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ATTI

PARLAMENTO ITALIANO

SESSIONE DEL 1861

(VIII Legislatura)

RACCOLTI E CORREDATI DI NOTE E DOCUMENTI INEDITI

GALLETTI GIUSEPPE E TROMPEO PAOLO
______________
DOCUMENTI
Periodo - dal 18 febbraio al 23 luglio 1861
[pag. 33-85]

TORINO 1862

EREDI BOTTA, Tipografia della Camera dei Deputati

VIA TEATRO D'ANGENNES, PALAZZO CARIGNANO

(se vuoi, puoi scaricare il testo in formato ODT o PDF)

Repartizione del regno e autorità governative.

Progetto di legge presentato alla Camera il 13 marzo 1861

dal ministro dell'interno (Minghetti).

Signori! — L'ordinamento del regno deve aver per base la repartizione territoriale.

A questo fine provvede la legge presente, la quale si accosta di tal guisa a quella del regno italico dell'8 giugno 1808, e dalle leggi napoletane del 1° maggio 1816 e 16 aprile 1819; sebbene queste siano destinate alla sola circoscrizione, laddove negli altri Stati italiani la circoscrizione era talvolta congiunta alla legge comunale e provinciale, talvolta alla sola legge provinciale, talvolta divisa fra entrambe. Ma, oltre a ciò, questa legge contiene ancora le attribuzioni dei funzionari governativi, ne determina la gerarchia, da le norme principali sulle categorie degli impiegati.

Il comune è la prima e la più semplice associazione delle famiglie aventi interessi intimi e quotidiani fra loro. Esso dee liberamente amministrarsi, salva quella vigilanza che nella legge relativa sarà indicata.

L'altra aggregazione parimenti naturale è la provincia, la quale ha origine pur essa da interessi comuni di un ordine più complesso e dalle tradizioni.

Se vi ha paese in Europa dove la provincia formi un ente spiccato e direi quasi necessario, o per ragione geografica, o per ragione storica, ella è veramente l'Italia. Ivi, intorno alla città, quasi intorno a nucleo di cristallizzazione, poco a poco si agglomerarono i comuni minori e rurali, e strinsero vincoli che non si possono né disgregare fra loro né confondere con altri. Erra dunque chi crede potersi la provincia italiana artifizialmente delineare ed ingrandire ad arbitrio secondo le opportunità; essa è, a mio avviso, già costituita dalla geografia e dalla storia, salve poche rettificazioni; ma di ciò dirò più oltre.

In ogni provincia vi è una potestà governativa alla quale la presente proposta da il nome di prefetto, sia per cancellare antiche e svariate memorie, sia perché quello d'intendente, attribuito ad altri funzionari nel ramo delle finanze, parve meno opportuno. Il prefetto rappresenta il Governo, ed ha in questo schema molto maggiori attribuzioni di quello avesse finora nelle leggi vigenti in Italia e fuori. Tutti gli affari che possono terminarsi dal prefetto senza salire a più alta gerarchia gli sono attribuiti, e gli è data, entro il cerchio delle leggi e sotto il superiore indirizzo, ogni ampiezza di risolvere e di eseguire.

Una riforma capitale, la quale differenzia questa legge dalle altre analoghe, si è l'abolizione del contenzioso amministrativo. Quali siano le ragioni che a ciò m'indussero, quali i modi e i temperamenti adottali, si vedrà nella legge speciale che vi sarà fra breve presentata.

Ma, abolito il contenzioso amministrativo, poté parere a prima giunta inutile la conservazione dei Consigli di prefettura. Un più maturo esame mi ha persuaso a mantenerli, restringendo il numero dei consiglieri; ed i motivi che a ciò m'indussero furono i seguenti. Primieramente, nell'ufficio di prefettura, i consiglieri possono essere i veri direttori degli uffizi e sopraintendere ai diversi rami del servizio. Il che tanto più è conveniente, inquantocbè non si è creduto di ripristinare l'ufficio di segretario generale, al quale le leggi italiche e napolitano davano troppo ampie facoltà. In secondo luogo, molte sono le trattazioni di affari non contenziosi che per maggiore studio e gravita conviene risolvere collegialmente.

33 - SESSIONE DEL 1861

Da ultimo, l'officio dei consiglieri di prefettura è il primo grado dell'amministrazione superiore, e le condizioni che si pongono alla loro nomina, tanto per istudi teorici, quanto per esperienza pratica, danno guarentigia che il Governo troverà in essi sagaci ed abili cooperatori.

Al disotto dei consiglieri sono poste due categorie d'impiegati: quella di segreteria e quella d'ordine. Questa distinzione, la mancanza della quale nelle antiche provincie dava luogo a molti inconvenienti, è introdotta nella proposta presente. Ma, richiedendo dagli impiegati di segreteria minori requisiti di quelli che occorrano per la carriera superiore, non si toglie loro la possibilità, coll'ingegno e cogli studi, di potervi aspirare, e similmente si conserva la facoltà di adoperare nei vari rami della contabilità e della sicurezza pubblica quegl'impiegati di segreteria che vi avessero maggiore altitudine. L'esame, e per conseguenza il concorso, è posto come condizione all'ammissione degli impiegati di segreteria. La categoria degli impiegati d'ordine comprende il protocollo, l'archivio, la spedizione e la copisteria.

Abbiamo detto che la provincia ed il comune sono le due corporazioni essenziali al disotto dello stato. Ora debbo parlare di due altre repartizioni, quella dei circondar! e quella delle regioni.

Con una legge di autonomia comunale e provinciale, con una legge che porta la vigilanza richiesta sui vari istituti nel capoluogo della provincia ove siede il prefetto, il circondario sembra essere un riparto inutile e soverchio. È mia opinione che veramente esso sia destinato a scomparire in un tempo più o meno remoto; e se ovunque fossero in Italia vie ferrate e facilità di comunicazione di ogni genere, non mi sarei peritato di proporne l'abolizione. Ma nelle condizioni presenti della Penisola, e specialmente in alcune parti dell'Italia centrale e meridionale, mi parve opportuno di conservarlo, almeno temporariamente, ponendovi un viceprefetto. Se non che il circondario cessa di essere un centro amministrativo, onde il viceprefetto non ha, io questo schema, autorità propria; esso è un consigliere di Governo, collocato in un punto secondario della provincia per invigilare all'esecuzione della legge, per adempiere gli ordini del prefetto, per facilitare le relazioni fra il capoluogo e le parti più remote. Come questo organismo si colleghi all'ufficio di pubblica sicurezza si vedrà nella legge relativa a questa materia che fra breve avrò l'onore di presentare al Parlamento.

Le provincie italiane furono sinora aggregate in riparti più vasti, che ebbero centro in alcune città cospicue per popolazione, per ricchezza, per arti, per tradizioni e per Splendore. Il moto nazionale d'indipendenza e di unificazione ha per sempre annullata la personalità politica degli stati, e noi dobbiamo fare tale opera che nulla possa mettere a repentaglio quell'unità che fra tanti pericoli e fra tante difficoltà abbiamo acquistata. Ma la unità politica importa essa necessariamente la unità amministrativa? Le istituzioni peculiari che fiorirono nei vari Stati d'Italia, i regolamenti propri di ciascuno debbono anch'essi assimilarsi e pareggiarsi? Quelle tendenze, quelle abitudini, quell'interessi che erano stabiliti intorno ai centri predetti, si possono distruggere? O hanno una ragione vera di esistere nell'organismo italiano? E, dato che si possano distruggere, è opportuno farlo immediatamente? Non vi deve essere un periodo di transizione, nel quale (unificato tulio ciò che è sostanziale, la politica, le armi, la finanza, la legislazione) la parte amministrata e, dirò cosi, tutto l'accessorio duri con quella varietà che si attempera all'indole diversa dei popoli ed alle loro presenti usanze?


Io credo di sì, e credo che l'imporre subito e dovunque le identiche forme ed i medesimi regolamenti recherebbe gravi inconvenienti e susciterebbe gravi ripugnanze, senza corrispondente profitto. Ma questa varietà non può lasciarsi alle singole provincie, perocché sarebbe un portare l'anarchia nell'amministrazione,sarebbe un rinvertire al periodo di maggiore divisione italiana, e nuocerebbe alla unirà del sostanziale, a quella meravigliosa concordia con cui gli Italiani pronunciarono che in uno Stato unico potevano trovare soltanto la forza, la prosperità e la durevole pace.

La regione adunque, quale noi la concepiamo, potrà tornare accetta sì a coloro che veggono in essa una naturale varietà destinala a conservarsi ed a cooperare con bella armonia all'unirà nazionale, sì a coloro che vagheggiano come fine anche l'unificazione amministrativa, ma non possono chiudere gli occhi sulle difficoltà che questa unificazione incontrerebbe d'un tratto.

Essa ha il vantaggio di fondarsi sopra uno stato di fatto ed abituale, e quindi di poterne essere o la conferma nei giusti termini o il più acconcio temperamento e mezzo di transizione.

Nella presente proposta la regione è considerala solo come un ente governativo. Il governatore none altro che un delegato del ministro, e specialmente del ministro dell'interno, per esercitare molti uffici che al prefetto non ponno abbandonarsi. Tali sono le risoluzioni sui ricorsi, l'approvazione dei regolamenti, il giudizio delle materie che interessano più provincie, e via discorrendo. Io prego il Parlamento di voler bene considerare questo punto, che il governatore non detrae nulla ai poteri del prefetto, ma compie solo quegli offici che sarebbero propri dei ministri, e in particolare del ministro dell'interno. L'ufficio di Governo è, se vuolsi, una ruota novella nell'organizzazione amministrativa, ma è la ruota necessaria ad impedire la centralità.

Ma, quali sono le regioni in cui dovrebbe ripartirsi l'Italia, e quali sono le provincie, quali i comuni? Io stimai di non poter di colpo presentare al Parlamento la ripartizione già compiuta, e invoco a tal uopo l'aiuto di una Commissione da esso eletta. Ma, lasciando alla Commissione di fare gli studi particolari e di fornire i suggerimenti opportuni, io debbo però indicare le norme generali, secondo le quali essa dovrebbe operare, e che sono le seguenti:

I comuni si conserverebbero come sono, salve le modificazioni richieste dai comuni stessi e riconosciute di pubblica utilità. Per quanto possa deplorarsi la quantità dei piccoli comuni che è in Italia, per quanto possa desiderarsene l'aggregazione, non è di un regime costituzionale ed ordinato il portarvi una mano violenta. Nella legge comunale e provinciale sarà indicato con quale metodo e con quali cautele si possa in processo di tempo venire a tale aggregazione.

Quanto alle provincie, io ripeto che nella maggior parte d'Italia esse non sono artificiali né surte a caso, ma sono un portato della storia ed un risultamelo d'interessi veraci. L'idea pertanto di fare io questa parte grandi mutazioni mi ripugna assolutamente. Né saprei, per vaghezza di più ampia circoscrizione, agglomerare artifizialmenle varie provincie fra loro, né per servire a interessi municipali saprei dividerle. La provincia, in Italia, quale l'ha fatta la natura e la storia, non è in quantità minore di duecento mila abitanti, né in generale passa i cinquecento mila, tranne qualche eccezione. La Commissione adunque in questa parte avrebbe piuttosto un lavoro di rettificazione e di miglioramento da fare che un lavoro di vera ripartizione.

Le provincie di Sicilia e quelle di Napoli rimarrebbero, a mio avviso, in sostanza quali sono.

34 - DOCUMENTI PARLAMENTARI

Vedrà la Commissione imparzialmente se conveniste introdurre qualche modificazione nelle provincie dell'Abruzzo Ulteriore I e nell'Abruzzo Citeriore, rispetto ai loro confini colla provincia d'Ascoli, e con quella di Rieti, ove questa venisse ripristinata.

L'Umbria, oltre la predetta modificazione rispetto all'attuale circondario di Rieti, dovrebbe subirne alcun'altra ne' suoi rapporti colla vicina Toscana.

La Toscana ha naturalmente cinque antiche provincie: Firenze, Pisa, Siena, Lucca, Arezzo; l'ingrandimento e le ricchezze di Livorno ne fanno naturalmente una sesta provincia marittima. La Commissione vedrà se la provincia di Grosseto abbia ragione di esistere separatamente.

Alla Toscana si aggregherebbe la più gran parte del circondario di Massa e Carrara; e si aggregherebbe Sarzana sino alla Magra; mentre d'altra parte il versante orientale dell'Apennino si riunirebbe necessariamente alle provincie romagnole, colle quali ha comuni tutti gl'interessi.

La ripartizione delle Marche e dell'Emilia rimarrebbe nello stato quale si trova, senza rilevanti mutazioni; salvo la provincia di Massa e Carrara, della quale una parte, come abbiamo detto, si unirebbe alle provincie toscane, mentre l'altra frazione ed il circondario di Pontremoli si unirebbero alla provincia di Genova.

Similmente i due circondari di Voghera e di Bobbio dovrebbero naturalmente appartenere alla provincia di Piacenza.

Quanto alla Lombardia, io mi atterrei piuttosto alla divisione che è più lungamente durata, di quello che alla presunte; e riapetto alle antiche provincie, prenderei per base del riparto provinciale le divisioni quali erano stabilite dalle leggi precedenti a quella del 23 ottobre 1859.

E tutto ciò dico senza escludere quelle modificazioni che la Commissione stimasse necessario al reciproco vantaggio delle provincie, ma senza sostanziali alteramenti.

Più ardua è la questione delle regioni. Tre elementi si dovrebbero perciò avere a calcolo:

1° L'elemento geografico;

L'elemento storico e la comunanza di leggi avute per lungo tempo, che hanno creato abitudini ed interessi;

3° Le inclinazioni delle popolazioni.

Non si può fare assegnamento unico sopra alcuno di essi, e converrebbe riunirli tatti e insieme contemperarli per trame equa conclusione.

Alcune regioni sono fatte dalla natura, come le isole di Sicilia e di Sardegna. Se non cosi spiccate, però molto manifestamente segnate nell'Italia inferiore per monti e per corsi d'acque sono la Calabria, le Puglie, la Campania e gli Abruzzi, se non si creda meglio di unire la parte adriatica di questi ultimi alle Marche e la parte aquilana riserbare ad altri destini. Distinti similmente nell'Italia superiore sono la Liguria ed il Piemonte.

La Toscana partecipa di regione geografica, ed inoltre le abitudini e gli istituti ne fanno un compartimento speciale, al quale sarà da osservare se convenga aggiungere la provincia dell'Umbria.

Per la diversità degli istituti e delle leggi che ebbe finora, più che geograficamente, la Lombardia forma una regione separata.

Ove si tenessero segregate le Marche dagli Abruzzi, esse potrebbero invece riunirsi alle Romagne.

Il paese che ha più difficoltà a formare una regione unica si è l'Emilia. Se dal Po alla Cattolica vi sono attinenze geografiche, vi ha per altro tale varietà d'istituti e di leggi tradizionali da renderne poco agevole l'assimilazione amministrativa. La costituzione dell'Emilia sotto la dittatura Farini fu un espediente politica anzi che un organismo amministrativo. Sarà dunque da esaminare innanzi tratto se convenga conservare unita l'Emilia o dividerla. E nel primo caso, se aggregarla tutta alla regione che occupa la maggior parte della riva destra del Po, ovvero formarne una regione propria e distinta. Nel secondo caso poi sarà da vedere se l'uno dei due antichi ducati o entrambi debbano riunirsi alla regione subalpina. Intorno a questi punti la Commissione sarà chiamala ad esprimere il suo voto, tanto più liberamente, quanto maggiore è la riserva che io mi credo in dovere d'impormi.. Su queste basi la repartizione del regno sarebbe determinata con decreto reale al più presto possibile, e dentro il termine dell'anno corrente; essendo sommamente urgente il definire questa materia, il dare ad ogni parte del territorio il suo assetto definitivo, e il chiudere una discussione la quale rade volte è scevra da passioni, e può dar luogo a controversie poco propizie al fine supremo al quale intendiamo.

Le disposizioni transitorie recate negli ultimi articoli sono la conseguenza logica delle mutazioni che si introdurrebbero.

È questa la prima legge che io raccomando alla vostra sollecitudine. Fatto il riparto territoriale, stabilite le autorità governative, la seconda proposta verserà intorno all'amministrazione comunale e provinciale.

PROGETTO DI LEGGE.

Capo I. — Disposizioni generali.

Art. i. Il regno si reparte in regioni, provincie, circondari e comuni.

Art. 2. In ogni regione vi è un governatore ed un Consiglio di governo.

In ogni provincia vi è un prefetto ed un Consiglio di prefettura.

In ogni circondario vi è un viceprefetto.

Art. 5. Le autorità governative si valgono anche della circoscrizione giudiziaria per uffici da loro dipendenti nei casi prescritti da leggi speciali.

Capo II. — Del governatore.

Art. 4. Il governatore ha sotto la sua diretta dipendenza i servizi politici, di sicurezza pubblica e di amministrazione, che sono di competenza del Ministero dell'interno, e vi provvede in conformità delle leggi e delle istruzioni del ministro.

Art. 5. Egli compie inoltre quegli alti che sono di competenza degli altri Ministeri, che gli sono attribuiti da leggi o regolamenti speciali, o che gli sono delegali dai ministri coi quali corrisponde.

Art. 6. Il governatore vigila, nell'interesse dell'ordine e della sicurezza pubblica, sul l'andamento di tutti i servizi dipendenti dall'amministrazione dolio Stato e sulla disciplina del personale addetto a tali servizi. Non ha però ingerenza nei servizi giudiziari e militari.

Art. 7. A questo fine i capi dei diversi servizi pubblici esistenti nella regione sono tenuti di ragguagliarlo di butti i fatti la cui gravita o natura può interessare l'ordine pubblico.

Similmente sono tenuti a comunicargli i cambiamenti nel personale dei loro uffici per le osservazioni che credesse conveniente di sottomettere ai competenti ministri, salva però la limitazione contenuta nell'articolo precedente.

35 - SESSIONE DEL 1861

Art. 8. Il governatore è in diritto di fare e di prescrivere in ogni tempo le indagini o inchieste che allo stesso fine riconosca necessarie.

Gli affiliati del Governo sono dell'obbligo di aderire alle sue richieste.

Art. 9. Esso può dare, nei casi di urgenza e sotto la sui responsabilità, ordini obbligatorii per tutte le amministrazioni.

In questi casi deve immediatamente informare il Governo del Re del suo operato.

Art. 10. Il governatore protegge tutti gli uffiziali del Governo nell'esercizio delle loro attribuzioni.

Art. 11. Il governatore, in conformità delle leggi e dei regolamenti generali e sotto la dipendenza del ministro competente, nomina, sospende e revoca, secondo i ruoli e nei limiti determinali dal bilancio.

Gl'impiegati di segreteria e gl'impiegati d'ordine degli uffizii di governo e di prefettura;

Gl'impiegati di grado inferiore in tutti gli altri rami di pendenti dal Ministero dell'interini.

Art. 12. Il governatore, udito il Consiglio di governo, decide definitivamente dei ricorsi dei comuni e delle provincie a norma della legge comunale e provinciale.

Art. 13. Approva i regolamenti attribuiti dalla legge ai comuni ed alle provincie;

Autorizza Io stabilimento di fiere e mercati;

Approva i cambiamenti nella classificazione delle strade provinciali, e l'introduzione di pedaggi per le medesime.

Art.14. Approva i regolamenti delle opere pie e la formazione in corpi morali di nuovi istituti di carità e beneficenza con una speciale amministrazione.

Art. 15. Conferisce i posti di fondazione, le doti e i sussidi riservati al Governo del Re negl'istituti d'istruzione, di beneficenza e di culto.

Art. 16. Elegge i direttori degli istituti e i componenti le Commissioni sanitarie che siano di nomina governativa.

Art. 17. Esercita sui consorzi facoltativi ed obbligatorii le attribuzioni che gli sono conferite dalla legge consorziale.

Art. 18. Convoca la Commissione regionale, predispone le materie da trattarsi nelle sue adunanze, provvede all'esecuzione delle sue deliberazioni, nomina gl'impiegati ed esercita le altre attribuzioni che gli sono conferite dalla legge regionale.

Capo III. — Del prefetto.

Art. 19. Il prefetto

Rappresenta nella provincia il potere esecutive;

Provvede alla pubblicazione ed all'esecuzione delle leggi;

3° Vigila sull'andamento di tutte le pubbliche amministrazioni, ed io caso di urgenza prende i provvedimenti che crede indispensabili nei diversi rami di servizio;

4° Sopraintende alla pubblica sicurezza ed ha il diritto di richiedere la forza armata;

5° Ha l'amministrazione del servizio delle carceri giudiziarie;

6° Esercita nell'amministrazione provinciale e comunale le attribuzioni determinate dalla legge;

7° Autorizza in Consiglio di prefettura le opere pie alla accettazione di lasciti o doni ed agli acquisti di stabili, e ne approva ogni atto che Interessi la conservazione del loro capitale patrimoniale;

8° Esercita rispetto ai consorzi facoltativi ed obbligatorii le attribuzioni determinate dalla legge consorziale;

9° Compie tutti gli alti che gli sono attribuiti dalle altre leggi speciali o delegati dall'autorità superiore.

Art. 20. Il prefetto devo ogni anno raccogliere e sottoporre al Governo in una relazione generale tutte le notizie statistiche relative all'amministrazione dei comuni e delle o pere pie della provincia; al quale oggetto le rispettive amministrazioni dovranno somministrargli i dati necessari secondo i moduli determinati da regolamenti generali.

Capo IV. — Del viceprefetto.

Art. 21. Il viceprefetto invigila sotto la dipendenza dei prefetto:

1° Alla pubblicazione degli atti del Governo;

2° Alla sicurezza pubblica;

3° All'osservanza delle leggi e dei regolamenti generali, come pure all'esecuzione delle decisioni dell'autorità superiore concernenti i comuni e le opere pie;

4° Allo stato dei registri del censo dove non è direttamente incaricato della loro conservazione;

Fa, almeno una volta all'anno, l'ispezione dei registri nello stato civile di ogni comune;

Fa ogni anno, secondo i modelli fissali d regolamenti generali, una relazione fornita di tavole statistiche sullo stato del circondario, sui miglioramenti da introdursi nel medesimo, e sulle strade in esso discorrenti. Questa relazione sarà dal prefetto comunicata alla deputazione provinciale;

Eseguisce gli atti che gli sono delegali dal prefetto o dall'autorità superiore;

Nei casi d'urgenza provvede direttamente, rendendo conto senza indugio al prefetto del suo operalo.

Capo V. — Degli uffici di governo e di prefettura.

Art. 22. Il governatore ed il prefetto sono rispettivamente assistiti da due consiglieri.

Ai consiglieri di governo si aggiungono, nelle materie relative alla regione, due assessori del consorzio regionale.

Possono esservi consiglieri aggiunti.

Art. 23. I consiglieri di governo e quelli di prefettura:

1° Coadiuvano il governatore o il prefetto nell'esercizio delle sue funzioni;

2° Dirigono gli uffici di segreteria e di ordine;

5° Danno voto sulle materie che vengono loro deferite;

Fanno, ove occorra, le veci di viceprefetto odi questore.

Art. 24. Presso il governatore, il prefetto e il viceprefetto v'ha un ufficio di segreteria, il quale comprende anche i ragionieri e i delegati di pubblica sicurezza, secondo il ruolo determinato.

Art. 25.Havvi inoltre un ufficio d'ordine, il quale comprende il protocollo, l'archivio, la spedizione e la copisteria, secondo il ruolo determinato.

Art. 26. Per essere ammesso alle cariche di segreteria è necessario aver compiuto regolarmente tutto il corso degli studi secondari e subire un esame intorno alle materie che saranno determinate con decreto reale.

Per essere ammesso alla carica di consigliere è necessario:

1° Avere la laurea in legge;

2° Aver passato tre anni almeno negli uffici di segreteria;

3° Subire un esame teorico e pratico intorno al diritto amministrativo ed alle altre materie che saranno determinale con decreto reale.

36 - DOCUMENTI PARLAMENTARI

Capo VI. — Disposizioni comuni.

Art. 27. Le spese di alloggio per il governatore, per il prefetto e per il viceprefetto, come pure quelle dei locali necessari ai loro uffici, sono a carico delle circoscrizioni alle quali rispettivamente sopraintendono.

Art. 28. Le spese di mobili, di rappresentanza e di ufficio sono a carico dello Stato.

Capo VII. — Disposizioni transitorie.

Art. 29. La circoscrizione delle singole regioni e la loro divisione in provincie, circondar! e comuni, saranno determinate entro l'anno corrente per regio decreto, previo il parere di una Commissione a tale uopo eletta dal Parlamento.

Art. 30. Tutti i locali di proprietà governativa, che servivano per il passato ad uso dei funzionari e degli uffici indicali nella presente legge, passano a disposizione dell'amministrazione, alla quale viene attribuito l'obbligo di somministrare i locali ai medesimi.

Amministrazione comunale e provinciale.

Elezioni comunali e provinciali.

Progetto di legge e regolamento presentati alla Camera il 13 marzo 1861

dal ministro dell'nterno (Minghetti).

Signori — L'ordinamento dei comuni e delle provincie è la base d'ogni buona costituzione, e da esso dipende grandemente la concordia, la prosperità e il progresso d'una nazione. Più specialmente in Italia, ove al comune ed alla provincia si collegano tante rimembranze storiche, dove l'uno e l'altra, per tradizioni, per abitudini ed affetti, sono un centro di vita civile, codesto ordinamento richiede le maggiori cure del legislatore. E veramente, per impulso della pubblica opinione come per necessità di tempi, i Governi italiani, anche i più assoluti, furono in questi ultimi tempi costretti a volgere il loro pensiero a questa materia. Solo fanno eccezione Napoli e Sicilia, che sino all'aprirsi dell'anno corrente si governarono colle leggi del 1° marzo e 13 dicembre 1816. Ma pel rimanente, nel 1850, il 22 novembre veniva in luce un editto pontificio relativo al governo delle provincie ed alla amministrazione provinciale; e poco stante, il 22( novembre, un altro editto sui comuni e sulla loro amministrazione. Nel 1848, il 12 marzo, Leopoldo II promulgava per la Toscana un motuproprio, col quale per la prima volta era sopra nuove basi fissala la competenza delle amministrazioni compartimentali; e nell'anno successivo, addi 20 novembre, sanciva ancor esso un regolamento comunale, rimutato in seguito per due volte con decreti del 28 settembre 1855 e 4 settembre 1859. Nel 1849 fu similmente pubblicato nel già ducato di Modena un regolamento sui comuni, modificato poi anche in parte nel 1856 con decreto del 12 marzo, e pochi mesi dopo (decreto del 31 giugno) rinnovato interamente. Negli Stati parmensi, dove emanò pure nel 1849 (4 novembre) un decreto che ricompose tutta l'amministrazione provinciale, quella dei comuni lo fu gradatamente con decreti del 28 aprile e del 24 settembre 1855. Nella Lombardia le vecchie patenti del 24 gennaio, 12 febbraio e 12 aprile 1816 furono con notificazioni e decreti del 10 agosto 1848, del 16 luglio 1855 e del 2 novembre 1856 siffattamente modificate che si può dire aver da qnell'epoca i comuni e le provincie mutato assetto intieramente. Infine anche nell'antico regno sardo la legge del 7 ottobre 1848 venne a sanzionare una novella forma di reggimento comunale e provinciale, mercé cui la rappresentanza elettiva e le altre liberali franchigie si videro per la prima volta applicate alla trattazione dei locali interessi.

Né basta. Alcuni di questi ordini così recenti erano ultimamente di bel nuovo mutali. Il 23 ottobre 1859 una nuova legge sui comuni e sulle provincie, più liberale di quella del 1848, si promulgava nelle antiche provincie e nella Lombardia; legge che fu man mano introdotta nelle provincie parmensi, modenesi, romagnole, marchigiane, umbre, napolitane e sicule coi decreti dittatoriali o di governo del 13 gennaio, 16 marzo, 26 agosto, 24 e 30 settembre, 20 ottobre, 15 dicembre dello stesso anno, e 2 gennaio di quello volgente. E pur nel 1859, il 31 dicembre, bandivasi per la Toscana un nuovo regolamento intorno al governo de' suoi comuni, al quale più tardi faceva riscontro un decreto (14 febbraio 1860) sulla amministrazione distrettuale e di compartimento.

Per le cose dette apparisce altresì che, nello stato presente, la sola Toscana ha leggi comunali e provinciali sue proprie, mentre nel restante del regno d'Italia venne promulgata la legge sarda 25 ottobre 1859.

Ma quest'ultima legge anche dove fu promulgata non ricevette in tutte le sue parti applicazione, attesa la sua attinenza con altri ordinamenti quivi rimasti inalterati. Essa inoltre è suscettiva di miglioramenti notabili, siccome spero di poter dimostrare nel seguito di questa relazione. Finalmente, volendo dare all'amministrazione civile del regno un nuovo ordinamento conforme alle condizioni ed ai bisogni dell'Italia, di necessità conviene introdurre mutazioni anche in questo dei comuni e delle provincie, che ha con quello strettissima attinenza.

E queste sono le ragioni die m'inducono a presentarvi lo schema presente, il quale, se in molte sostanziali parti si fonda sulla legge vigente, prende però dalle altre quanto può esservi di meglio e vi aggiunge alcune innovazioni che meriteranno, io spero, la vostra approvazione.

Ma, prima d'entrare nel merito delle sue disposizioni, non sarà inopportuno il premettere un cenno sull'ordine e sulla divisione che ho in esso adottata delle materie.

È canone di scienza giuridica che nelle leggi debbano unicamente stabilirsi i principii o le massime generali, e che le particolarità di loro esecuzione siano indicate separatamente sotto quella forma che dicesi oggidì regolamento. Sceverando in tal guisa le parti sostanziali dalle accidentali, si ottiene un doppio vantaggio: di non turbare l'economia della legge e di renderne più spedita l'interpretazione. Le discipline infatti e le formalità con cui si voglia provvedere all'attuazione d'una legge hanno di necessità un valore relativo; e ciò che torna opportuno in date circostanze può non esserlo in diverse. Ora, ponendo nella legge cedeste pratiche di esecuzione, oltre gl'inconvenienti testé notati, avviene ancora che ogni mutazione da introdursi in essa tragga seco una nuova compilazione della legge stessa, ovviamente l'introduzione d'una legge apposita che, lasciando sussistere la precedente, vi deroga soltanto in qualche parte; d'onde lo sconcio (notevolissimo già nell'italiana legislazione, e da doversi possibilmente evitare nell'attuale inaugurazione di un nuovo sistema) che sopra una stessa materia vengano a coesistere più leggi, fra loro in parte repugnanti e contraddittorie.

Mosso da queste considerazioni, io ho nel progetto ripartite le materie della legge 23 ottobre 1859 in una legge propriamente detta ed in un regolamento. Quest'ultimo non versa che sulle forme colle quali si costituisce la rappresentanza elettiva pei comuni e per le provincie; formalità analoghe per l'uno come per l'altro caso, poiché l'elezione provinciale non ha diversa né minore importanza della comunale, onde identiche vogliono pur essere le relative guarentigie di procedimento.

37 - SESSIONE DEL 1861

Ma io vo persuaso che per poco si considerino le disposizioni contenute in codesto regolamento, non si dorerà fatica a riconoscerne il carattere accidentale, per cui, se in avvenire parrà conveniente di aggiungere o detrarre alle medesime, potrà ciò farsi senza che ne venga alterata una legge organica quale è quella del reggimento comunale e provinciale.

Sceverata la parte regolamentare da quella di massima, dirò dell'ordine delle materie. Le varianti che il proposto schema presenta dalla legge 93 ottobre, come da tutte le altre leggi preesistenti nelle varie provincie, derivano da un canto necessariamente dal concetto generale per cui l'organamento delle autorità governative e quello della regione formano due leggi distinte; e da un altro canto hanno per fine di semplificare e chiarir meglio disposizioni le quali devono correr sempre nelle mani non solo degli uomini colti, ma eziandio dei meno addottrinati.

La rappresentanza del comune, il modo di formarla, le sue attribuzioni, gli uffici del magistrato e quelli del gonfaloniere, che ne sono le potestà esecutive, le fonti di rendita, le ragioni di spesa ed i limiti del potere municipale nel far regolamenti di polizia, sono i capi che brevemente l'uno all'altro si succedono nel titolo primo.

Nel titolo secondo si parla con lo stesso ordine della rappresentanza provinciale, del modo di formarla, delle sue attribuzioni, della deputazione provinciale che ne è il potere esecutivo, ed in ultimo delle rendite e delle spese della provincia.

Il terzo titolo comprende le disposizioni generali e comuni, quelle cioè che, per essere eguali tanto nell'una che nell'altra rappresentanza, non conveniva ripetere.

Che se della gestione e della contabilità si è fatto un titolo a parte, che è il quarto, sebbene anch'esso contenga disposizioni comuni, ciò fu per l'importanza speciale di questo snbbietto e per chiamare sopra di esso più viva l'attenzione.

Ultimo viene il titolo della vigilanza sui comuni e sulle provincie, cosi come nell'ordine dei fatti l'esercizio di siffatta vigilanza sussegue alla deliberazione presa dai Consigli od all'operato dei magistrati locali, e quindi forma l'estremo anello dell'amministrazione locale.

Poste queste avvertenze intorno al contesto dei due schemi, resta che si venga all'analisi delle particolari disposizioni. Se non che, in materia cotanto già discussa e conosciuta, tornerebbe vano il prendere ad esame tutti gli articoli, buona parte dei quali ripete sostanzialmente i dettami del comune diritto; ond'io mi restringerò a parlare di quei soli capi nei quali il progetto si dilunga dalle leggi ora vigenti in Italia od introduce nuovi principii di rappresentanza e di amministrazione.

È deplorata da ognuno la estrema esiguità in Italia di molti comuni, i quali, a giudizio de' savi, non meritano neppure un tal nome quando mancano loro gli elementi intellettivi ed economici per conseguire l'intento dell'associazione; e tali sarebbero quei comunelli che hanno una popolazione inferiore a mille abitanti, i quali per altro, fuori delle provincie napolitano, sicule e toscane, abbondano nel rimanente del regno; bastando il dire che nelle antiche provincie e nella Lombardia 979 di essi contano meno di 500 abitanti, e che di altri 1400 circa la popolazione tocca appena i 1000. Ma in un regime di libertà non sarebbe possibile l'imporre ai piccoli comuni la loro aggregazione ai maggiori, e fare coattivamente una nuova circoscrizione comunale la quale agglomerasse le famiglie in circoli non minori di tre o quattro mila abitanti.

Sorge allora un secondo quesito. se non convenga cioè di fare una distinzione fra i comuni popolosi, i mezzani ed i piccoli, attribuendo loro diverse prerogative e sottoponendo i minori a più stretta tutela, cosicché si favoreggi eziandio indirettamente la costoro unione ai comuni contermini.

Io proposi questo quesito alla Commissione presso il Consiglio di stato, la quale fu unanime nel rispondervi negativamente e nel mantenere la uguaglianza dei comuni. La mantenne parendole che, se nei comuni piccoli vi è scarsezza di amministratori capaci, gli affari vi sono di minor conto e nella quasi totalità dei casi sono apprezzabili dal semplice buon senso; la mantenne perché anche la men retta gestione di alcuni fra essi non può aver grande influsso sulla prosperità generale; perché, sottoponendo l'amministrazione ordinaria dei piccoli comuni a stretta tutela, si annulla la libertà comunale e si va contro al grande e benefico principio dell'uguaglianza; perché l'esercizio dei diritti comunali è la prima scuola degli affari; perché l'autorità Intrico difficilmente può conoscere così bene e così profondamente le eque inclinazioni e i vari interessi come coloro che abitano la faccia dei luoghi; perché infine il risultamento della proposta essendo di sostituire un male ad un altro, fra i due è da scegliere quello che favorisce l'educazione alla vita pubblica.

Accettando le conclusioni della Commissione e mantenendo per conseguenza l'eguaglianza dei comuni fra loro, io tentai nondimeno di porre nella legge alcune disposizioni, le quali favoreggino nell'avvenire la loro aggregazione; dovendosi, a mio avviso, desiderare e fare ogni giusto sforzo perché il comune sia ordinato con quella ragionevole popolazione che lo renda atto a raggiungere il suo fine. Ed a ciò intendono gli articoli 5, 6, 7 e 8 del capo i del titolo I. Però la massima ivi stabilita, sebbene non si trovi nella legge del 33 ottobre, non è nuova nella legislazione comunale d'Italia. Gli articoli 9 e IO della legge napoletana i° maggio 1816 sulla circoscrizione amministrativa di quelle provincie recano sostanzialmente eguale proposta; ed il simile, benché in modo non esplicito, trovasi enunciato nell'articolo 3 dell'editto pontificio 24 novembre 1850, e nell'articolo 154 del regolamento toscano 31 dicembre 1859. Il progetto non fa in sostanza che aggiungere le cautele che nei due casi di aggregazione e di separazione deggiono precedere la promulgazione del decreto reale; cautele che mancano nelle leggi sopracitate e che, mentre assicurano un'attenta disamina e discussione delle materie, rendono in pari tempo il debito ossequio alla legale esistenza del comune che sta per essere modificata.

11 successivo articolo 9 del progetto reca una tacita innovazione negli ordini municipali della Toscana, in quanto esclude dalla rappresentanza del comune un cancelliere, stabilendo che, fuori del Consiglio e del magistrato, il corpo comunale rimanga costituito di un segretario e di un ufficio corrispondente. Però non sembra difficile comprendere il perché tale istituzione, tutta propria di una sola provincia, dee cessare di far parte del nuovo comune italiano. Quel funzionario, stando allo stesso regolamento toscano del 31 dicembre 1859 che pure ne restrinse di assai l'ingerenza, può, coll'assistere ai Consessi deliberanti, scemare alle proposte la spontaneità e la libertà di discussione; il suo ufficio è d'altronde soverchio, poiché di nuovo e nello stesso sistema toscano lo adempie un'autorità governativa. Ma, ciò che più vale, una simile instituzione sarebbe incompatibile coi concetti di libertà e di semplice vigilanza, che nella pubblica opinione come nel progetto attuale di legge debbono essere il perno della comunale amministrazione.

38 - DOCUMENTI PARLAMENTARI

La concessione del diritto elettorale, che in tutte le leggi della moderna Europa è subordinata ad una determinala misura di censo, è nella mia proposta collegata al solo fatto del pagamento di una contribuzione diretta, qualunque ne sia l'ammontare. Il diritto di elezione poggierebbe quindi sovra una base larghissima e tale da rendere il Consiglio comunale una rappresentanza vera e dirotta di tutti gli ordini di cittadini, di tutti i loro interessi. Questa innovazione però al giure vigente, che sola distingue il capo n del progetto dalle analoghe disposizioni in esso mantenute delle leggi anteriori, è piuttosto una logica conseguenza dello stato economico del paese che una riforma radicale. Imperocché nella massima parte della Penisola la proprietà fondiaria è cotanto ripartila od accomunala sotto forma di contratto di società ai non possidenti, che la generalità degli abitanti del comune rimane interessata al buon andamento della sua amministrazione. Fatta poi considerazione che nel sistema finanziario dello Stato anche il possesso della ricchezza mobile e l'esercizio di qualsivoglia professione o mestiere soggiacciono all'annuo pagamento di un'imposta, vedesi che anche le classi le quali non partecipano alla proprietà della terra vengono, senza uopo di speciale menzione, ad essere fornite del diritto di elezione; onde,in ultima analisi, sotto il solo appellativo di contribuenti trovansi elettori comunali quanti possono avere alla comunale amministrazione un interesse più o meno diretto.

Due disposizioni egualmente notevoli si presentano nel capo ai. I,'una è quella dall'articolo 20, l'ultra dell'articolo 86.

