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Fonte:
https://www.pri.it/

Misure riduttive rispetto agli obiettivi del Dpef

di Pino Vita*


Mentre continua alla Camera il dibattito sulle riforme costituzionali, le conseguenze negative che la Devolution produrrebbe sul piano finanziario nei confronti del Mezzogiorno sono state già anticipate dalla polemica attorno al decreto 56 sul federalismo fiscale. Quelle norme, che alcuni governatori del Sud chiedono, oggi, di revocare sono state varate dal governo dell'Ulivo nel 2000 e Berlusconi è stato costretto a deciderne l'applicazione. Il decreto 56 fu salutato dalla maggioranza di centro-sinistra dell'epoca come il primo passo verso il federalismo fiscale: si tratta in sostanza di un passaggio di fondi alle Regioni sulla base di meccanismi innovativi. Infatti. una volta messo da parte per mancanza di equità il vecchio criterio della spesa storica, si stabilì di agganciare la distribuzione delle risorse all'andamento delle entrate fiscali, con l'introduzione di un fondo perequativo per quelle Regioni con minore capacità contributiva. I risultati sono stati definiti da esponenti della stessa maggioranza ed in ultimo dal vice presidente del Consiglio come causa di "iniquità e di esiti sperequativi tra le stesse regioni", per cui se n'è chiesto il "blocco" in attesa delle conclusioni cui perverrà l'Alta Commissione per il Federalismo fiscale che, nel frattempo, ha invece ottenuto dal Senato la proroga al 30 settembre 2005, per cui la polemica continuerà su dati non ancora certi.

Le polemiche sulla Finanziaria e sugli effetti negativi per il Mezzogiorno possono essere , invece,valutati anche sulla base di dati più certi: quelli pubblicati dall'Istat sulle forze lavoro nel periodo aprile- giugno 2004 che evidenziano un'Italia ancora divisa in due, con la crescita dell'occupazione concentrata nel centro del Paese, mentre nel Mezzogiorno il tasso scende dal 16,4 al 15% con una perdita di 14.000 posti di lavoro.

Nello stesso periodo gli occupati crescono complessivamente di 163.000 unità e il calo del Sud è compensato dalla crescita di 33.000 occupati al Nord e dai 144.000 in più al centro, raggiungendo i 22.438.000, con un aumento dello 0,7%.

L'occupazione nel meridione, con un calo di 14 mila posti, si ferma a 6.443.000 unità, segnando una flessione in percentuale dello 0,2 (-0,8 gli uomini, +1% le donne)

Al Sud il tasso di occupazione è al 46,2%, oltre 10 punti sotto la media nazionale, mentre nel Nord è al 64,9% e nel Centro a 61,2%.

Sui 163.000 posti in aumento, cresce soprattutto la componente femminile che registra un più 112.000 rispetto a quella maschile che si ferma a 51.000.

L'incremento più rilevante dei posti di lavoro si è registrato nel settore delle costruzioni (+85.000 pari al 4,8%) e nell'agricoltura i cui occupati sono aumentati di 42.000 unità pari al 4,7%. L'industria, in senso stretto, perde 23.000 posti ( 0,5%) mentre il terziario registra un aumento dello 0,4%, con 59.000 unità in più.

Rispetto a questa situazione la Finanziaria presentata in questi giorni prevede che il 30% della spesa ordinaria in conto capitale debba essere destinata al Mezzogiorno e che a questo principio si devono adeguare le società a prevalente partecipazione pubblica diretta o indiretta. Ma su tali obiettivi, per citare solo l'organizzazione degli industriali lasciando da parte i sindacati e le forze politiche d'opposizione, la Confindustria ha già espresso le sue riserve in quanto il provvedimento "penalizza le imprese meridionali" ed ha evidenziato il timore degli industriali del Mezzogiorno per le conseguenze che "il blocco della spesa al 2% potrà avere sull'applicazione della legge 488 e sulla realizzazione delle infrastrutture".

A queste considerazioni va aggiunta per il Mezzogiorno l'antica immodificabile incapacità delle Regioni di quell'area di mobilitare la spesa, superando gli ostacoli e le resistenze burocratiche.

Al di là delle polemiche che ogni anno accompagnano la Finanziaria, sicuramente negativa per il Mezzogiorno e riduttiva rispetto agli obiettivi indicati nel Dpef, i recenti dati dell'Istat dimostrano che il Sud continua ad arrancare. Comunque il Pri non tralascia occasione, come ha fatto anche nell'ultima riunione di Direzione dedicata all'esame della Finanziaria, per sottolineare la necessità di intervenire sul Mezzogiorno con misure adeguate alla profondità di una crisi che viene da lontano e che gli strumenti utilizzati nel tempo non sono riusciti a risolvere.

*Responsabile nazionale Pri Enti locali


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