Quando critichi questa manovrina-stangatina che nel 2005 dovrà inevitabilmente trasformarsi in una manovrona-stangatona, ti senti obiettare: c´era forse una soluzione alternativa? Siete in grado di proporla? Coraggio, fuori la proposta.
In realtà sì, c´era una soluzione alternativa;
c´erano molte soluzioni alternative, ma c´era soprattutto
una premessa alternativa: non bisognava arrivare a questo punto, non
bisognava imboccare tre anni fa questa politica economica e finanziaria
dissennata, fondata su presupposti miracolistici inesistenti e
ingannevoli.
Se una persona è debole di cuore o di polmoni e se
la si cura per tre anni con salassi e fanghi caldi riducendola uno
straccio, è poi difficile rimetterla in piedi dallo stato di
prostrazione in cui è precipitata. Il medico ha sbagliato fin
dall´ inizio e invece di guarirlo rischia di ammazzare il suo
paziente.
La cura Tremonti è stata esattamente questo: quando
l´esperto fiscalista fu insediato sulla poltrona di Quintino
Sella, la finanza e l´economia italiane erano state da poco
dimesse dall´ospedale.
Erano tornate in buona forma e facevano
rispettabile figura tra i dodici paesi dell´euro e tra quelli del
Gruppo dei Sette. La finanza pubblica era tornata solida, la cura
Ciampi aveva risanato il bilancio, le partite correnti registravano un
consistente attivo.
L´altissimo debito pubblico ereditato dalla gestione del decennio
Forlani-Cossiga-Spadolini-Craxi-Andreotti era stato fermato ed era
cominciata una virtuosa tendenza discendente. Inflazione e tassi
d´interesse erano tornati alla normalità. La lira infine
era stata convertita nella moneta europea comune.
A questo punto, per
legittima volontà del popolo sovrano, la barra del timone
cambiò mano e passò all´accoppiata
Berlusconi-Tremonti. Cominciò una fase radicalmente nuova.
L´economia italiana e i suoi operatori, risparmiatori,
contribuenti, furono lusingati e indotti a comportarsi
sconsideratamente: la pace sociale fu stracciata, la concertazione
abolita e relegata tra i ferri vecchi, il sindacato umiliato e
incattivito. L´asse della politica economica fu spostato di 180
gradi, l´opera di risanamento abbandonata.
La conseguenza fu che le entrate rallentarono il passo, il fabbisogno
si accrebbe e con esso aumentò il livello del debito pubblico.
Ma poiché l´impegno era stato quello di arrivare ad una
generale e radicale diminuzione della pressione fiscale, cominciando
soprattutto a liberare gli spiriti animali dei ceti più ricchi,
si ebbe come conseguenza che il finanziamento del fabbisogno di cassa e
del disavanzo di competenza furono affidati ai condoni, alle vendite
dei cespiti di patrimonio, alle anticipazioni bancarie sulle entrate
future.
In tempi di vacche magre ed anzi magrissime si scommise sul
futuro facendo apparire un presente roseo che in realtà aveva
colori di tutt´altra natura.
Perciò la domanda: esiste una alternativa alla stangata di oggi,
è mal posta. La risposta è l´antico monito che
s´impartisce a chi è stato bocciato agli esami: "Oportebat
studuisse", bisognava aver studiato.
l'ammutinamento del bounty
Allo stato in cui è arrivata la finanza italiana, con un rapporto deficit/Pil ormai oltre la soglia del 3 per cento, valutato al 3.5 dalle maggiori istituzioni di analisi internazionali e addirittura oltre il 4 nell´anno venturo, è evidente che una manovra sulla spesa e sulle entrate fosse indispensabile.
L´assurdo consiste nel fatto che ancora nel maggio scorso il
"premier" negò perfino l´ipotesi di una qualsiasi
operazione di bilancio e il suo ministro dell´Economia fu del
medesimo avviso. Va bene che gli italiani sono scordarelli, ma
c´è un limite.
La frase "i nostri conti vanno benissimo"
è stata detta addirittura da Berlusconi e dal suo "doppio"
Tremonti ancora nel giugno e ancora la sera prima che il ministro
dell´Economia si dimettesse.
Quando il nostro "premier" divenuto anche ministro interinale
dell´economia è tornato dalla riunione dell´Ecofin
di lunedì scorso, sembrò ? stando ai resoconti televisivi
della Rai e di Mediaset ? che tornasse vincitor come il Radames
dell´Aida. Marcia trionfale.
Accordo completo a Bruxelles. Conti
in perfetta regola come avevano sempre predicato e conclamato i
Tremonti, i Bondi, i Cicchitto, gli Schifani.
Ma che cosa in realtà era accaduto all´Ecofin e che cosa
è stato formalizzato venerdì dal Consiglio dei ministri?
