑ per l'occasione ‑ di ben più colorite espressioni "da comizio") ma dalle posizioni formulate e sostenute sistematicamente, e fin dal 1890, da personaggi come Giuseppe Colombo e da giornali, pubblicati in Mila­no, come L’Italia del popolo ed 'Il Cisalpino.

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