L'articolo 20 apre la via a più frequenti adunanze del Consiglio municipale senza necessità di sempre richiederne l'assenso all'autorità governativa; ed, a mio avviso, non è da temere che questa agevolezza dia luogo ad abusi, essendo determinale le materie sulle quali può deliberare il comune, e circoscritti i termini delle sue competenze.

L'articolo 26 sancisce in forma al tulio nuova, e senza riscontro nella legislazione italiana, l'osservanza dei diritti propri delle frazioni o dei parrocchiani. Senza ricordare per altro che anche nelle antiche provincie la separala rappresentanza elettiva largita alle frazioni o borgate non sempre valse a tutelare efficacemente le ragioni di questi borghigiani; senza ricordare che la circoscrizione ecclesiastica è tuttavia in molti luoghi disforme dalla civile, onde il concorso nelle spese pel mantenimento delle parrocchie porge ai comuni in esse compresi argomento di spesse contestazioni; senza voler infine notare che gli interessi degli appodtat» nell'Emilia, come nelle Marche e nell'Umbria, hanno un'importanza tutta particolare, la quale esige pure una sanzione propria; basterà dire che codesto articolo è il complemento di quanto il progetto statuisce in ordine all'aggregazione ed alla separazione dei comuni, e che solo mediante le cautele in tale articolo designate potrà vincersi la riluttanza dei piccoli municipi rurali ad incorporarsi in altri, colla perdita della effimera loro personalità.

Il capo V del progetto pone la massima che il Consiglio stesso elegga nel proprio seno il capo dell'amministrazione comunale, detto già sindaco o podestà, e che ora con voce unica, desunta dalle antiche tradizioni italiche e dalla Toscana, prenderebbe il titolo di gonfaloniere.

Io non posso dissimulare che la nomina elettiva del gonfaloniere suscitò gravissimi dubbi nel seno della Commissione legislativa da me interpellala, la quale preferì la nomina governativa, specialmente in riguardo alle prerogative di ufficiale del Governo, che, per alcune operazioni, sono attribuite al gonfaloniere.

M'affido però di poter dimostrare, nella discussione cui darà luogo l'articolo 35, che i pericoli che si temono non possono essere gravi, mentre la fiducia che si pone nel principio elettivo pei consiglieri deve estendersi eziandio al capo dell'amministrazione. Altronde, giusta il progetto, quella elezione deve compiersi a maggioranza assoluta di voli (articolo 57), ed a segreti suffragi (articolo 107); onde è da credere che il gonfaloniere eletto sarà quello appunto de' consiglieri che sopra ogni altro gode della pubblica estimazione. Che se il gonfaloniere cosi nominato trascurasse di fare o non eseguisse in conformità della legge e dei regolamenti gli atti che deve compiere come ufficiale governativo, la facoltà data dall'articolo 1S6 al prefetto correggerebbe a sufficienza l'inconveniente.

Nel l'enumerare le fonti di rendita lasciate ai comuni il progetto vi comprende i dazi di consumo locale e le lasse pure locali, divise in più classi o categorie.

A questo proposito mi giova avvertire che, conferendosi tanto ampie attribuzioni ai comuni, e per conseguenza imponendosi loro maggiori spese, i dazi di consumo non potrebbero più contenersi nell'angusta cerchia in cui li circoscrive la legge del 35 ottobre 1859, ma per contrario dovranno essere estesi a vari di quegli oggetti che, sotto il nome di canone gabellarlo, furono sinora un ramo di finanza dello Stato. Senonchè, volendo dare alla percezione di questi dazi un principio ed una norma comuni, farà mestieri di apposita legge la quale stabilisca gli oggetti imponibili e la misura massima del dazio, e ponga tali cautele che rimanga salva la ragione dell'equità e non contraddetto il principio della libertà economica, che è fondamento del nostro sistema finanziario. La stessa considerazione poi delle maggiori spese a cui i comuni dovranno sottostare consiglierebbe il mantenimento delle tasse locali divise in classi. Imperocché non è da sperare che l'amministrazione dei comuni sia per corrispondere fra breve a tutte le esigenze in modo normale, e che il sistema delle tasse dirette, alle quali essi serbano la facoltà di aggiungere centesimi addizionali, possa avere quel rapido svolgimento che dispensi ad un trailo dall'imposizione delle tasse consuetudinarie. Verrà giorno in cui, per rendere omaggio alla buona economia, si (tTatto tasse dovranno abolirsi; verrà giorno in cui anche il dazio consumo sarà per cessare; ma intanto sarebbe opera dissennata l'inaridire o spegnere fonti di rendita certa senza aver modo di supplirvi.

Della polizia municipale, sopra cui versa il capo vii ed ultimo del titolo I, parecchie sono le disposizioni che si è creduto di dover inserire nella proposta, seguendo in ciò l'esempio dell'antica legge sarda 7 ottobre 1848. In effetto il tacere delle materie che possono essere oggetto ili prescrizioni preventive, rinviandone l'indicazione particolareggiata ad un semplice regolamento, come ha fatto la legge ora vigente del 23 ottobre, sembra contrario alle massime di un Governo costituzionale. Un regolamento sulla polizia modifica pur sempre o restringe la libertà e la proprietà individuale; onde, a rigore, queste restrizioni deggiono essere sancite per legge.

Nel determinare però specificatamente i provvedimenti relativi alla polizia municipale, il progetto segna, a mio avviso, un grande progresso sopra le leggi ed i regolamenti passati; imperocché toglie una serie di vincoli odiosi e vessatorii senza necessità o proporzionato vantaggio, e chiude l'adito a quei vieti pregiudizi che, sotto il nome di annona, inceppavano la libertà del lavoro e della contrattazione o, sotto il nome di ornato, imponevano ai privati, in materia d'arti, le regole pedantesche o la capricciosa sentenza di pochi censori. La Toscana, patria dell'economia e del buon gusto, non poteva in questa parte non prendersi da noi come modello ad imitare.

39 - SESSIONE DEL 1861

Il titolo II tratta dell'amministrazione provinciale. Rispetto alle elezioni è qui mantenuto il medesimo principio che fu proposto per le elezioni comunali. Ed in effetto le attribuzioni assegnate alle provincie essendo di genere amministrativo come quelle del comune, e similmente toccando gl'interessi di tutti i contribuenti, non vi sarebbe motivo di tenere nei due casi un sistema diverso.

Ma, se eguale è il sistema di elezione, diverse 'sostanzialmente sono le attribuzioni della provincia, diversa l'azione della sua rappresentanza. E qui si opera una vera e radicale innovazione che da alla provincia un'autonomia amministrativa; autonomia però di cui si ha un germe nelle provincie già soggette al Governo pontificio, dove, ad onta di (ante condizioni e circostanze contrarie, fece sì buona prova da potersi con gran fondamento argomentare che in condizioni e circostanze nuove e felici riescirà ognora migliore e più efficace al buon andamento della cosa pubblica. Alla provincia sarebbero adunque nel progetto assegnate molle opere pubbliche di strade, di acque, di ponti; l'istruzione secondaria e tecnica, quando non vi sia altrimenti provveduto; gli archivi provinciali e i monumenti; la sanità e gli stabilimenti termali; la beneficenza, in quanto non sia d'istituzione privata o comunale; gli esposti ed i maniaci; la cura e vigilanza dei boschi, le discipline per le consuetudini e gli usi agrarii, e finalmente la concessione di sussidi ai comuni, al fine in ispecie di favoreggiare la loro aggregazione.

Ma che gioverebbe il conferire tutte queste attribuzioni alla provincia, il dare a questa una vera e propria amministrazione degli interessi locali, se il potere esecutivo dovesse poi confondersi e quasi impaniarsi nel potere del rappresentante del Governo? Lasciando stare quanto convenga che i due poteri rimangano perfettamente distinti per la stessa loro dignità e dipendenza, i» noterò che questa distinzione gioverà pare ad attuare con maggiore larghezza il principio del discentramento amministrativo. Il potere esecutivo della provincia sarebbe adunque nel progetto riservato alla deputazione ed ai suo presidente, eletti entrambi dal Consiglio, diversamente in ciò dalla legge del 35 ottobre, la quale, seguendo l'esempio di Francia e del Belgio, fa presiedere e convocare la deputazione provinciale dal prefetto.

Esaminando le conseguenze dell'uno e dell'altro sistema, è facile lo scorgere come in quest'ultimo la tutela sui comuni si eserciti dalla deputazione provinciale, e sia ad un tempo amministrativa e governativa; come l'approvazione degli atti delle provincie si deferisca al governo centrale anziché al governo locale; come al governo centrale ed anzi al Re debbano essere portali i reclami contro la deputazione provinciale, e il diritto di ricorso contro di questa competa allo stesso funzionario che la presiede; come infine gli impiegati a servizio delle provincie siano impiegati governativi. Col sistema proposto si ottiene invece non solo che sia tolta l'ingerenza del Governo nel l'amministrazione provinciale, che sia rimosso i) pericolo di conflitti, che la parte della rispettiva attribuzione e della rispettiva risponsabilità sia meglio determinata; ma eziandio che la vigilanza governativa sia trasferita dal Ministero dell'interno al prefetto; che un modo ed un grado diverso di tutela pei comuni e per le opere pie sia ripartito fra la deputazione provinciale ed il prefetto; che il nuKio contro la deputazione si rivolga al prefetto anziché al governo centrale. Ed anzi colla istituzione delle regioni nemmeno le decisioni definitive per interposto appello sarebbero devolute al governo centrale, sibbene al governatore; ottenendosi così, insieme ai vantaggi di una più efficace guarentigia degli interessati, anche una maggiore regolarità, un'azione più spedila, più immediata e diretta.

Le quali rose, se tornano opportune in ogni tempo, sono per avventura necessarissime in questo periodo di generale riordinamento, in tanta varietà di usi e di consuetudini, e in tanta difficoltà di comunicazioni per alcune provincie del nuovo regno. Ma di ciò apparirà più pienamente dal titolo V che tratta della vigilanza sull'amministrazione delle provincie e sui comuni.

Ora io credo di poter affermare che non havvi esempio di legge in Europa, anche fra le più liberali e progressive, nella quale i) principio della libertà e del discentramento amministrativo sia stato svolto con maggiore larghezza. E conciò io ho inteso di soddisfare con lealtà, con ardimento e con fiducia all'istinto vero, alle condizioni naturali della nazione, e di provvedere nel modo più regolare e legittimo al suo ordinamento.

Le esposte cose spiegano implicitamente l'esclusione che si darebbe nel progetto a quei Consigli distrettuali o di circondario che si riscontrano nel regolamento toscano del 14 febbraio 1860, come sì nella legge napoletana del 12 dicembre 1816. In questa come in quello il Consiglio distrettuale non ha una vera potestà amministrativa, ma inizia le proposte da sottomettersi al Consiglio provinciale, e la nomina dei suoi membri è contemporanea e proposta da queglino stessi che propongono i consiglieri provinciali (nella legge napoletana) o veramente (nella Toscana) è il Consiglio distrettuale che elegge nel suo seno il provinciale o compartimentale. Ma, data alla provincia una separata rappresentanza, una vera autonomia, costituito il Consiglio provinciale per popolare elezione, è facile lo scorgere che un Consiglio distrettuale a foggia toscana o napoletana sarebbe inutile o non varrebbe che a creare un antagonismo fra due poteri aventi la stessa origine. Altronde, l'esperienza ha dimostrato che uno degli inconvenienti del metodo di discutere nel Consiglio provinciale le proposte dei Consigli distrettuali sta in ciò che la deliberazione è presa per transazioni e coalizioni dai rappresentanti dei vari distretti, anziché in vista del maggior bene della intiera provincia.

Colle attribuzioni spettanti alla nuova provincia ragion vuole che ella faccia suoi i proventi derivanti dal loro esercizio; quindi l'articolo 96 del progetto pone anzitutto fra le sue rendite il prodotto di quegli istituti il cui bilancio passivo è posto a suo carico. Tutte le leggi italiane ammettono inoltre a favore della provincia il diritto di sovrimposta alle contribuzioni dirette; e l'articolo 96 pone altresì questo diritto tra i suoi fonti di rendita. Senonché le tasse dirette non potrebbero essere il solo fonte delle sue rendile, e volendo proporzionare i carichi alla ricchezza generale, per quanto è possibile, uopo è pure non trascurare le indirette. Epperò il progetto assegna alla provincia una quota di compartecipazione al dazio consumo de' comuni che ne dipendono, quota che verrebbe determinata nella stessa legge daziaria più sopra mentovata. Perfino, come espediente temporaneo, soprattutto là dove da molto tempo è in uso simile pratica, è conservato alla provincia il diritto ad un contributo da ripartirsi sui comuni medesimi nella proporzione ivi indicata.

Trapassando sulle disposizioni generali e comuni, che formano il titolo III del progetto, siccome quelle che riproducono le consuete norme disciplinari dei consessi deliberanti, parecchi emendamenti si sarebbero anche introdotti nel successivo titolo IV che risguarda la gestione economica e la contabilità comunale e provinciale.

40 - DOCUMENTI PARLAMENTARI

Tale si è la pubblicazione del bilancio preventivo e del conto consuntivo, resa obbligatoria per norma de' contribuenti prima della discussione (articolo 124). Tale si è ancora la disposizione sopra gl'impiegati contenuta nell'articolo 157, la quale, adottando con lievi varianti due savissimi articoli del regolamento toscano 51 dicembre 1859 (articoli 150 e 151), sottrae previo maturo esperimento quei funzionari ad una penosa incertezza sul loro avvenire, previene gli abusi nelle nomine, ed assicura in pari tempo ai comuni ed alle provincie l'assistenza d'uomini pratici e laboriosi. Da ultimo di non lieve momento sembra l'aver richiamato nello stesso titolo a poche e semplici regole l'azienda economica di quelli e di queste, riservando ogni particolarità di bilanci, di conti, e d'altri atti analoghi, a regolamenti tali che le finanze provinciali e comunali abbiano cautele e norme, se non in tutte le parti, almeno nella sostanza pari a quelle dello Stato.

Stabilita io più modi la libertà di azione dei Consigli comunali e provinciali, e ridotta l'ingerenza delle autorità governative a un diritto di vigilanza, il progetto viene a dire in quali casi e sotto quali forme questo diritto si eserciti. Qui egualmente, ricorrendo notevoli differenze fra il giure vigente e quello che s'introdurrebbe, è mestieri che se ne faccia singolare discorso..

La rappresentanza elettiva dei comuni e delle province può talora rifiutarsi di adempiere in tutto ovvero in parte al proprio mandato; può, nell'adempirlo, omettere le solennità richieste alla validità estrinseca delle sue deliberazioni o contraddire ad una legge vigente; può inoltre nell'esercizio delle sue attribuzioni trascenderne i limiti ed arrogarsi autorità ed uffici diversi da quelli cui deve intendere. Può infine, trapassando direi quasi il mandato de' suoi elettori, vincolare colle sue deliberazioni l'avvenire o l'azione di futuri rappresentanti. Per altra parte la provincia ed il comune possono in date circostanze reputarsi lesi, al pari de' privali, nell'esercizio dei propri diritti; ed eguali richiami possono sollevarsi dagli amministrali contro la comunale o provinciale rappresentanza. Ora in tutti questi casi spetta evidentemente al Governo una ingerenza più o meno diretta; perciocché egli rappresenta gl'inleressi permanenti della società e vigila all'osservanza delle leggi. Ha una simile ingerenza vuoi essere regolata in guisa da riuscire meno lunga e gravosa possibile; e in ogni caso debb'essere negativa, non positivi); annullare sì gli alti irregolari, ma non impedire la spontaneità delle ulteriori proposte o discussioni.

Coerenti a queste massime sono le prescrizioni contenute nel titolo V ed ultimo del progetto.

Tutte indistintamente le deliberazioni, o comunali o provinciali, deggiono essere trasmesse al prefetto, il quale o le risolve da sé, o le trasmette alla deputazione provinciale od al governatore. A quest'ultimo spetta la vigilanza intorno a (re sole qualità di negozi, vale a dire sui regolamenti di polizia od organici e di amministrazione che i Consigli comunali e provinciali hanno facoltà di compilare; sulle proposte di mutazione nella classificazione delle strade e sull'introduzione di relativi pedaggi; sull'istituzione infine di fiere e mercati. Alla deputazione provinciale spetta l'approvazione di quegli atti nei quali può dirsi aver essa un diretto interesse o una partecipazione; come nel caso che porga sussidi ad un municipio, o si tratti di regolare l'uso di beni comunali non affittati, o sia nel bilancio comunale stanziata una sovrimposta per spese facoltative superiore alla media dell'ultimo quinquennio, per cui sorgano reclami di consiglieri e di contribuenti.

Ma, rispetto ai bilanci, nei quali si riassume ogni libertà di azione, tanto del municipio che della' provincia, la formazione loro è sottratta nella parte ordinaria ad ogni tutela governativa. Solo, quanto alle spese straordinarie per le quali si vincoli l'avvenire o l'azione dei futuri Consigli, è necessaria l'approvazione del prefetto; e questa stessa approvazione è richiesta per gli affari che toccano il capitale patrimoniale, come gli acquisti, le alienazioni di stabili, le creazioni di debiti. Senonché sembra affatto naturale che, rese libere ed autonome tasto le provincia, come i comuni, la vigilanza in simili materie non spetti più alle prime sui secondi, sibbene si eserciti sovra tutti dall'autorità governativa.

Però, né la deputazione, né il prefetto e neanche il governatore hanno, nei casi sopraccennati, facoltà di ordinare alcun provvedimento diverso da quello proposto.

Al prefetto s'appartiene poi anche di mantenere le leggi in osservanza e di dare effetto a deliberazioni già state approvate, quando nell'un caso e nell'altro i Consigli o i funzionari' locali trascurino il proprio ufficio.

Contro alle decisioni della deputazione provinciale ha il comune facoltà di ricorrere allo stesso prefetto; contro alle decisioni di questo, comune e provincia si appellano al governatore. In ambedue i casi, il pronunciato del prefetto e del governatore, reso sotto forma di giudizio sommario, è definitivo ed irrevocabile. Queste disposizioni, ignote alla legge del 25 ottobre, si riscontrano però nel regolamento toscano del 51 dicembre, ed il progetto, pur mantenendo il sistema di simili ricorsi che conferisce una maggiore guarentigia all'autonomia comunale e provinciale, lo ha soltanto modificato in correlazione al nuovo ordinamento amministrativo della cosa pubblica, rendendolo altresì più facile e spedito.

Il ricorso al Re ed all'autorità centrale rimane conservato in un solo caso, cioè quando le autorità amministrative comunali e provinciali credano violate le loro prerogative (articolo 155). In questi casi la deliberazione sovrana è preceduta dal parere del Consiglio di stato.

La facoltà di sciogliere, ove d'uopo, le amministrazioni comunali e provinciali, che al Re si appartiene, è nel progetto incondizionata. Sembra infatti superfluo il prestabilire con quali norme il Potere sovrano esercita una simile facoltà, quando i diritti costituzionali glielo attribuiscono anche rispetto al Parlamento, e quando il diritto popolare è assicuralo da un nuovo appello al suo voto entro un breve termine.

Il progetto attribuisce pure quella facoltà al governatore, ma solo quando concorrano gravi ed urgenti motivi di ordine pubblico; ma ciò non parrà soverchio né esorbitante quando si consideri per l'una parte la grande libertà lasciala ai Consigli comunali e provinciali, e per l'altra che gli atti del governatore risalgono al ministro e sono garantiti dalla sua responsabilità.

Esposte per sommi capi le disposizioni più rilevanti del presente schema di legge, io tralascierò di trattare distesamente dell'unito schema di regolamento, come quello che riassume le usate regole disciplinari sull'esercizio del diritto di elezione, modificandole solo in quanto maggiormente le coordina coi principii generali stabiliti nel capo 11 del titolo I, e nel capo 11 del titolo II della stessa legge.

L'ordinamento dei comuni e delle provincie è la base di tatto il sistema amministrativo. Perciò un concetto unico informa la presente proposta e le altre che avrò l'onore di sottoporre alla vostra sapienza sta ora il confermarle od il respingerle.

41 - SESSIONE DEL 1861


PROGETTO DI LEGGE.


TITOLO I.


Dell'amministrazione Comunale. Capo I. — Della rappresentanza comunale.

Art. 1. Ogni comune è rappresentato da un Consiglio e da un magistrato municipale.

Il magistrato è composto di un gonfaloniere e di priori e fa parte esso pure del Consiglio.

Art. 2. Il Consiglio è composto:

Di 60 consiglieri nei comuni che hanno una popolazione eccedente i 60000 abitanti;

Di 40 in quelli, la cui popolazione supera i 50000 abitanti;

Di 80 in quelli, la cui popolazione supera i 10000 abitanti;

Di 20 in quelli che superano i 5000; di 15 negli altri;

E di tutti gli eleggibili quando il loro numero non raggiunga quello sopra fissato.

Art. 3. I priori che compongono il magistrato municipale, oltre il gonfaloniere, sono:

Otto nei comuni che hanno più di 60000 abitanti;

Sei nei comuni che ne hanno più di 30000;

Quattro negli altri.

Art. 4. I comuni non mutano il numero dei rappresentanti, se le variazioni della popolazione desunte dal censimento uffiziale non si sono mantenute per un decennio.

Art. 5. Più comuni, qualunque sia la loro popolazione, possono chiedere ed ottenere un decreto reale che li aggreghi in un solo.

Tale aggregazione può essere d'accordo fra loro condizionala intorno al modo di conservare e di godere le rispettive proprietà, di erogarne le rendite, e di ripartirne le spese in ragione dell'interesse corrispondente.

Art. 6. Le borgate o frazioni di comuni possono chiedere per mezzo dei capi di famiglia ed ottenere, in seguito al voto favorevole del Consiglio provinciale, un decreto reale che li costituisca in comune distinto, quante volte abbiano una popolazione superiore ai tre mila abitanti, abbiano mezzi sufficienti per sostenere le spese comunali, e per circostanze locali siano naturalmente separati dal comune al quale appartengono, udito pure il voto del medesimo.

Art. 7. I comuni, che hanno una popolazione inferiore ai mille e cinquecento abitanti e mancano di mezzi sufficienti per sostenere le spese comunali, potranno, in seguito a domanda del Consiglio provinciale e udito il voto degl'interessati, essere con decreto reale aggregati fra loro per formare un solo comune o per unirsi ai comuni vicini, avuto riguardo alle circostanze locali.

Art. 8. Ai comuni murati potrà essere dato od ampliato il circondario esterno col metodo indicato nell'articolo precedente.

Art. 9. Ogni comune deve avere un segretario ed un uffizio comunale.

Più comuni possono prevalersi dell'opera di uno stesso segretario ed avere un solo uffizio ed un solo archivio.

Capo II. — Delle elezioni comunali.

Art. 10. I consiglieri comunali sono eletti da tutti coloro che, avendo l'età di anni 21 compili e godendo dei diritti civili, sono inscritti da sei mesi nei ruoli delle contribuzioni dirette del comune.

Art. 11. Si ritengono come iscritti da sei mesi sui ruoli delle contribuzioni dirette i possessori a titolo di successione o per anticipazione di eredità.

Art. 12. Al padre si tiene conto della contribuzione pagata pei beni dei figli, di cui abbia l'amministrazione per disposizione di legge;

Al marito, della contribuzione che paga la moglie, eccello il caso di separazione;

Al tutore, curatore, consulente giudiziario ed ai rappresentanti delle società anonime ed in accomandita, si tiene conto delle contribuzioni che pagano le persone o società da loro amministrate e rappresentate.

Art. 13. Le donne, della cui contribuzione non si tenga conto al marito in virtù dell'articolo precedente, ed i corpi morali possono delegare la rappresentanza del loro censo elettorale.

Il padre può per lettera autenticata da un notaio o dal gonfaloniere delegare ad uno dei figli l'esercizio dei suoi diritti elettorali.

Nel delegato debbono concorrere gli altri requisiti prescritti per essere elettore.

Art. 14. La contribuzione pagata da proprietari indivisi o da società commerciali in nome collettivo conferisce la qualità di elettore a tutti i cointeressati.

Art. 15. Coloro che hanno il dominio diretto di beni stabili e coloro che tengono predii in affitto od a mezzeria possono far valere, pel diritto elettorale, la contribuzione pagata dall’utilista o dal padrone, senzachè cessi il diritto di questi.

Quando il dominio diretto, l'affitto o la mezzeria spellino a più persone, è loro applicabile il disposto dall'articolo precedente.

Art. 16. Sono eleggibili tutti gli elettori inscritti, purché siano citladini italiani, eccettuati però

1° I ministri dei culti aventi cura d'anime;

2° I funzionari del Governo che debbono invigilare sulla amministrazione comunale, e gl'impiegati dei loro uffizi;

5° Coloro che ricevono uno stipendio o salario dal comune o dalle istituzioni che esso amministra, e coloro che hanno il maneggio del danaro comunale, o clic non abbiano reso il conto di una precedente gestione del medesimo.

Art. 17. Non sono né elettori, né eleggibili

Le donne, gl'interdetti o provvisti di consulente giudiziario, salvo il disposlo dagli articoli 12 e 15;

Coloro che sono in istato di fallimento dichiarato o che hanno fatto cessione di beni, finché non abbiano pagato intieramente i creditori;

Quelli che furono condannali a pene criminali, se non ottennero la riabilitazione;

I condannati a pene correzionali od a particolari interdizioni, mentre le subiscono;

E finalmente i condannati per furto, frode od attentato ai costumi.

Art. 18. Le operazioni relative alle liste ed alle operazioni elettorali sono determinate dal regolamento unito alla presente legge e che fa parte integrante della medesima.


Capo III. — Dei Consigli comunali.

Art. 19. I Consigli comunali si radunano in sessione ordinaria due volte all'anno, cioè In primavera ed in autunno.

Le sessioni dovranno essere chiuse entro i mesi di maggio e di novembre.

42 - DOCUMENTI PARLAMENTARI

Art. 20. I Consigli sono convocati straordinariamente per ordine del prefetto, o per deliberazione del magistrato dei priori, o per instanza di due terzi dei consiglieri.

La nota degli oggetti da trattarsi sarà, in questi due ultimi casi, comunicata al prefetto cinque giorni prima di emettere l'avviso dell'adunanza.

Art. 21. La convocazione dei consiglieri è fatta con avviso scritto al loro domicilio nel comune.

Gli avvisi pur le sessioni ordinarie saranno consegnati dieci giorni prima di quello per esse fissato.

Per le altre saranno consegnati cinque giorni prima, a meno che il prefetto o il viceprefetto da lui delegato non abbrevi il termine per causa d'urgenza, e specificheranno gli oggetti da trattarsi.

Art. 22. Il Consiglio comunale, nella sessione d'autunno,

Elegge il magistrato dei priori e, quando occorre, il gonfaloniere;

Delibera sul bilancio attiro e passivo del comune per l'anno venturo e su quello delle istituzioni che gli appartengono;

Nomina i revisori dei conti per l'anno corrente, scegliendoli fra i consiglieri estranei al magistrato municipale.

Art. 23. Nella sessione di primavera

Rivede e stabilisce le liste elettorali;

Esamina il conto di cassa dell'esattore ed il conto amministrativo del magistrato municipale per l'esercizio dell'anno precedente, in seguito al rapporto dei revisori;

Delibera sulla loro approvazione e sull'applicazione dei residui attivi disponibili.

Art. 24. Nell'una e nell'altra sessione il Consiglio comunale, in conformità delle leggi e dei regolamenti, delibera intorno

1° Agli uffizi, agli stipendi, alle indennità ed ai salar!;

2° Alla nomina, alla sospensione ed al licenziamento degli impiegali, dei maestri e delle maestre, degli addetti al servizio sanitario, dei cappellani e degli esattori e tesorieri, dove sono istituiti.

La nomina del segretario non può aver luogo fuorché colle condizioni dell'esame e dei requisiti da stabilirsi con regolamento;

3° Agli acquisti, all'accettazione ed al rifiuto di lasciti o doni;

Alle alienazioni, alle cessioni di credili, a contratti portanti ipoteca, servitù o costituzione di rendita fondiaria, alle transazioni sopra diritti di proprietà e servitù;

5° Alle azioni da promuovere e da sostenere in giudizio, alla creazione di prestiti, alla natura degli investimenti fruttiferi, alle affrancazioni di rendite o di censi passivi;

6 Ai regolamenti sui modi di usare dei beni comunali e tutte istituzioni che appartengono al comune, come pure sulle materie di polizia municipale;

7° Alla destinazione dei beni e degli stabilimenti comunali;

8° Alla costruzione ed al traslocamelo dei cimiteri;

9° Al concorso del comune all'esecuzione di spese pubbliche ed alle spese per esso obbligatorie a termini di legge;

10. Alle nuove o maggiori spese ed allo storno dei fondi da una categoria ad un'altra del bilancio;

11. Ai dazi ed alle imposte da stabilirsi o da modificarsi nell'interesse del comune ed ai regolamenti che possono occorrere per la loro applicazione;

E in generale delibera sopra tutti gli oggetti che sono propri nell'amministrazione municipale e che non sono attribuiti al magistrato dei priori od al gonfaloniere.

Art. 25. Sono parimenti amministrati dal Consiglio gl'interessi delle singole borgate o frazioni del comune ed anche dei parrocchiani, laddove sostengono qualche spesa a termini di legge; come pure gl'interessi di tutte le istituzioni rivolte a vantaggio del comune e delle sue frazioni e dei rispettivi abitanti, le quali non abbiano un'amministrazione propria.

Art. 26. Quando gl'interessi delle frazioni o dei parrocchiani siano in opposizione a quelli del comune o di altre frazioni del medesimo, il prefetto convoca gli elettori delle frazioni per la nomina di tre commissari, i quali provvedono all'amministrazione dell'oggetto in controversia colle facoltà spettanti all'amministrazione comunale.

Dalle decisioni del prefetto si può appellare al governatore, il quale pronunzia definitivamente, udito il Consiglio di governo.

Gli amministratori sono risponsabili del proprio per le spese falle in contravvenzione a queste decisioni.

Art. 27. Sarà inteso il volo del Consiglio comunale sui cambiamenti relativi alla circoscrizione delle parrocchie del comune, in quanto sostenga qualche spesa per le medesime.

Art. 28. Sono soggetti all'esame annuale del Consiglio i bilanci ed i conii delle amministrazioni delle chiese parrocchiali e delle altre amministrazioni, alle spese delle quali deve sopperire il comune in caso d'insufficienza delle loro rendite.

11 prefetto, udito il Consiglio di prefettura, pronunzia sulle questioni che sorgessero in conseguenza di questo esame.

Dalle decisioni del prefetto si può appellare al governatore, il quale pronunzia definitamente, udito il Consiglio di governo.

Art. 29. Le sedute del Consiglio comunale sono pubbliche quando la maggioranza del Consiglio lo decide.

La pubblicità non potrà mai aver luogo quando si tratti di persone.

Art. 50. tutte le deliberazioni saranno sempre per copia pubblicale ed. affisse all'albo pretorio nel primo giorno festivo o di mercato e per gli altri cinque giorni successivi. Dall'avviso dovrà risultare il giorno della seguila pubblicazione.

Ciascun contribuente porrà aver copia delle deliberazioni mediante pagamento dei relativi diritti.

Capo IV. — Del magistrato dei priori.

Art. 51. Il Consiglio comunale elegge ogni anno nel suo seno il magistrato dei priori ed un numero di supplenti il quale corrisponda alla metà di quello dei priori..1

Gli uni e gli altri sono sempre rieleggibili. Cessano immediatamente dal loro ufficio se perdono la qualità di consiglieri.

I priori che cessano nel corso dell'anno sono surrogali per diritto dai supplenti secondo l'ordine della nomina.

Art. 52. Il magistrato dei priori rappresenta il Consiglio comunale nell'intervallo delle sessioni e nelle funzioni solenni.

43 - SESSIONE DEL 1861

Art. 53. Appartiene al magistrato dei priori

1° Di fissare il giorno per l'apertura delle sessioni ordinarie e per le convocazioni straordinarie del Consiglio;

Di nominare e licenziare, sulla proposta del gonfaloniere, i serventi e salariati del comune;

3° Di deliberare intorno alla erogazione delle somme stanziate in bilancio per le spese impreviste ed allo storno da un articolo ad un altro della stessa categoria;

4° Di conchiudere le locazioni e conduzioni, i contratti resi obbligatorii per legge o deliberati in massima dal Consiglio;

5° Di assistere agli incanti occorrenti per l'interesse del comune;

6° Di preparare i ruoli delle tasse e degli oneri comunali sì generali che speciali;

7° Di formare il progetto dei bilanci;

8° Di proporre i regolamenti da sottoporsi alle deliberazioni del Consiglio;

9° Di provvedere alla regolare formazione delle liste elettorali;

10. Di partecipare alle operazioni della leva determinate dalle leggi;

11. Di dichiarare i prezzi delle vetture di piazza, delle barche e degli altri veicoli di servizio pubblico permanente interno;

13. Di dichiarare i prezzi delle prestazioni di opera dei servitori di piazza, facchini e simili, quando non vi sia una particolare convenzione;

15. Di promuovere le azioni possessorie in prima istanza.

Art. 54. In caso di urgenza, il magistrato dei priori prende sotto la sua responsabilità le deliberazioni che altrimenti spetterebbero al Consiglio, dandone immediatamente comunicazione al prefetto e riferendone al Consiglio medesimo nella prima adunanza.

A queste deliberazioni d'urgenza è applicabile il disposto dell'articolo 30.

Capo V. — Del gonfaloniere.

Art. 35. Il gonfaloniere è capo dell'amministrazione comunale ed è anche uffiziale del Governo.

È eletto dal Consiglio nel proprio seno a maggioranza assoluta di voti.

Darà nella carica tre anni, purché non perda la qualità di consigliere.

Art. 36. Nessuno può essere contemporaneamente gonfaloniere di più comuni.

Art. 37.11 gonfaloniere, prima di entrare nell'esercizio delle sue funzioni, presta avanti al prefetto od al suo delegato il giuramento prescritto per gli uffiziali del Governo.

Art. 38. Il gonfaloniere, quale capo dell'amministrazione comunale,

1° Spedisce gli avvisi per la convocazione del Consiglio e lo presiede;

Convoca e presiede il magistrato dei priori;

3° Prepara le materie da trattarsi nelle adunanze del Consiglio e del magistrato;

4° Eseguisce tutte le deliberazioni del Consiglio, tanto rispetto al bilancio, quanto rispetto ad altri oggetti, e quelle del magistrato dei priori, e firma gli atti relativi agl'interessi del comune;

K Stipula i contratti deliberati dal Consiglio comunale e dal magistrato dei priori;

6° Provvede all'osservanza dei regolamenti;

7 Attende alle operazioni censuarie secondo il disposto delle leggi;

8° Rilascia attestati di notorietà pubblica, stati di famiglia, certificati di povertà, e compie gli altri atti consimili attribuiti all'amministrazione comunale e non riservati esclusivamente al magistrato dei priori;

9° Rappresenta il comune in giudizio, sia attore o convenuto, e fa gli atti conservatorii dei diritti del comune;

10. Sovraintende a tutti gli uffizi ed istituti comunali;

11. Può sospendere tutti gl'impiegati e salariati del comune, riferendone al magistrato ed al Consiglio nella prima adunanza.

Art. 39. Quale ufficiale del Governo è incaricato, sotto la direzione delle autorità superiori,

1° Della pubblicazione delle leggi, degli ordini e manifesti governativi;

3° Di tenere i registri dello stato civile a norma delle leggi;

3" Di provvedere agli atti che nell'interesse della pubblica sicurezza e dell'igiene pubblica gli sono attribuiti o commessi in virtù delle leggi e dei regolamenti;

4° Di vigilare a tutto ciò che possa interessare l'ordine pubblico;

8° Ed in generale di compiere gli atti che gli sono dalle leggi affidati.

Art. 40. In caso di assenza o d'impedimento del gonfalo, niere, ne fa le veci uno dei priori da esso delegato, o, in difetto di delegazione, il primo di essi; e, in mancanza dei priori e dei supplenti, il primo consigliere.

Il gonfaloniere potrà delegare anche in modo permanente ai singoli priori una parte delle sue attribuzioni.

Art. 41. Può inoltre, col consenso del prefetto, delegare le sue funzioni di uffiiiale del Governo, specialmente nelle borgate o frazioni, ad uno dei consiglieri o, in difetto di essi, ad uno degli elettori colà residenti, qualora per la lontananza dal luogo o per la difficoltà delle comunicazioni ne riconosca la utilità e la convenienza.

Art. 43. Può essere stanzialo in bilancio, a favore del gonfaloniere, nn annuo assegnamento per le spese di rappresentanza.

Capo VI. — Delle rendite e delle spese comunali.

Art. 43. Le rendite ordinarie del comune sono costituiti; dai prodotti del patrimonio comunale e dagli altri proventi autorizzati dalla legge.

Art. 44.1 beni comunali devono in massima generale essere dati in affitto.

Il Consiglio potrà permetterne la continuazione del godimento in natura in riguardo alle circostanze speciali dei luoghi, formando un regolamento per determinare le condizioni dell'uso e sottoponiti al pagamento di un corrispettivo.

Art. 45. L'alienazione dei beni incolti ed atti a coltura può essere resa obbligatoria dal prefetto, dietro proposta del Consiglio provinciale, udito il Consiglio del comune.

Art. 46.1 capitali disponibili di ogni specie devono essere investiti in modo cauto e fruttifero. È vietato l'acquisto di titoli dei debiti pubblici esteri.

Art. 47. Le spese comunali sono obbligatorie o facoltative

Art. 48. Sono obbligatorie le spese

1° Per l'ufficio e l'archivio comunale;

¥ Per gli stipendi del segretario e degli altri impiegati ed agenti;

3° Pel servizio delle riscossioni e dei pagamenti;

4° Per le imposte dovute dal comune;

5" Per la conservazione del patrimonio comunale e per l'adempimento degli obblighi relativi;

6° Pel pagamento dei debiti scaduti. In caso di liti, saranno stanziate nel bilancio le somme relative, da tenersi in deposito fino alla decisione;

44 - DOCUMENTI PARLAMENTARI

7° Per la sistemazione e manutenzione delle strade comunali e per le altre opere pubbliche, in conformità delle leggi;

Pel mantenimento e ristauro degli edifizi e degli acquedotti comunali, delle vie interne e delle piazze pubbliche, laddove le leggi, i regolamenti e le consuetudini non prov i vedano altrimenti;

9° Pel culto e pei cimiteri, a norma delle leggi e consuetudini;

10. Per l'istruzione elementare dei due sessi;

11. Per l'illuminazione, ove essa sia stabilita;

13. Per la guardia nazionale;

15. Per i registri dello stato civile;

14. Per le operazioni statistiche prescritte dalle leggi;

15. Per l'associazione alla Raccolta ufficiale degli alti del Governo;

16. Per le elezioni;

17. Perle quote di concorso alle spese provinciali e consorziali;

E generalmente per tutte quelle che sono poste a carico dei comuni da speciali disposizioni legislative.

Art. 49. Sono facoltative tutte le altre spese, purché riguardino direttamente l'amministrazione del comune.

Art. 80. Alla insufficienza delle rendite del patrimonio comunale i Consigli sono autorizzali, in conformità delle leggi generali e dei regolamenti, a supplire

1° Coi diritti di peso e di misura pubblica, ma senza coazione, e con tasse per l'uso dei medesimi;

2° Con dazi sugli oggetti destinati al consumo locale in conformità della legge relativa, salva la compartecipazione della provincia come all'articolo 92.