Era accaduto che il premier aveva assunto l´impegno in una assise
internazionali a realizzare entro dieci giorni una manovra da 7,5
miliardi di tagli di spesa e di aumento di entrate.
E questo è
stato formalizzato nel decreto di venerdì. Dunque era
completamente falso che i nostri conti andassero bene. I conti andavano
male anzi malissimo e continuano ad andar male anzi malissimo anche
dopo la manovra realizzata in modo insufficiente e sbagliato.
Il benestare dell´Ecofin non entra nel merito ed è
motivato semplicemente dal fatto che in ogni caso abbiamo per ora
evitato di superare la soglia del 3 per cento.
L´abbiamo evitato attraverso provvedimenti depressivi che
frustano un cavallo anemico per indurlo a correre come fosse il
destriero di Orlando. Ma non è il destriero di Orlando, è
un ronzino sfiatato che avrebbe avuto bisogno di ben altre cure e
questa è l´amara verità che tuttora continua a non
venir detta al paese da quel raggruppamento politico che, come ha detto
salacemente il governatore del Lazio Storace, si è trasformato
in un "Casino delle libertà".
Sono stati tagliati 1 miliardo e 250 milioni di euro di incentivi alle imprese. L´80 per cento di questo taglio riguarda imprese operanti nel Mezzogiorno. Ma quel che è peggio non è soltanto il taglio alla legge 488 e ad altre provvidenze incentivanti, ma il blocco imposto alle erogazioni del ministero delle Attività produttive. Doveva erogare 1 miliardo e 750 milioni ma ora tutto dovrà slittare al 2005 insieme ai bandi di concorso delle imprese e a 45 mila posti di lavoro previsti. Le regioni più colpite sono Campania, Sicilia, Calabria, Basilicata, Puglia.
Un altro dei capitoli della manovra è l´aumento delle
imposte su assicurazioni, banche, fondazioni, per 1300 milioni di euro
che si riverseranno inevitabilmente sui costi dei servizi (polizze,
interessi sui prestiti, etc.).
Infine i 2 miliardi di euro che dovranno venire anche da vendite di
immobili dello Stato riaffittati dallo Stato stesso costituiscono
un´operazione basata anch´essa su
un´assurdità. Si aggravano le spese correnti per pagare i
canoni di affitto e le si alleggeriscono vendendo cespiti patrimoniali.
Con un debito pubblico ai livelli enormi che conosciamo le vendite di
cespiti patrimoniali dovrebbero essere mirate a ridurre lo stock del
debito e non le spese correnti. Risulta francamente incomprensibile
l´adozione di un criterio di questo genere.
Ciò che tuttavia non è stato chiarito al pubblico
consiste nel fatto che le misure strutturali contenute nella manovra
riguardano il secondo semestre 2004.
Taglio di spese e aumento di
imposte si ripeteranno inevitabilmente raddoppiate nel 2005 mentre la
parte non strutturale della manovra (vendite di cespiti patrimoniali e
rinvio nelle erogazioni dei ministeri) dovranno essere rimpiazzate con
altri tagli e altre imposte.
Domenica scorsa scrissi che per mantenere nel 2005 il rapporto
deficit-Pil entro la soglia del 3 per cento sarebbe stata necessaria
un´altra manovra da due punti di Pil. Quella attuale è di
un punto scarso e depurata dai 2 miliardi di una tantum scende a mezzo
punto. Ci attende dunque nel 2005 un´altra stangata di oltre 20
miliardi di euro. Ecco i primi esiti d´una gestione che ci ha
portato sull´orlo del disastro finanziario.
C´era, sì, l´alternativa ed era quella di adottare fin dall´inizio misure di sostegno dei redditi familiari e di incentivare i crediti al consumo e alle imprese. Era il solo modo per rilanciare la domanda in una fase congiunturale depressa, migliorando per questa via sia la dinamica del Pil sia, di conseguenza, il rapporto deficit-Pil.
Questa strada non è preclusa anche se il ritardo
nell´imboccarla dopo tre anni di dilapidazione delle risorse la
rende oggettivamente più difficile.
L´idea di un fondo rotativo finanziato dalla Cassa Depositi e
Prestiti è positiva se verrà adottata rapidamente e
affidata alla gestione del sistema bancario, senza peraltro che
ciò giustifichi ulteriori tagli agli incentivi a fondo perduto.
Non ci sono scorciatoie in politica economica, né miracoli. Sono
tre anni che ripetiamo questi suggerimenti di buona amministrazione.
Quello che manca oggi non sono le idee né gli esempi. Mancano
nella gestione delle pubbliche finanze persone come Ciampi, Andreatta,
Visco.
Si vede. Eccome se si vede.
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