Con lo stabilimento dei dazi non si potrà imporre alcun onere o divieto al transito immediato, ma si potrà determinare la via di passaggio nell'interno o vietarla affatto quando vi siano altre comode strade di circonvallazione;

5 Con tasse sull'occupazione degli spazi pubblici o riservali ad uso pubblico, con banchi o senza;

8° Con una tassa sulle bestie da tiro, da sella e da soma, e sui cani purché non siano esclusivamente destinati alla custodia degli edifizi rurali e delle gregge;

8° Col mantenimento delle tasse locali divise in più classi e categorie, scmprechè siano conformi alle leggi, e i relativi regolamenti siano sottoposti, entro un anno, alla necessaria approvazione;

6° Con centesimi addizionali sulle imposte dirette percepite dallo stato.

Art. 61. È escluso qualunque privilegio per l'esenzione dalle tasse comunali.

Capo VII. — Della polizia municipale.

Art. 52.1 comuni, in conformità delle leggi e dei regolamenti generali, possono fare regolamenti particolari d'igiene, di polizia urbana, di edilità e di polizia rurale.

Art. 55. Coi regolamenti d'igiene provvedono

1° Alle cautele per lo smercio delle cose destinate al vitto, per lo stabilimento ed esercizio delle arti relative, senza però limitare il numero degli esercenti o vincolarne l'esercizio, e per mantenere l'ordine nei mercati e la libertà delle contrattazioni;

2° Alla vigilanza sugli ammazzatoi, sui macelli e sulle pescherie;

3° Alle discipline per gli stabilimenti, per le arti e perle operazioni insalubri;

4° A rimuovere le cause d'infezione ed impedire le esalazioni nocive;

5° Al buon governo delle fogne e delle cloache pubbliche;

6° Alla polizia dei cimiteri;

7° Alla mondezza delle fontane e delle altre acque destinate agli usi domestici od all'abbeveraggio del bestiame.

Art. 54. Coi regolamenti per la polizia urbana possono determinare gli obblighi e le discipline:

1° Per la nettezza, lo sgombramento e la conservazione delle strade, dei selciati, canali di scolo e stillicidi;

2° Per la circolazione dei carri nelle rie interne, laddove possono produrre inconvenienti;

5° Per gli edifizi incomodi o pericolosi e per la ricostruzione o riparazione delle case minaccianti rovina;

4° Per l'ammucchiamenlo e la custodia di materie accendibili;

8° Per l'illuminazione notturna, imponendo ancora l'obbligo ai proprietari delle case situate nel perimetro dell'abitato di tenerne chiusi od illuminati nelle ore di notte gli accessi aperti verso la via pubblica.

Art. 55. Coi regolamenti edilizi possono

1° Determinare il tracciamento delle vie pubbliche nell'interno dell'abitato e gli allargamenti delle medesime;

2° Imporre ai costruttori di nuove fabbriche, nei casi di ingrandimento dell'abitato, l'obbligo di somministrare, sistemata ad uso pubblico, ed anche con marciapiede, la metà della via da stabilirsi lungo le medesime;

5° Determinare l'altezza massima delle nuove costruzioni in relazione alla larghezza delle strade e all'ampiezza dei cortili interni.

Le Commissioni di ornato non possono avere ingerenza che nella conservazione dei monumenti di antichità e di belle arti.

Art. 86. Coi regolamenti di polizia rurale i comuni possono stabilire le norme:

1° Per impedire i passaggi abusivi, i furti e i danni campestri;

2" Per l'uso delle acque, quando esso appartiene alla maggior parte degli abitanti o delle terre del comune o di una sua frazione;

3° Per le cautele da usarsi nella distruzione degl'insetti ed altri animali nocivi all'agricoltura;

4° Per vietare i pascoli non conciliabili con l'interesse generale del comune, e specialmente il pascolo delle capre;

5° Per le fiere, i mercati, le feste e i giuochi pubblici.

Art. 57. I comuni potranno inoltre determinare in quali proporzioni siano a carico dei possessori od inquilini di case e botteghe o dei possessori di terreni le operazioni e le spese derivami dai regolamenti di polizia urbana e rurale.

Art. 58. 11 gonfaloniere può, sotto la dipendenza del prefetto,

1° Assoggettare a cautele provvisorie il pubblico passaggio e gli edifizi privali, quando siavi pericolo di rovina;

2° Ordinare la remozione immediata degli oggetti che minaccino di cadere nelle vie o sulle piazze pubbliche, come pure l'apposizione di lumi o di ripari laddove siansi lasciali materiali o fatti scavi;

5° Vietare qualunque impedimento od immondezza nei luoghi pubblici, ed ordinare la remozione anche dai luoghi privati delle materie che mandino esalazioni nocive;

4° Fissare il tempo per lo sgombro dei fossi e canali immondi;

45 - SESSIONE DEI. 1861

5° Assegnare provvisoriamente nuovi posti per le fiere ed i mercati, quando i precedenti divengano inservibili;

6° Prescrivere le opportune discipline per la formazione di steccali, ponti, palchi ed altre simili opere costruite in luoghi o per usi pubblici;

7° Impedire la circolazione delle bestie nocive, prescrivendone, ove occorra, la distruzione;

8° Far procedere al sequestro delle bevande e dei commestibili alterati o corrotti, esposti in pubblica vendita;

9° Dare le disposizioni occorrenti per la custodia dei cumuli di materie accendibili, per l'estinzione degl'incendi, e, nel caso di urgente pericolo, pel taglio dei tetti e per ogni altra operazione necessaria ad impedirne la propagazione;

10. Ripubblicare i regolamenti e le singole loro disposizioni affine di procurarne l'osservanza;

11. E generalmente dare ogni altro procedimento necessario ed urgente di sicurezza e d'igiene pubblica.

Art. 89. Il gonfaloniere può far eseguire gli ordini di cui all'articolo precedente a spese degl'interessati, senza pregiudizio dell'azione penale in cui essi fossero incorsi.

La nota di queste spese è resa esecutiva dal prefetto, udito l'interessato, ed è rimessa all'esattore che ne fa la riscossione nelle forme e coi privilegi fiscali.

Art. CO. 1 contravventori ai regolamenti vigenti o che saranno formati ed approvati in conformità del disposto della presente legge sono soggetti alle pene sancite dalle leggi penali.

Art. 61. Per l'accertamento delle semplici contravvenzioni ai regolamenti locali basta sino a prova contraria la deposizione giurata fatta nelle 24 ore dinanzi al gonfaloniere da ano degli agenti municipali o da uno degli agenti della forza pubblica.

Art. 62. Il gonfaloniere chiamerà i contravventori colla parte lesa per tentare la conciliazione.

Se non v'è parte lesa, il contravventore è ammesso a fare un'offerta per l'ammenda imposta dalle leggi penali.

La conciliazione avvenuta nel primo caso e l'accettazione dell'offerta nel secondo escludono ogni procedimelo.

I processi verbali nell'uno e nell'altro caso sono resi esecutivi dal prefetto.

Art. 65. Non riescendo l'amichevole componimento, i processi verbali sono immediatamente trasmessi dal gonfaloniere al giudice per l'opportuno procedimento.

Art. 64. Gli usi e i regolamenti in vigore cesseranno di avere ogni efficacia se entro tre anni dal giorno dell'applicazione di questa legge non saranno di nuovo deliberati e sottoposti all'approvazione prescritta all'articolo 144».

Art. 63. 11 gonfaloniere può accettare di essere arbitro nelle quistioni istantanee alle quali dessero luogo i contratti nelle fiere e nei mercati o che sorgessero pel pagamento di mercedi giornaliere..

TITOLO II. Dell'amministrazione Provinciale.

Capo I. — Della rappresentanza della provincia.

Art. 66. Ogni provincia è rappresentata da un Consiglio e da una deputazione provinciale che fa parte del medesimo.

Art. 67. Il Consiglio provinciale è composto di un numero di consiglieri non maggiore di 40 né minore di 25, in conformità della tabella relativa.

Art. 68. La deputazione provinciale è composta di sette consiglieri col titolo di anziani. Essi eleggono nel loro seno un presidente.

Capo II. — Delle elezioni provinciali.

Art. 69. I consiglieri provinciali sono eletti per mandamento da tutti gli elettori comunali.

Essi però rappresentano l'intera provincia.

Art. 70. Sono eleggibili tutti gli elettori comunali della provincia, ad eccezione

I" Dei minori di 25 anni;

2° Dei funzionari ai quali compete la vigilanza sull'amministrazione provinciale e degl'impiegati dei loro uffizi;

3° Degl'impiegati e di coloro che limino il maneggio del danaro della provincia, dei comuni, e degli istituti di carità, di beneficenza o di culto che sono posti sotto la dipendenza e la vigilanza dell'amministrazione provinciale;

4° Delle persone indicale nell'articolo 17.

Art. 71. Niuno può essere contemporaneamente consigliere in più provincie.

Chi è eletto in due d più provincie ovvero in due o più mandamenti di una stessa provincia deve oliare per uno di essi entro il termine di otto giorni successivi alla proclamazione.

In difetto di azione, l'eletto in più provincie siede nel Consiglio della provincia nella quale ottenne un maggior numero di voti; ed ove sia eletto in più mandamenti d'una stessa provincia, la deputazione provinciale procede all'estrazione a sorte.

Capo III. — Dei Consigli provinciali.

Art. 73. Il Consiglio provinciale si raduna nel capoluogo della provincia

Art. 75. Tutte le sessioni del Consiglio provinciale sono aperte e chiuse in nome del Re dal prefetto o da chi Io rappresenta.

Il prefetto o un consigliere delegato interviene alle sedute, vi esercita le funzioni di commissario del Re, ha diritto di fare quelle osservazioni che crede opportune, ma non ha voce deliberati.

Il commissario del Re In facoltà di sospendere e di sciogliere l'adunanza, riferendone immediatamente al governatore.

Art. 74. Il Consiglio provinciale si riunisce ogni anno nel mese di settembre in sessione ordinaria.

Può anche essere straordinariamente convocato per ordine del prefetto.

Art. 75. Le convocazioni sono fatte con avvisi scritti, rimessi ai consiglieri al loro domicilio nella provincia. Sono inoltre annunziate nel giornale della provincia per gli atti ufficiali.

Per le sessioni straordinarie saranno indicali gli oggetti da sottoporsi a discussione.

Gli avvisi sono consegnali dieci giorni prima di quello fissalo per l'adunanza, a meno che il prefetto non abbrevi o non autorizzi ad abbreviarne il termine per motivi d'urgenza.

Art. 76. La durala delle sessioni ordinarie è di venti giorni.

Imo essere prorogata di olio giorni per decisione del Consiglio, ma non oltre senza l'assenso del prefetto.

Art. 77. Il Consiglio provinciale nella prima adunanza è presieduto dal consigliere seniore; il più giovane vi sostiene l'uffizio di segretario.

Nell'adunanza medesima elegge nel suo seno un presidente, un vicepresidente, un segretario ed un vicesegretario, i quali durano in carica tutto l'anno.

46 - DOCUMENTI PARLAMENTARI

Elegge pure nel suo seno i revisori del conto amministra i della deputazione provinciale e del conto di cassa.

Art. 78. Spetta al Consiglio provinciale, in conformità delle leggi e dei regolamenti, di provvedere con le sue deliberazioni

1° Agli affari relativi all'amministrazione del patrimonio della provincia;

2° All'istruzione secondaria e tecnica, quando non vi sia provveduto dal Governo o da particolari istituzioni.

3° Agli istituti e stabilimenti pubblici diretti a benefizio della provincia o d'una parte della medesima, i quali non abbiano un'amministrazione propria o consorziale;

4° Al mantenimento degli esposti e dei maniaci;

5° Agli stabilimenti termali;

Alle strade provinciali ed alla loro classificazione, ai lavori intorno a fiumi e torrenti posti dalle leggi a carico della provincia;

7° Alle discipline per la conservazione e il taglio dei boschi, per le consuetudini e gli usi agrari;

8 Ai sussidi in favore di consorzi o di comuni per opere pubbliche, per la pubblica istruzione e per istituti di pubblica utilità, specialmente pel fine dell'aggregazione prevista dall'articolo 7;

9° Alla formazione del bilancio, allo storno da una categoria ad un'altra delle spese stanziate, all'esame del conto di cassa del tesoriere e del conto amministrativo della deputazione, ed all'applicazione dei residui disponibili;

10. Alle azioni da intentare o da sostenere io giudizio;

11. Allo stabilimento di pedaggi su ponti e strade provinciali;

12. Al concorso dulia provincia ad opere o spese per essa obbligatorie a termini delle leggi;

15. Alla creazione di prestiti;

14. Ai regolamenti per le istituzioni che appartengono alla provincia e per gl'interessi amministrali dalla medesima.

Sono applicabili a questi regolamenti le sanzioni di cui nell'articolo 60;

15. Alla vigilanza sopra le istituzioni e gli stabilimenti pubblici a benefizio della provincia o di una parte della medesima, quand'anche abbiano un'amministrazione speciale e propria.

16. Alla nomina, sospensione o revoca degli impiegati ad detti agli uffizi ed agli stabilimenti provinciali, osservate le norme stabilite dalle leggi e dai regolamenti intorno alle singole materie;

17. Alla conservazione dei monumenti e degli archivi provinciali.

Art. 79. II Consiglio provinciale esercita inoltre le attribuzioni che gli sono dalle leggi affidate.

Art. 80. Espone il suo parere:

1° Sui cambiamenti proposti nella circoscrizione delle provincie e dei comuni, e nelle designazioni del capoluogo;

v Sulla direzione delle nuove strade consorziali;

5° Sullo stabilimento dei pedaggi che fossero invocati a favore di un comune;

'i° Sulla istituzione o soppressione e sul cambiamento definitivo di fiere e mercati nella provincia o nei comuni ad essa contermini ad una distanza non minore di dieci chilometri;

5° E generalmente sugli oggetti riguardo ai quali il suo voto sia prescritto dalla legge o domandato dal Governo.

Art. 81. Può delegare uno o più de' suoi componenti ad invigilare al regolare andamento degli istituti pubblici pesti sotto la sua dipendenza o vigilanza, e per fare le inchieste delle quali abbisogni nei limiti delle sue attribuzioni.

Art. 82. Le sedute del Consiglio provinciale sono pubbliche. La pubblicità non può mai aver luogo quando si tratta di persone.

Art. 85. Gli atti del Consiglio provinciale divenuti esecutivi sono pubblicati colle stampe.

Capo IV. — Della deputazione provinciale.

Art. 81. Il Consiglio provinciale elegge ogni anno nel suo seno a maggioranza assoluta di voti la deputazione provinciale ed un numero di supplenti eguale alla metà dei componenti della medesima.

Gli uni e gli altri sono sempre rieleggibili, purché non perdano la qualità di consiglieri.

I supplenti succedono per diritto agli anziani che cessano nel corso dell'anno.

Art. 85. La deputazione

Rappresenta il Consiglio provinciale nell'intervallo delle sue riunioni e nelle funzioni solenni;

Provvede all'esecuzione delle deliberazioni del Consiglio provinciale, con facoltà di farsi rappresentare da uno o più dei suoi componenti;

Prepara i bilanci delle entrate e delle spese;

Sospende gli impiegati degli uffizi e stabilimenti provinciali, rendendone conto al Consiglio;

Nomina, sospende e revoca i salariati a carico della provincia;

Assiste agli incanti e stipula i contratti, determinandone le condizioni in conformità delle deliberazioni del Consiglio;

Delibera sull'erogazione delle somme stanziale in bilancio per le spese impreviste e sullo storno di un articolo ad un altro della stessa categoria;

Fa gli alti conservatorii dei diritti della provincia;

In caso d'urgenza, fa gli atti e da i pareri riservati al Consiglio, riferendone al medesimo nella prima adunanza;

Compie gli studii preparatorii degli affari da sottoporsi alle deliberazioni del Consiglio provinciale;

Rende conto annualmente al medesimo della sua amministrazione;

Esercita per la tutela dei comuni e delle opere pie le attribuzioni che le sono dalla legge affidate;

Deve ogni anno raccogliere in una relazione generale tutte le notizie statistiche relative all'amministrazione della provincia e sottoporla tanto al Governo, quanto al Consiglio provinciale, colle forme che saranno determinate da regolamenti generali.

Art. 86. Il presidente della deputazione provinciale

Spedisce gli avvisi per la convocazione del Consiglio;

Convoca la deputazione provinciale;

Rappresenta la provincia in giudizio;.

Procede per le contravvenzioni ai regolamenti, in conformità del disposto dagli articoli 01, 62 e 65;

Firma gli atti relativi all'interesse dell'amministrazione provinciale;

47 - SESSIONE DEL 1861

Ha la sorveglianza degli uffizi ed impiegati provinciali.

Art. 87. Non possono far parte dulia deputazione provinciale

Gli impiegati dello Stato, della provincia, dei comuni;

Gli appaltatori di opere pubbliche a carico della provincia, e coloro che anche indirettamente abbiano interesse nelle imprese relative.

Capo V. — Delle rendile e delle spese provinciali.

Art. 88. Le rendile delle provincie sono costituite dai prodotti del loro patrimonio e dai proventi loro attribuiti dalle leggi.

Art. 89. Le spese provinciali sono obbligatorie e facoltative.

Art. 90. Sono obbligatorie le spese

1° Per gli stipendi degli impiegati dell'amministrazione della provincia e per il suo ufficio;

3 Per la sistemazione e manutenzione dei ponti, degli argini e delle strade provinciali;

5° Per la pubblica istruzione, secondaria e tecnica, ove manchino istituzioni particolari;

1° Per l'accasermamento dei reali carabinieri, a norma dei regolamenti di quest'arma;

8° Per le visite sanitarie ordinale nei casi di epidemia e di epizoozia dai prefelli, in seguilo al voto del Consiglio di sanità;

6° Pel servizio delle riscossioni e dei pagamenti;

7° Pel contributo delle spese consorziali;

8° Pel mantenimento degli esposti e dei maniaci;

9° E generalmente per gli altri titoli posti dalle leggi a carico della provincia.

Art. 91. Sono facoltative le spese non contemplate nell'articolo precedente e che si riferiscono ad oggetti di competenza dell'amministrazione provinciale.

Art. 93.1 Consigli provinciali provvedono alla insufficienza delle loro rendite:

1°Coi proventi degli istituti d'istruzione, di beneficenza e di utilità pubblica a carico della provincia;

2° Colla quota di compartecipazione ai dazi di consumo comunali, conforme alla legge relativa;

3° Con centesimi addizionali alle imposte dirette;

4° Colle quote del contributo ripartilo fra i comuni, avuto riguardo tanto al valore delle imposte dirette pagale nei singoli comuni, quanto ai gradi di utilità relativamente ai diversi lavori ed istituti provinciali.

Un ristretto del conto relativo sarà ogni anno comunicalo ai comuni per le osservazioni che loro occorresse di fare intorno alle quote rispettivamente attribuite.

TITOLO III.

DISPOSIZIONI GENERALI E COMUNI.

Art. 95.1 consiglieri comunali e provinciali entrano nell'esercizio delle loro funzioni nella prima adunanza del Consiglio che ha luogo dopo la elezione.

Rimangono in carica cinque anni. Si rinnovano per quinto ogni anno e sono sempre rieleggibili.

Art. 94. Tanto i consiglieri quanto gli amministratori rimangono in carica fino alla installazione dei loro successori, ancorché sia trascorso il termine prefisso alla durata delle loro funzioni.

Ove siano succeduti a consiglieri od amministratori innanzi lampo cessati rimangono pel tempo a quelli assegnato.

Art. 95. La qualità di consigliere si perde verificandosi alcuno degli impedimenti di cui agli articoli 17 e 70.

Art. 96. Si procede a nuova elezione nel corso dell'anno per completare le rappresentanze comunali e provinciali quando siano ridotte a meno dei due terzi del numero levalo.

Art. 97. Non può essere dato ai consiglieri mandalo imperativo; se è dato, non è obbligatorio.

Art. 98. Le funzioni dei consiglieri provinciali e comunali sono gratuite; danno però diritto al rimborso delle spese sostenute per l'esecuzione di speciali incarichi.

Art. 99. I Consigli comunali e provinciali osserveranno selle loro deliberazioni le norme praticale dai Consessi deliberanti. Essi sottoporranno ad approvazione i loro regolamenti interni.

Art. 100. Il governatore, il prefetto od un loro delegato possono intervenire alle sedute dei Consigli, ma senza voce deliberativa.

Art. 101 Chi presiede alle sedute è investito del potere discrezionale per mantenere l'ordine, l'osservanza delle leggi e la regolarità delle discussioni e deliberazioni.

Ha la facoltà di sospendere e di sciogliere l'adunanza, facendone processo verbale da trasmettersi al prefetto.

Art. 102. Nelle sedute pubbliche, dopo aver dal! gli opportuni avvertimenti, può ordinare che venga allontanato chiunque sia causa di disordini, ed anche ordinarne l'arresto. A questo si procede colla presentazione dell'ordine dato, di cui si fa menzione nel processo verbale.

L'individuo arrestato è custodito per ~l’i ore, senza pregiudizio del relativo procedimento penale quando ne sia il caso.

Art. 103. I Consigli non possono deliberare in una prima convocazione se non è presente la metà dei consiglieri.

Alla seconda convocazione, che dovrà aver luogo in altro giorno, le deliberazioni sono valide se è presente un quarto dei consiglieri, purché non si tratti di persone.

Art. 104 I Consigli votano ad alta voce, per appello nominale o per alzata e seduta.

Le sole deliberazioni concernenti a persone si prendono a suffragi segreti.

Art. 105 Nessuna proposta può sottoporsi a deliberazione definitiva se non viene depositala Vi ore prima nella sala delle adunanze con tutti i documenti necessari per poter essere esaminata.

Art. 106.1 Consigli nelle adunanze straordinarie non possono deliberare né mettere a partito alcuna proposta o questione estranea all'oggetto speciale della convocazione.

Art. 107. L'iniziativa delle proposte da sottoporre ai Consigli spella indistintamente all'autorità governativa, al presidente ed ai consiglieri.

Saranno prima discusse le proposte dell'autorità governativa, poi quelle del presidente, e infine quelle dei consiglieri secondo l'ordine di presentazione.

Art. 108. I Consigli che omettono di deliberare sulle proposte dell'autorità governativa e del presidente, alle quali siano specialmente chiamati, si ritengono come assenzienti, e se ne fa constare dal processo verbale.

Art. 109. Le deliberazioni dei Consigli relative a modificazioni od a revoca di deliberazioni esecutive si hanno come non avvenute qualora non se ne faccia espressa menzione.

48 - DOCUMENTI PARLAMENTARI

Art. 110.1 consiglieri non possono prender parte alle discussioni e deliberazioni riguardanti liti od interessi loro propri o d'istituzioni da essi amministrate o sorvegliale o di congiunti ed affini sino al quarto grado civile.

Art. 111.Terminale le votazioni, il presidente, col l'assistenza di due consiglieri, ne riconosce e proclama l'esito.

S'intende adottata la proposta se ottenne la maggioranza assoluta dei volani!. In caso di parila, la proposta non è adottata.

Trattandosi di nomine, dopo due votazioni si fa luogo a ballottaggio tra i due che ebbero maggiori voti.

Art. 112. Non potendosi deliberare in una sola adunanza gli oggetti proposti alla discussione, la seduta s'intenderà prorogata ai giorni successivi.

Art. 113.1 processi verbali delle deliberazioni sono compilati dal segretario. Devono contenere i nomi dei consiglieri intervenuti e di quelli che si sono allontanati nel tempo dell'adunanza, le materie proposte e trattate coi loro motivi, ed il numero dei voti favorevoli o contrari.

Sono letti ed approvati nell'adunanza stessa od in quella immediatamente successiva, e vengono firmati dal presidente, dal consigliere seniore e dal segretario.

Art. 114. Ogni consigliere ha diritto di far constare del suo voto e delle ragioni del medesimo dal processo verbale e di chiederne le opportune rettificazioni.

Art. 118.1 Consigli non possono tenere corrispondenza fra loro, né pubblicare manifesti e proclami.

Ai capi delle rispettive amministrazioni appartiene, a norma delle leggi e dei regolamenti, di pubblicare gli avvisi e di compiere gli atti richiesti dalle attribuzioni ad essi affidate.

Art. 116. Le deputazioni provinciali ed i magistrali municipali deliberano colla maggioranza assoluta dei voli.

Le deliberazioni non sono valide se non interviene la metà dei loro componenti.

Art. 117.1 comuni e le provincie sono obbligati ad eseguire gli atti di pubblica amministrazione che sono loro commessi dalle leggi nell'interesse generale; non hanno diritto per questo a compensi, a meno che ne siano dalle stesse leggi determinati.

TITOLO IV.

DELLA GESTIONE ECONOMICA

E DELLA CONTABILITÀ COMUNALE E PROVINCIALE.

Art. 118. Ogni amministrazione comunale e provinciale dee formare un esatto inventario di tutti i beni mobili ed immobili, dei titoli, atti e documenti che si riferiscono ai patrimoni e diritti rispettivi.

Tale inventario è tenuto in corrente colle relative variazioni e riscontrato in contraddittorio quando succeda un nuovo presidente nella provincia e gonfaloniere nel comune.

Una copia colle aggiunte successive è trasmessa al prefetto.

Art. 119. Le deputazioni provinciali ed i magistrali municipali presentano annualmente ai Consigli il conto della loro gestione col conto di cassa del rispettivo esattore o tesoriere.

Art. 120. Gli amministratori provinciali e comunali hanno diritto di assistere alla discussione dei conti relativi alla loro gestione, ancorché siano cessati dall'uffizio, ma dovranno ritirarsi nel tempo della votazione.

Nessuno di essi, trovandosi in ufficio, potrà presiedere i) Consiglio durante questa discussione. Il Consiglio eleggerà un presidente temporaneo.

Art. 131. Tanto i bilanci preventivi, quanto i conii consuntivi saranno depositati con tutti i loro documenti nella sala delle adunanze quindici giorni prima della seduta del Consiglio.

Ne sarà pubblicato l'avviso per norma dei contribuenti, i quali avranno diritto di esaminarli e di indirizzare al Consiglio le loro osservazioni in iscritto.

Art. 122. Fuori del bilancio non sarà deliberata alcuna nuova spesa la quale non sia giustificata da necessità e urgenza.

Art. 125. Occorrendo di deliberare nel corso dell'anno intorno ad opere ed a spese straordinarie da calcolarsi nel bilancio successivo, i relativi progetti saranno pubblicali nel modo e nel termine prescritti dall'articolo 121.

Art. 124. La forma dei bilanci, dei conti e degli altri atti è determinata dai regolamenti generali di amministrazione.

Art. 135. Tutte le entrate computabili nel bilancio o che si verificano nel corso dell'anno devono essere descritte in appositi ruoli, i quali sono resi esecutivi dal prefetto e riscossi dall'esattore o tesoriere colle formalità e coi privilegi fiscali.

Art. 126. Il tesoriere eseguisce i pagamenti, fino alla concorrenza delle somme stanziale nel bilancio, sopra mandali sottoscrilti dal capo dell'amministrazione provinciale o comunale e controfirmati dal segretario o dal ragioniere.

Art. 127. Il tesoriere rende ogni anno il conio di cassa delle entrate e delle spese.

Questo conto, esaminato dal Consiglio comunale o provinciale, è sottoposto all'approvazione del Consiglio di prefettura, salvo ricorso al Consiglio di governo.

Art. 128. Chiunque, dal tesoriere in fuori, s'ingerisce senza legale autorizzazione nel maneggio del danaro di una provincia o di un comune rimane sottoposto alla giurisdizione competente, senza pregiudizio delle leggi penali.

Art. 129. Le somme delle quali gli amministratori vengono dichiarati debitori sono riscosse dall'esattore o tesoriere come le altre entrale comunali o provinciali.

Art. 130. Un medesimo esattore o tesoriere può essere incaricato delle riscossioni e dei pagamenti per lo stato, per le provincie e pei comuni.

Art. 151. Le alienazioni, locazioni, provvisto ed appalti d] cose od opere il cui valore complessivo e giustificalo oltrepassa le lire 1000 pei comuni e le lire 5000 per le provincie, si fanno con pubblica concorrenza colle forme stabilile dalla legge e dai regolamenti.

Il prefetto però può permettere, in via eccezionale, che i contratti seguano per licitazione od a trattativa privala.

Art. 132. Qualora per la distanza dei luoghi o per la natura dei contratti mancasse il benefizio della concorrenza, l'incanto potrà essere tenuto coll’ordine del prefetto nell'ufficio della deputazione provinciale.

Il gonfaloniere od un suo delegato rappresenterà il comune per assistere all'incanto e firmare il contratto relativo.

Art. 133.1 consiglieri ed amministratori comunali e provinciali devono astenersi dal prendere parte direttamente o indirettamente a servizi, somministrazioni od appalti di opere nell'interesse del comune o della provincia alla cui amministrazione appartengono.

Art. 154. d'impiegali delle provincie e dei comuni sono soggetti ad annuale conferma nei due anni immediatamente posteriori a quello in cui vennero nominali.

49 - SESSIONE DEL 1861

Dopo la seconda conferma s'intendono condotti a triennio; e dopo due conferme nella triennale condotta, non è più necessaria altra conferma.

Però, tanto nel caso di due trienni, quanto dopo l'ultima conferma, in caso di reclami, il magistrato o la deputazione statuisce se l'impiegato debba sottoporsi a straordinario squittinio del Consiglio comunale o provinciale.

Art. 135.1 Consigli possono determinare i casi e le norme per le pensioni degli impiegali comunali o provinciali entro ai limiti posti dalle leggi generali dello Stato.

Art. 136. Coloro che fanno parte delle amministrazioni e degli uffici provinciali o comunali sono responsabili delle carte ad essi affidate.

TITOLO V.

DELLA VIGILANZA SUI COMUNI E SULLE PROVINCIE.

Art. 137.1 processi verbali delle deliberazioni dei Consigli comunali e provinciali sono dai presidenti delle rispettive amministrazioni trasmessi al prefetto entro otto giorni dalla loro data.

Il prefetto da ad essi immediato riscontro del ricevimento.

Art. 138. Il prefetto esamina se le deliberazioni Sodo regolari nella forma, sono nelle attribuzioni del Consiglio, sono conformi alle leggi.

Art. 139. Se il prefetto non le annulla per mancanza di alcuna di tali condizioni, nel termine d'un mese dal giorno del ricevimento dei processi verbali, e di due mesi quando si riferiscano ai bilanci, le deliberazioni diventano esecutive, salvo quelle per le quali si richiede una speciale approvazione a norma degli articoli seguenti.

Art. 140. L'annullamento delle deliberazioni è pronunziato dal prefetto, udito il Consiglio di prefettura.

Art. Iti. La deputazione provinciale approva le deliberazioni dei Consigli comunali che riguardano

1° Le norme pel modo di usare dei beni comunali e per ammettere gli abitanti al godimento in natura dei beni medesimi;

3° I bilanci dei comuni che ricevono sussidi dalla provincia.

Art. 142. Sono soggetti all'approvazione medesima i bilanci comunali che apportano un sopracarico alle contribuzioni dirette superiore alla media dell'ultimo quinquennio, qualora l'aggravio derivi da spese facoltative e vi sia reclamo per parte di un terzo dei consiglieri o dei contribuenti che rappresentano il decimo delle contribuzioni dirette nel comune.

Il reclamo dovrà essere presentato venti giorni prima che la deliberazione diventi esecutiva a norma dell'articolo 139.

Art. 141. Sono approvate dal prefetto, udito il Consiglio di prefettura, le deliberazioni dei Consigli comunali e provinciali che riguardano

1° Gli acquisti di beai, l'accettazione di doni o lasciti, le affrancazioni di rendite e di censi, e gl'investimenti fruttiferi;

¥ Le alienazioni o cessioni di beni, crediti e capitali, gli atti relativi a costituzione di rendila fondiaria, a transazioni, ad ipoteche e servitù, e la creazione di debiti;

3° Le locazioni e conduzioni oltre il novennio;

4° Le spese che vincolano i bilanci oltre a cinque esercizi;

5° Le azioni da promuovere e le liti da sostenere;

6 Le cauzioni per le rendite e pel danaro del comune.

Art. 142. Sono sottoposti all'approvazione del governatore, previo parere del Consiglio di governo,

1 I regolamenti attribuiti dalla legge ai comuni ed alle provincie;

3 I cambiamenti nella classificazione delle strade e l'introduzione di pedaggi per le medesime;

3 L'istituzione di fiere e di mercati.

Il governatore trasmette copia dei regolamenti da esso approvati e di quelli preesistenti al competente Ministero, il quale, adito il Consiglio di Stato, può annullarli in tutto od in parte per quanto siano contrari alle leggi ed ai regolamenti generali.

Art. L’'. Presentandosi il caso di negare o sospendere l'approvazione richiesta dagli articoli 141, 143 e 143, il prefetto e La deputazione provinciale rispettivamente faranno conoscere ai comuni i motivi che si oppongano, e sulle repliche dei medesimi si procederà alla decisione.

Art. 146. Potranno ancora ordinare a spese della provincia o del comune le indagini riconosciute indispensabili, od anche commettere a periti di esaminare i progetti e di verificarne la spesa.

Art. 147. Contro le decisioni della deputazione provinciale per gli atti di cui agli articoli 141 e 142 è aperto il ricorso al prefetto che risolve definitivamente, udito il Consiglio di prefettura.

Contro le decisioni del prefetto per gli alti di cui all'articolo 143 è aperto il ricorso al governatore, il quale risolve definitivamente, udito il Consiglio di governo.

Il ricorso dovrà essere presentato entro venti giorni da quello della relativa comunicazione.

Art. 148. Il prefetto, udito il Consiglio di prefettura, approva i conti delle amministrazioni comunali e provinciali e pronuncia sulle controversie alle quali possono dar luogo, salvo ricorso al governatore come all'articolo precedente.

Le decisioni saranno sempre motivate.

Art. 149. Farà inoltre d'uffizio nel bilancio, udito pure il Consiglio di prefettura, gli assegnamenti necessari per le spese obbligatorie della provincia o dei comuni.

Art. 150. L'approvazione alla quale sono soggetti alcuni atti dei Consigli non attribuisce la facoltà di ordinare un provvedimento diverso da quello proposto.

Art. 151. Le amministrazioni delle provincie e dei comuni, le quali credano che le loro attribuzioni sono violate dall'autorità amministrativa, possono ricorrere al Re.

Il Re provvede, previo il parere del Consiglio di Stato.

Art. 153. Quando gli amministratori comunali o provinciali non emettono i mandati di pagamento o non eseguiscono le deliberazioni esecutive o non adempiono le obbligazioni imposte dalla legge, provvede il prefetto, udito il Consiglio di prefettura.

Art. 153. Ove, malgrado la convocazione dei Consigli, non potesse aver luogo alcuna deliberazione, il prefetto provveduta a tutti i rami di servizio e darà corso alle spese rese obbligatorie tanto per disposizione di legge, quanto per antecedenti deliberazioni esecutive.

Art. 154. Il prefetto può verificare la regolarità dell'andamento e del servizio negli uffici provinciali e comunali, e provvedere, ove occorra, col mezzo di speciali incaricati ed a spese delle rispettive amministrazioni, alla regolare spedizione degli affari.

Art. 155. Spetta al medesimo d'inviare nei comuni un delegalo per compiere gli atti che il gonfaloniere, come ufficiale governativo, abbia trascurato di fare o non eseguisca in conformità delle leggi e dei regolamenti.

Art. 156. Sono nulli di pieno diritto gli alti deliberati in adunanze illegali o intorno ad

50 - DOCUMENTI PARLAMENTARI

oggetti estranei alle attribuzioni dei Consigli e degli amministratori o contrari alle leggi.

La nullità è pronunciala in via amministrativa ed in qualunque tempo. Essa ha per effetto di far ricadere a carico di coloro che avranno provveduto all'esecuzione della deliberazione tutte le spese e i danni sopportati dal corpo da essi rappresentato in conseguenza della medesima.

Nei casi però in cui la deliberazione fosse esecutoria, la responsabilità si applica soltanto all'esecuzione data dopo la notificazione del decreto di annullamento.

Art. 157. Pei casi previsti dalla presente legge in relazione colle leggi penali, appartiene al prefetto di promuovere presso il Pubblico Ministero il relativo procedimento.

Art. 158. Il Re può disciogliere i Consigli provinciali e comunali.

Lo scioglimento può esserne pronunciato anche dal governatore per gravi ed urgenti motivi di ordine pubblico.

Sarà provveduto per una nuova elezione entro un termine non maggiore di tre mesi.

Art. 159. In caso di scioglimento del Consiglio provinciale il prefetto ed il Consiglio di prefettura esercitano le attribuzioni dalla legge affidate alla deputazione provinciale.

In caso di scioglimento del Consiglio comunale, l'amministrazione del comune è provvisoriamente affidata a carico del comune a un delegato straordinario nominato dal Re. Il delegato esercita le attribuzioni del gonfaloniere e del magistrato dei priori.

Art. 160. 1 governatori, i prefetti, i gonfalonieri, i componenti le deputazioni provinciali ed i magistrali dei priori non possono essere chiamati a render conto degli atti compiuti nell'esercizio delle loro attribuzioni fuorché dalla superiore autorità amministrativa.

PROGETTO DI REGOLAMENTO

PER LE ELEZIONI COMUNALI E PROVINCIALI.

TITOLO I.

DELLE ELEZIONI COMUNALI.

Capo I. — Delle liste elettorali.

Art. 1.1 nomi degli elettori sono iscritti in una lista compilata dal magistrato dei priori e dal medesimo riveduta ogni anno, per le opportune modificazioni, al meno quindici giorni prima della convocazione del Consiglio comunale per la Sessione di primavera.

Art. i. La lista deve indicare, accanto al nome d'ogni inscritto,

1° II giorno ed il luogo della sua nascita;

II suo numero d'iscrizione nei moli delle contribuzioni dirette;

5° Ogni altro titolo che gli conferisca il diritto elettorale.

Art. 3. Nella prima domenica successiva al compimento della lista deve essere notificato al pubblico che questa starà depositata in una sala del comune per otto giorni, affinché, durante questo termine, possa chiunque esaminarla e presentare all'amministrazione comunale quei reclami che crederà di suo interesse.

Art. fr. La lista, previo esame dei reclami presentati, è riveduta e deliberata da) Consiglio, quindi nuovamente pubblicata, in conformità dell'articolo precedente, per altri otto giorni insieme ad un elenco dei nomi che il Consiglio vi avrà aggiunti o cancellati e insieme ad un avviso indicante che vi è diritto a reclamo nel termine di giorni dieci dalla scadenza di quello avanti prefisso.

Art. 5. Entro 48 ore dal primo giorno della seconda pubblicazione, gli esclusi dalla lista devono, per cura del gonfaloniere, esserne avvisati per iscritto con avviso al loro domicilio nel comune.

L'avviso deve esprimere i motivi dell'esclusione ed essere dato senza spesa per opera degl' inservienti del comune.

Art. 6. Scorso il termine prefisso ai reclami, la lista originale con tutti i documenti deve essere trasmessa al prefetto, che ne fa ricevuta al gonfaloniere.

Un esemplare della lista deve essere serbato nella segreteria del comune.

Art. 7. Chiunque gode del diritto elettorale nel comune può reclamare dal prefetto l'inscrizione di chi sia stato omesso sulla lista elettorale o la cancellazione di chiunque siavi stato indebitamente compreso, non meno che la correzione di qualunque altro errore occorso nella formazione della lista stessa.

I reclami possono essere indirizzati al prefetto anche col mezzo dell'ufficio comunale.

Ai reclami deve essere unito un certificato dell'esattore comunale, comprovante il deposito della somma di lire 10 fatto dal reclamante.

Questa somma sarà restituita, ove sia fatto luogo al reclamo, ed in caso diverso sarà devoluta agli istituti locali di carità designati dal magistrato dei priori.

Dei reclami deve sempre essere rilasciata ricevuta.

Art. 8, Niuno dei reclami accennati nell'antecedente articolo è ammesso, salvo consti della notificazione giudiziaria alla parte che vi ha interesse, la quale ha dieci giorni per rispondervi, a contare da quello della notificazione.

Art. 9. Il prefetto, udito il Consiglio di prefettura, pronunzia sui reclami menzionati negli articoli 4 e 7 nei cinque giorni da quello del loro ricevimento, qualora essi siano proposti dall'individuo stesso che vi ha interesse o dal suo mandatario, e nei cinque giorni dopo spirato il termine prefisso dall'articolo precedente, qualora siano fatti da terzi. Le decisioni saranno motivate e notificate agl'interessati.

Art. 10. Colle stesse norme di cui all'articolo precedente, il prefetto aggiunge alle liste quelli che riconosce avere le qualità dalla legge richieste e quelli che fossero stati antecedentemente omessi o indebitamente cancellati.

Ne cancella nello stesso modo, se ancora non lo furono dal Consiglio comunale,

1° I defunti;

2° Quelli la cui iscrizione sulla lista sia stata annullata dalle autorità competenti;

5° Quelli che avessero perduto le qualità richieste dalle leggi;

T Quelli che fossero stati inscritti indebitamente, quantunque la loro iscrizione non sia stata impugnata.

Art. 11. I comuni ed i privati che vogliono contraddire ad una decisione pronunziata dal prefetto o lagnarsi di negata giustizia, possono promuovere la loro azione presso la Corte d'appello, presentando i titoli giustificativi della loro domanda.

Dove la decisione abbia rigettato una domanda d'iscrizione sulla lista elettorale proposta da un terzo, l'azione non potrà essere intentala che dall'individuo del quale sarà stata chiesta l'iscrizione.

Art. 12. La causa dev'essere decisa sommariamente ed in via d'urgenza, senzachè sia d'uopo del ministero di causidico o di avvocato, e sulla relazione che ne verrà fatta in udienza pubblica da uno dei consiglieri della Corte, sentita la parte od il suo difensore e sentito pure il Pubblico Ministero nelle sue conclusioni orali.

Art. 13. Una copia del ricorso d'appello nel termine di tre giorni dalla presentazione del medesimo deve essere depositata nell'ufficio del Ministero Pubblico presso la Corte,

51 - SESSIONE DEL 1861

dal quale sarà trasmessa al prefetto.

Questi può inviare al Ministero Pubblico i titoli e documenti che crede opportuni allo schiarimento dei fatti.

I titoli e documenti medesimi devono essere depositati nella segreteria della Corte; affinché gl'interessati ne prendano cognizione e siano poi uniti agli atti.

Art. 14. Se vi è ricorso in cassazione, la Corte provvede egualmente a termini dell'articolo 12.

Art. 15. L'appello introdotto contro una decisione che ordina la cancellazione di un elettore dalla lista ha effetto sospensivo.

Art. 16. I ricevitori delle contribuzioni dirette sono obbligati a spedire in carta libera ad ogni persona portata sul ruolo l'estratto relativo alle, sue imposte, ed a chiunque creda di contraddire ad una iscrizione fatta sulla lista i certificati negativi ed ogni estratto del ruolo dei contribuenti.

Non possono a tal titolo riscuotersi dai ricevitori che cinque centesimi per ogni estratto di ruolo concernente il medesimo contribuente.

Art. 17. Le liste deliberate dai Consigli comunali o riformate dal prefetto saranno pubblicate, e non si faranno altre modificazioni fino alla revisione dell'anno suecessivo.

Art. 18. Nondimeno il magistrato dei priori, sulla produzione dei documenti autentici, vi farà, prima dell'incominciamento delle operazioni elettorali, quelle modificazioni che fossero ordinate giudiziariamente o che derivassero dalla morte degli elettori, dalla perdita dei diritti civili incorsa per sentenza passata in giudicato o dalla cessazione tanto della rappresentanza, quanto della delegazione, di cui agli articoli 12 e 15 della legge comunale e provinciale.

Capo II. — Delle operazioni elettorali.

Art. 19. Le elezioni si i fanno dopo la tornata di primavera, ma non più tardi del mese di luglio.

Un manifesto del gonfaloniere, pubblicato 13 giorni prima, indicherà il giorno, l'ora ed i luoghi della riunione stati fissati con deliberazione del magistrato dei priori.

Art. 20. Gli elettori di un comune concorrono tutti egualmente alla elezione dei consiglieri.

Nei comuni che sono divisi in più mandamenti gli elettori di ciascun mandamento sono convocati in assemblee distinte, ed ogni mandamento elegge il numero di consiglieri che gli è assegnato.

Il medesimo può farsi per le borgate o frazioni.

Il prefetto, inteso il magistrato dei priori, determina e pubblica la ripartizione.

Chi fosse eletto in più mandamenti od in più frazioni può ottare per uno di essi nel termine di otto giorni; in difetto, il magistrato dei priori estrae a sorte il mandamento olà frazione che l'eletto ha da rappresentare.

Negli altri mandamenti s'intendono eletti quelli che successivamente ottennero più voti.

Art. 21. Gli elettori esercitano i loro diritti elettorali intervenendo personalmente alle elezioni.

Tuttavia quelli che dimorano fuori della provincia o che giustificano di essere inscritti nelle liste elettorali di più comuni o di non potere intervenire all'adunanza per causa di malattia possono mandare al gonfaloniere la loro scheda entro un involto chiuso e sigillato, sul quale sia posta la loro firma autenticata dal gonfaloniere del comune ove dimorano o da un notaio.

Il gonfaloniere conserva questi involti per consegnarli, chiusi e sigillati come li ha ricevuti, al presidente dell'uffizio elettorale definitivo nel giorno delle elezioni..

Art. 22. Gli elettori si riuniscono in una sola assemblea. Eccedendo il numero di 400, sono divisi in sezioni, le quali votano separatamente.

Ogni sezione comprende 200 elettori almeno, e concorre direttamente alla nomina di tutti i consiglieri, salvo il caso previsto nel secondo alinea dell'articolo 20.

Art. 53. La presidenza degli uffizi provvisorii delle adunanze elettorali appartiene al gonfaloniere, ai priori, e, in caso d'impedimento, ai consiglieri più anziani..

I due elettori seniori e i due più giovani hanno l'incarico di scrutatori.

L'ufficio nomina il segretario, che ha voce consultiva.

Art. 24. La Usta degli elettori, quella dei consiglieri da surrogarsi e la lista dei consiglieri che rimangono in ufficio devono restare affisse nella sala delle adunanze durante il corso delle operazioni.

Art. 25. L'adunanza elegge a maggioranza relativa di voti il presidente e quattro scrutatori definitivi, tenendo nota degli eletti che dopo questi ebbero maggior numero di voti.

L'ufficio così definitivamente composto nomina il segretario olivi tivo che ha voto consultivo.

Art. 26. Se il presidente di un collegio ricusa od è assente, resta di pieno diritto presidente lo scrutatore che ebbe maggior numero di voti; il secondo scrutatore diventa primo, e così successivamente diventano scrutatori coloro che dopo gli eletti ebbero maggior numero di voti.

La stessa regola si osserva in caso di rinunzia o di assenza di alcuno fra gli scrutatori.

Art. 27. Il presidente è incaricato della polizia delle adunanze e di prendere le necessario cautele onde assicurarne l'ordine e la tranquillità.

Nessuna forza armata può essere collocata, senza la richiesta del presidente, nella sala delle elezioni o nelle sue adiacenze.

Le autorità civili ed i comandanti militari sono obbligati a prestarsi ad ogni sua richiesta.

Art. 28. Le adunanze elettorali non possono occuparsi di altro oggetto che della elezione dei consiglieri; è loro interdetta ogni discussione o deliberazione.

Art. 29. Tre almeno fra i componenti l'uffizio devono trovarsi costantemente presenti fino al termine delle operazioni elettorali.

Art. 30. Chi con finto nome da il suo suffragio in un'adunanza elettorale in cui non ha diritto d'intervenire, o si giova di falsi titoli o documenti per essere inscritto sulle liste elettorali, perde per dieci anni l'esercizio dell'elettorato, senza pregiudizio delle pene che potessero per Io stesso fatto essergli inflitte a termini delle leggi penali.

Art. 31. Chiunque sia convinto di avere nel tempo delle elezioni causato disordini o provocalo assembramenti tumultuosi, accettando, portando, inalberando o affiggendo segni di riunione, od in qualsiasi altra guisa, è punito con un'ammenda di lire 10 a 50 e coll'arresto od anche col carcere da 6 a 30 giorni..

Sono puniti con la stessa pena coloro che, non essendo né elettori nella medesima sezione né componenti l'ufficio, s'introducono durante le operazioni elettorali nel luogo dell'adunanza, e coloro che, non curando gli ordini del presidente, fanno discussioni, danno segni di approvazione o di disapprovazione, od eccitano altrimenti tumulto.

Il presidente ordina che sia fatta menzione dell'accaduto nel processo verbale dell'adunanza, e lo trasmette all'autorità giudiziaria pel relativo procedimento.

52 - DOCUMENTI PARLAMENTARI

Art. 32. Niun elettore può presentarsi armato nell'adunanza elettorale.

Art. 33. Niuno è ammesso a votare, sia per la formazione dell'ufficio definitivo, sia per l'elezione dei consiglieri, se non trovasi iscritto nella lista degli elettori affissa nella sala e rimessa al presidente.

Il presidente e gli scrutatori devono tuttavia dare accesso nella sala ed ammettere a votare coloro che si presentano forniti di una sentenza della Corte d'appello colla quale si dichiari che essi hanno diritto di essere elettori, e coloro che presentano un attestato alla segreteria della Corte d'appello comprovante che si trovano nel caso previsto dall'articolo 15.

Art. 34. Aperta la votazione per l'elezione dei consiglieri, il presidente chiama ciascun elettore nell'ordine della sua inscrizione nelle liste.

L'elettore rimette la sua scheda manoscritta e piegata al presidente che la depone nell'urna.

Quando vengono chiamati elettori che hanno mandato il loro voto sigillato a termini dell'articolo 41, il presidente dissigilla l'involto in presenza degli scrutatorie mette la scheda nell'urna senzachè sia letta, facendone constare dal processo verbale, al quale unisce come allegato l'involto.

Art. 35. A mano a mano che le schede si vanno riponendo nell'urna, uno degli scrutatori od il segretario ne fanno constare scrivendo il proprio nome di fronte a quello di ciascun votante sopra un esemplare della lista a ciò destinato, il quale deve contenere i nomi ed i titoli di tutti gli elettori.

Art. 36. Terminato il primo appello, gli elettori che soppravvengono dichiarando il loro nome sono ammessi a votare individualmente nell'ordine col quale si presentano.

Art. 37. Ad un'ora dopo il mezzodì, sempre che sia già trascorsa un'ora dal termine del primo appello, si procede ad una seconda chiamata degli elettori che non hanno ancora votato.

Eseguita quest'operazione, il presidente dichiara chiusa la votazione.

Art. 38. La tavola, alla quale siedono il presidente, gli scrutatori ed il segretario, deve essere disposta in modo che gli elettori possano girarvi intorno durante lo scrutinio dei suffragi.

Art. 39. Aperta l'urna e riconosciuto il numero delle schede, uno degli scrutatori piglia successivamente ciascuna scheda, la spiega, la consegna al presidente, il quale ne da lettura ad alta voce e la fa passare ad un altro scrutatore.

Il risultato dello scrutinio è immediatamente reso pubblico.

Art. 40. Pubblicato lo scrutinio, le schede sotfo arse in presenza degli elettori, salvo quelle su cui nascesse contestazione, le quali sono unite al verbale e vidimate almeno da tre dei componenti l'ufficio.

Art. 41. Terminate le operazioni elettorali, se ne fa constare immediatamente col mezzo di processo verbale, sottoscritto dai componenti l'ufficio.

Art. 42. Ove gli elettori siano stati divisi in più sezioni, lo scrutinio dei suffragi si fa in ciascuna sezione in conformità degli articoli precedenti.

Il presidente di ciascuna sezione reca immediatamente il processo verbale all'ufficio della prima sezione, dal quale, in presenza di tutti i presidenti delle sezioni, si procede al computo generale dei voti.

Il presidente della sezione principale proclama il risultato della elezione.

I componenti l'ufficio principale in un coi presidenti delle sezioni redigono e firmano il processo verbale prima di sciogliere l'adunanza.

Art. 43. Si hanno per non iscritti i nomi che non portino sufficiente indicazione delle persone elette, come pure gli ultimi nomi eccedenti il numero dei consiglieri da nominarsi. La scheda resta valida nelle altre parti.

Art. 44. Sono nulle le schede nelle quali l'elettore si è fatto conoscere.

Art. 45. L'uffizio pronunzia invia provvisoria su tutte le difficoltà che si sollevano in riguardo alle operazioni dell'adunanza, sulla validità dei titoli prodotti, e sopra ogni altro incidente, come pure sui reclami intorno allo scrutinio.

Si deve fare menzione nel processo verbale dì tutti i reclami insorti e delle decisioni profferite dall'ufficio.

Le note o carte relative a tali reclami sono munite del visto dei componenti l'ufficio ed unite al processo verbale.

Art. 46. Il processo verbale dell'elezione è indirizzato al prefetto entro tre giorni della sua data.

Se ne conserva nella segreteria del comune un esemplare, il quale deve essere certificato conforme all'originale dall'ufficio.

Il magistrato dei priori nello stesso termine di giorni tre pubblica il risultato della votazione e lo notifica alle persone elette.

Art. 46. Contro alle deliberazioni prese dall'ufficio elettorale è ammesso il ricorso al prefetto entro i cinque giorni successivi alla pubblicazione, a termini degli articoli 7, 8 e 9.

È pure aperta la via all'azione giuridica, conformemente al disposto dell'articolo 11, quando la decisione del prefetto versi sulla capacità legale di un cittadino ad essere elettore od eleggibile.

Art. 48. L'articolo 37 e i susseguenti saranno affissi alla porta della sala delle elezioni in caratteri ben leggibili.

TITOLO II.

DELLE ELEZIONI PROVINCIALI.

Art. 49. Alle elezioni dei consiglieri provinciali si procede colle stesse regole e forme fissate per le elezioni dei consiglieri comunali.

Le elezioni annuali sono fatte nelle stesse epoche delle comunali, facendone però constare con processi verbali separati.

Art. 50. Compiute le operazioni a termini dell'articolo 40, i presidenti dell'ufficio principale di ogni comune trasmettono immediatamente al prefetto gli atti dell'elezione.

La deputazione provinciale in sedata pubblica indicata con manifesto del prefetto verifica la regolarità delle operazioni, statuisce sui reclami insorti, fa lo spoglio dei voti, e proclama a consiglieri provinciali i candidati che ottennero maggior numero di voti, pubblicandone i nomi e notificando agli eletti il numero dei voti ottenuti.

Art. 51. Dalle decisioni della deputazione può essere interposto appello al Consiglio provinciale nella sua prima sessione.

Il Consiglio pronunzia definitivamente, salvo ricorso alla Corte d'appello quando trattisi della capacità legale di un cittadino ad essere elettore od eleggibile.

TITOLO III.

DISPOSIZIONI GENERALI.

Art. 52. S'intendono eletti a consiglieri comunali e provinciali quelli che, essendo eleggibili, hanno riportato il maggior numero di voti.

A parità di voti, il seniore fra gli eletti ottiene la preferenza.

53 - SESSIONE DEL 1801

Art. 55. Non possono essere contemporaneamente consiglieri nello stesso comune o nella stessa provincia gli ascendenti e discendenti, i fratelli, il suocero ed il genero,

Art. 56. Se l'elezione porta nel Consiglio comunale o provinciale alcuno dì questi congiunti, il consigliere nuovo viene escluso da chi è in ufficio, quello che ottenne minor numero di voli da chi ne ebbe un numero maggiore, il più giovane dal seniore.

In questi casi, invece degli esclusi, si proclama il nome di quelli che rimangono ad essi sostituii!.

Art. 55. Dopo l'elezione generale, la scadenza dei consiglieri nei primi quattro anni è determinata dalla sorte; iri appresso dall'anzianità.

Art.56. Per la revisione delle liste elettorali che occorresse durante lo scioglimento di un Consiglio comunale, il delegato nominato in conformità dell'articolo 189 della legge sarà assistito da due aggiunti scelti dalla deputazione provinciale fra gli elettori del comune, ma fuori del Consiglio disciolto.

Lo stesso delegato presiederà l'ufficio provvisorio per le nuove elezioni, e deputerà, insieme agli aggiunti, i presidenti degli uffizi provvisorii di sezione.

Consorzi fra privati, comuni e provincie per causa di pubblica utilità.

Progetto di legge presentato alla Camera

il 15 marzo 1861 dal ministro dell'interno (Minghetti).

Signori! — II progetto di legge comunale e provinciale attribuisce alla provincia molli istituti e molte opere pubbliche che dapprima appartenevano allo Stato. Ma, perché le provincie bastino a provvedere a tali servizi, converrà tener modo ch'esse possano associarsi fra loro, affinché agli sforzi singolari e sparsi venga sostituita l'azione collettiva, e si Consegua in tal guisa la maggiore bontà del risultamelo col maggiore risparmio delle spese.

Se l'istituzione dei consorzi; che altro non è io sostanza fuorché l'applicazione, ora volontaria ed ora obbligatoria, del principio d'associazione, tornò molto utile ed opportuna nel passato, quantunque per l'ordinario si restringesse ad opere di acque e strade, molto più utile ed opportuna riescirà nell'avvenire, trattandosi di conferire ai municipi ed alle provincie molte importanti attribuzioni, specialmente per ciò cbe si riferisce all'istruzione, alla beneficenza ed ai pubblici lavori.

La proposta che ho l'onore di presentarvi non determina tutti gli oggetti suscettivi di consorzio, né da le disposizioni a ciascuno di essi relative, ma definisce le norme per costituire e regolare i consorzi in generale, qualunque sia l'oggetto al quale essi intendono.

Una legge sui consorzi dei comuni, dei privati e delle provincie, che non determini alcun oggetto speciale ma comprenda ogni maniera di consorzio obbligatorio o facoltativo, mentre apre il campo a quei vantaggi economici e morali che derivano dall'associazione delle forze indirizzato ad un fine comune,.incontra non poche e non lievi difficoltà, avuto riguardo non solo all'ampiezza della materia, ma anche alla varietà ed alla insufficienza delle legislazioni vigenti nelle diverse provincie d'Italia.

Che se ella paresse a taluno nelle sue generalità troppo astratta, uopo è ricordare che intorno alle speciali materie che ponno essere oggetto di consorzio, come pubblici lavori, o beneficenza, o istruzione, dalle leggi speciali è o sarà dichiarato a carico di chi debbano essere in tutto od in parte le spese relative; e quindi a quelle leggi speciali deve necessariamente riferirsi l'attuale progetto. Ma quella generalità, che è il carattere suo più distinto, mentre era necessaria, torna utile praticamente, sia perché lascia più libero campo alle leggi speciali di ampliare la materia dei consorzi,

sia perché diminuisce la necessità di modificare la legge sui medesimi per le modificazioni che avvenissero negli ordini relativi alle diverse parti della pubblica amministrazione.

Premessa questa spiegazione, gioverà esporre a quali principii, nel suo complesso, il progetto s'informa.

La prima questione generale da risolvere era questa: se convenisse che la legge dichiarasse obbligatorio il consorzio in certi casi e stabilisse le autorità ed i modi per assicurarne l'esecuzione, ovvero si limitasse a dichiarare quali fossero gli oggetti e i casi suscettivi di consorzio obbligatorio, lasciando che la costituzione di esso fosse promossa da alcuno fra gl'interessati, e dando a tutti gl'interessati il diritto di promuoverne e di ottenerne la costituzione.

Dei due sistemi è stato preferito il secondo; e ciò perché esso restringe l'ingerenza dell'autorità amministrativa, sostituendo altri mezzi non meno efficaci a conseguire l'intento; perché concede maggiore libertà agl'interessati, i quali possono anche accordarsi di provvedere al bisogno o colla forma dei consorzi facoltativi od assumendo, ciascuno per la propria parte, le opere che sarebbero state oggetto di un consorzio obbligatorio; perché, infine, o trattasi di opere d'interesse privato per le quali la legge si restringe a dichiarare a carico di chi debbono stare, e l'interesse privato offre una sufficiente guarentigia per l'esecuzione; o si tratta di opere dichiarate obbligatorie dalle leggi speciali, ed in tal caso, oltre l'interesse privalo, anche la vigilanza dell'autorità ne cura l'adempimento.

Una seconda questione era a quale autorità si dovessero confidare gli atti richiesti per decretare un consorzio obbligatorio.

In questa materia non mancano, per verità, elementi di natura giuridica; ma quelli di natura amministrativa evidentemente prevalgono, ed anzi gli stessi elementi giuridici partecipano del carattere amministrativo, sia per l'indole loro, sia pel loro fine.

L'ingerenza di due diverse autorità nel soggetto medesimo non sarebbe scevra d'inconvenienti; onde, essendo necessaria una scelta, si è preferita l'autorità amministrali va, conciliandosi ancora la speditezza dei procedimenti colla efficacia delle guarentigie date dalle consulte speciali, dalla pubblicità, dai ricorsi e dagli appelli.

Ad evitare poi ogni concentramento che tolga gli affari dalla loro sede più naturale e conveniente, si è nel progetto stabilito che la competenza sia del prefetto in primo grado, e del governatore in secondo grado; cosicché non sarebbe in verun caso necessario di ricorrere al Governo centrale.

La questione relativa alla durata dei consorzi si poteva risolvere in due modi diversi, cioè: o dichiarando che il consorzio costituito per un'opera od una istituzione dovesse durare anche pel mantenimento e per la conservazione delle medesime; o riservando di decretare la durata del consorzio quando si decretasse la costituzione del consorzio medesimo. Questo secondo sistema è sembrato degno di preferenza, essendosi considerato che il bisogno della durala del consorzio non è uguale per tutte le materie, in tutti i casi e per tutti gl'interessati; onde tornerà meglio decidere della durata quando avvenga decidere della costruzione medesima, avuto riguardo alle circostanze ed alle osservazioni degl'interessati.

Venendo ora a toccare colla maggiore brevità delle diverse parli del progetto, noterò come nel titolo primo che contiene le disposizioni preliminari siasi avuto cura d'indicare Io scopo ed i caratteri dei consorzi, gl'individui ed i corpi morali che possono farne parte; di distinguere i consorzi in obbligatorii ed in facoltativi,

54 - DOCUMENTl PARLAMENTARI

essendosi considerale suscettive di consorzio obbligatorio soltanto le opere, le istituzioni e le spese che, oltre all'essere di un interesse comune, vengano dichiarate obbligatorie da legge speciale; di distinguere inoltre il consorzio obbligatorio per un'opera od una istituzione dal consorzio obbligatorio pel riparto delle spese che la partecipazione obbligatoria seco adduce; di distinguere infine la partecipazione alle spese dal semplice concorso alle medesime.

Il titolo II, che tratta dei consorzi obbligatorii, è diviso in cinque sezioni affine di meglio coordinare le disposizioni relative alle materie delle strade, delle acque, degli scoli, delle bonificazioni, dei porti e fari, dei diversi istituti, e le disposizioni relative al concorso nelle spese dei consorzi medesimi. Per maggior chiarezza si è pure ripetute volte fatto richiamo a quelle parti del progetto che sono applicabili alle varie sezioni, cosi che la materia di ciascuna sezione viene ad essere compiutamente trattata.

L'argomento delle strade ha permesso di proporre alcune disposizioni abbastanza concrete, ed è sembrato che a renderne obbligatorio il consorzio fra più comuni o più provincia sia condizione sufficiente l'aver a provvedere alle comunicazioni coi centri amministrativi o giudiziari, ovvero ad urgenti interessi economici e morali.

Una differenza notevole si riscontra fra le disposizioni relative ai consorzi per le strade e le disposizioni relative agli altri consorzi, specialmente per le acque. Non sarebbe dato infatti di conoscere di quali comuni o di quali provincie debba essere costituito un consorzio obbligatorio per la costruzione di una strada, se il progetto di questa non fosse conosciuto in tutte le sue parti per ciò che si riferisce all'andamento, alle circostanze, ai vantaggi ed alle spese. Indi l'obbligo di presentare per la strada un progetto accompagnato dalla perizia, la qual cosa, come si dirà in appresso, non fu creduta necessaria ed opportuna in riguardo alle acque ed alle materie degli altri consorzi.

Il sistema tenuto per le strade ha permesso di adottare un provvedimento più semplice, giacché con un alto solo si determinerebbero gli interessati a formare il consorzio obbligatorio, le opere da compiersi, e la quota rispettiva delle spese.

La materia delle acque è regolata attualmente da leggi e consuetudini molto diverse, onde sarebbe stato impossibile di enumerare per ispecie, anziché per generi, le opere suscettive di consorzio obbligatorio. In difetto di altre norme, non si potevano pretermettere le seguenti condizioni, cioè: la spesa dichiarata obbligatoria dalla legge, l'identità dell'opera che richieda un consorzio simultaneo e concorde, la comunanza dell'interesse, la natura dell'opera per la quale occorra unità di sistema, di direzione e di vigilanza.

La domanda per la costituzione del consorzio non sarà corredata né dalla perizia dei lavori, né dal progetto della classificazione degli interessali; ma l'autorità amministrativa, col mezzo dell'ufficio tecnico, procede alla formazione di un progetto provvisorio e del definitivo, dopo intese le ragioni degli interessati, colla guarentigia di una doppia pubblicazione.

Alla deputazione incaricata di rappresentare il consorzio è commesso tutto ciò che si riferisce alle qualità, alle perizie ed alla esecuzione dei lavori. Con tale sistema si è rimossa la difficoltà che avrebbe impedito molte volte la costituzione dei consorzi, qualora a carico di uno o di pochi interessati fosse caduta anticipatamente la grave e talvolta inutile spesa dei progetti e delle perizie.

La materia dei porti e dei fari è considerata come oggetto suscettivo di consorzio obbligatorio piuttosto in riguardo alla loro manutenzione ed alla ripartizione

delle spese, che in riguardo all'opera della costruzione, la quale non sembra suscettiva, per sé medesima, di un consorzio obbligatorio tra più comuni e più provincie.

Prima di passare dai consorzi per opere pubbliche ai consorzi per diversi istituii, non sarà superfluo, a maggiore schiarimento della materia, l'accennare almeno ad alcune delle principali differenze che, specialmente in riguardo alle acque, si riscontrano nelle leggi e disposizioni vigenti nelle varie provincie italiane.

La legge pubblicata nelle provincie antiche e nelle lombarde tratta dei consorzi relativi alle acque, agli scoli, alle bonificazioni, ai porti ed ai fari. I consorzi sono di privati o di comuni, volontari od obbligatorii, costituiti da quella legge o da costituirsi tanto con leggi speciali, quanto per disposizioni governative. A sostenere le spese delle opere ed obbligazioni poste a carico parziale o totale dei beni laterali ai fiumi o torrenti concorrono i proprietari dei beni in attuale, prossimo o remoto pericolo di danni. Ove occorra, si stabiliscono consorzi anche pei corsi minori naturali di acque distinti dai fiumi e torrenti e per gli scoli dei terreni, i quali sono a carico esclusivo dei loro proprietari. La bonificazione dei terreni paludosi è resa obbligatoria dal Governo o ordinala con legge speciale. Obbligatorio è il concorso dei comuni per la difesa dei loro abitai i. ed il concorso tanto dei comuni, quanto dei privati col Governo pei beni laterali ai fiumi e torrenti navigabili. L'autorità provinciale approva il consorzio degli interessati; in caso di rifiuto o dissenso, decide, udito l'ufficio tecnico, e contro la sua decisione si ricorre al Re, il quale provvede definitivamente sulla relazione del ministro dei lavori pubblici, udito il Consiglio dei lavori pubblici ed il Consiglio di Stato.

Per questa legge pubblicata, come ho dello poc'anzi, anche nelle provincie lombarde, nessuna innovazione si è recata ai consorzi per le acque, onde non sarà fuori di proposito il toccare alquanto della legislazione che in tale materia fu propria dell'antico regno italico. Veniva per essa ordinato che a carico dei frontisti fosse la difesa dei terreni adiacenti ai fiumi o torrenti entro terra disarginati, quand'anche la difesa si estendesse all'abitato di un comune; che pei fiumi e torrenti arginati, fossero o no navigabili, la spesa continuasse a gravare i possidenti dei rispettivi circondar! a norma delle convenzioni e consuetudini, le quali sarebbero modificate secondo equità se riuscissero litigiose ed incerte, o si trovassero col tempo impraticabili ed ingiuste; che i terreni dei contribuenti si ripartissero in circondar!, ed i contribuenti si ripartissero in classi diverse; che per gli scoli e le bonificazioni i terreni formassero un comprensorio, i possidenti formassero una società, e questa società fosse rappresentata da una delegazione nominata dagl'interessati.

Nelle provincie già romane i lavori idraulici si distinguono in nazionali, provinciali e consorziali.

Non parlerò del metodo tanto stranamente abusato d'imporre una sopratassa pel titolo troppo spesso ideale dei pubblici lavori, ma toccherò soltanto della istituzione rispettata dei consorzi, i quali specialmente per le condizioni idrauliche della Romagna hanno sempre avuto ed hanno tuttavia una importanza non ordinaria. I regolamenti avvalorati da una antica esperienza vennero mantenuti. I lavori idraulici consorziali sono quelli che rispondono ali 'interesse dei possidenti e dei comuni, compresi in un determinato territorio; essi si amministrano dagli interessati sotto la vigilanza dell'autorità di quella provincia nella quale si paga un maggior contributo; i possidenti costituiscono una società rappresentata da una Congregazione (com'è chiamata) da essi eletta.

55 - SESSIONE DEL 1861

Nelle provincie degli antichi ducati è molta discrepanza di leggi e di consuetudini. Nelle provincie di Parma (a cagione d'esempio), compresa quella di Guastalla, lo stato concorre nella proporzione di un quinto per le riparazioni o nuove costruzioni degli argini del Po e de' suoi confluenti; non concorre alla difesa ed all'arginatura per certi tronchi di torrenti; non concorre alla spesa pei minori corsi di acque. Il carico è sopportato dai possidenti frontisti, uniti o no in consorzio, e dai possidenti entro ai così detti comprensorii.

La discrepanza è anche maggiore nelle provincie di Modena, dove si concorre alla spesa degli argini per cinque dodicesimi dal Governo, per altrettanto dagl'interessati, e pel resto dai frontisti; e dove il carico è tulio dello Stato; ai corsi minori di acque provvedono i comuni ed i consorzi, come alla difesa dei fiumi o torrenti disarginati provvedono i possidenti frontisti o disgiunti od uniti in consorzio.

È però da notare che il regolamento dei comuni nei già dominii estensi, pubblicato il 21 giugno 1856 in adempimento dell'editto del 12 marzo dello stesso anno, contiene alcune disposizioni relative ai consorzi per acque e strade. Il magistrato municipale è incaricato di vegliare al mantenimento delle strade, dei ponti, degli argini, dei cavie degli scoli comunali ed ha sotto la propria direzione i consorzi di acque e strade. I possidenti che entro ad una determinata estensione di terreno sentono vantaggio o danno dalle. acque o di scolo o d'irrigazione, o dalla costruzione e manutenzione di una strada, compongono un consorzio; i maggiori interessali ne costituiscono la rappresentanza che si raduna sodo la presidenza del capo del comune, allora chiamato podestà.

In Toscana sono bandi e regolamenti diversi. Specialmente pei due fiumi l'Arno ed il Serchio si ordinava l'ispezione della pubblica autorità. L'amministrazione economica e la direzione dei lavori di tutti i fiumi, fossi, torrenti, rii ed altri qualunque siensi corsi di acque della provincia pisana si affidava ad una deputazione di proprietari, aggiungendosi che i corsi di acque, pei quali mancasse un regolamento amministrativo, fossero mantenuti dai possessori frontisti.

Non è da tacere che pel regolamento, il quale serve ora di legge ai comuni di Toscana, al Consiglio municipale compete di deliberare sopra qualunque opera vhe innovi lo stato degli alvei dei fiumi, torrenti, canali e. altri corsi d'acqua e loro pertinenze, a termini del regolamento del 10 aprile 1782. e degli altri ordini veglianti in proposito.

Nelle provincie napoletane una legge del 1819 provvedeva all'amministrazione delle acque, delle foreste, della caccia e della pesca; un decreto del 1826 la faceva dipendere dal Ministero delle finanze; un decreto del 1882 riordinava il corpo degli ingegneri pei servizi relativi ai progetti, alla direzione, ed alla esecuzione di tutte le opere pubbliche. Lettere circolari intorno all'uso delle acque dichiaravano necessaria l'approvazione del ministro delle finanze per qualunque novità in riguardo al corso delle acque ed alle loro sponde. Altri decreti per la Sicilia; uno dei quali concentrava negli intendenti tutto il servizio delle opere pubbliche.

Non mi sarebbe ora lecito e possibile l'addentrarmi nell'esame comparativo di queste diverse legislazioni; ciascuno di voi, o signori, potrà istituirlo. Ma dopo il rapido cenno che ho creduto di farne, io riprenderò il discorso intorno al progetto.

I consorzi per istituti d'istruzione e di beneficenza meritavano senza dubbio una particolare considerazione. Ma, appartenendo a leggi speciali di provvedere a tali materie, bastava al presente progetto il dichiarare che a rendere per esse

obbligatorio il consorzio dovessero concorrere queste due condizioni, cioè la spesa obbligatoria per più comuni e più provincie e l'interesse di più comuni e più provincie ad attuare e mantenere uuo stesso istituto.

Coll'articolo 57 si provvede in modo speciale al consorzio obbligatorio fra più provincie per gli ospizi degli esposti e dei maniaci, qualora tali istituii posti in una provincia servano anche alle altre. Tale provvedimento riescirà quanto utile, altrettanto necessario, se dal bilancio dello Stato si vogliono togliere gli assegnamenti relativi anche a questa parte della pubblica beneficenza, alla quale con maggiore convenienza, equità ed economia, intenderanno le amministrazioni locali, e se vogliasi che le provincie concorrano in comune a spese d'interesse comune, senzachè le une ne rimangano alleviate con danno delle altre.

II determinare la sede dei diversi istituti è cosa di molta importanza per gl'interessati e per la durala del consorzio, ed a ciò provvederanno i rappresentanti degl'interessati medesimi, senzachè si abbiano a concentrare in un solo luogo diversi istituti, o si abbiano questi a moltiplicare in luoghi diversi e troppo vicini.

La quinta sezione del titolo II riguarda il concorso obbligatorio a favore dei consorzi. La domanda del concorso non potrà dar luogo a gravi difficoltà, giacché dovrà avere per fondamento una legge che ne imponga l'obbligo a più provincie, comuni ed altri corpi morali. La difficoltà vera può nascere nel caso in cui la legge non abbia né stabilila la quota del concorso, né poste le norme per determinarla.

L'argomento è mollo delicato, ed il rimetterlo in tutto alla decisione dell'autorità amministrativa non sarebbe consiglio abbastanza provvido e tale da prestare agli interessati ogni migliore guarentigia. Si è quindi distinta la massima del concorso della sua applicazione. Il decretare se il concorso sia dovuto e da chi sia dovuto viene affidato all'autorità amministrativa colle guarentigie del ricorso. La quota del concorso sarà invece stabilita col giudizio di arbitri che si nomineranno dagl'interessati, e in difetto di tal nomina, saranno questi eletti non già dall'autorità amministrativa, ma dal presidente della Corte d'appello.

Il titolo III tratta dei consorzi facoltativi costituiti da corpi morali soggetti alla tutela della legge, dipendendo i consorzi facoltativi fra soli privati dalle leggi civili e commerciali concernenti il contralto di società. E nemmeno pei corpi morali s'intende di derogare minimamente alle leggi generali, ma si pongono soltanto alcune norme che rendano più facile e spedita la costituzione dei consorzi.

Ad evitare una delle principali difficoltà che s'incontra per costituire i consorzi volontari, voglio dire il ripartimento delle quote, si è creduto opportuno di applicare la massima adottata da tutti i Codici moderni, per la quale si reputa stabilito il prezzo nelle vendite e perfetto il contralto allorquando la fissazione del prezzo è stata delegata, in modo obbligatorio per le parti, ad una determinata persona. Per la costituzione del consorzio riescirebbe (secondo la proposta) perfetto il contratto fra le parti colla nomina degli arbitri, e riescirebbe definitivo anche pei terzi dopo le prescritte pubblicazioni.

La facoltà aggiunta di costituire colle forme del consorzio facoltativo un consorzio che avrebbe potuto essere obbligatorio è giustificata dal desiderio di diminuire il più che sia possibile l'ingerenza dell'autorità, e di non affidare a mezzi coattivi il conseguimento di ciò che per libera volontà degli interessati venga egualmente fatto di ottenere e di eseguire.

56 - DOCUMENTI PARLAMENTARI

Col discentramento amministrativo, che è nel voto universale, i consorzi volontari Sodo destinati a recare i più grandi vantaggi ai comuni ed alle provincie.

Nell'articolo 46 sono posti i germi di quei miglioramenti economici e morali che le provincie, i comuni, i corpi morali ed i privati sapranno conseguire coordinando la direzione di molli importanti istituti.

Il titolo IV contiene le disposizioni generali, e non occorre spendere parola per dimostrarne la convenienza. Mentre da un lato si rispettano i consorzi esistenti e fondati sopra convenzioni e consuetudini che abbiano forza obbligatoria fra le parli interessate, vuolsi dall'altro provvedere ai casi nei quali gli antichi consorzi fossero per cessare o dovessero ricostituirsi o riformarsi, modificarsi,.ampliarsi o restringersi, secondochè le circostanze dei medesimi siano pure mutate.

La costituzione dei consorzi obbligatorii ed anche dei facoltativi (non riguardandosi nel progetto a quelli d'interesse meramente privato) ha necessariamente per oggetto opere ed istituzioni di pubblica utilità. Era quindi ragione che ai consorzi si concedessero, per le loro riscossioni, quei privilegi i quali sono conceduti alle provincie, ai comuni ed agli stessi consorzi esistenti.

La vigilanza governativa non poteva venir meno pei corpi tutelati dalla legge, né con una legge sui consorzi si poteva entrare nei confini riservali alle leggi speciali che provvederanno alle diverse materie che possono essere oggetto di consorzio. L'astenersi poi da molte particolarità e il riservare al Governo la facoltà di supplirvi con successivi regolamenti, giova a rispettare sempre più la libera iniziativa degl'interessati, i quali sapranno proporre coi regolamenti propri dei nuovi consorzi da costituire o degli antichi da modificare, quelle speciali disposizioni che possono meglio servire alle circostanze ed al bisogno.

Se la presente proposta di legge fosse stata compilata dopo sancite le leggi ordinative delle varie parti del servizio pubblico, specialmente in materia di lavori e d'istruzione, avrebbe per avventura offerto minori difficoltà e si sarebbe svolta con maggior ampiezza. Ma, qualunque essa sia, potrà intanto schiudere la via all'applicazione del concetto che è per noi della massima importanza; del concetto cioè dell'associazione dei comuni, delle provincie, dei corpi morali e dei privati in consorzi volontari od obbligatorii, al fine di applicare con ogni larghezza possibile il principio di discentramento amministrativo; avvegnaché, se io non m'inganno, tutti riponiamo in esso con unanime accordo la speranza che possa conciliare la forte unità dello Stato colla più libera azione delle potestà locali e col maggiore rispetto degli interessi esistenti.

PROGETTO DI LEGGE.

TITOLO I.

DISPOSIZIONI PRELIMINARI.

Art. i. I privati, i corpi morali, i comuni e le provincie possono essere costituiti o costituirsi in consorzio al fine di eseguire o conservare a comuni spese opere od istituzioni di pubblica o comune utilità.

Art. 2. I consorzi sono obbligatorii o facoltativi.

Sono o divengono obbligatorii, a norma della presente legge, i consorzi che hanno per fine opere od instituzioni dichiarate obbligatorie da leggi speciali, ovvero la partecipazione od il contributo alle spese per le dette opere in proporzione del rispettivo interesse dei partecipanti.

Io tutti gli altri casi e per ogni altra opera od instituzione i consorzi sono facoltativi.

Art. 3. Il semplice concorso od il sussidio ordinato o permesso dalla legge a beneficio di opere od instituzioni falle o mantenute in consorzio non attribuisce il diritto o l'obbligatone di partecipare al consorzio.

Ove le leggi speciali non abbiano determinale le quote o somme del concorso o sussidio obbligatorio a favore di un consorzio, esse saranno fissate nel modo stabilito dalla presence legge.

Art. li. Gli oggetti, il modo di costituzione e la durata dei consorzi obbligatorii sono determinali dalla presente legge.

Art. 5. Niun consorzio, salvo il caso di speciale disposizione contraria, è o può essere dichiarato obbligatorio se non in seguito all'instanza che ne venga fatta da alcun individuo o corpo interessalo.

Art. 6. Chiunque si creda interessato ha diritto di promuovere e di ottenere la costituzione del consorzio obbligatorio, ove si tratti di oggetto dalla legge dichiarato suscettivo di consorzio obbligatorio e concorrano le condizioni da essa a lai fine richieste.

Art. 7. Il contributo di ciascun individuo o corpo che faccia parte di un consorzio obbligatorio per opere e spese è determinato dalla convenzione; in difetto di convenzione, dalle leggi speciali; nel silenzio di queste, dalle consuetudini vigenti per ciascun caso; in mancanza di consuetudini, dal grado di interesse nel consorzio di ciaschedun consorziato.

Colle stesse norme avrà luogo il riparto fra gli interessati della somma o quota di partecipazione a lavori od opere poste a loro carico dalla legge.

Art. 8.1 consorzi facoltativi fra privali sono regolati, sì per la loro costituzione che pel loro oggetto e la loro durata, dalla convenzione fra gl'interessati e dalle leggi generali.

Pei consorzi facoltativi fra corpi soggetti alla vigilanza governativa, o fra questi ed individui privati, si osserveranno, oltre alle leggi generali, anche le norme stabilite nella presente legge.

TITOLO II.

DEI CONSORZI OBBLIGATORI.

Sezione I. — Dei consorzi per le strade.

Art. 9. Sono suscettivi di consorzio obbligatorio fra gli interessali, i lavori e le spese:

1° Per la costruzione, l'adatta mento, il miglioramento e la manutenzione delle strade comunali, in cui siano interessati parecchi comuni al fine di stabilire una comunicazione di essi col capoluogo giudiziario od amministrativo, ovvero al fine di provvedere ad urgenti interessi economici e morali dei medesimi;

2° Per la costruzione, l'adattamento, il miglioramento o la manutenzione di strade provinciali, io cui siano interessate parecchie provincie, allo scopo di avere una diretta comunicazione di esse colla sede della Corte d'appello, ovvero al fine di provvedere ad urgenti interessi economici e morali di più provincie;

3 Per l'adattamento, il miglioramento e la manutenzione delle strade private soggette a pubblica servitù, a cui siano obbligati per consuetudine o per legge parecchi individui.

Art. 10. Chiunque intenda di promuovere la costituzione di un consorzio obbligatorio per opere relative a strade dovrà presentarne domanda al prefetto, nella quale saranno indicate:

57 -

1° Le ragioni di convenienza dell'opera, della spesa e della costituzione del consorzio;

2° Le opere e le spese da eseguirsi, giustificate dalla relativa pianta e perizia;

3° Gl'individui o corpi che s'intende di chiamare a far parte del consorzio;

Il riparto delle quote di contributo che si crederà più conveniente.

Art. 11. La domanda diretta a promuovere la costituzione del consorzio obbligatorio coi relativi documenti è comunicata dal prefetto agli altri interessati in essa designati, assegnando no termine non minore di giorni trenta per le loro osservazioni.

Art. 12. Se entro il termine assegnato non saranno sorte opposizioni alla domanda, il prefetto decreterà la costituzione del consorzio e Io dichiarerà obbligatorio fra gl'interessati designati nella domanda con cui fu promosso, stabilendo lo scopo e l'oggetto del consorzio medesimo, le opere da eseguirsi e le quote del contributo.

Art. 13. Nel caso di opposizione di alcuno a far parte del consorzio o di dissenso sulla natura e qualità delle opere, o sul contributo, il prefetto decide, udito il parere dell'ufficio tecnico provinciale e del Consiglio di prefettura.

Nei consorzi fra più provincie o fra comuni situati in diverse provincie, deciderà il prefetto della provincia in cui è situata la maggior parte della strada da costruirsi in consorzio; e, nel caso di conflitto, il prefetto, che, colla stessa norma, sarà designato dal governatore.

Art. 14. Contro il decreto del prefetto è ammesso il ricorso al governatore.

Il governatore provvede definitivamente, udito il Consiglio di governo.

Art. 15. Se le provincie appartengono a regioni diverse, la competenza nei casi di conflitto sarà determinata dal ministro dell'interno.

Art. 16. Ordinalo e reso esecutivo il consorzio, gl'interessati procedono alla nomina di una deputazione, la quale provvederà all'esecuzione delle opere, all'amministrazione del consorzio, e lo rappresenterà per ogni riguardo, secondo le norme da stabilirsi con particolare regolamento.

Art. 17. Il consorzio ordinato e reso esecutivo per la costruzione di una strada s'intende costituito anche per la manutenzione della medesima, salvo il caso che siasi altrimenti stabilito per legge o nel decreto di costituzione del consorzio.

Art. 18. La costituzione dei consorzi aventi soltanto per oggetto il riparto della partecipazione o del contributo ad opere stradali fra gl'interessati, ove non sia promossa da alcuno fra i detti partecipanti o contribuenti, potrà essere promossa da chi abbia interesse alla riscossione del detto contributo.

Art. 19. Le forme di costituzione dei consorzi pel solo riparto della partecipazione o del contributo saranno regolate dagli articoli 10,11,12, 13, 14 e 16, in quanto si riferiscono alla designazione degl'individui o corpi da comprendersi nel consorzio, alla loro classificazione ed alla durata del consorzio stesso.

Sezione II. — Dei consorzi per le acque.

Art. 80. Sono suscettive di consorzio obbligatorio le opere e le relative spese pel buon regime dei fiumi, siano essi o no navigabili; dei torrenti, rivi, scolatori pubblici, ed altri minori corsi di acque, e per la difesa dei beni, territorii ed abitali, allorquando concorrano le seguenti condizioni:

1° Si tratti delle stesse opere e spese, e queste cadano direttamente, a termini della legge, a carico di privati, corpi morali, comuni o provincie, anche promiscuamente;

2° I privati o corpi, a carico dei quali sono le opere e le spese, abbiano un interesse comune alla esecuzione delle opere stesse;

3° Le dette opere, per la loro natura, per la buona loro riuscita, e per l'economia nella spesa, richieggano una direzione unica e di essere coordinate ad un sistema.

Art. 91. Sono suscettive di consorzio obbligatorio, al fine di farne il riparto fra gl'interessati, le somme di partecipazione o contributo di privati, corpi morali, comuni o provincie, alle spese per le opere indicate nell'articolo precedente, allorquando concorrano le seguenti condizioni:

1" Che la quota di partecipazione o contributo alla spesa dalla legge imposta ai detti individui e corpi debba, a termini della legge stessa, ripartirsi fra essi in ragione del rispettivo loro interesse;

2° Cbe le opere, per le quali sia stata prescritta la partecipazione od il contributo, siano d'interesse comune fra i detti partecipanti.

Art. 22. Chiunque intenda a promuovere la costituzione di un consorzio obbligatorio per le opere e spese contemplate nell'articolo 19, dovrà presentare la sua istanza al prefetto, nella quale saranno indicati:

1° I beni che si crederà dover far parte del consorzio, la rispettiva loro natura ed estensione, ed il nome dei loro proprietari e possessori, col corredo del tipo di tutta l'estensione dei terreni che s'intende di comprendere nel consorzio;

2° Lo scopo per cui è domandata la costituzione del consorzio;

5° Le ragioni di convenienza della costituzione del consorzio e di chiamare a farne parte gl'individui o corpi e beni designati.

Art. 23. Il prefetto fa procedere, col mezzo dell'ufficio tecnico provinciale, alla verificazione della necessità ed opportunità delle opere per cui si chiede la costituzione del consorzio, della estensione e giacitura dei beni da comprendersi nel medesimo, e del rispettivo loro interesse nelle opere suridelie, ed alla formazione di un progetto di classificazione degl'interessati.

'Art. i.'i. Le domande per la costituzione del consorzio, i relativi documenti e la proposta provvisoria di classificazione dell'uffizio tecnico sono pubblicati, a cura del prefetto, in tutti i comuni in cui sono situati i beni indicati nella detta domanda o nella proposta di classificazione.

Art. 25. Gl'interessati sono ammessi a dedurre avanti il prefetto, nel termine non minore di giorni trenta, le loro ragioni ed opposizioni tanto sulla necessità ed opportunità delle opere proposte, quanto sugl'individui e beni da comprendersi nel consorzio, come pure sulla loro eventuale classificazione.

Art. 26. Le osservazioni ed opposizioni degl'interessati sono comunicate dal prefetto all'ufficio tecnico provinciale, il quale compilerà un progetto definitivo degl'individui e dei beni da comprendersi nel consorzio e della loro classificazione.

Art. 27. Il progetto definitivo, cogli altri documenti indicati nell'articolo 24, sarà pure pubblicalo nel modo prescritto dall'articolo stesso, con diffidamelo di dedurre entro un termine non minore di giorni trenta ogni ragione ed opposizione avanti il prefetto.

Art. 28. Scaduto il termine suddetto ove non siano sorte opposizioni,ovvero esaminati i ricorsi dedotti, il prefetto pronunzia definitivamente sulla costituzione del consorzio, sull'oggetto del medesimo e sulla classificazione degli interessati chiamati a farne parte.

58 - DOCUMENTI PARLAMENTARI

Nel decreto del prefetto sarà dichiarato se il consorzio debba essere permanente, anche per la conservazione e manutenzione delle opere che formano l'oggetto del consorzio, ovvero debba soltanto essere temporaneo per la costruzione delle medesime, e se debba essere permanente o temporaneo per tutti o soltanto per una parte dei consorziali.

Art. 29. Trovandosi compresi nel consorzio beni situati in diverse provincie, provvedere il prefetto nella cui provincia sia posta la maggiore estensione dei beni indicati nella domanda di costituzione del consorzio, e, nel caso di conflitto, il governatore determinerà la detta competenza.

Art. 30. Contro il decreto del prefetto, accennato nell'articolo 28, è ammesso il ricorso al governatore, il quale provvede definitivamente, udito il Consiglio di Governo.

Art. 51. Ordinato e costituito il consorzio secondo i precedenti articoli, si procede dagl'interessati alla nomina di una deputazione, la quale avrà l'incarico di formare e stabilire i disegni d'arte e la stima delle opere da eseguirsi dal consorzio, di curarne l'esecuzione, di amministrare il consorzio medesimo e di rappresentarlo per ogni riguardo, secondo le norme da stabilirsi con particolare regolamento.

Art. 32. La costituzione dei consorzi contemplati nell'articolo 21, ove non sia promossa da alcuno fra gl'interessati nel riparto del contributo, potrà essere promossa da chi abbia interesse alla riscossione del contributo stesso.

Art. 53. Le forme del procedimento per la costituzione del consorzio, di cui all'articolo 21, sono regolate dai precedenti articoli 22 al 30, in quanto si riferiscono alla designazione degl'individui o corpi da comprendersi nel consorzio, alla loro classificazione, ed alla durata del consorzio stesso.

Sezione III. — Dei consorzi per gli scoli artificiali,

per la bonificazione dei terreni, e per i parli e fari.

Art. 51. Sono suscettivi di consorzio obbligatorio allorquando vi sono più interessati a carico dei quali le leggi pongono le relative spese o parte delle medesime, i lavori e le spese:

1° Per gli scoli e le bonificazioni dei terreni;

2° Per la costruzione e conservazione delle chiaviche a traverso degli argini, per lo sfogo delle acque di scolo, e per la esclusione delle acque delle piene;

3° Per la bonificazione dei terreni paludosi o dei paduli a norma delle leggi speciali;

Per la manutenzione dei perii che le leggi pongono a carico dei comuni o delle provincie;

5° Per la manutenzione dei fari parimeli ti posti dalla legge a carico dei comuni o delle provincie;

6° Per le spese che la legge pone a carico dei comuni o delle provincie a titolo di contributo alla costruzione o manutenzione di porti o fari costrutti o mantenuti dallo Stato o dalle provincie.

Art. 35. Il consorzio nei casi contemplati dai paragrafi 1, 2, 3, e 5 sarà promosso, costituito ed amministrato secondo gli articoli 22 a 31; e nei casi del paragrafo 6 sarà promosso e costituito secondo gli articoli medesimi e l'articolo 32, in quanto si riferiscono alla designazione degl'individui o corpi da comprendersi nel consorzio pel riparto, alla loro classificazione, ed alla durata del consorzio.

Art. 36. Il consorzio sarà obbligatorio ogniqualvolta si tratti di fondare, migliorare e mantenere istituti d'istruzione, di beneficenza, ed altri stabilimenti di pubblica utilità che da leggi speciali siano posti in certi casi a carico di più comuni o provincie.

Art. 37. Sono suscettivi di consorzio obbligatorio fra più provincie gli ospizi per gli esposti e pei maniaci, qualora tali istituti, posti in una provincia, servano anche a vantaggio delle altre.

Oggetto del consorzio può essere tanto la spesa dell'istituzione e del mantenimento in comune, quanto il concorso alle spese medesime.

Art. 38. Questi consorzi saranno promossi, costituiti ed amministrati secondo le norme contenute nell'articolo 58.

La sede dell'instituto o stabilimento sarà determinala dai delegati dei comuni o delle provincie consorziate.

Trattandosi di consorzio di provincie, i provvedimenti attribuiti al prefetto apparterranno al prefetto della provincia che avrà maggiore popolazione.

Sezione V. — Del concorso obbligatorio a favore dei consorzi.

Art. 39. Ne' casi in cui la legge abbia stabilila l'obbligatone per uno o più comuni, provincie o corpi morali, di concorrere a favore di un consorzio alle spese di lavori, opere od instituti, ma non abbia stabilila la somma di questo concorso, né le basi per determinarla, la medesima sarà fissata:

1 Dall'interesse di chi è tenuto a prestare il concorso all'opera od all'istituzione;

2 Dal bisogno del consorzio a cui è dovuto il concorso.

Art. 40. A tal fine la deputazione del consorzio, di cui all'articolo 31, presenta la sua domanda al prefetto che avrà decretato il consorzio.

Nella domanda saranno indicati:

1° I comuni o le provincie da cui si chiede il concorso;

2° I motivi della stessa domanda.

Essa sarà inoltre corredata di tutti i documenti e titoli relativi alla seguila costituzione del consorzio, e dei disegni e stime dei progetti da eseguirsi.

Art. di. La domanda del consorzio sarà, a cura del prefetto, comunicala ai comuni od alle provincie di cui si chiede il concorso, colla prefissione di un termine per deliberare sulla medesima.

Art. 42. Ove le parti siano consenzienti, ed in caso di opposizione, udite le rispettive loro ragioni, il prefetto provvedere con decreto in cui saranno indicati l'oggetto del concorso ed i comuni, le provincie o corpi morali che dovranno prestarlo.

Art. 43. Contro i decreti del prefetto è ammesso il ricorso al governatore, il quale provvedere definitivamente, udito il Consiglio di Governo.

Art. 44. Decretato definitivamente il concorso a favore di un consorzio, saranno nominali due arbitri, uno per parte del consorzio, ed uno per parte dei corpi da cui sarà dovuto il concorso, i quali arbitri, udile le domande e ragioni delle parti, giudicheranno e stabiliranno la quota o somma di concorso da prestarsi da ognuno dei suddetti corpi.

Essendovi dissenso fra quelli che debbono prestare il concorso per la nomina del loro arbitro, esso sarà nominato dal presidente della Corte d'appello. In ognuno di questi casi la nomina è inappellabile.

Nel caso di dissenso fra i due arbitri, sarà dai medesimi nominato un terzo arbitro, unitamente al quale pronunzieranno il definitivo loro giudizio.

Il giudizio degli arbitri è sempre inappellabile.

Non essendo nominato l'arbitro da alcuna delle parti, la nomina Terrà fatta dal presidente della Corte d'appello.

59 - SESSIONE DEL 1861

Art. 45. Il concorso alle spese di un consorzio non importa l'obbligazione di concorrere alle spese di manutenzione dei suoi lavori od istituti, salvo che sia stato per legge o per convenzione altrimenti stabilito.

TITOLO III.

DEI CONSORZI FACOLTATIVI.

Art. 46. Le provincie, i comuni, i corpi morali ed i privati possono costituirsi in consorzio per qualsivoglia oggetto od istituto di pubblica e comune utilità, entro i limiti delle loro attribuzioni.

Il consorzio potrà aver luogo anche per più oggetti o istituti della stessa natura, col fine di meglio coordinarne la direzione e l'economia e meglio ripartirne i servigi.

Art. 47. Le proposte di consorzio, di cui nell'articolo precedente, dovranno per l'approvazione essere comunicate al prefetto, e se vi saranno interessate più provincie o comuni di diverse provincie, al governatore.

Art. 48. Stabilito l'oggetto del consorzio, la sua durata, e le persone o corpi morali che vi debbono partecipare, ed ottenuta l'approvazione di che all'articolo precedente, le parti potranno eleggere tre arbitri per la fissazione delle rispettive quote di contributo, per la risoluzione di tutte le altre questioni, e per la determinazione di tutti gli altri elementi relativi all'attuazione del consorzio.

Fatta la nomina degli arbitri, il consorzio avrà l'effetto di una perfetta convenzione, e si avrà, siccome definitivamente stabilito fra le parti, salvo il pronunziamento degli arbitri, il quale sarà inappellabile; salvo inoltre l'approvazione delle autorità amministrative, nei casi in cui fosse richiesta dalle leggi speciali, e salvo pure, rispetto ai terzi, la disposizione dell'articolo 40.

Art. 49. Qualora il consorzio obbligatorio non sia promosso da chi ne abbia per legge il diritto, esso potrà stabilirsi colle norme dei consorzi facoltativi, anche nei casi in cui, a termini della presente legge o di leggi speciali, vi fosse luogo a consorzio obbligatorio.

Nondimeno, finché il consorzio facoltativo, quanto ai concorrenti al medesimo, non sia divenuto perfetto e definitivo, a termini della convenzione o dell'articolo 48, e finché, quanto ai terzi, esso non sia divenuto definitivo, a termini del successivo articolo 50, sarà lecito a qualsivoglia degli interessati di promuovere rispettivamente nei casi ora accennati la costituzione del consorzio nelle forme dei consorzi obbligatorii.

Art. 50. Il consorzio non diverrà definitivo pei terzi se non un mese dopo la pubblicazione che si sarà fatta ne) giornale della provincia o delle provincie interessate di apposita nota indicante l'oggetto del consorzio ed il nome dei corpi ed individui che intendono di costituirlo.

TITOLO IV.

DISPOSIZIONI GENERALI.

Art. 51. I consorzi esistenti sono conservati, e tanto nell'esecuzione, quanto nella manutenzione delle opere e per ogni altro riguardo, continueranno a procedere coll'osservanza delle norme prescritte dagli atti della loro costituzione o conformemente alle consuetudini stabilite.

Però sarà applicabile ai detti consorzi la presente legge, ove si tratti di consorzio stabilito a tempo determinato, quando il detto tempo sia trascorso e si tratti della loro rinnovazione o conferma.

Potranno inoltre i consorzi esistenti, ove siano intervenute mutazioni di circostanze, essere ampliali, ristretti o variati, nel qua! caso si osserveranno pure le prescrizioni della presente legge.

Art. 52. Sono conservate le convenzioni e le legittime consuetudini vigenti, quand'anche in alcune località non fossero conformi al prescritto della presente legge, salve le modificazioni indicate nell'ultimo paragrafo dell'articolo precedente..

Art. 53. La riscossione delle quote di contributo, di partecipazione e di concorso, ha luogo colle forme e coi mezzi coattivi spettanti al fisco, a termini delle leggi e dei regolamenti generali.

Art. 54. Saranno trasmessi ogni anno ai comuni, alle provincie ed ai corpi morali interessati i bilanci preventivi ed i conii consuntivi del consorzio.

Art. 55. Nulla è innovato alle leggi riguardanti i lavori pubblici, gli istituti ed ogni altro oggetto suscettivo di consorzio, ed alle leggi relative ai comuni, alle provincie ed ai corpi morali.

Amministrazione regionale.

Progetto di legge presentato alla Camera

il 13 marzo 1861 dal ministro dell'interno (Minghetti).

Signori! — Nella relazione che accompagna il progetto di legge sulla repartizione del regno furono toccati i motivi pei quali si credette conveniente di serbare fra la provincia e lo stato una repartizione più vasta col nome di regione, la quale fosse sede di un governatore che, come delegato del ministro dell'interno, provvedesse sul luogo a molti affari senza ch'essi fossero recati alla capitale, e conciliasse la varietà regolamentare delle varie parti d'Italia all'unità legislativa di tutta la nazione.

Nella relazione che accompagna il progetto di legge comunale e provinciale si mostrò come ai comuni sia data una grande libertà di azione, e come la medesima libertà sia data alla provincia resa autonoma e competente intorno a molli pubblici servizi che presentemente appartengono allo Stato.

Se taluno confronti i bilanci quali erano nei vari Stati d'Italia prima del i 859, o il bilancio del regno pel 1860, col bilancio quale verrebbe formato se il Parlamento approva il nuovo ordinamento, vedrà come per la legge comunale e provinciale le categorie che si trovano inscritte presso il Ministero dell'interno per beneficenza, esposti, manicomi sanità, boschi, teatri, cessino al tutto e addivengano di spettanza comunale e provinciale, e similmente l'insegnamento secondario e tecnico e una notevole parte dei lavori d'acque e strade.

Al Ministero dell'interno rimarrebbero nel bilancio le sole categorie del Consiglio di stato, dei governi e prefetture, della pubblica sicurezza e delle carceri. Sebbene sia disputabile se anche la pubblica sicurezza e le carceri di pena, che a questo ramo si collegano, potessero essere amministrate localmente, né mancherebbero all'uopo esempi in Europa e fuori, pure, considerando alle condizioni passate d'Italia e allo stato della pubblica opinione, parve necessario il serbar questa parte importantissima all'autorità centrale. Ma anche senza di ciò un grandissimo passo si è fatto nel discentramento degli affari, e si è lasciato ai Tari paesi il governo di loro medesimi, per quanto era possibile, in relazione alle forze del comune e della provincia.

Col progetto di legge sai consorzi si è fatto un passo ulteriore, promuovendo la consociazione dei comuni e delle provincie a certi peculiari oggetti sotto regole determinate.

60 -DOCUMENTI PARLAMENTARI

Resta a farne un ultimo, che si presenta spontaneo ove si proceda col criterio di discentrare l'amministrazione in tutto che non è essenziale all'unità politica, militare, legislativa e finanziaria del regno.

Tali sono gli istituti d'istruzione superiore, le accademie di belle arti, gli archivi storici, tale è la cura delle strade e la difesa dei fiumi che traversano più provincie. Ma codeste attribuzioni non si possono dare alle singole provincie, si perché non avrebbero tanta forza di sopperirvi, né il potrebbero senza conflitti, atteso le relazioni ohe intercedono fra loro nelle materie suddette. Spontaneo concetto si offriva adunque di assegnare questi uffici a un consorzio di provincie che fosse obbligatorio e permanente.

La importanza di questo consorzio renderà necessario il dare alcune regole più speciali intorno ad esso di quello che in generalità stabilisce la proposta di legge sopra i consorzi.

Se ogni consorzio è un ente morale, non può non esserlo la regione.

Se ogni consorzio ha una rappresentanza, anche la regione dee averla. Quindi, dopo aver accennato i fini della regione come ente morale nell'articolo 1, si passa nei seguenti a definire le qualità della sua rappresentanza, e l'ordine e il modo del suo procedere.

La tabella che si annuncia nell'articolo non poteva essere redatta che in seguito al reparto territoriale, del quale parla l'articolo 29 del primo schema di legge; ma giova indicare che, proporzionando il numero dei commissari al numero delle provincie consociate, io intendo nondimeno che la intera Commissione non oltrepassi mai il numero di venti.

L'articolo 9 determina precisamente le materie nelle quali la Commissione regionale ha voce deliberativa, e l'articolo i O le attribuisce la facoltà di fare regolamenti intorno a tali materie, come le colture irrigue,le bonificazioni dei terreni, la caccia e la pesca, le quali cose con tanta varietà si esercitano in Italia, che mal saprebbersi sottoporre ad uniformità di pratiche e di metodi. Ma, perché elleno possano esercitare influsso anche oltre i termini di una singola provincia, meglio si addicono al consorzio che insieme parecchie ne riunisce.

L'articolo 12 stabilisce un punto capitale, quale è quello che la podestà esecutiva delle deliberazioni regionali risieda nel governatore. Mentre noi sosteniamo con grande fermezza l'indipendenza dell'amministrazione nella provincia, qui invece ci sembrano appropriale le ragioni che adducono i sostenitori del sistema francese, pel quale la podestà governativa assume in sé, cosi nello Stato come nel dipartimento, di porre in atto le decisioni dei Consigli. Nondimeno si sono dati al governatore due assessori, i quali lo coadiuvano e completano per questa parte il suo Consiglio di governo.

Secondo questo sistema, gl'impiegati degli uffici delle regioni sono naturalmente nominati dal governatore, mentre quelli che sono addetti agl'istituti ed alle opere regionali sono nominali dalla Commissione.

Fedeli alla massima che lo Stato ha la tutela di ogni corpo morale per ciò che riguarda la legalità degli atti nella sostanza e nella forma, le sue attinenze cogli altri corpi, e per ciò che riguarda l'interesse delle generazioni avvenire, abbiamo con questa massima determinato nell'articolo 15 le materie soggette ad approvazione. Quanto all'articolo 16, che per avventura oltrepassa i termini ora indicati, vedrà il Parlamento se l'importanza di certi lavori, specialmente idrau lici, Io giustifichi bastevolmente.

L'articolo 17 è l'applicazione del principio da noi ovunque introdotto sui ricorsi.

L'articolo 18 ed ultimo provvede a ciò che i servizi pubblici, dei quali è parola in questo progetto, non possano per alcuna ragione essere impediti o interrotti.

Abbiamo veduto dal principio di questa relazione quali attribuzioni rimangano al Ministero dell'interno. Vediamo ora, dopoché l'amministrazione regionale sia costituita, quali rimarrebbero al Ministero dell'istruzione pubblica e a quello dei lavori pubblici.

Al primo le norme direttive, l'approvazione degli istituti organici, le discipline generali per gli esami e la collazione dei gradi, la ispezione delle scuole d'ogni genere. Esso diviene piuttosto un magistrato di suprema vigilanza, che un ufficio amministrativo. Al secondo le materie d'interesse veramente nazionale: le slrade ferrate, le poste, i telegrafi, le spiagge ed i grandi porti.

La regione ordinata come ente morale sa queste basi mi sembra non poter mettere a repentaglio in alcuna guisa l'unità e le forze della nazione, dappoiché i limiti di essa sono circoscritti, le materie che le competono bene determinate, la elezione del le rappresentanze stabilita in secondo grado, la podestà esecutiva affidata al governatore, la suprema autorità tutrice conservata al Governo centrale. Io credo adunque che i pericoli che taluni per avventura 'ne paventano siano con tali cautele al tutto rimossi.

Neppure è da temersi che ciò accresca il novero degli impiegati e moltiplichi le spese; imperocché non si vedrebbe ragione per la quale gli istituti d'istruzione e le opere pubbliche dovessero avere maggiori impiegati e spendere di più solo perché, invece di essere governativi, divengono regionali. E quanto all'ufficio stesso della regione, se può dirsi di nuova pianta, esso torna però a proporzionata diminuzione del novero degl'impiegati che nel presente sistema sono necessari presso i Ministeri centrali.

Prima di terminare questa relazione, debbo tornare brevemente sopra un punto clic è accennalo nell'articolo 1, cioè che, assegnando al consorzio permanente delle provincie in regione gli istituti d'istruzione superiore, le strade e i lavori idraulici, non si chiude però al Parlamento la via di decretare opere di tal genere che fossero reputate proprie dell'intiera nazione o di concorrervi in parte con sussidi. Come vi sono alcune provincie nelle quali la ricchezza è grandemente inferiore ai bisogni e alle difficoltà da vincersi, e in questi casi la regione o lo stato può sovvenirle, così v'hanno regioni le quali per naturali postura, per malignità di passali Governi, o per vicissitudini di avversa fortuna si trovano sprovvedute ancora di quegli istituti, di quelle vie di comunicazione, di quei lavori idraulici che altrove sono da gran tempo ordinati e compiuti. Ragion vuole pertanto che la nazione venga in soccorso di esse, e ciò non sarà solo atto di fratellevole benevolenza, ma dovere di equità. Che se officio precipuo e perenne dello Stato si è quello di mantenere la giustizia e tutelare i diritti, un altro ancora gliene compete, cioè di integrare quelle minori associazioni che sarebbero per sé difettive, sia rimovendogli ostacoli, sia agevolando l'esercizio delle loro attività. E se l'ultimo termine al quale dobbiamo ognora accostarci è quello che lascia all'attività privata e alla spontanea associazione la massima libertà, uopo è ancora considerare che il governarsi da sé stessi, il bastare a sé medesimi, il confidare nelle proprie forte, il sindacar le proprie azioni seno pregi serbali alle società più incivilite.

61 - SESSIONE DEL 1861

Laonde l'ingerenza dello Stato non si può togliere ad un tratto, ma deve progressivamente restringersi mano a mano che ne scema il bisogno e l'opportunità. In tal guisa, tenendo sempre di mira l'ultimo fine, si tengono a calcolo eziandio quelle difficoltà pratiche che non si possono equamente disconoscere, e si concilia ad un tempo la ragione {storica colla idea normale dello Stato e delle sue attribuzioni.

PROGETTO DI LEGGE.

Art. 1. Tutte le provincie che compongono una regione costituiscono fra loro un consorzio obbligatorio per le spese relative

1° Agl'istituti d'istruzione superiore, agli archivi storici, alle accademie di belle arti;

3° Ai lavori pubblici per fiumi, torrenti, ponti, argini e strade.

Quando tali spese non sono poste dalla legge a carico dei comuni, delle provincic, dei consorzi o dello Stato.

Art. 2. Ogni regione ha una Commissione eletta dai Consigli provinviali nel loro seno, a maggioranza assoluta di voti.

Ogni Consiglio elegge il numero di commissari che sarà determinato dalla tabella annessa al decreto di ripartizione territoriale del regno.

Questi commissarii durano in ufficio tre anni, purché conservino la qualità di consiglieri, e sono sempre rieleggibili.

Art. 3. La Commissione si raduna ogni anno, dentro il mese di agosto, nel capoluogo della regione, per ordine del governatore, dato con avviso scritto a domicilio.

Potrà essere convocata anche straordinariamente per ordine del ministro dell'interno.

Art. 'i. Il governatore apre e chiude la Sessione, interviene alle sedute, ha diritto di fare le osservazioni che crede opportune, senza per altro aver voto deliberativo, ed ha facoltà di sospendere e prorogare l'adunanza, riferendone immediatamente al ministro dell'interno.

Può delegare un consigliere di governo a fare le sue veci.

Art. 5. La durata ordinaria della sessione è di venti giorni. 11 governatore potrà prolungarla di dieci giorni, ma non oltre, senza l'assenso del ministro dell'interno.

Art. 6. La Commissione nella prima adunanza è presieduta dal commissario seniore; il più giovane ha l'ufficio di segretario. Io tale adunanza elegge nel suo seno un presidente, un Vicepresidente, un segretario ed un vicesegretario.

Per gli studi preparatorii si divide in due sezioni: l'una dell'istruzione pubblica, l'altra dei lavori pubblici.

Art. 7. Per la validità delle deliberazioni è richiesto l'intervento di due terzi dei commissari nella prima convocazione, e della metà nella seconda.

Occorrendo una terza convocazione, si nota nel processo verbale il parere degli intervenuti, e si trasmette al governatore per gli effetti contemplati nell'articolo 18.

Le deliberazioni sono prese a maggioranza assoluta di voti; in caso di parità, si rimettono all'adunanza successiva.

Verificandosi anche in questa la parità, e non potendosi deliberare, l'atto si trasmette al governatore per l'effetto voluto dall'articolo 18.

Per la presentazione delle proposte, la revisione dei conti e la regolarità delle discussioni, si osserveranno le norme prescritte nella legge comunale e provinciale.

Art. 8. Le deliberazioni definitive della Commissione sono pubblicate colle stampe e distribuite alle provincie interessate.

Art. 9. Spetta alla Commissione di deliberare, in conformità delle leggi relative,

1° Sulle istituzioni ed opere poste a carico della regione;

2° Sulla nomina, sulle discipline e sulla revoca degl'impiegati addetti agl'istituti ed ai lavori regionali;

3° Sul bilancio preventivo e sul conto consuntivo della regione;

4° Sulla quota delle spese da porre a carico di ciascuna provincia in ragione delle imposte dirette dalla medesima pagate allo Stato. In via eccezionale e suppletiva, la Commissione potrà, per {stabilire questa quota, aver riguardo ai prodotti del dazio di consumo, alla popolazione ed alle circostanze locali.

Art. 10. La Commissione ha facoltà di far regolamenti per il prosciugamento e la bonificazione dei terreni, per le colture irrigue, e per gli esercizi della caccia e della pesca, osservando però le prescrizioni delle leggi dello Stato.

Art. 11. Essa inoltre esercita tutte quelle altre attribuzioni che le sono deferite da leggi speciali, e risponde alle interpellazioni e consulte che le vengono fatte dal governatore per ordine del ministro competente.

Art. lì. Il governatore, quale incaricato dell'amministrazione della regione,

Fa gli atti conservativi dei diritti della regione e la rappresenta in giudizio;

Da esecuzione alle deliberazioni della Commissione;

Nomina, sospende e revoca gl'impiegati dell'ufficio amministrativo della regione;

Può sospendere gl'impiegati nominati dalla Commissione, rendendone conto alla medesima nella sua prima convocazione;

Dispone del fondo stanziato in bilancio per le spese impreviste;

In caso d'urgenza fa gli atti riservati alla Commissione, riferendone però a questa nella sua prima adunanza.

Art. 13. La Commissione nomina ogni anno nel proprio serio due assessori, i quali risiedono presso il governatore.

Essi lo assistono nel predisporre le materie da trattarsi nelle adunanze della Commissione e nel curare l'effetto delle deliberazioni prese dalla medesima.

Sarà stanziata a favore degli assessori una somma annua a titolo d'indennità.

Art. li. Gli alti della Commissione sono trasmessi dal governatore al ministro dell'interno dentro otto giorni dalla loro data. Le deliberazioni diventano esecutorie se il ministro non le annulla nel termine di un mese per difetto di forma o per contravvenzione alle leggi.

Art. 15. Sono però soggette all'approvazione del Re, previo il voto del Consiglio di stato, le deliberazioni della Commissione concernenti

1° Gli statuti organici degli istituti regionali ed i regolamenti indicali nell'articolo 10;

Le spese con cui si vincoli il bilancio per più di cinque esercizi;

3° La creazione dei debiti;

4° L'alienazione di capitali;

5" Le opere che interessino più regioni o la difesa del territorio e dei confini dello Stato.

Art. 16. Il ministro dei lavori pubblici può avocare a sé l'esame tecnico dei lavori da eseguirsi dalla regione, e determinare le norme da osservarsi in tale esecuzione, udito il Consiglio superiore dei lavori pubblici.

62 - DOCUMENTI PARLAMENTARI

Art. 17. Le contestazioni alle quali dessero luogo le deliberazioni della Commissione, la distribuzione delle quote fra le provincie, e la gestione amministrativa, saranno decise dal ministro competente, sentito il parere del Consiglio di Stato.

Nessun ricorso potrà avere effetto sospensivo.

Art. 18. In difetto di regolari deliberazioni, il governatore, udito il Consiglio di governo, introduce nel bilancio regionale gli assegnamenti necessari per le spese ordinarie e provvede ad ogni altra parte del servizio.

Repartizione del regno e autorità governative

Amministrazione comunale, provinciale e regionale

Consorzi — Disposizioni provvisorie.

Relazione preliminare e proposta di articoli transitorii presentati alla Camera il 32 giugno 1861 dalla Commissione composta dei deputati AUDINOT, CARACCIOLO, GALEOTTI, TOSCANELLI, BESTINI, PATERNOSTRO, MAZZA, LEOPARDI, DEPRETIS, RICASOLI B., OYTANA, PIROLI, MELEGARI LUIGI AMEDEO, BORGATTI, DE BLASIIS, PANATTONI, POERIO, DEVINCENZI, ALLIEVI, MARTINELLI, CHIAPUSSO, CONFORTI, ALFIERI, LANZA G. FABRIZJ, TORELLO, e TECCHIO, relatore.

Signori! — Sono quattro gli schemi di legge che presentava il ministro dell'interno a questa Camera, nella tornata del 13 marzo:

Il primo, — Repartizione del regno ed autorità governative;

Il secondo, — Amministrazione comunale e provinciale; elezioni comunali e provinciali;

Il terzo, — Consorzi fra privati, comuni e provincie per cause di pubblica utilità;

Il quarto, — Amministrazione regionale.

Appenachè i quattro schemi vennero distribuiti agli uffizii, ognuno intravvide la difficoltà immensa, a non dire la morale impossibilità, che sì vasto disegno (il quale, nonché dar nuovo sesto all'intiera amministrazione dei comuni e delle provincie, metteva innanzi per prima la questione dello scompartimento del territorio) avesse di corsa a discutersi, e nella pendente Sessione giungesse a riscuotere la cercata approvazione delle due sedi del Parlamento.

È teorema ricevuto universalmente il decentramento amministrativo.

Governare di lontano, amministrare sopra luogo, sono assiomi che appagano l'intelligenza di tutti, e rispondono insieme alle più antiche e generali tradizioni del popolo italiano.

Già si comprende come, spente le diffidenze del potere assoluto, che si radicava sul più complicato accentramento, il patrio Statuto dovesse aprir l'adito a restituire alle provincie ed ai comuni la naturale autorità di sorvegliare e condurre a loro grado i proprii interessi.

Ma se il teorema da tutti professato è superfluo lo spendere parole a dimostrarlo, non perciò si appresentano meno spinose le vie per le quali, afforzando ognora più il fatto della unità italiana, si ritorni al rimpianto possesso delle prische franchigie provinciali e comunali.

L'arduo dei problemi, che quinci derivano, generò in ogni uffizio l'opinione che il nuovo ordinamento, ideato dall'onorevole ministro, voleva essere disaminato, ponderato, corretto con tale uno studio, da doverne, superali gli impedimenti, mandar soddisfatta la aspettazione grandissima del paese.

La legge comunale e provinciale è la grande arteria entro cui scorre la vita interna dello Stato; e da essa diramatisi td in essa ritornano, con avvolgimenti più o meno brevi, tutte le leggi correlative.

Le condizioni amministrative si immedesimano cosi colla civiltà di un popolo, che, nelle stesse più grandi fasi della sua storia, ei non le muta né repentinamente, né onninamente.

Trovate il municipio romano ancora superstite dopo le illuvioni dei barbari.

Le nazioni europee, nel loro successivo riscatto dalla monarchia assorbente del seicento, hanno anteposto di arrivare alla riforma amministrativa partitamele, piuttostochè affrontarla nel suo concetto universale.

La quale peritanza nello abbracciare lo insueto, eziandio presso quei popoli che per vendetta contro il passato posero a repentaglio la forma nazionale, ci fa manifesto come sperimentaronsi più lunghi e faticosi gli ostacoli nell'amministrazione, che non nel reggimento politico.

La Francia che uscì dalla rivoluzione, smantellata ogni sommità e preso a simbolo il livello, gettò le fondamenta dei suoi ordini comunali nella legge del 18 dicembre 1789. Poi la costituzione del 5 fruttidoro, anno m, volle togliere il beneficio di quegli ordini ai comuni che non sommassero cinquemila abitanti. Ma la legge del 28 piovoso, anno vm, auspice il primo Console, restaurava la amministrazione municipale in tutti i comuni. —Cambiarono le costituzioni politiche. L'assetto amministrativo, sancito per la legge dell'anno VIII, non fu radicalmente mutato (1). Eppure, traile altre, la legge sull'amministrazione municipale, bandita il 18 luglio 1837, si era aggirata nell'arena parlamentare per ben quattro anni (2).

Il Belgio, ripigliate per la rivoluzione le sue tendenze franco-latine, dovette coordinarvisi colle nuove leggi comunale e provinciale dei 30 marzo e 30 aprile 1836, che occuparono larga parte di più Sessioni del Parlamento. E poiché alla delta legge comunale 50 marzo furono desiderate alcune modificazioni, quest'esse non vennero indotte salvochè in pochi articoli, che formarono il tema di due distinte leggi, 30 giugno 1842, numeri 504 e 505.

A noi non intervenne diversamente dai Francesi e dai Belgi.

La legge del 7 ottobre 1848, che iniziò le provincie e i comuni alla vita rappresentativa, la creò il regio Governo a cui le Camere avevano conferito i pieni poteri. — Essa legge ebbe titolo di provvisoria.

Varii Gabinetti, succeduti all'autore di quella, tentarono modificarla.

(1)Leggi 21 marzo 1831, 18 luglio 1857, 5 maggio 1855.

(2) Dalla Camera de' Fari nel 1833 postava a quella del deputati, che la votò modificata il 10 marzo 1834. DI nuovo, VII dicembre 1834 al Pari, che la votarono con altre modificazioni il 7 aprile 1835. Tornava 11 27 febbraio 1836 ai deputati, che la votarono con altre modificazioni l'11 febbraio 1837. Per la terza volta, il 18 febbraio 1837 ai Pari, che la votarono con altre modificazioni il l'aprile. Per la terza volta, 11 5 maggio 1837 al deputati, che la votarono con altre modificazioni 11 19. Finalmente il 16 giugno 1837 Pari, che la approvarono 11 6 luglio.

63 - SESSIONE DEL 1861

Il primo progetto di riforma è del ministro Galvagno, 2 dicembre 1850. —La Camera dei deputati Io studiò negli uffici. L'onorevole BonCompagni, a nome della Giunta, diede la relazione 1° aprile 1851; ma, fattovi sopra qualche commento, il 13 maggio si decretò di sospenderne la discussione.

Un altro disegno del ministro Pernati, 1° giugno 1852, proponeva lo scioglimento della fusione amministrativa delle provincie. L'onorevole Mantelli ha esibito alla Camera la relazione il 12 giugno. Nel 4 novembre la proposta legge fu ritirata.

Il ministro Rattazzi presentò successivamente tre progetti.

L'uno, 5 maggio 1854, pel riordinamento dell'amministrazione dei comuni e delle provincie.

Il secondo, i O dicembre 1858, si restringeva alla parte concernente l'amministrazione provinciale; e a codesto pose alcune varianti il ministro medesimo addi 15 febbraio 1856. La Giunta, essendo relatore l'onorevole Robecchi, delineava non. molti articoli; instava per lo scioglimento delle divisioni amministrative. (Relazione 3 maggio 1856.)

Il terzo progetto del ministro Rattazzi, circa l'amministrazione provinciale, ha la data del 9 gennaio 1857; e sovra esso riferì per la Giunta l'onorevole Paolo Farina (9 giugno 1857.)

Il progetto del 1854 era venuto meno senza che se ne facesse relazione alla Camera. Sugli altri due, mutato il ministro, non fu aperta la pubblica discussione.

A sua volta l'illustre conte di Cavour, che reggeva il portafogli dell'interno, offerse alla Camera un nuovo schema, 13 gennaio 1859; il quale, sopravvenuta la guerra, andò in obblio prima ancora che uscisse dai torchi.

Da ultimo, restituito in uffizio il ministro Rattazzi, fu promulgata, pendente la dittatura regia dell'anno 1859, la legge 23 ottobre sulla divisione del regno e sull'amministrazione comunale e provinciale. — Allora il territorio del regno era circoscritto nei termini posti dai preliminari di Villafranca.

La felicità dell'anno che venne appresso diedero origine alla domanda: se poi la legge 23 ottobre contenterebbe le provincie tutte e i comuni del regno d'Italia.

Il Governo rispose che no. E di qui i nuovi schemi di legge dal ministro dell'interno diligentemente ammaniti.

La propria importanza, vantata financo dai piccoli borghi; la dignità rispettiva di essi a fronte dei finitimi; l'amor proprio delle persone, accarezzato od offeso dalle facoltà, ampie o ristrette, accordate o tolte alle cariche provinciali e comunali; questi e cento altri rispetti, — per non toccare dei principii direttivi della legge intorno agli infiniti negozi che pure abbracciano il patrimonio comune delle famiglie componenti il reame, — moltiplicarono sempre le controversie che dovunque ha sollevate e solleva una legge di siffatta natura. E le innumerevoli difficoltà si convertono necessariamente in altrettanto tempo da spendere negli uffizi e nella Giunta, chi voglia spianare il terreno ai combattimenti parlamentari.

Tutti riportammo dall'uffizio codeste impressioni. Onde a taluno fra noi pareva miglior partito che il ministro, anziché l'intiero nuovo edifizio, avesse rintracciato la legge 23 ottobre 1859, e modificati, secondo i suoi concetti, quei soli articoli, i quali ci menassero al massimo decentramento compatibile colla unità. Perocché agli Italiani, anche più delle altre nazioni, abbondano le cause di zelare il detto decentramento.

E chi, in verità, stimerebbe agevole di amministrare in Italia, se riserviamo al centro il giudizio sopra materie di quotidiana spedizione, e le decisioni di tutti i corpi minori soggettiamo all'approvazione od al veto della capitale?

Con tutto ciò la mole del lavoro presentatoci dal ministro non (scoraggiava; ed il bene innegabile che ridonderebbe alla patria, posandola su di un sistema di larghe franchigie amministrative, ne stimolava alla alacrità.

Volgemmo quindi la discussione intorno ai progetti ministeriali.

Affacciavasi primo nell'ordine, e nella gravita per conseguenze politiche, il quesito: se si dovesse inframmettere nel regno, tra la provincia e lo stato, quel nuovo Ente cui il ministro da l'appellativo di Regione.

E noto che le obbiezioni a questa creazione precorsero l'annunzio officiale del nuovo Ente; e riuscirono tanto più spettabili, perché senza calore di partito si tenevano negli alti e tranquilli domini! della ricerca del vero.

A chi ben consideri le origini del nostro movimento verso l'unità italiana verrà fatto scoprire la causa prima di quelle obbiezioni. —

I capitoli di Villafranca, pretendendo por fine alle inquietudini destate in Europa dalle vecchie condizioni d'Italia, proclamarono una federazione di Stati; e questi (salvo solo le provincie tra Mincio e Ticino) coi limiti segnati nel nefasto Congresso del 1815.

Accettare la confederazione era tanto come riconoscere il principato straniero nella Penisola, e richiamare i proconsoli dell'impero austriaco, e rifare la triste istoria delle impotenti nostre agitazioni. — Non si trovò scampo e salute per noi che nella unità.

Che era mai la unità d'Italia innanzi a luglio del 1859? — Un assunto filosofico; un canto da sposare all'arpa del poeta; il rimpianto de' classici sulla grandezza di Roma; la leggenda sanguinosa dei nostri martiri; e, al meglio, il generoso istinto della nostra gioventù, che, sulle penne della sua fede, si lascia indietro i consigli dell'uomo di Stato.

Potremmo noi asserire che la unita fosse la sostanza dei desiderii del popolo?

Troppe erano le tradizioni gloriose dei comuni italiani, e ciascuno degli Stati, eredi di quelli, s'era pur formata una storia. Profonde e dolorose vivevano le memorie di male spente rivalità di provincia; suscitate da colpe di popoli; per libidine d'imperio, riaccese da principi. Ogni terra contava con santa superbia le tombe de' suoi grandi; ma invidiava, come non sue, le celebrità delle altre. I despoti facevano inneggiare dal verso cesareo le reggie di Napoli, di Roma, di Firenze, e fin d'Este; immaginavano che le insegne d'estraneo principe avessero virtù di contenere i sudditi inconsapevoli. Più intenso quasi il sospetto nell'Austria, che robusta in noi la speranza. Pochissimi i credenti che le sparse membra si ridurrebbero nell'unica famiglia italiana.

Chi avrebbe profetato, una delle cento città, coronata dal serto regale, convocare i legati dell'intero paese, quanto ei si distende dal mare siculo alle Alpi?

Ma senza unità è impossibile la independenza. — Con questo grido, ripetuto dall'eco degli ultimi colli meridionali, dovevano gli Italiani congiungersi in una sola fede, in un solo battesimo. Unità era il mezzo, il simbolo della forza.

I Toscani, primi in lettere, in arte, in filosofia, erano anche primi nel 1859 ad affermare l'unità: — degna progenie di Dante e del Machiavelli.

Così, nel giro di pochi mesi, e Lombardia, fedele al suffragio universale del 1848, e Parma, e Modena, e Romagne e Toscana pel plebiscito del 1860, gareggiando a chi più presto stringesse la bandiera del Re cittadino e soldato, a queste antiche provincie si congregarono. — Era un popolo di dodici milioni.

64 - DOCUMENTI PARLAMENTARI

L'esempio fruttificava. Altre genti d'Italia ci stendevano le braccia. — Persecuzioni atroci; basse vendette; sfacciati abusi di religione; ogni cosa che Austria fece e la Curia di Roma e il Borbone di Napoli ricopiarono, affrettava i destini della Penisola.

Da un lato, le milizie de' volontari guidate da colui che la storia ha collocato fra gli eroi di Plutarco; dall'altro, l'esercito regio sulle orme auguste del Principe, — aiutano con trionfali armi le legittime insurrezioni; e alla Sicilia, a Napoli, all'Umbria, alle Marche aprono le urne, dalle quali l'Italia esce unificata.

Tutto s'è vinto in nome della unità. — Né mancano i voti delle Venezie e di Roma; qui inchinate in ispirito di devozione alla patria. — E mentre l'Italia venirasi con tanta fatica costituendo, non è meraviglia se le genti, gelose dell'opera loro, stessero in apprensione di qualsivoglia scompartimento che per avventura paresse rendere immagine delle antiche circoscrizioni politiche, felicemente abrogate. Codesta immagine, agli occhi di molti, sarebbe come un culto al passato, che presuppone o l'idea di una unione federale, o men ferma la fede nell'unità.

Sicuramente l'egregio ministro, proponendo le regioni, non ha inteso disdire al dogma dell'unità nazionale.

Sicuramente il pensiero delle regioni gli venne frammezzo agli ostacoli dello attuare la completa unificazione amministrativa e governativa, quando lo Stato formavasi repentemente, e di paesi con abitudini, con leggi, con taglie diverse. — Perché la legge è qualche volta men forte dell'abito, alle usanze particolari volle andar riguardoso. Gli parve che il Governo regionale avrebbe potuto agevolmente rispondere a certe forme, seguire certe vestigia, che tuttavia qua e là si riscontrano, e che, per avventura, alla unità sostanziale non fanno contrasto. —

Non disconosciamo che, se mai la completa unificazione amministrativa e governativa dovesse farsi improvviso per decreto di dittatore o per diploma di principe, non tutti i cittadini né dappertutto se ne sentirebbero paghi e persuasi. Ma, postoche una legge a questo fine sia consacrata dai voti del Parlamento, il quale abbia con paziente cura vagliati i vizi da purgare, le anticaglie da smettere, le modernità da innestare, ogni terra le farà buona accoglienza; perché un popolo civile non si disdice, ed il popolo italiano, eleggendo i suoi deputati, ha già segnato colla mano e col cuore le leggi che detteremo per assodare l'augurata unità.

Nulla più conferisce alla unità nazionale, ed alla sintesi di uno Stato, che la colleganza immediata tra il Potere centrale e i naturali suoi aiuti, le provincie e i comuni.

S'arrestarono nondimeno gli uffizi a meditare e discorrere per filo e per segno, se tornasse acconcio sperimentare la proposta repartizione territoriale.

Sotto due aspetti andavano considerate le Regioni, giusta l'idea del Ministero.

Il primo suo progetto di legge presenta la Regione come ente governativo, ossia come uno scompartimento.

Il quarto progetto la presenta come ente morale, ossia come un corpo amministrativo.

I nove uffizi hanno unanimemente reietta la regione amministrativa.

Sette la ricusarono eziandio come scompartimento governativo. Il sesto ed il nono invece l'avrebbero ammessa con tale carattere, ma ad un'ora suggerivano che le facoltà da attribuirsi ai governatori delle regioni abbiano ad essere definite entro brevi e precisi confini.

La Giunta ha stimato che non sia questo il momento opportuno di tessere la cronaca delle discussioni, al chiudere delle quali hanno i commissari confermato il responso degli uffizi.

Tutti concordemente pronunciarono la sentenza contraria alle regioni sotto forma di enti amministrativi.

Non unanimi nella Giunta, come già negli uffizi, furono i voti che le cancellarono eziandio nella qualità di enti governativi. Qui le regioni, avversate da dieciotto de' commissari, s'ebbero il conforto di sei suffragi,

Incombeva conseguentemente alla Giunta di riprendere gli altri progetti intorno all'amministrazione provinciale, alla comunale, ed ai consorzi per causa di utilità pubblica, senza più preoccuparsi dell'ente amministrativo o governativo tra la provincia e Io Stato.

E a questo incumbente accingevasi, e tuttavia vi persiste; animata dal desiderio di presentare alla Camera tale on congegno di legge, che, diminuendo la somma degli affari al Governo centrale, e ritraendone il maggior numero alla provincia o al comune, si riesca poi finalmente, senza lesione del cardinale principio dell'unità dello stato, a quel decentramento amministrativo, a quella naturale ed efficace espansione della vita nei comuni e nelle provincie, che è l'intento dei popoli, l'assunto della moderna scienza amministrativa, la paura dei Governi assolati.

Senonchè l'opera è piena di assai sottili rispetti. E quando bene nella Giunta fosse stata la fiducia di compierla in uno o due mesi, non era a sperare che ambe le Camere, in questa prima parte della Sessione, e ne imprendessero la discussione e la suggellassero.

Frattanto i dibattimenti della Commissione avevano appalesato come alcune provincie del regno versino in condizioni anormali, alle quali urge che si provvegga con temperamenti precarii, di transizione.

A ciò dee porsi mano senza ritardo, chi non vuole che la Camera incorra nel biasimo di lasciare senza aiuti il Governo, rimpello alle flagranti necessità dei tempi e dei luoghi.

Una grande rivoluzione ha trionfato in Italia; ma più profonda conviene che la riguardiamo nelle sue provincie meridionali.

Colà il cupo dispotismo dei Borboni aveva studiato interdire ogni lume di civiltà.

I popoli si levarono di dosso quella cappa di piombo, e ai giurarono concordemente membri perpetui d'Italia una.

Nondimeno, dall'acaro Babilonia, che Petrarca già dal suo tempo chiamava: fontana di dolore, albergo d'ira, scuola d'errori..., fucina d'inganni, il detruso Francesco e i fautori di lui sguinzagliano 'ribaldi e scherani d'ogni colore ad instigare feroci reazioni.

Queste riflessioni hanno dato motivo alla Giunta di dichiararsi inchinevole ad accomodare al ministro, che lo richiedesse, certe facoltà che lo pongano in grado di raddoppiare la cura perché la legge e i magistrati del regno ottengano dappertutto il rispetto in che sono avuti nei paesi ordinali e tranquilli.

Il ministro, riservate le questioni principali intorno al definitivo organismo amministrativo del regno, ci dichiarò come in questo interstizio gli verrebbe opportuna la concessione di speciali poteri, che gli dessero abilità, tanto di diradare quel cumulo di affari che ora ingombrano le tavole ministeriali,

65 - SESSIONE DEL 1861

quanto di trasferire ai capi-provincia autorità sufficiente a provvedere da sé nelle instanti necessità, invece che domandino ad ogni tratto i placiti del Governo centrale.

E prima d'ogni altra cosa, esplicando il suo pensiero, pareva al ministro che se gli dovesse conferire facoltà, in certe contingenze politiche, di riunire una o più delle attuali provincie del mezzogiorno sotto la mano di un alto funzionario, o governatore o commissario.

Alla detta opinione sembrava che si accostassero non pochi de' commissari.

Ma pareva ad altri che que' gruppi o circoli di provincie, ancorché provvisoriamente aggregate, arieggiassero le combattute regioni.

Al postutto la Giunta considerò che è ben possibile di agevolare e di accrescere l'efficacia dell'azione governativa nelle provincie, semprechè ai prefetti si accordi maggiore potestà che non sia attribuita agli attuali governatori dalla legge 33 ottobre 1889.

La quale ovvia considerazione consigliò per avventura il ministro a non persistere nel pensiero dei circoli provvisorii, e designare altrimenti le facoltà che, nell'intervallo tra la presente legge e quella d'amministrazione provinciale e comunale, gli occorrerebbero.

Chiedeva egli dunque che al Governo del Re fosse data licenza:

1° Di parificare in tutte le provincie del regno i titoli, gli stipendi, i vantaggi dei capi-provincia, e rispettivamente dei capi di circondario e dei consiglieri; e questo sulla base della pianta vigente nelle antiche provincie e nelle lombarde;

3° Di delegare ai reggenti delle provincie più larghe attribuzioni di quelle che sono dalla legge 33 ottobre 1859 determinate;

3° Di conferire a sezioni temporanee del Consiglio di Stato l'attribuzione di dare il parere richiesto dalla legge sopra i ricorsi contro le autorità locali, e sopra i contratti, e l'accettazione o il rifiuto di lasciti e di donazioni ai corpi morali;

4° Di delegare ai capi-provincia l'autorità di nominare gli impiegati d'ordine, di classe inferiore, presso gli uffici provinciali; e in genere i salariati che, giusta le leggi in vigore, sono nominali per decreto ministeriale;

5° Di pubblicare nell'Emilia e nelle Marche la legge sancita per le antiche provincie e la Lombardia addì 30 novembre 1859 sull'amministrazione delle opere pie;

6° Di pubblicare nella Emilia le leggi, parimenti sancite per le antiche provincie e la Lombardia il 20 novembre 1859, sull'amministrazione sanitaria e sulla vaccinazione.

Or ecco le deliberazioni della vostra Commissione sovra ciascuno di questi paragrafi.

Il § 1° sui titoli e gli stipendi fu volentieri ammesso.

Invero, sollecitando noi la promiscuità dei funzionari, vale a dire la mobilità loro dall'una all'altra parte del regno, affinché sieno alla mano del ministro là dove meglio convengano e promettano di sé, bisognava che tutti dello stesso grado fossero parificati nello stipendio. Se no, si incardinavano nelle antiche sedi; perpetuavano i modi particolari alle amministrazioni degli antichi Stati; e inabili sarebbero rimasti o quasi stranieri alle provincie che prima non avessero amministralo.

Ma, perocché in questa faccenda dei titoli e degli stipendi il ministro notava poter essere mestieri di qualche modificazioni, esistenti in alcuna di quelle provincie dove non è attuala la legge 23 ottobre, fu promosso il dubbio se le invocate modificazioni avessero da lasciarsi alla balia del Governo, o se nella legge transitoria dovessero essere tassativamente specificate.

Prevalse il secondo partito, siccome quello che agli ordini costituzionali meglio risponde.

E le modificazioni consentite sono queste:

o) Abolizione dei vicegovernatori;

6) Designazione di un consigliere di Governo il quale in caso di assenza o d'impedimento del capoprovincia ne faccia le veci;

e) Distinzione dei capiprovincia in più classi;

il) Concessione d'indennità di alloggio ai capi di circondario;

e) Concessione, ove occorra, d'indennità ai funzionari amministrativi in caso di traslocamento;

) Stanziamento di una somma nella parte straordinaria del bilancio per sopperire alla detta parificazione, alle dette indennità, e in alcuni luoghi alle spese di rappresentanza dei capiprovincia.

La opportunità di siffatte modificazioni non è problematica. Tuttavia diremo alcunché circa l'abolizione dei vicegovernatori.

Sin dagli esordi della attuazione della legge 33 ottobre, il suo autore aveva indicato che forse i due uffizi di governatore e vicegovernatore erano riducibili ad un solo; e ne tentava la esperienza, inviando alla provincia di Cremona il solo vicegovernatore.

In fatto, talune provincie ebbero a restare or senza l'uno, or senza l'altro di quei funzionari; e né i provinciali mostrarono grande rammarico, né la gestione della cosa pubblica vi scapitò.

Tra que' due uffiziali si avverò un colale dualismo, che o tolse del prestigio all'uno, o fece all'altro un dovere della scioperatezza.

Indi l'abolizione del vicegovernatore si manifesta inoffensiva all'amministrazione delle provincie, confacente alla economia dell'erario.

Del resto, poiché s'è accennato alle spese di rappresentanza concedute ai capiprovincia, la Giunta non può non esprimere il voto che desse sieno contenute in discreti limiti; coloro, ai quali sono assegnate, ne usino secondo ha inteso il legislatore; sicché pongasi fine al sospetto che, sotto specie di spese di rappresentanza, si nasconda un aumento eslege sullo stipendio dei governatori o dei prefetti.

Il § 2°, che riconosce al Governo del Re la facoltà di delegare ai capi delle provincie maggiori attribuzioni che non sieno le impartite dalla legge 33 ottobre, fu pure accettato senza esitanza.

Le facoltà di che parliamo sono tutte nella cerchia del potere esecutivo, e son quelle di cui compete l'esercizio al ministro dell'interno per legge e senza uopo di decreto reale. Le autorità, coll'organo delle quali egli potrà esercitarle, sono altresì costituite dalla legge.

Qui dunque non era necessario che la Commissione esaminasse a priori, e determinasse o per singolo o per categoria le attribuzioni da delegarsi.

A un tale esame e a una tale determinazione la Giunta sarebbe stata meno idonea e meno competente; perocché ognuno si avvegga che le delegazioni, entro la sfera d'azione ministeriale, debbono contemperarsi allo stato degli animi e delle cose nelle provincie.

Il § 3°, concernente le sezioni temporanee del Consiglio di Stato, non fu accollo dalla Commissione.

O pensiamo alle provincie attualmente remote dal centro, che son quelle della Toscana e del cessalo reame di Sicilia e di Napoli, ed esse hanno per a tempo

66 - DOCUMENTI PARLAMENTARI

i loro Consigli di Stato in Palermo, Napoli, Firenze.

O pensiamo alle altre provincie, e non sapremmo scorger bisogno di instituirvi sezioni temporanee del Consiglio di Stato, le quali, instituite che fossero, animerebbero ne' luoghi a ciò scelti il desiderio di vedersele confermate.

Reputiamo alquanto esagerato il lamento della via lunga che debbono fare i ricorsi, nelle materie amministrative, innanzi che raggiungano il parere del Consiglio di stato sedente nella capitale.

Forsechè la Sardegna, preziosa parte delle antiche provincie, non è per tanto spazio di mare divisa dalla regale Torino? o forse i ricorsi della Sardegna non sono sempre venuti al Consiglio di Stato centrale, senza che per ciò ne sorgessero lagnanze di soverchio ritardo?

A ogni modo, la materia dei ricorsi, e delle autorità cui spelli provvedere sovr'essi, non vuoi essere pregiudicala con una legge occasionale di transizione.

Ogni ordinamento relativo merita che venga riservato alle leggi organiche definitive; massimechè le innovazioni nella materia hanno connessione diretta con quanto il Parlamento sarà per deliberare intorno all'altro schema di legge del Contenzioso amministrativo proposto dal ministro dell'interno nella tornata del 27 aprile.

Il § 3° potrebbe! considerare una quasi ripetizione del § 2, postochè nelle attribuzioni, da potersi delegare giusta il § 2, si comprende anche quella della somma degl'impiegati (come dicono) d'ordine, che forma il tema del presente paragrafo. Talché la Commissione ha stimato bene di ometterlo.

I §§ 8 e 6 sono stati di botto approvali.

Nell'Umbria si pubblicò la legge 20 novembre 1859 (n°3779) riguardante l'amministrazione delle opere pie, il regime economico, la contabilità, la tutela e l'ingerenza governativa sopra di esse, l'erezione di nuove opere pie, e le congregazioni di carità.

Nelle Marche e nell'Umbria fu pubblicata la legge 14 giugno e il regolamento 30 ottobre 1889 sul servizio delle vaccinazioni, e l'altra legge 20 novembre 1859 (n°3793) sull'amministrazione sanitaria, le attribuzioni dei Consigli di sanità e quelle dei sindaci in materia di polizia sanitaria.

Per contro, alle provincie dell'Emilia non fu data nessuna delle leggi testé ricordale; e la legge 90 novembre sulle opere pie non fu data neanco alle Marche.

Importa unificare le dette provincie nella legislazione, eziandio in questi particolari. E ciò appunto, si ottiene mercé i SS B e 6.

Torna lauto più urgente lo estendere specialmente all'Emilia la citala legge sulle opere pie, dappoiché i Governi provvisorii hanno colà promulgato, rispetto agli ex-ducali, le leggi sarde del 1836 e del 1850, che per la legge 20 novembre 1859 sono abrogale, — e rispetto alle Romagne, la legge dell'aulico regno d'Italia, la quale dissuona coi precedenti delle instituzioni di quei paesi, e non si conforma coi principii della della legge 20 novembre 1889.

La pubblicazione della quale legge sulle opere pie può bene aver luogo, quantunque siasi dall'onorevole ministro presentato alla Camera nel dì 27 aprile uno schema di legge novella: perché lo schema non mula la sostanza della legge 20 novembre; e le riforme che mette innanzi, se il Parlamento le ammetta, si attuerebbero senza disagio in tutte le provincie governale da quella. —

Dopo ciò, per talento di unificazione, la Giunta si faceva ad investigare se non giovasse di pubblicare eziandio nelle provincie dell'Emilia, dell'Umbria e delle Marche,

la legge 20 novembre 1859 (r 5780) «sopra i conflitti positivi tra i tribunali del contenzioso amministrativo e i tribunali ordinari i conflitti positivi fra l'autorità amministrativa e la giudiziaria, e i conflitti negativi». Ma, poiché da cosa nasce cosa, l'attuazione della legge sopra i conflitti avrebbe fatto sorgere, più o meno certo, il bisogno di congiungere alla sua pubblicazione anche quella delle due leggi del 30 ottobre 1859 (n 5707, 5708), Cuna sopra il Consiglio di Sfato, e l'altra del Contenzioso amministrativo. E siccome dei contenzioso amministrativo molli hanno domandalo, ed è già proposta la soppressione; e, d'altro canto, la legge del Contenzioso amministrativo ha molte e grandi attinenze con quella del Consiglio di Stato, s'è credulo meglio di interlasciare la promulgazione nelle delle provincie di tutte e Ire le leggi (n° 5707, 3708,3780).

Tali le provvidenze della Giunta, concernenti il periodo transitorio.—Negli articoli che sottomettiamo alla Camera sono formulate.

Per effetto di cedeste provvidenze, e peculiarmente delle modificazioni che quinci il Governo del Re ha facoltà d'introdurre nella legge 23 ottobre 1889 (già promulgata in tutte le parli dello Stato, tranneché nelle provincie toscane, come noteremo qui appresso), l'amministrazione comunale e provinciale potrà essere condotta con 'regole uniformi. Cosi ci saremo ravvicinali alla unità di governo, e a quel decentramento che facciamo ragione si debba raggiungere colla legge organica alla quale gli studi nostri son consacrali. —

Toscana sola, per breve tempo ancora, formerà eccezione.

Ci è grato uffizio di testimoniare alla Camera che l'illustre uomo di Stato, oggidì assunto ai Consigli della Corona, aveva presso la Giunta iniziato, e con forte animo propugnato, il divisamento di far cessare nel suo nativo paese le leggi amministrative provinciali e comunali sancite da lui nel periodo anteriore all'editto di annessione del 22 marzo 1860.

Egli, che aveva dato il primo colpo alle autonomie subnazionali, strumento e base della passala servitù, con generosa intolleranza voleva portare ad esse l'ultimo crollo.

E la Giunta s'era posta all'opera, di concerto col signor ministro, per veder modo d'incarnare il disegno. — Ma le difficoltà non erano tali che le potesse vincere una legge di transizione.

Tali difficoltà non riguardano tanto l'amministrazione dei comuni, quanto l'amministrazione delle provincie.

In riguardo ai comuni, analoghi principii di libertà informano e sì la legge toscana, e sì quella del 23 ottobre 1859, dalla quale sostanzialmente non differisce neppure il progetto del signor ministro dell'interno presentato alle nostre deliberazioni.

Le indagini quindi si indirizzarono a chiedere quali modificazioni converrebbe arrecare alla legge 25 ottobre 1859 in quella parte che tocca all'ordinamento delle provincie.

A questo punto il signor ministro ci apprestava due articoli: il primo dei quali proponeva che alcune materie (e principalmente le strade e le scuole secondarie) si trasferissero in propria amministrazione alle provincie; e il secondo che, fissate le materie in diretta amministrazione dei comuni e delle provincie, le funzioni della vigilanza e della tutela fossero tutte governative, e perciò richiamale dalle deputazioni provinciali al prefetto.

Per codeste disposizioni la legge comunale e provinciale del 25 ottobre 1839 accosterebbesi alla legge ora vigente in Toscana,

67 - SESSIONE DEL 1861

e si farebbe un passo verso l'accettazione del sistema dal ministro sviluppato nei suoi progetti di legge.

Ma contro la detta proposta si elevavano gravi obbiezioni.

Osservavasi, che i nuovi articoli avrebbero certamente data occasione a lunghe ed intricate discussioni nel Parlamento.

Si soggiungeva che l'accettazione di quelli poteva prematuramente influire e quindi pregiudicare il concetto della futura legge organica definitiva sull'ordinamento delle provincie.

D'altra parte, non pochi della Giunta dicevano: perché vorremmo ora, con l'attuazione intera della legge 23 ottobre 1859, portare nell'amministrazione provinciale della Toscana una innovazione, la quale forse sarebbe destinata a far luogo tra non molto ad un secondo mutamento, e forse alla restituzione del presente sistema? o non anzi veggiamo che la restituzione del presente sistema dell'amministrazione provinciale della Toscana avverrebbe di certo, se i progetti del ministro conseguissero l'approvazione del potere legislativo?

Alcuni inoltre avvisavano come il sistema provinciale della legge 23 ottobre 1859 si collegasse colle altre leggi dei lavori pubblici, dell'istruzione pubblica, della beneficenza, che ancora non sono pubblicate nella Toscana.

Questi dubbi e queste obbiezioni ci persuasero che, in ogni. modo, si andava incontro a tali dibattimenti che metterebbero in forse l'accoglienza presta e concorde, quale ai designati provvedimenti transitorii si vorrebbe accordata.

E però la Giunta, dopo aver agitato lungamente il quesito, si tenne forzata di rinunciare alla proposta, che, siccome conducente alla unificazione, era stata da tutti applaudita. —

Signori! Se i discorsi ostacoli avessero ceduto dinanzi alla diligenza ed all'affetto immenso che portiamo alla unità nazionale, la Giunta vi avrebbe sicuramente sottomesso, non uno schema di legge parziale e provvisoria, ma tutta quella tela di leggi organiche che il paese attende con viva impazienza.

Questa legge transitoria, intantochè da abilità al Governo del Re di attuare certi temperamenti che nelle presenti condizioni non potrebbero essere differiti, a noi procaccia il tempo di progredire nel lavoro d'ordinamento generale amministrativo, con buona speranza di corrispondere alla fiducia di che ci hanno onorato gli uffici.

Ci è pegno della buona vostra accoglienza a questo schema di legge transitoria lo averlo noi deliberalo di pieno accordo coll'onorevole signor ministro.

Qui tutti intendiamo a far manifesto agli amici ed ai nemici, che tra i rappresentanti della nazione, non le gare e le ambizioni dei partili, ma unicamente signoreggia il sentimento del vero bene pubblico.

È convinzione di tutte le parti di questa Camera, che alla esplicazione del nostro movimento nazionale occorra lo svolgimento pieno delle libertà amministrative, tanto come quello delle politiche. Ma colle une e colle altre ognuno vuole crescere la forza morale al Potere. Il nostro ordinamento organico deve servire e servirà spassionatamente a questo bisogno. Indebolirci è perderci.

Ricordiamoci che essa pure la unificazione è armamento: perché non sono vera forza gli arsenali e i soldati, se non regna la confidenza nell'avvenire della patria, e se non vedesi l'azione delle leggi estendersi maestosa, eguale, sicura sopra tutti gli ordini dei cittadini.

Ritemprando le parlamentari nostre fatiche a questi ricordi, meriteremo che i posteri applichino all'opera nostra la sentenza che le leggi sono la saviezza delle nazioni.

Articoli transitorii.

Provvisoriamente, e sino a che le nuove leggi organiche di ordinamento amministrativo del regno sieno approvate e poste in vigore, potrà il Governo del Re con reali decreti, deliberati in Consiglio dei ministri:

I. Parificare in tutte le provincie del regno, e sulla base delle Piante ordinate colle leggi 6 e 16 novembre 1859, n. 3710, 3723, i titoli, gli stipendi, i vantaggi dei capi di provincia, e rispettivamente dei capi di circondario e dei consiglieri di Governo; ferme le attuali circoscrizioni;

II. Introdurre contemporaneamente nella legge 23 ottobre 1859, n 3703, e nelle citate leggi 6 e 16 novembre, le seguenti modificazioni:

a) Abolizione dei vicegovernatori;

b) Designazione di un consigliere di Governo il quale, in caso di assenza o di impedimento del capo della provincia, ne faccia le veci;

c) Distinzione dei capiprovincia in più classi;

c) Concessione d'indennità di alloggio ai capi di circondario;

e) Concessione, ove occorra, di indennità ai funzionari dell'ordine amministrativo in caso di traslocamelo;

III. Stanziare nella parte straordinaria del bilancio del Ministero dell'interno in apposita categoria la somma di lire 300,000 per sopperire alla detta parificazione, alle indennità di cui nell'articolo precedente (lettere d, e), e in alcuni luoghi alle spese di rappresentanza;

IV. Delegare a tutti indistintamente i capi di provincia attribuzioni che per legge sono proprie del ministro dell'interno, e per le quali non è richiesto decreto reale;

V. Pubblicare e porre in vigore nell'Emilia e nelle Marche la legge 20 novembre 1859, n° 3779.

VI. Pubblicare e porre in vigore nell'Emilia la legge i 'i giugno 1859, n°3448, e il relativo regolamento 30 ottobre 1859, e l'altra legge 20 novembre 1859, n° 3793.

Repartizione del regno e autorità governative

Amministrazione comunale, provinciale e regionale

Consorzi — Disposizioni provvisorie.

Relazione del ministro dell'interno (Minghetti) 8 luglio 1861, con cui presenta al Senato il progetto di legge approvato dalla Camera nella tornata del 6 stesso mese.

Signori!—Nella tornata del 13 marzo ultimo io rassegnava alla Camera dei deputali quattro proposte di legge: la prima sulla ripartizione del regno e sulle autorità governative; la seconda sull'amministrazione comunale e provinciale, susseguita questa da un progetto di regolamento sulle elezioni dei consiglieri comunali e provinciali; la terza sopra i consorzi per causa di utilità pubblica; la quarta sull'amministrazione regionale.

A compimento di tali proposte di leggi organiche, io sottoponeva al voto della stessa Camera nella sua tornata del 27 aprile tre altri schemi di legge riguardanti il governo e l'amministrazione delle opere pie, il contenzioso amministrativo e la pubblica sicurezza.

Questo schema di legislazione amministrativa era, a giudizio del riferente, in sé stesso interamente connesso, e poggiava sul principio della maggiore libertà

68 - DOCUMENTI PARLAMENTARI

e del più ampio discentramento che fosse possibile accordare senza ledere le ragioni dell'unità politica che vuolsi con ogni sforzo tutelare e difendere.

Ma non guari dopo la presentazione di quei diversi schemi si faceva manifesto come la piena e ragionata loro discussione nel Parlamento non potesse aver luogo che dopo un intervallo non breve di studi, e quindi in altro periodo della presente Sessione.

Ammesso però questo punte, veniva nell'animo un pensiero, se non fosse necessario e possibile il fare intanto alcun passo verso il fine di semplificare e di unificare l'amministrazione.

Di vero, se molte fra le leggi delle antiche provincia furono anche prima delle annessioni saviamente surrogate a quelle analoghe delle altre provincie, certo è però che l'unità di legislazione e di amministrazione è a gran pezza lontana nelle stesse parti più essenziali dal suo compimento; onde necessariamente consegue lentezza nella spedizione delle pratiche e conservazione di corpi amministrativi congeneri, contemporaneamente sedenti in questa e quella provincia.

Egli è sopra queste considerazioni che la Commissione instituita nel seno della Camera per l'esame dei primi quattro progetti, tenendo conto della urgenza di introdurre fin d'ora un assetto uniforme in alcune parti dell'amministrazione provinciale e aderendo in ciò al desiderio espresso dal riferente, propose 'alla deliberazione della Camera dei deputati una breve serie di disposizioni, transitorie e temporanee. Le quali, adottate dalla stessa Camera nella tornata del 6 volgente, vengono ora sottoposte alla deliberazione del Senato.

La conversione in legge di questi pochi articoli non pregiudica alcuna questione sul futuro generale e stabile ordinamento amministrativo del regno. Un tale subbietto sarà trattalo, giova sperarlo, nello scorcio invernale della presente Sessione. Intanto con questa legge non si fa che dare al Governo il mezzo di attuare in alcune parti quella unificazione amministrativa che è nel desiderio di tutti.

Chiarito così lo scopo e l'intendimento vero della legge temporanea che il riferente si pregia ora di rassegnare al Senato, non sarà mestieri di lungo discorso a dimostrare le ragioni in cui si fonda ciascun paragrafo della medesima.

La parificazione dei titoli, degli stipendi e degli emolumenti dei superiori funzionari amministrativi è troppo evidentemente richiesta dalla convenienza politica e dalla equità; poiché importa alla dignità di un Governo, come al principio della giustizia distributiva, che in parità d'attribuzioni abbiano i pubblici funzionari parità di soldo e di competenze.

L'abolizione dei vicegovernatori e la designazione di un consigliere che ne faccia le veci sono disposizioni suggerite entrambe dalla esperienza; perciocché questa ha dimostrato che il dualismo del governatore e del vicegovernatore colle attribuzioni rispettivamente loro assegnate dalla legge 23 ottobre 1859, lungi dal favoreggiare la spedizione degli affari, piuttosto la dilunga e la intralcia; ed ha dimostrato inoltre come non sia impossibile un antagonismo che offende l'unità o la prontezza dell'azione governativa.

Altronde non si saprebbe ammettere a capo di una provincia una doppia rappresentanza: l'uria politica, l'altra amministrativa.'

La distinzione dei capi di provincia in più classi corrisponde a quello che oggi esiste pei vicegovernatori; e la sua utilità è così evidente che io crederei superfluo di intrattenerne il Senato. Potevano i governatori essere tutti collocati in una sola categoria identica, quando si voleva farne degli uomini politici più che amministratori.

Ora che le due qualità si riuniscono in una sola persona, il sistema delle classi, che prevale in tutte le gerarchie dei funzionari, dee anche a loro applicarsi.

Delle concessioni di un'indennità d'alloggio ai capi di circondario, donde conseguirebbe lo stanziamento nel bilancio di apposita somma, basterà il dire che non pochi degli attuali circondari rispondono per superficie e popolazione ad alcuna delle attuali provincie, onde non sembra giusto né conveniente che i rappresentanti d'essi non godano almeno di un vantaggio che torni eziandio a decoro del Governo centrale. Né si deve dimenticare che in molte provincie del centro e del mezzodì dell'Italia, gli intendenti godono, in effetto, di un alloggio mobigliato, onde il sistema della promiscuità non potrebbe effettuarsi senza apportare a taluni grave detrimento.

La delegazione ai capi di provincia di attribuzioni devolute al ministro, e per cui non è richiesto l'intervento della sovrana sanzione, si restringe evidentemente nella cerchia della ordinaria amministrazione, e di quelle disposizioni la cui opportunità è sempre meglio conosciuta sulla faccia dei luoghi, che non nella sede del potere centrale. Sotto questo doppio aspetto parrebbe quindi ragionevole il disposto dal § 4; e di esso abbiamo un esempio nei recenti decreti pubblicati in Francia, pei quali il ministro dell'interno delegava ai prefetti una serie di facoltà, che prima era sua propria, e che rendevano più difficile e più complicata l'opera sua nei particolari, senza alcun reale vantaggio.

Perfino la pubblicazione, nell'Emilia e nelle Marche, delle leggi enunciate nei §§ 8 e 6 tende a rendere uniformi in tutto il regno due rami di amministrazione di suprema importanza quali sono le opere pie eia sanità continentale; uniformità che tanto più è desiderabile, in quanto sulle opere pie la legge del 20 novembre 1859 è indubbiamente la più liberale di tutte le leggi che in addietro ebbero vigore nelle varie provincie del regno e quanto alla sanità ed al vaccino havvi tuttavia nell'Emilia sì grande varietà di antichi provvedimenti da rendere soprammodo difficile il disimpegno di questi pubblici servizi.

All'appoggio di tutte queste considerazioni il riferente si affida che eguale a quello della Camera sarà il voto del Senato sull'unito

PROGETTO DI LEGGE.

Articolo unico. Provvisoriamente, e sino a che le nuove leggi organiche di ordinamento amministrativo del regno sieno approvate e poste in vigore, potrà il Governo del Re con reali decreti, deliberati in consiglio dei ministri:

1 Parificare in tutte le provincie del regno e sulla base delle piante ordinate colle leggi 6 e 16 novembre 1859, numeri 5710 e 5733, i titoli, gli stipendi, i vantaggi dei capi di provincia, e rispettivamente dei capi di circondario e dei consiglieri di Governo;

2° Introdurre contemporaneamente nella legge 23 ottobre 1859, n° 3702, e nelle citate leggi 6 e 16 novembre 1859, le seguenti modificazioni:

A) Abolizione dei vicegovernatori;

B) Designazione di un consigliere di Governo, il quale, in caso di assenza o di impedimento del capo della provincia, ne faccia le veci;

C) Distinzione dei capiprovincia in più classi;

D) Concessione d'indennità di alloggio ai capi di circondario;

E) Concessione, ove occorra, di indennità ai funzionari dell'ordine amministrativo in caso di traslocamelo;

69 - SESSIONE DEL 1861

3° Stanziare nella parte straordinaria del bilancio del Ministero dell'interno in apposita categoria la somma di lire 150,000 per sopperire alla detta parificazione, alle indennità di cui nel precedente paragrafo (lettere D, E), e in alcuni luoghi alle spese di rappresentanza;

4° Delegare a tutti indistintamente i capi di provincia attribuzioni che per legge sono proprie del ministro dell'interno e per le quali non è richiesto decreto reale;

5° Pubblicare e porre in vigore nell'Emilia e nelle Marche la legge 20 novembre 1859, n° 5779;

6° Pubblicare e porre in vigore nell'Emilia la legge 14 giugno 1859, n° 3448; il relativo regolamento 50 ottobre 1889, e l'altra legge 20 novembre 1859, n° 3795.

Repartizione del regno e autorità governative

Amministrazione comunale, provinciale e regionale

Consorzi — Disposizioni provvisorie.

Relazione fatta al Senato il 16 luglio 1861 dall'ufficio centrale composto dei signori senatori VIGLIANI, RIVA, DES ANDROIS, SPADA, e DE FORESTA, relatore.

Signori! —Con questo progetto di legge già votato dalla Camera dei deputati e sottoposto ora alle deliberazioni del Senato, il Governo del Re chiede di essere autorizzato a sancire per decreto reale ed attuare alcuni provvedimenti provvisorii in materia amministrativa da avere effetto sino a che le nuove leggi organiche dell'ordinamento amministrativo del regno, che si stanno elaborando, sieno approvate e poste in osservanza.

Sebbene l'ufficio centrale esaminando questi provvedimenti non abbia potuto scorgervi tutta quella necessità e tatto quel carattere d'urgenza che sogliono determinare i provvedimenti provvisorii nelle materie legislative, nondimeno, da che il signor ministro degl'interni dichiara che i medesimi gli sono necessari pel migliore andamento del servizio e per la più pronta spedizione dogli affari, l'ufficio centrale crede che il Senato possa impartirvi la sua approvazione, Unto più che saranno ad ogni modo un avviamento alla compiuta unificazione dell'amministrazione in tutte le provincie, ed alla discentralizzazione, la quale dovrà informare le nuove leggi, e mi ha dato l'onorevole incarico di esporti brevemente le osservazioni da esso fatte sulle singole disposizioni dell'enunciato progetto, proponendovene l'approvazione.

La parificazione che col 11 dell'articolo del progetto il Governo chiede di essere autorizzato ad introdurre iti tutte le provincie del regno dei titoli, stipendi e vantaggi dei capi di provincia e rispettivamente dei capi di circondario, è non solo richiesta dall'uguaglianza e parità di trattamento che in un medesimo Stato deve esistere tra i funzionari aventi uguali attribuzioni, ma è ben anche suggerita dal bene del servizio, poiché facilita l'invio e l'impiego di questi funzionari, laddove la speciale altitudine di ciascheduno e le particolari circostanze di località o personali possono rendere più utile la loro opera.

Conseguenza di questa parificazione è la soppressione che si propone al § 2, lettera A, dell'ufficio di vicegovernatore esistente soltanto nelle antiche provincie, la quale soppressione avrà inoltre per effetto una reale economia per le finanze senza danno del servizio, nel mentre che farà cessare il dualismo altrove avvertito, non che il carattere principalmente politico che hanno attualmente i governatori, rimanendo in fatto per lo più estranei all'amministrazione, la qual cosa non può a meno di pregiudicare la loro influenza e la loro forza morale nella provincia a capo della quale sono preposti.

Soppresso poi l'ufficio di governatore, ovvia si presenta la convenienza della designazione di un consigliere di Governo, il quale in caso di impedimento o di assenza del capo della provincia ne faccia le veci, perciocché se è vero, come da taluni osservavasi, esser massima generale che, in caso di impedimento del capo di un'amministrazione, le di lui incombenze sieno interinalmente disimpegnate da! più anziano dei funzionari subalterni, egli è però da notarsi che siffatta massima non potrebbesi senza inconvenienti applicare ai capi di provincia, le di cui svariate attribuzioni amministrative e politiche esigono speciali altitudini e particolari requisiti,'i quali non sempre si incontrano in eguale misura riuniti in tutti i funzionari, benché d'altronde di uguale capacità, esperienza e buon volere.

Altra conseguenza naturale della delta soppressione è pure la distinzione dei capi provincia in classi, imperocché, come opportunamente osserva il signor ministro nella relazione che accompagna il progetto in discorso, se questi alti funzionari potevano tutti essere collocali in una sola ed identica categoria quando erano considerati come uomini più politici che amministrativi, non vi sarebbe più ragione per non applicare ad essi il sistema delle classi che prevale in tutte le gerarchie dei funzionari amministrativi, da che saranno non solo uomini politici, ma ben anco veri funzionari amministrativi.

Più grave e più importante sembrava all'ufficio centrale la facoltà al Governo di concedere indennità d'alloggio ai capi di circondario, di dare indennità ai funzionari dell'ordine amministrativo in caso di traslocamelo, ed in fine di accordare in alcuni luoghi spese di rappresentanza.

Diffatti non si disconosce il valore della considerazione fatta dal signor ministro, che in alcune provincie del regno, principalmente nel mezzodì e nel centro, i capi di circondario sono provvisti dell'alloggio mobigliato e che imperli al buon andamento del servizio di parificare anche in tal parte cotesti funzionari, onde poterli all'occorrenza traslocare senza difficoltà e giovarsi della loro opera, ove può questa essere più efficace a seconda delle varie emergenze del servizio; ma resta a vedersi se ciò non imponga un troppo grave onere all'erario nazionale, e se allo scopo suindicato meglio non conferisca il provvedere ai detti funzionari l'alloggio in natura, mobigliato o senza mobili.

L'indennità ai funzionari dell'ordine amministrativo dipendenti dal Ministero degl'interni in caso di traslocazione può certamente avere in alcune volte speciali un utile effetto nell'interesse del servizio, per la già detta ragione che agevola l'impiego dei funzionari medesimi dove la loro cooperazione può essere maggiormente efficace; ma, non giova dissimularlo,, questa facoltà, ristretta al Ministero dell'interno, può essere veduta di mal occhio dai funzionari degli altri dicasteri, e considerala come una parzialità non abbastanza giustificata, e, ciò che è peggio, può dar luogo ad esigenze che imbarazzino il Governo, e persino ad immeritati sospetti di favore, per cui, come pur troppo sovente avviene in simili casi, malgrado il buon volere e la fermezza del ministro, la eccezione debba forzatamente divenire la regola generale.

Infine la facoltà di concedere in alcuni luoghi spese di rappresentanza può avere gli stessi inconvenienti, e' quello inoltre che fu già opportunamente rilevato altrove, distruggere in fatto quella parità di trattamento che si desidera tra i funzionari di uguali attribuzioni.

70 - DOCUMENTI PARLAMENTARI

Ma a vincere le esitanze che le premesse osservazioni generavano nell'animo dei commissari sorgeva il riflesso che trattasi di provvedimenti affatto provvisorii, dei quali certamente il Ministero userà colla massima riserva e nei soli casi d'incontestabile necessità per gl'interessi del servizio; che questo arbitrio ministeriale è temperato colla limitazione della somma la quale col § 5 del progetto del Governo viene autorizzato stanziare nel bilancio del corrente esercizio per sopperire a quelle indennità e spese di rappresentanza; che infine, ore sussistessero ancora questi provvedimenti provvisorii quando verrà discusso e votalo il bilancio del prossimo esercizio, la questione potrà essere di nuovo esaminata e potrà, ore ne fosse il caso, ridursi o sopprimersi affatto detto stanziamento.

Favorevole l'ufficio centrale a tutto ciò che può condurre al maggior discentramento che sia ragionevolmente e praticamente possibile, non poteva non esserlo al § 4 del progetto, per cui il ministro dell'interno chiede di essere autorizzato a delegare indistintamente a tutti i capi di provincia una parte delle proprie attribuzioni.

L'attuazione di questa facoltà fatta con sano discernimento, di che punto non si dubita, nel mentre che avrà per effetto la più pronta spedizione degli affari, sarà un avviamento alla discentralizzazione ed un utile esperimento che potrà giovare pei relativi ordinamenti definitivi nelle nuove leggi organiche.

Nel progetto in discorso sono soltanto escluse dalla facoltà di delegarle ai capi di provincia quelle attribuzioni per le quali sia richiesto un decreto reale, ma è per sé manifesto e riconosciuto dal ministro stesso nelle spiegazioni date all'ufficio centrale, che non potrebbero neppure essere delegate ai capi di provincia quegli affari, i quali, o perché la legge richiede il previo parere di alcuno dei gran capi consultivi dello Stato o per altri speciali motivi dovessero tuttavia essere recati alla capitale; imperocché quanto a questi affari la loro delegazione sarebbe incongrua e contraria alla scopo cui mira appunto il progetto di legge.

Niun dubbio sorse da ultimo quanto alla pubblicazione ed attuazione nell'Emilia e nelle Marche delle leggi enunciate nei paragrafi 5 e 6 concernenti le opere pie e la sanità, i quali interessantissimi rami di servizio essendo in quelle provincie regolati in vari modi, nessuno di questi in armonia colle norme di amministrazione comunale e provinciale già ivi attuate, importa di far cessare le dissonanze ed i dubbi che rendono oltremodo difficile e gravemente pregiudicano il servizio in una materia di sì vitale e supremo interesse. Né potrebbe meglio conseguirsi questo scopo che col pubblicare nelle stesse provincie le leggi le quali con buon successo già regolano quei medesimi servizi nelle antiche provincie del regno, e che pertanto saranno presumibilmente soggette a minori cambiamenti nel riordinamento generale, che occorresse farsi anche di quelli stessi rami di servizio.

Laonde l'ufficio centrale vi propone, o signori, di approvare senza modificazione alcuna il progetto di legge che vi è sottomesso.

Intestazione degli atti del Governo.

Progetto di legge presentato al Senato

il 18 marzo 1861 dal ministro di grazia e giustizia (Cassinis).

Signori! — Vittorio Emanuele II ha assunto il titolo di Re d'Italia, allestendo cosi in faccia al mondo la ricomposta unità nazionale, sospiro di tanti secoli, frullo di tanti magnanimi sforzi e sacrifizi.

La legge che ha consacrato questo grande fatto già fu salutata dagli applausi concordi di tutti gli Italiani, i quali riconoscono in essa la guarentigia di riconquistati diritti, e l'arra delle maggiori speranze.

Rimane ora che il Governo del Re soddisfaccia agl'impegni assunti primamente da me, quando fu in quest'aula discussa l'anzidetta legge, e rinnovata dal presidente del Consiglio dinanzi alla Camera elettiva, ed a quella si dia compimento con la proposta di altra legge intesa a porre negli atti pubblici la intitolazione del Re in armonia col nuovo diritto pubblico del regno.

A ciò provvede lo schema di legge che, avutane dal Re la facoltà, ho l'onore di rassegnare alle vostre deliberazioni.

La formula proposta in questo unico articolo intende esprimere nella sua prima parte che la monarchia italiana prende luogo accanto alle altre, vi rivendica gli stessi diritti e proclama al par di loro la propria e indipendente sovranità sua in tutti gli atti dimenanti dalla sua autorità.

È noto infatti come la formola per la,grazia di Dio sia stata introdotta dalle prime origini delle monarchie moderne, ma usata da quei principi soltanto che non sottostavano ad alcun vassallaggio, esercitando un potere non tanto personale quanto sociale. Consacrata dalle tradizioni, essa fu la formola non pure adottata dai più potenti sovrani d'Europa, ma ovunque altresì la potestà sovrana fosse esercitata col concorso della volontà nazionale.

Noi non presumiamo di ripudiare tutta l'eredità del passato, né di separarci dalle consuetudini più generalmente seguile dalle altre genti civili, né disdice il comporci agli esempi di quelle contrade in cui si operarono grandi e durevoli mutamenti, conservale pur tuttavia le traccie delle antiche istituzioni.

Né dall'ammettere tale formola dovrebbe rattenervi, o signori, il pensiero dell'abuso che fatto ne abbia qualche sostenitore delle viete massime del diritto divino; remota essa da queste nella sua genuina espressione, altro senso racchiude vero e profondo, ed è l'augusto concerto della giustizia e della verità riassunte nell'invocazione della Maestà divina, che s'imprime con questa semplice formola negli alti solenni della vita pubblica e civile.

Con la seconda parte della proposta formola si divisò di esprimere il principio giuridico della monarchia italiana, il quale è e non può essere altro che la volontà nazionale.

Questo principio ottenne la sanzione più splendida nelle votazioni che si avvicendarono sui varii punii della Penisola, esso è invisceralo nei sentimenti reciproci che tra di loro congiungono il Principe e la Nazione, e tenuto in tal guisa ognora presente alla nazione ed al Re, rimarrà segno dell'unione indissolubile che ne accomuna i diritti, i doveri e le sorti.

Voi troverete, o signori, nella vostra devozione al Re ed alla patria, nei vostri italiani sensi, il più vivo impulso ad accogliere favorevolmente questa proposta di legge.

71 - SESSIONE DEL 1861


PROGETTO DI LEGGE.

Articolo unico. Gli atti del Governo ed ogni altro atto che debba essere

intitolato in nome del Re sarà intestato colla formola seguente:

VITTORIO EMANUELE II

per grazia di Dio e per volontà della nazione

Re D'Italia.

Intestazione degli atti del Governo.

Relazione fatta al Senato il 10 marzo 1861 dall'ufficio centrale composto dei senatori PLEZZA, GIULINI, MARZUCCHI, DI POLLONE, e MATTEUCCI, relatore.

Signori! — II primo pensiero della legge, di cui il signor ministro di grazia e giustizia presentava il progetto al Senato nella tornata del 18 marzo 1861, nasceva nel seno dell'ufficio centrale da voi incaricato di riferire sulla legge, per cui S. M. il Re Vittorio Emanuele li ha assunto il titolo di Re d'Italia.

Fu creduto in quella occasione che un disegno speciale di legge intesa a porre la intitolazione dogli atti pubblici in armonia col nuovo diritto pubblico del regno sarebbe stato più conveniente di quello che aggiungere un secondo articolo che avrebbe diminuita in qualche modo la semplicità di quella prima legge, e non lasciato dominare interamente il grande fatto che essa esprime.

Il Governo assunse perciò dinanzi al Parlamento l'impegno di dar compimento alla prima legge con quel progetto speciale che ora è sottoposto alla vostra sanzione.

In tutti i tempi e in tutti i grandi stati, l'intitolazione delle leggi e degli atti del Governo consiste in una formola, la quale riassume il principio della sovranità da cui quelle leggi e quegli atti emanano, e che è una specie di sanzione morale, che secondo le varie forme politiche degli Stati, secondo le origini diverse dei principali, è premessa per ricordare la sorgente legittima del potere legislativo e sovrano.

Naturalmente la formola per tu grazia di Dio è la prima che s'incontra risalendo colla storia alle origini delle più grandi monarchie moderne, costituite in una propria e assoluta autonomia. In Dio vi è il principio e la ragione di ogni autorità sopra questa terra e quella autorità umana che da Dio potesse dirsi derivata, sarebbe necessariamente buona, giusta, perfetta, e porterebbe quindi in sé il carattere assoluto della legittimità ed il pieno diritto ad essere obbedita.

Pur troppo con quella formola s'intitolarono i principi e i governi i più assoluti e i più contrari al bene dei loro popoli. Sicché venne il giorno in cui pel progresso della civiltà e della ragione fu dimostrato che la grazia di Dio, come fonte di bontà e di giustizia, non poteva umanamente riconoscersi se non in quei principi e in quei Governi dei quali la sovranità era stata esplicitamente o tacitamente fondata e accettala per volontà di popolo.

Le due parti della formola che le monarchie popolari moderne banno assunto si completano dunque necessariamente l'una con l'altra; un principe che regna per volontà della nazione, regna perciò anche per grazia di Dio, imperocché la scelta libera di un popolo non può cadere che sopra un principe il quale raccolga in sé stesso, e nella famiglia da cui ha origine, quella maggior somma di virtù che della grazia di Dio lo fanno degno, né la sua sovranità potrebbe a lungo conservarsi se per grazia di Dio non gli fosse pure egualmente conservato il possesso delle virtù con cui benefica il suo popolo.

Il principio giuridico, chiaro, palpabile della monarchia italiana è la volontà nazionale, cioè il voto unanime di tutte le popolazioni della Penisola ripetutamente espresso e consacrato da quei tanti segni ed atti che collegano indissolubilmente un popolo ad un principe, una nazione ad una dinastia.

Tutta la storia degli illustri antenati del nostro Re è la storia di un principato civile, sempre intento a perfezionare gli ordini pubblici e le patrie istituzioni; in tutte le vicende nelle quali la monarchia sabauda è venuta dilatando via via i suoi possessi in Italia non si ha a deplorare una sola sommossa popolare, e ben si vede che i popoli a lei soggetti ne accolsero sempre con gratitudine il dominio, perché dominio dolce, benefico, glorioso nelle armi, geloso custode della nazionale indipendenza. Iddio adunque secondò le sorti di questa dinastia, quelle sorti che la libera volontà del popolo italiano strinse oramai inseparabilmente con quelle della nazione.

La formola d'intitolazione di tutti gli atti quale è espressa nel progetto di legge comprende perciò il concetto della giustizia e della verità nell'invocazione della grazia di Dio, invocazione che ben s'addice ad un principe sempre benefico per i suoi popoli, e ora regnante sovra una nazione che lo ha acclamalo per suo liberatore; essa afferma nel tempo stesso il fatto solenne ed il principio giuridico della nostra monarchia nazionale. Questa formola, lo ripeterò anche una volta, sta a significare che il principato sabaudo si è trasformato in una monarchia nazionale per allo spontaneo della sovranità popolare, allo manifestamente coadiuvalo dalla divina Provvidenza.

Corrispondendo veramente al concetto prevalente nella niente di tutti, ed essendo la più rigorosa espressione del gran fatto che oggi si compie in Italia, non poteva quella formula ricusarsi, perché notata d'imitazione.

Avvertirò finalmente, come è già scritto nella relazione ministeriale, che l'invocazione della grazia di Dio nella formola d'intitolazione degli atti governativi non vuoi essere confusa con quella del cosi dello diritto divino.

La coscienza del genere umano e la morale evangelica non hanno mai consentilo che vi potessero essere su questa terra uomini nati solamente per comandare ed altri per ciecamente obbedire, né fu mai trovato conforme alla ragione che Dio avesse imposto direttamente, fuori della famiglia, soggezione d'uomo ad uomo. Perciò l'uguaglianza politica e civile degli uomini, scritta oggi in tutte le leggi, fu proclamata come una delle più grandi conquiste della civiltà moderna. La Chiesa, che non fallì al suo ministero di carità e di pace se non quando fu travagliata dalle ambizioni e dalle lolle inseparabili da una meschina sovranità temporali;, si alzò più volle in difesa delle franchigie popolari per riprovare le violenze e gli arbitrii del potere assoluto.

Il vostro ufficio centrale, ravvisando nella formola propostavi dal ministro per l'intitolazione degli alti del Governo l'espressione più esalta dei principii su cui si fonda la nostra monarchia nazionale, ve ne propone perciò l'adozione, salvo alcune piccole variazioni di dicitura e trasposizioni di parole intente, esso spera, ad accrescere la chiarezza e la semplicità della legge stessa.

72 - DOCUMENTI PARLAMENTARI

PROGETTO DI LEGGE.

Articolo unico. Tutti gli atti che debbono essere intitolati

in nome del Re lo saranno colla formola seguente:

(Il nome del Re)

Per grazia di Dio e per volontà della nazione Re D'Italia.

Intestazione degli atti del Governo.

Relazione del ministro di grazia e giustizia (Cassinis) 28 marzo 1861, con cui presenta alla Camera il progetto di legge approvato dal Senato nella seduta del 2 stesso mese.

Signori! — La legge, in virtù della quale Vittorio Emanuele II ha assunto, per unanime voto del Parlamento, il titolo di Re d'Italia, gettò le basi di un nuovo diritto pubblico, affermando costituita Punita della Nazione e dichiarando trasformalo l'antico regno dell'illustre Casa di Savoia nella Monarchia Italiana.

Il concorde plauso degl'Italiani la salutò, siccome solenne consecrazione del mirabile nostro risorgimento, siccome guarentigia di riconquistali diritti, siccome arra di supreme speranze.

Era di quella legge giusta e natural conseguenza altra legge, la quale prescrivendo la formola da osservarsi nell'intitolazione degli atti, che dimanano dalla sovrana autorità, la ponesse in armonia col nuovo diritto pubblico della nazione.

Soddisfacendo alla promessa ch'io ne avea fatta al Senato, quando vi fu la mentovata legge discussa, e che il presidente del Consiglio rinnovava dinanzi a voi, io era sollecito di presentare a quel ramo del Parlamento il disegno di legge che vi veniva, Iranne alcuni mutamenti di forma, con suffragio unanime adottato.

Questo disegno medesimo oggi ho l'onore di sottoporre alla deliberazione vostra, accennandovi rapidamente i motivi della formola contenuta in esso.

Componsi questa di due parti: per grazia di Dio, per volontà della nazione.

Le prime parole nel loro senso naturale suonano come un omaggio a Dio, fonte suprema d'ogni verità e giustizia, e storicamente riproducono la formola, con cui da' più remoti tempi le monarchie civili, non escluse quelle di poi, in cui il potere sovrano è esercitato col concorso del popolo, attestarono in faccia al mondo la loro indipendenza da ogni esterna signoria, talché da nessun altro, tranne dal Supremo Autore di tutte le create cose ripetessero il loro diritto.

Consecrata perciò da generose origini e non meno presso noi che presso molte nazioni da secolare possesso, ella vi doveva essere conservala.

Così essa rannoda il nuovo ordine di cose alle tradizioni dell'Angusta Dinastia che accomunò le proprie sorti alle sorti d'Italia; per essa la Monarchia Italiana prende luogo accanto alle altre, vi rivendica gli stessi diritti e proclama al par di loro l'indipendente sovranità sua in tutti gli alti dimananti dalla propria autorità.

La seconda parte della formola accenna al voto concorde, con cui gli Italiani espressero il fermo proposito di stringersi a Vittorio Emanuele II ed alla sua Stirpe, ponendo cosi la volontà nazionale a fondamento giuridico della Monarchia Italiana.

Per si Ha tir considerazioni, io mi confido che la proposta legge, espressione solenne dei ricordali principii ed iniziamento ad un tempo d'un'era novella, avrà favorevole il suffragio vostro.

Intestazione degli atti del Governo.

Relazione fatta alla Camera l'11 aprile 1861 dada Commissione composta dei deputati BOCCIO, DE BLASIIS, MARESCA, DEVINCENZI, PIRIA, CASTAGNOLA, TOMMASI, BALDACCHINI, e CONFORTI, relatore.

Signori! — Allorché il ministro di giustizia, nella tornata del 18 marzo, presentava al Senato il progetto di legge, per cui Vittorio Emanuele II assumeva il titolo di Re d'Italia, prometteva un altro progetto riguardante l'intestazione degli atti che emanano dalla sovrana autorità. Questo secondo progetto, che è il compimento del primo, venne presentalo al Senato nei seguenti termini:

«Articolo unico. Gli atti del Governo ed ogni altro allo, che debbe essere intitolato in nome del Re, sarà intestato con la formola seguente:

VITTORIO EMANUELE II

Per grazia di Dio e per volontà della nazione

Re d'Italia.

L'ufficio centrale del Senato sostituì al progetto di legge presentalo dal Ministero il progetto seguente:

Articolo unico. Tutti gli atti, che debbono essere intitolati in nome del Re, lo saranno con la formola seguente:

(Il nome del Re) Per grazia di Dio e per volontà della nazione

Re d'Italia.

Nella tornata del 25 marzo, il ministro accettava, ed il Senato approvava il progetto di legge così modificato, quasi all'unanimità, non essendovi stato che un solo voto contrario.

Ora questo progetto di legge viene dal Governo presentalo all'approvazione della Camera.

De' nove offici, ne' quali il progetto di legge venne discusso, sei l'approvarono nella sua integrità.

Il III ufficio sostituiva alla formola:

Per grazia di Dio e per volontà della nazione

la formola:

Per volontà di Dio e della nazione.

Il VII ufficio proponeva la formola seguente:

VITTORIO EMANUELE II

per volontà della Nazione primo Re d'Italia.

L'ufficio VIII non ottenne la maggioranza, né per l'approvazione della formola proposta dal Ministero, né per altra formola proposta da' suoi membri.

Signori! — Vittorio Emanuele, prima di essere Re eletto dagl'Italiani, era Re storico di questa estrema parte d'Italia Senza il Re Subalpino, ora l'Italia non sarebbe, e sa il Cielo per quanto altro tempo ancora verrebbe contristata dalla tirannide forestiera e paesana.

Vittorio Emanuele II, Re d'Italia, è una sintesi storica; è il Re che si ritira vinto, ma non domo, da una lotta ineguale; è il Re che oppone al diritto della forza la forza del diritto; è il Re, che in tempi pericolosi e sinistri, non potendo combattere lo straniero con la forza materiale, lo combatte, lo indebolisce e lo prostra con le armi formidabili della libertà, della costanza e della fede; è il Re che tien saldo il vessillo nazionale a fronte del nemico armato e minaccioso alle porte;

73 - SESSIONE DEL 1861

è il Re che mantiene inviolate le conquiste del 1848, che poi dovevano trasformarsi in conquiste d'indipendenza e di nazionalità; è infine il primo soldato dell'indipendenza italiana, il quale vendica la sconfitta di Novara nei campi gloriosi di Palestro e di San Martino.

Con l'approvazione della prima parte del progetto di legge, il Re continua le tradizioni dell'antichissima ed illustre prosapia da cui discese, e conserva il glorioso suo nome di famiglia.

Signori! — La formola: per la grazia di Dio, è un portato del Cristianesimo. Nei tempi di violenza e dì tenebre, l'uso di essa in testa degli atti sovrani fu un progresso; perocché i conquistatori invocando il nome di Dio ripudiavano la conquista, ossia la forza, come origine e fonte del diritto.

L'uso di questa formola venne ancora adottato presso quelle nazioni, le quali ci precedettero nel conquisto della libertà e dell'indipendenza.

La storia non è un riflesso della volontà e dell'arbitrio dell'uomo, non è una successione fortuita di avvenimenti. La storia considerala ne' suoi periodi è l'opera della Provvidenza, la quale visibilmente si manifesta nel governo generale del mondo.

E questa Italia, per tanti secoli prostrata e divisa, che «i leva e si afferma al cospetto delle attonite nazioni, non è l'opera esclusiva degli uomini. Ad instaurare la primogenita delle genti latine era necessario un concorso di elementi, che pareva impossibile senza la protezione del Cielo. Si richiedeva la volontà incrollabile di un Re leale e guerriero, il valore antico e la concordia nuova degl'Italiani, e, quello ch'è più, gli errori degl'implacabili suoi nemici. La stessa tirannide, che tanto accorò i popoli soggetti, divenne efficace istrumento dell'italiano riscatto.

Sotto il peso di una grave sconfitta, anche gli uomini timorati e religiosi possono per un momento mormorare contro la Provvidenza; ma nell'ebbrezza della vittoria anche gli atei (se vi sono atei nel mondo) mandano un inno alla Divinità.

Ed ora che l'Italia risorge a vita novella, e si asside maestosa nel consesso delle nazioni, vorremmo noi cancellare dall'intestazione degli atti sovrani il nome di Dio?

Non pertanto, se questa formola fosse scompagnata dall'altra: per volontà della nazione, nessuno certamente in questa Camera vorrebbe approvarla.

La formola: per volontà della nazione, esprime il voto unanime degl'Italiani, i quali acclamarono Vittorio Emanuele II loro Re; esprime il vero fondamento del diritto pubblico del nuovo regno; esprime il mirabile rivolgimento, per cui gli Italiani, esautorando la mala signoria, incoronarono colui, il quale comprese che i Re sono fatti pei popoli, e non già i popoli pei Re, e che la sovranità non è un beneficio, ma un dovere.

La vostra Commissione vi propone l'approvazione del progetto di legge.

Esenzione dal pagamento di tasse proporzionali

per la rivocazione di contratti simulatamente

stipulati per motivi politici.

Progetto di legge presentato alla Camera

il 20 marzo 1851 dai ministro delle finanze (Vegezzi).

Signori! —A voi tutti è noto a quali dure prove furono per cagioni politiche sottoposte le nuove provincie annesse, a partire dal 1847. in cui, sotto gli auspizi del magnanimo Re Carlo Alberto, iniziavasi la grande causa dell'italiana indipendenza, sino a questi ultimi tempi. Ella è pur troppo una storia di lunghi sofferti dolori, di cui conserviamo viva memoria.

Molti Italiani di dette provincie, costretti ad emigrare per non fallire ai doveri loro imposti dai professati principii nazionali, al fine di sottrarsi dai sequestri, dalle confische o multe ordinate, o che potevano ordinarsi dai rispettivi Governi, dovettero addivenire alla cessione delle proprie sostanze col mezzo di atti e contraili simulali colla tacila riserva per sé e loro eredi di annullarli giungendo tempi migliori.

Ora che per buona sorte le delle provincie sono reintegrate alla comune patria, essendo cessate le cause degli avvenuti fittizi spostamenti di patrimoni, si fa sentire imperioso negli interessati il bisogno di restituirli allo stato normale, provvedendo alle relative emergenze in modo legale e giuridico col mezzo di nuovi atti che valgano a distruggere gli effetti degli antecedenti.

Questi nuovi atti, siccome racchiudenti un apparente trasferimento di valori, dovrebbero, in forza della legge comune, essere dalla finanza assoggettali alle relative tasse proporzionali e graduali di commisurazione, insinuazione, od altre analoghe, stabilite dalle tariffe rispettivamente in vigore in dette provincie, niun riguardo avuto alla simulazione dei primi contralti, essendoché la tassa colpisce la materiale esistenza della convenzione, fatta ogni astrazione dai motivi per cui viene stipulata.

Il Governo del Re, cui fu rappresentato un tale stato di cose, non ha potuto a meno di riconoscere quanto sarebbe per riescire gravoso ai patrioti italiani, che per devozione alla causa nazionale ebbero già a patire non pochi danni nei loro interessi, dovessero ancora sottostare ad ingenti tasse per poter addivenire allo annullamento delle sovradette simulate convenzioni. E, persuaso il Ministero di avere in colai sentire il concorso unanime del paese, ha perciò preparato uno schema di legge che si onora di sottoporre alla vostra sanzione, col quale verrebbe accordata la esenzione dal pagamento delle tasse contrattuali agli atti di annullamento di dette simulate convenzioni.

Il progetto di legge consta di tre articoli, nella redazione «lei quali il Ministero dovette specialmente avere in mira una formola atta a cautelare la finanza da ogni possibile frode, disponendo in modo che del favore che si vorrebbe accordare ai benemeriti patrioti, i quali sagrificarono i proprii interessi a prò della causa nazionale, non abbiano per avventura ad abusarne speculatori a danno del pubblico erario.

In tale ordine d'idee, col i° articolo del progetto si accorda la esenzione della tassa proporzionale ai soli contraili che per cagioni politiche furono simulatamente stipulali da nazionali delle nuove provincie, onde sottrarsi al pericolo di sequestri, a partire dal 1° gennaio 1847 sino all'epoca in cui subentrando nei cessati rispettivi Governi i commissari del Re od i dittatori.

74 - DOCUMENTI PARLAMENTARI

Questa formola esprime il concetto onde la legge è informata, avvegnaché non altri che i patrioti italiani poterono, nell'indicato lasso di tempo, correre pericolo di sequestri per parte dei cessati Governi, e cosi resta escluso dal favore tanto il caso di alto di annullamento di convenzioni realmente fittizie, ma che fossero state stipulate per motivi politici opposti a quello di devozione alla causa della patria indipendenza, quanto il caso di annullamento di reali contrattazioni che si volesse stipulare col beneficio della esenzione della tassa, attribuendovi insussistenti cagioni politiche.

Tenuto poi conto della massima generale, per cui l'atto contrattuale immune da tassa proporzionale va sottoposto ad una tassa fissa per la formalità della registrazione, si propone in detto 1° articolo che gli alti di revoca di cui si tratta, ammessi all'esenzione accordata dalla legge, andranno soggetti alla sola tassa fissa, e siccome questa non potrebbe essere eguale per tutti gli atti, stante le differenti tariffe ancora in vigore nelle diverse provincie, si propone perciò di determinarla nella somma di lire tre.

Trattandosi di applicare una legge di esenzione di tasse in via di favore ad una determinata qualità di convenzioni, è naturale che, esclusa l'ingerenza d'ogni altra autorità giudiziaria od amministrativa, sia riservata al Ministero di finanze la competenza a provvedere sulle relative domande. Ad un tale scopo tende l'articolo 2 del progetto. Una simile misura, necessaria affinché l'amministrazione non abbia poi a trovarsi impegnata in giudiziali discussioni a riguardo di domande immeritevoli del favore, non può indubitatamente tornare a pregiudizio degli aventi diritto alla esenzione, giacché il Governo del Re, convinto dell'equità dell'esenzione, ha preso l'iniziativa della proposta, conseguente a sé stesso, si farà scrupoloso dovere di ammettere all'esenzione ogni domanda che racchiudesse gli estremi dalla legge voluti.

Siccome per l'applicazione dell'esenzione della tassa nel senso sovraindicato occorrono misure d'ordine che non debbono formare oggetto di disposizione legislativa, coll'art. 5 ed ultimo del progetto viene stabilito che con un regolamento approvato per decreto reale saranno fissati i termini perentorii ed i modi nei quali dovrà applicarsi l'esenzione medesima.

Sebbene il presente progetto di legge abbia a privare le finanze di non {spregevole introito, nondimeno,inconsiderazione dei motivi d'equità che indussero il Ministero a proporlo, io spero che vorrete, o signori, accordargli la vostra approvazione ed ammetterlo alla vostra sollecita disamina.

PROGETTO DI LEGGE.

Art. 1. Gli atti e contraili che i nazionali delle nuove provincie annesse, per sottrarsi al pericolo di sequestro, confisca o multa per motivi politici, avessero simulatamente stipulali dal 1° gennaio 1847 sino all'epoca in cui nei cessati rispettivi governi subentrarono i commissari del Re od i dittatori, potranno essere dalle parti contraenti o dai loro eredi annullati in forza di nuovi atti, senza pagamento di tasse proporzionali o graduali di commisurazione, d'insinuazione di registro od altra analoga, e saranno soltanto soggetti alla tassa fissa di lire tre.

Art. 2. Coloro che vorranno godere della esenzione accordata coll'articolo precedente dovranno riportare un decreto di ammessione del Ministero delle finanze, ai quale è riservata esclusivamente l'autorità di pronunciare sulle relative domande.

Art. 3. Un regolamento approvalo per decreto reale stabilirà i termini perentorii ed i modi nei quali dovrà applicarsi la esenzione accordata colla presente legge.

Esenzione dal pagamento di lasse proporzionali

per la rivocazione di contratti simulatamente

stipulati per motivi politici.

Relazione fatta alla Camera il 9 aprile 1861 dalla Commissione composta dei deputali MASSARI, ZANARDELLI, FABRIZJ, MACCHI, PIROLI, FIORUZZI, DE BLASIIS, CORLEO, e DEL RE ISIDORO, relatore.

Signori! — Facile e breve è il compito assegnato alla Commissione incaricata di riferire l'avviso dei vari uffici della Camera su questo schema di legge.

La massima sancita nell'articolo primo incontrò, né poteva essere altrimenti, il plauso di tutti gli uffici. Soltanto come l'articolo parla dei soli nazionali delle nuove provincie annesse, e può pure verificarsi che anche dei nazionali si siano trovali nella posizione che la legge contempla, così la maggioranza della vostra Commissione ha credulo di adottare una formola che possa, occorrendo il caso, abbracciare anche questi ultimi.

Alcuni dei commissari avevano inoltre proposto che a questo primo articolo si facesse un'aggiunta intesa ad attribuire il benefizio della esenzione anche a coloro che, avendo posti in essere alti o contraili simulali nel tempi» e per le cause nel progetto di legge indicali, ne avessero già effettuata la revoca. Ai quali per conseguenza si sarebbe oggi dovuto accordare il diritto di recuperare dalla finanza le tasse proporzionali pagale all'occasione della revoca stessa.

E fuvvi di più chi manifestò il desiderio che si riconoscesse esisanzionasse generalmente il diritto al ricupero anche delle tasse proporzionali pagate all'occasione dei primitivi contraili simulati.

Queste idee però non essendo state accolte dalla maggioranza della Commissione, specialmente per il riflesso che la presente legge none preordinata a riparare danni già patiti, né conviene farle mutar natura, non si fece luogo a proporre in questo senso alcuna aggiunta o variazione al progetto.

Dalla massima, la Commissione passò al modo di applicarla.

Alcuno dei commissari portava opinione che il giudizio sulle domande di esenzione dovesse rimettersi ad altri che al Ministero della finanza. Altri pensava che, rimettendolo pure a quel Ministero, si dovesse avvisare al modo di richiamarsi dalle sue decisioni. Ma la maggioranza opinò che fosse conveniente non iscostarsi in questo dal progetto ministeriale, sembrandole buone, a questo riguardo, le considerazioni contenute nella relazione che lo precede. Peraltro la maggioranza fu d'avviso che il Ministero della finanza non dovesse emettere il suo giudizio se non dopo udilo il parere del Consiglio di Stato, e riformò in questo senso l'articolo 2.

Alcuno dei commissari, pur riconoscendo che si potesse per un decreto reale fissare il modo del procedimento, avrebbe desiderato che i termini per presentare la domanda di esenzione, e per profittarne dopo ottenuta, fossero stabiliti nella legge. Ma, dopoché il ministro della finanza ebbe comunicato alla Commissione il progetto di regolamento che si propone di adottare, e dopoché fu visto che in questo progetto si accordano tre mesi dalla pubblicazione della legge per presentar la domanda, altri tre mesi per giustificarne gli estremi, e altri due mesi finalmente, dopo ottenuto il decreto di ammissione, per {stipular l'atto di revoca, la Commissione si trovò tranquilla nel rilasciare al regolamento la fissazione dei termini, e si limitò a riformare l'articolo 3 dello schema, per modo che contenga in germe l'idea dei tre termini summentovati.

75 - SESSIONE DEL 1861

Il suindicato progetto di regolamento poi piacque alla Commissione anche sotto un altro rapporto, in quanto, cioè, abilita gl'interessati a trattare direttamente con ufficiali pubblici locali, tocche agevola agl'interessati stessi l'adempimento dei loro incumbenti.

Alla vostra Commissione non resta ora pertanto che a proporvi l'adozione di questo progetto di legge, con le lievi modificazioni ch'essa ha creduto dovervi introdurre.

PROGETTO DI LEGGE.

Art. 1. Gli atti e i contratti che per sottrarre al pericolo di sequestro, confisca o multa per motivi politici, sostanze situale nelle provincie soggette ai cessati Governi, siano stati simulatamente stipulati dal primo gennaio 1847 fino all'epoca in cui a quei Governi subentrarono i commissari del Re o i dittatori, potranno essere dalle parti contraenti o dei loro eredi annullati in forza di nuovi atti, i quali andranno esenti dal pagamento di tasse proporzionali o graduali di commisurazione, di insinuazione, di registro ed altre analoghe, e saranno soltanto soggetti ad una tassa fissa di lire tre.

Art. 2. Per godere di questa estensione è però necessario riportare un decreto di ammessione dal Ministero della finanza, il quale giudicherà sulle relative domande previo il parere del Consiglio di stato.

Art. 3. Cn regolamento approvato per decreto reale stabilirà il modo del procedimento, e i termini perentorii, così per esibire le domande, come per giustificarne gli estremi, come finalmente per profittare del decreto di ammessione quando sia stato ottenuto.

Esenzione dal pagamento di tasse proporzionali

per la rivocazione di contratti simulatamente

stipulati per motivi politici.

Relazione del ministro delle finanze (Bastogi) 20 aprite 1861, con cui presenta al Senato il progetto di legge approvato dalla Camera il 13 stesso mese.

Signori! — Ho l'onore di presentarvi un progetto di legge, testé approvato dalla Camera elettiva, inteso a rendere esenti da tasse proporzionali gli atti di rivocazione di contratti simulatamente stipulati per motivi politici.

Fra le molte avversità politiche dal 1847 in poi incontrate dal paese per giungere al nobile scopo della sua indipendenza vi furono multe, confische, sequestri ordinati dai Governi che esistevano in Italia contro i cittadini propugnatori del patrio riscatto.

Per sottrarsi al pericolo di tali sequestri, non pochi Italiani furono costretti di fare cessione dei loro beni a mezzo di contralti simulati, riservandosi per sé e i loro eredi di annullarli quando cessata fosse la causa.

Giunse il tempo avventuroso nel quale colerò che stipularono simulate cessioni possono rivocarle, ma ne sono trattenuti dalle considerevoli lasse proporzionali o graduali di commisurazione, insinuazione, od altre equivalenti, che dovrebbero pagare secondo le leggi di finanza, perché questi atti racchiudono un apparente trasferimento di valori.

La legge che il Ministero vi propone ha per fine di esonerare questi nuovi atti dalle tasse proporzionali o graduali per assoggettarli ad una semplice tassa fissa.

Si tratta di sancire un provvedimento eccezionale nel quale l'erario pubblico perderà qualche introito: ma le considerazioni di equità e di alta politica che consigliano a proporlo sono abbastanza evidenti senza bisogno di maggiore dimostrazione.

È un atto di giustizia, di cui il paese è in debito verso i generosi patrioti che sagrificarono i loro interessi per la nobile opera della costituzione della nazione, affinché possano rientrare nel possesso dei loro beni senza dover sottostare all'aggravio di ingenti tasse contrattuali.

Convinto della sua giustizia ed opportunità io mi affido, o signori, che la proposta legge otterrà favorevole il vostro voto, come già ottenne quello unanime della Camera elettivi.

Esenzione dal pagamento di tasse proporzionali

per la rivocazione di contratti simulatamente

stipulati per motivi politici.

Relazione fatta al Senato il 13 maggio 1861 dall'ufficio centrate composto dei senatori CIBRARIO, GALVAGNO, GIOVANOLA, DI REVEL, eDEFORESTA, relatore.

Signori! — Troppo lunga e troppo dolorosa sarebbe l'enumerazione dei mezzi coercitivi, coi quali da lunga pezza tentavasi nella maggior parte della nostra Penisola di comprimere il sentimento nazionale e le aspirazioni alla libertà ed alla indipendenza.

Tra questi mezzi, non ultimi né i meno frequenti erano le confische, i sequestri e le umile, con cui, quando non potevasi porre la mano sulle persone, si faceva a spogliarle delle loro sostanze, col doppio scopo dì colpire indirettamente gli individui e di togliere loro i mezzi per giovare alla causa nazionale.

Ne avvenne per ciò che molli patrioti italiani, costretti ad esulare, o temendo improvvise carcerazioni e condanne, cercarono per tempo di porre in salvo i loro beni per mezzo di simulate alienazioni a parenti o ad amici di provata fede e di intemerata onestà.

Dolorosa condizione dei tempi, la quale obbligava gli onesti cittadini a reagire contro ingiuste persecuzioni con alti, i quali per loro natura offendono sempre il senso morale, come tutto ciò che ha per oggetto di eludere l'azione della legge e della giustizia, e che pertanto solo potevano essere giustificali dalle supreme necessità della patria.

Cessate le cause che avevano dato luogo a questi contratti simulati, era naturale che coloro che eransi trovati nella dura necessità di farli si affrettassero ad annullarli ed a ripigliare essi il legale dominio dei loro beni. La qual cosa, mentre provvedeva al privato loro interesse, serviva eziandio a persuadere le popolazioni che i tempi anormali essendo cessali, al timore ed alle finzioni succeder debbono la tranquillità, l'ordine e la fiducia.

Venne però rappresentato al Governo del Re che in alcune provincie parecchi di quegli atti simulati, di non tenue importanza, sussistano ancora, non perché coloro che prestarono il loro nome per la simulazione si rifiutino di consentirne lo annullamento, ma perché gli agenti delle finanze attenendosi, come è loro dovere, alle strette disposizioni della legge, vogliano percepire per questi annullamenti le tasse proporzionali o graduali di registro ed altre analoghe pel trapasso delle proprietà, e perché torna troppo grave agli apparenti venditori di aggiungere questo nuovo sacrifizio ai tanti disagi già sopportati per la causa comune della libertà e dell'indipendenza nazionale, e vi si rassegnano perciò a mala pena.

76 - DOCUMENTI PARLAMENTARI

Il Governo non poteva da una parte disconoscere l'equità e la giustizia di questa considerazione, e dall'altra non riconoscere la convenienza di favorire, per quanto possibile, lo annullamento di questi atti simulati, poiché importa anche all'interesse pubblico che le proprietà sieno libere da vincoli occulti, e che sempre pronto e sicuro ne sia il trapasso da un cittadino all'altro.

Ma, siccome l'obbligo del pagamento delle dette tasse è stabilito nelle leggi relative, perciò il signor ministro della finanza, per un rigoroso rispetto alla legalità che Io onora, non ha creduto di poter altrimenti raggiungere il doppio scopo di far interamente scomparire quella traccia de' passati tempi luttuosi, e di non obbligare coloro che maggiormente ne furono vittima ad aggiungere ancora in oggi nuovi sacrifici; per la stessa causa, salvo con proporre al Parlamento un'apposita legge che lo autorizzi ad esimere gli atti da farsi per tali annullamenti del pagamento delle tasse proporzionali o graduali cui sono sottoposti i veri trapassi di proprietà.

Un progetto di legge inspirato da siffatti motivi non poteva non essere favorevolmente accolto dal Senato, come già lo fu dalla Camera de' deputati.

Tutti gli uffizi lo hanno diffatti accettato volontieri in massima e nelle essenziali sue disposizioni, e diedero incarico ai loro commissari di proporvene l'approvazione, mediante alcune modificazioni, le quali, senza alterarne la sostanza, ne migliorano la redazione.

L'ufficio centrale pertanto, prendendo a maturo esame i singoli articoli di esso progetto, nolo in quanto al primo:

Che non vi sia ragione alcuna, od almeno ragione sufficiente per limitare gli effetti di questa legge agli atti e contralti simulati seguili dopo il 1847, escludendo in tal modo quelli fatti anteriormente per le stesse cause politiche. Né ha creduto che potessero giustificare questa restrizione i due motivi che si adducevano da uno dei commissari, cioè che non vi sieno stati richiami per atti anteriori alla detta epoca e che non convenga di lasciar adito alle frodi a danno delle finanze. Non il primo, avvegnaché il difetto di richiami relativi ad alti anteriori non esclude affatto che ne esistano, né rimuove pertanto il pericolo che, ove ne fosse alcuno, il Governo dovesse presentar altra legge per lo stesso oggetto; la qual cosa vuoi essere per quanto possibile evitala, ben sapendosi come le frequenti deroghe alla legge, sebbene per giusti motivi, hanno sempre l'inconveniente di scemarne l'autorità e la forza. Non il secondo, poiché se il timore della frode non trattiene il Governo ed il Parlamento dal concedere l'esenzione dalle tasse proporzionali all'annullamento degli atti simulali posteriori al 1847, non si scorge perché tale timore dovrebbe trattenerlo dal concedere lo stesso favore all'annullamento degli atti anteriori alla della epoca. D'altronde la maggioranza dell'ufficio centrale o persuasa che le precauzioni stabilite nel progetto di legge provvedono abbondantemente a che non possa succedere alcuna frode.

Che l'indicazione dell'ultimo termine del periodo nel quale sarebbero ristretti gli effetti della legge potrebbe, massime come è tale indicazione concepita, dar luogo a qualche dubbio, poiché venne avvertito in alcuni uffizi che nella Lombardia ed in una parte dell'Emilia nel 1848 vi furono già dei commissari del Re che surrogarono i precedenti Governi, e nella Toscana fuvvi nel 1859 per qualche tempo un Governo autonomo che succedette immediatamente al Governo granducale;

che imperlante, onde antivenire alle difficoltà che potrebbero sorgere nell'applicazione della legge, sia miglior partito di prescindere pur anche da questa indicazione, la quale non è d'altronde più necessaria, né più giustificata della prima.

Che Io scopo unico della legge essendo quello di esimere gli alti da farsi per lo annullamento dei contraili simulali per causa politica dal pagamento delle (asse stabilite pel trapasso del dominio, non convenisse usare espressioni le quali cominciano a dichiarare il diritto ad annullare quei contratti e poi proclamano l'esenzione dalla tassa per gli atti che si faranno per tale annullamento; mentre questa prima dichiarazione della legge non è punto necessaria quando vi sia il consenso delle parti, e quando questo manchi, spella non alla legge, ma al potere giudiziario di provvedere, ed oltre a ciò potrebbe cotale dichiarazione dar appiglio a gravi questioni circa l'effetto che lo annullamento dell'alto simulalo aver possa in faccia ai terzi, i quali abbiano frattanto acquistati dei diritti sui beni dell'apparente proprietario; che più sicuro consiglio sia pertanto di usare espressioni, le quali sanciscano unicamente l'esenzione dal pagamento delle tasse.

Che fosse eziandio più conveniente di prescindere dalla specifica menzione delle cose che si vollero porre in salvo cogli atti simulati e dei luoghi in cui possano queste ritrovarsi, sia per non dar luogo ad esclusioni non giuste né volute dalla legge, sia per non correre il rischio di usare vocaboli, i quali, per essere troppo generici, non sieno intieramente appropriati, né esprimano genuinamente il concetto della legge medesima.

Che infine nei termini nei quali è concepito quest'articolo potendo sorgere ragionevole dubbio se, nell'atto stesso in cui si farà l'annullamento dei contratti simulali, le parli potranno fare qualche altra dichiarazione o convenzione senza perdere il favore dell'esenzione dalla lassa quanto all'annullamento dell'atto simulato, è necessario di risolvere fin d'ora siffatto dubbio, onde non sorgano contestazioni nell'esecuzione della legge,

Queste sono le osservazioni che vennero fatte intorno all'articolo primo.

Quanto poi all'articolo secondo, si sono anzitutto credute necessarie alcune modificazioni nella redazione, le quali risultano e sono abbastanza spiegate dal confronto del testo dell'articolo del progetto del Ministero con quello dello stesso articolo del progetto dell'ufficio centrale. Si è quindi lungamente discusso se il termine entro di cui le domande per l'esenzione dovranno essere presentate al Ministero delle finanze e quello nel quale l'atto dovrà poi essere stipulato dopo l'emanazione del decreto di ammessione si dovessero stabilire nella legge, o se la prefissione di tali termini si potesse lasciare al regolamento da farsi in conformità dell'articolo 5; e l'ufficio centrale fu d'avviso che gli accennati termini debbano essere dichiarati nella legge, non tanto perché facendo essi parte sostanziale del diritto spetta alla legge di determinarli, quanto perché importando alla cosa pubblica che questi atti simulati vengano il più sollecitamente possibile tolti di mezzo, sia utile di liberare il Governo da non improbabili domande di proroghe e di restituzioni in tempo.

I termini poi Che l'ufficio centrale vi propone di stabilire Sodo quelli stessi che gli consta che il Ministero era nell'intenzione di prefiggere col regolamento.

Quest'ultima modificazione specialmente rese necessario di emendare eziandio ed in modo analogo l'articolo 5.

77 - SESSIONE DEL 1861

Laonde l'ufficio centrale vi propone, o signori, l'approvazione del presente progetto di legge con le modificazioni che vi ha introdotto in conformità delle sovra riferite osservazioni, alle quali modificazioni hanno aderito il signor ministro delle finanze e quello della giustizia, dei quali si è avuto il cortese intervento alle sedate dell'ufficio medesimo.

PROGETTO DI LEGGE.

Art. i. L'annullamento degli alti e contratti simulati fatti per timore di sequestro, confisca o multa per motivi politici sarà esente dal pagamento di qualunque tassa proporzionale o graduale di commisurazione, di insinuazione, di registro ed altre analoghe.

Gli atti che si faranno per tale annullamento non andranno soggetti che ad una tassa fissa di lire 3: qualora nei medesimi atti si facessero altre stipulazioni, per queste si paghe ranno le tasse stabilite dalle leggi vigenti.

Ari 2. Per godere dell'esenzione accordata coll'articolo precedente, sarà necessario un decreto di ammessione del ministro delle finanze, il quale provvederà sulle relative domande, previo il parere del Consiglio di Stato.

Art. 5. Le domande per la suddetta esenzione dovranno essere presentate nel termine di tre mesi a far tempo dalla pubblicazione della presente legge, e l'atto di annullamento dovrà essere fatto fra due mesi a datare dalla notificazione del decreto d'ammessione.

Un regolamento approvato per decreto reale stabilirà nel resto le norme da osservarsi per l'esecuzione della legge.

Esenzione dal pagamento di tasse proporzionali

per la rivocazione di contratti simulatamente

stipulati per motivi politici.

Relazione del ministro delle finanze (Bastogi) 1 giugno 1861, con cui ripresenta alla Camera il progetto di legge modificato dal Senato nella tornata del 17 maggio.

Signori!— II progetto di legge per esimere dal pagamento di tasse proporzionali di mutazione di dominio gli atti a farsi per lo annullamento di contratti simulati per causa politica che io ebbi l'onore di proporvi nella tornata del 20 marzo ultimo scorso, ed al quale voi avete accordato la quasi unanime vostra approvazione nell'adunanza del 13 aprile prossimo passato, venne, in massima, e nelle sue essenziali disposizioni, accolto con ugual favore dal Senato del regno che lo approvò nella sua seduta del 16 corrente mese con alcune modificazioni.

Per non dar luogo ad esclusioni non giuste e non conformi allo spirito della legge il Senato avvisò di togliere dall'articolo 1° del progetto del Ministero le espressioni intese principalmente a limitare il periodo di tempo entro il quale dovettero essere stipulati i contratti simulati per causa politica, affinché gli atti del loro annullamento possano godere della esenzione della tassa.

La legge di cui si tratta non dovendo in nessun modo preoccuparsi dei rapporti giuridici tra le parti contraenti, vennero dallo stesso articolo 1° del progetto eliminate quelle espressioni che potevano alludere piuttosto al diritto di annullare i contratti simulati, anziché alla esenzione della tassa per gli alti di annullamento, ciò che forma l'unico scopo della legge.

Per contro, nel capoverso dello stesso articolo 1° si è più esplicitamente espresso il concetto onde è informata la legge, che, cioè, la esenzione della tassa è ristretta al puro e semplice annullamento del contrailo simulato, talché, se nell'alto di umiliamento le parti facessero altre convenzioni, per queste dovranno pagare le tasse stabilite dalle vigenti leggi.

Una leggera modificazione venne anche falla nella compilazione dell'articolo 2 del progetto del Ministero, che non ne varia per nulla il concetto, e nel 3° ed ultimo articolo fu reputalo conveniente di dichiarare i termini perentorii, entro i quali debba essere presentata la domanda per l'ammissione all'esenzione della tassa e stipulato l'atto di annullamento ammesso all'esenzione.

Tali termini sono pure quelli che col suo progetto il Ministero proponeva di stabilire col mezzo del regolamento da approvarsi con decreto reale, ed essendo ora fissati nella legge, si provvederà col regolamento per stabilire le altre norme per la esecuzione della medesima.

Queste sono le modificazioni state dall'uffizio centrale del Senato del regno introdotte nel progetto di legge, ed alle quali il Ministero ha aderito, comechè dirette a togliere qualche possibile difficoltà nell'applicazione pratica della legge senza punto alterarne la sostanza.

Signori, compio ora al dover mio di presentarvi di nuovo il progetto di legge quale venne adottato dall'altra parte del Parlamento, e vi prego di volergli accordare la vostra approvazione nello scopo eminentemente giusto e politico a cui è diretto.

Esenzione dal pagamento di tasse proporzionali

per la rivocazione di contratti simulatamente

stipulati per motivi politici.

Relazione falla alla Camera il 1 giugno 1861 dalla Commissione composta dei deputati MASSARI, FABRIZJ, PIROLI, ZANARDELLI, MACCHI, DEL RE ISIDORO, CORLEO e DEBLASIIS, Relatore.

Signori! —Posto a confronto il progetto di legge sulla esenzione di tasse proporzionali per la revocazione di contratti simulali per cause politiche, già approvato dalla Camera dei deputati nella tornata del 18 aprile prossimo scorso, con quello votato in seguito dal Senato del regno nell'adunanza del 17 maggio ultimo, è facile il riconoscere che le modificazioni introdottevi da questo secondo Corpo legislativo, per virtù delle quali ha avuto luogo il rinvio del progetto alla nostra Camera, cadono piuttosto sulla forma estrinseca che non sull'intima sostanza della legge, il di cui concetto fondamentale rimane inalterato ed intatto.

Infatti la Camera dei deputati quando si fece a precisare nel primo articolo la località delle sostanze per le quali potea essersi verificata la necessità di ricorrere ad atti simulati per sottrarle a sequestro, confisca o multa, e quando limitò fra il 1° gennaio 1847 e l'effettiva caduta de' Governi antinazionali la probabile data di tali atti, non fu mossa al certo da deciso pensiero di restringere in alcun modo il beneficio della legge, ma piuttosto dal perché pareva che nel l'indicato tempo appunto, e per le sostanze esistenti sotto la giurisdizione degli ora decaduti Governi, potesse ritenersi come probabile la celebrazione di tali atti simulati. Se dunque il Senato ha creduto di sopprimere queste indicazioni come restrittive, la Commissione non crede che la Camera debba rifiutarsi a seguirlo in questa via più benevola e più larga.

78 - DOCUMENTI PARLAMENTARI

Quanto alla spiegazione che il Senato ha introdotta nel capoverso dell'articolo stesso, in cui è detto che, qualora negli atti per lo annullamento di contratti simulati venissero ad introdursi e cumularsi altre stipulazioni, per queste non dovesse darsi luogo alla stessa esenzione da tasse, la riserva è tanto ragionevole e regolare, che ben si polca forse ritenere superfluo l'esprimerla nella legge; ma, una volta che si è creduto utile l'esprimerla, non si può respingere al certo.

Le modificazioni all’articolo 2 cadono evidentemente su semplici parole e sul giro della frase; quindi possono accettarsi senza difficoltà.

Finalmente nell'articolo 5 è piaciuto al Senato introdurre nel testo della legge l'indicazione di alcuni termini, la di cui fissazione anche dalla nostra Camera si era ritenuta necessaria; ma si era creduto che meglio potesse trovar luogo nella parte regolamentare della legge che si era riserbala al Potere esecutivo. La Commissione perciò, trovando stabiliti tali termini dal Senato stesso, appunto nel modo che si era desiderato, non crede che debba mancare l'assentimento della nostra Camera anche a questa ultima modificazione. Conchiude pertanto unanimemente la Commissione per l'accettazione del progetto di legge, quale è stato modificato dalla Camera dei senatori.

Proroga dell'esercizio provvisorio dei bilanci dello Stato

per il secondo trimestre del 1861.

Progetto di legge presentato alla Camera il 20 marzo 1861 dal ministro delle finanze (Vegezzi).

Signori!—'Allorché sui primi dello scorso ottobre il Ministero si faceva a chiedere dall'autorità del Parlamento la interinale facoltà di riscuotere le entrate e pagare le spese dello Stato nel primo trimestre del corrente anno, non disperavate, mercé gli studi alacremente condotti nei propri uffizi e le indagini attivate nelle esterne amministrazioni, la compilazione del nuovo bilancio preventivo sarebbe portata a termine sul finire dello stesso anno 1860, per modo che, distribuitene le stampe all'apertura della Sessione legislativa, le Camere, con perfetta cognizione dello stato delle proposte aderenti la nuova gestione finanziaria, ne avrebbero poi prorogato l'esercizio provvisorio per quel tempo che sarebbe da esse reputato necessario alla definitiva approvazione dello stato medesimo.

Ma la difficoltà di rintracciare e porre in assetto uniforme i disparati elementi che per la prima volta venivano a fondersi in una sola massa desiderabilmente omogenea, andò via via appalesandosi maggiore collo stringere delle partite, mentre la successiva aggiunta al regno nazionale di altrettanta parte della famiglia italiana, anche senza pretenderne l'impossibile immediata assimilazione amministrativa, veniva a recare rilevanti mutazioni nell'ordinamento dei servizi generali del nuovo regno; ond'è che la più operosa sollecitudine bastò appena a compiere il bilancio preventivo del corrente esercizio sul finire del primo bimestre.

Non sarà breve lavoro la stampa di tanta mole di cifre, che non si tralascia di affrettare, nel fondato desiderio di potere ancora di questo mese distribuirne le copie al Parlamento.

Intanto però urge che alla scadenza del primo trimestre il potere esecutivo non rimanga spoglialo della autorizzazione necessaria alla gestione delle entrale e delle spese pubbliche, ed essendo presumibile che per i maturi e sapienti studi, onde sarà oggetto il nuovo bilancio negli uffici del Parlamento, l'approvazione definitiva non sarà per conseguirsi prima del prossimo giugno, il proponente ministro, fidente nel giudizio della Camera elettiva, chiede che la ora vigente autorizzazione dell'esercizio provvisorio del bilancio dello Stato venga prorogala per tutto il secondo trimestre.

PROGETTO DI LEGGE.

Articolo unico. La facoltà di riscuotere le entrate, tasse ed imposte d'ogni specie, di smaltire i generi di privativa demaniale e di pagare le spese dello Stato, concessa al Governo del Re colla legge del 31 ottobre 1860, n° (1398, è prorogata a tutto il mese di giugno del corrente anno.

Legge 31 ottobre 1860 (N° 4398).

Art. 1. Il Governo del Re è autorizzato sino a tutto il mese di marzo 1861, nella misura praticata nel corrente esercizio, a riscuotere le entrate, tasse ed imposte d'ogni specie, a smaltire i generi di privativa demaniale secondo le vigenti tariffe, ed a pagare le spese dello Stato ordinarie d'ogni sorta, e le straordinarie che non ammettono dilazioni, comprese quelle da pagarsi a periodi anticipati, o che dipendono da obbligazioni anteriori.

Però la riscossione delle somme dovute allo Stato in compenso delle spese già provinciali sarà operata mediante proporzionato aumento ai tributi diretti.

Art. 2. A partire dal 1° gennaio 1861 rimane abolita la riscossione della sovrimposta prediale del 33 1/3 per cento stabilita colla legge austriaca dell'11 aprile 1951 nelle provincia lombarde.

Art. 3. È falla facoltà al ministro delle finanze di omettere buoni del lesero in anticipazione delle imposte per l'anno 1861 sino alla concorrente di SO milioni, ed alle condizioni prescritte dall'ari. S della legge 31 gennaio 1852.

Ordiniamo che la presente, munita del sigillo dello Stato, sia inserta nella raccolta degli atti del Governo, mandando a chiunque spetti di osservarla e farla osservare come legge dello stato.

Data Torino, addi 31 ottobre 1860.

EUGENIO DI SAVOIA

F. S. Vegezzi.

Proroga dell'esercizio provvisorio dei bilanci dello Stato

per il secondo trimestre del 1861.

Relazione fatta alla Camera il 26 marzo 1861 dalla Commissione composta dei deputati TORRIGIANI, GADDA, RORÀ, NISCHI, SARACCO, ARCONATI, CASTELLANI, CANTELLI, E MOSCA, relatore.

Signori! — La Commissione che voi avete nominata per esaminare il progetto di legge, presentato dal ministro delle finanze, per l'esercizio provvisorio dei bilanci dello Stato nel secondo trimestre dell'anno 1861, si trovò facilmente d'accordo sulla necessità e sull'urgenza di accordargli la nostra approvazione, sairi due lievi emendamenti, di cui si passa a far cenno.

79 - SESSIONE DEL 1861

Trattasi di prorogare la legge 51 ottobre 1860, n° 4398, la quale venne stabilita allorché il regno non erasi ancora accresciuto dell'Umbria, delle Marche e dell'ex-reame delle Due Sicilie. In queste nuove provincie le reggenze provvisorie istituite dal Governo, autorizzandosi all'ari. 83 dello Statuto e alla legge 3 dicembre 1860, non mancarono di fare bensì gli opportuni provvedimenti per l'esazione delle imposte, ma questi provvedimenti, d'indole essenzialmente interinale, non potevano eccedere il tempo nel quale il Parlamento riunito avesse potuto deliberare sulla materia.

Adunque, per rispondere appieno ai bisogni della situazione e alle esigenze costituzionali, la vostra Commissione deliberò proponi di estendere la legge del Zi ottobre 1860 anche alle provincie posteriormente annesse, comprendendo cosi in una sola formula l'universalità dello stato, mediante analogo emendamento all'articolo unico della legge.

La Commissione considerò pure che per l'osservanza della presente legge, la quale deve ancora presentarsi all'altro ramo del Parlamento, nell'imminenza del giorno in cui dev'essere attivata, bisognava necessariamente fare eccezione al disposto nell'ari. della legge 25 giugno 1854; epperò vi provvide mediante altro emendamento in forma di alinea al ricordato articolo della legge.

Favorita la Commissione dal signor ministro delle finanze, col personale suo intervento, a fornirle ogni desiderabile schiarimento che fosse in suo potere di somministrarle, essa poté sdebitarsi del voto espresso dalla quasi unanimità degli uffici, e ne ebbe rassicuranti promesse che al più presto verranno comunicali i bilanci di tutte le varie parti dello Stato, mezzo unico, indeclinabile, perché la rappresentanza nazionale possa esercitare un'azione seria ed efficace sulle finanze dello stato, la quale, mentre è una delle sue più preziose prerogative, ne costituisco al tempo stesso uno dei più sacri doveri.

Da ultimo, come negli uffici, cosi nella Commissione, sorse ardua e scabrosa la discussione intorno al decreto 13 dicembre 1860, con cui il Governo del Re si reputò autorizzato a dare all'alinea dell'articolo 1° della legge 51 ottobre 1860 una tale interpretazione, per cui, costituendo una massa complessiva delle spese ex-provinciali obbligatorie di tutte le provincie dello Stato, questo abbia a rimborsarsene mediante il loro riparto in via di aumento dei tributi diretti di tutto io Stato. Indi venne determinala la misura di questo aumento per le antiche provincie dello Stato, per la Lombardia e per gli ex-ducati di Modena e di Parma in centesimi 19 per ogni lira d'imposta diretta.

La vostra Commissione, ad una maggioranza di 6 voti contro 5, giudicò erronea una tale interpretazione, sia perché la disposizione contenuta nell'alinea dell'articolo 1° della legge 31 ottobre 1860, corrispondendo esattamente all'articolo 241 della legge 23 ottobre 1859, non poteva riferirsi che alle antiche provincie, considerate in rapporto fra di loro, né altro oggetto poteva avere, né ebbe, che di emendare il metodo erroneo applicato alle medesime nel rispettivo bilancio del 1860, con cui il Governo erasi fatto rimborsare, specialmente dalle singole provincie e divisioni; sia perché poteva tanto meno intendersi diversamente a carico di altri ex-Stati, che, o non sopportavano affatto alcun peso speciale di spese provinciali, come il caso per Parma e Modena (dove, inoltre, l'articolo VII della legge 25 ottobre 1889 non era e non è ancora in vigore, giusta la riserva portata dall'articolo 11 del decreto dittatoriale 27 dicembre 1859); o per le quali l'applicazione dell'articolo 241 della legge comunale e provinciale

nel suo vero spirito era già stata fatta per legge, com'è il caso più particolarmente per la Lombardia, giusta la legge del suo speciale bilancio per l'anno 1860; sia, e finalmente, perché la separazione stessa dei bilanci tuttora vigenti, nei rapporti dei diversi ex-Stati tra di loro, non permettendo una soddisfacente perequazione delle imposte principali, può mollo meno consentire, in base a queste udirne, una parziale perequazione delle imposte accessorie, senza ledere quegli ovvii principii di giustizia e quegl'interessi che trovano per ora la loro solo salvaguardia nella separazione dei detti bilanci.

Per questi motivi adunque l'avvertita maggioranza della Commissione l'invita a sancire questi principii, votando il seguente

Ordine del giorno.

La Camera, considerando che la separazione dei bilanci «dei diversi ex-Stati del regno forma la base necessaria e «fondamentale della legge 51 ottobre 1860, n 4598, e che l'alinea dell'articolo 1° di essa legge, motivalo dall'errore incorso nel bilancio delle antiche provincie per l'anno «1860, in cui il rimborso delle spese provinciali, passate a «carico dello stato, erasi lasciato a peso delle singole provincie, invece di eseguirsi con aumento sulla totalità dei «rispettivi tributi diretti, non aveva altro scopo che di correggere questo errore e di prevenirlo in qualunque altro ex-Stato, in cui la disposizione dell'articolo 241 della legge 23 ottobre 1859 avesse potuto ricevere applicazione;

«Mentre invita il Ministero a riformare in questi sensi le disposizione date col decreto 12 dicembre 1860, n" 4488, «passa alla votazione della legge.

PROGETTO DI LEGGE.

Articolo unico. La facoltà di riscuotere le entrale, tasse ed imposte d'ogni specie, di smaltire i generi di privativa demaniale e di pagare le spese dello stato, concessa al Governo del Re colla legge 51 ottobre 1860, n 4398, è prorogata a tulio il mese di giugno del corrente anno, ed estesa a tutte le provincie attuali del regno per la pienezza de' suoi effetti.

La presente legge si dichiara esecutoria a datare dal giorno primo aprile 1861.

Proroga dell'esercizio provvisorio dei bilanci dello Stato

per il secondo trimestre del 1861.

Relazione del ministro delle finanze (VEGEZZI) 28 marzo 1861, con cui presenta al Senato il progetto di legge approvato dalla Camera nella tornata dello stesso giorno.

Signori! — Il Ministero lusingavasi di poter prima della fine dell'anno 1860 condurre a termine la compilazione del nuovo bilancio preventivo, e dietro la presentazione di esso alle Camere, riportarne la proroga dell'esercizio provvisorio lino a che gli fosse dala definitiva approvazione.

Non ostante la sollecitudine adoperata per raccogliere i disparati elementi della nuova gestione finanziaria, e fonderli in un solo complesso, il Ministero non riuscì a superare in tempo opportuno le gravi difficoltà che si opponevano all'intento, e le sopravvenute mutazioni di territorio, e le incerte notizie che si avevano intorno alle condizioni amministrative delle provincie di tacente annesse al regno italiano.

Presso al suo termine il primo trimestre del 1861, importava frattanto al potere esecutivo di conseguire dal Parlamento una proroga alla legge 31 ottobre 1860,

80 - DOCUMENTI PARLAMENTARI

affinché, mancando la possibilità, non dirò di approvare, ma benanche di discutere prima del 51 marzo il nuovo bilancio, continuasse però nel Governo la facoltà necessaria per la gestione delle entrate e delle spese pubbliche.

In questo senso venne presentalo alla Camera elettiva nella tornata del 20 marzo ultimo un progetto di legge inteso ad ottenere la proroga dell'esercizio provvisorio dei bilancino a tutto il mese di giugno del corrente anno.

La Commissione nominata nel seno della Camera per l'esame della proposta convenne sulla necessità ed urgenza di darvi la sua approvazione, salvi due lievi emendamenti suggeriti, l'uno dalla convenienza di estendere la legge 31 ottobre 1860 anche nelle provincie annesse posteriormente alla medesima, comprendendo così in una sola formola l'universalità dello Stato; l'altro dalla imminenza del giorno in cui la legge doveva attivarsi, e che rendeva perciò indispensabile un'eccezione al disposto nell'articolo 4 della legge 23 giugno 1854.

Con queste modificazioni consentite dal Ministero venne adottato dalla Camera nella seduta del 28 marzo ultimo lo schema di legge che il referente ha l'onore di sottoporre alle deliberazioni del Senato, facendo istanza perché il medesimo sia esaminato e discusso con quella sollecitudine che l'urgenza delle circostanze non potrebbe maggiormente suggerire.

Proroga dell'esercizio provvisorio dei bilanci dello Stato

per il secondo trimestre del 1861.

Relazione falla al Senato il 2 aprile 1861 dall'ufficio centrate, composto dei senatori GALVAGNO, ARRIVABENE, DI S. MARTINO, CEPPI, e DI REVEL, relatore.

Signori! — L'unanimità colla quale negli uffizi del Senato venne riconosciuta la necessità non che l'urgenza di prorogare sino a tutto il mese di giugno dell'anno corrente la facoltà dell'esercizio provvisorio del bilancio stata conceduta al Governo colla legge del 31 ottobre 1860, estendendone gli effetti a tutte le provincie del regno, dispensa l'ufficio centrale dall'entrare in particolari intorno al voto che esprime perché sia ammesso il relativo schema di legge già adottato dall'altro ramo del Parlamento.

Per quanto infatti sia increscevole la condizione di dovere sancire imposte e spese, senza che siano state in prima convenientemente discusse ed assentite, pure non si può disconoscere che le circostanze affatto eccezionali nelle quali il paese versò a seguito dell'annessione di vaste provincie aventi sistemi ed ordinamenti finanziarii diversi fra di esse, spiegano e giustificano sufficientemente come non siasi prima d'ora potuto allestire e presentare un regolare bilancio e come pertanto sia giocoforza autorizzarne l'esercizio provvisorio.

L'ultimo alinea dell'accennato schema, che dichiara la legge esecutoria a datare dal primo dell'ora corrente aprile, torna opportunissimo per convalidare, ed, occorrendo, sancire le esazioni e le spese operatesi dopo il 31 scorso marzo, termine delle facoltà portate dalla legge anzi della del 31 ottobre scorso.

In qualche uffizio si agitò di volo la quistione che fece oggetto di seria discussione nell'altro ramo del Parlamento: quella cioè concernente la sovrimposta per le spese provinciali nelle provincie della Lombardia e dell'Emilia; però, essendosi osservato che, mercé di un ordine del giorno consentito dal Ministero, siffatta quistione essendo stata riservala per essere discussa in dritto all'occasione dell'esame del bilancio, si stimò che ciò stanle non restasse la medesima pregiudicata.

Riassumendo, l'ufficio centrale propone l'adozione pura e semplice dello schema di legge sottoposto alle deliberazioni del Senato.

Assegnamento vitalizio di lire 10,000 annue

al generale Enrico Cialdini.

Progetto di legge presentato atta Camera il 20 marzo 1861 dal ministro deità guerra (Fanti).

Signori! — La presa di Gaeta, che pose termine alla lotta ond'erano funestale le provincie meridionali del regno, fu egualmente memorabile e per la grandezza degli effetti che ne conseguirono, rimovendo l'ormai ultimo ostacolo alla compiuta ristorazione nazionale, e per le difficoltà affatto straordinarie dell'oppugnazione, e l'ingegno, la costanza, il valore con cui furono superale.

E perché questo faustissimo evento vuolsi riconoscere, non meno che dalla bravura dell'esercito, dall'intelligente energia del suo capitano, il generale Enrico Cialdini, il Governo è venuto in pensiero di porgere ad esso generale una testimonianza straordinaria della riconoscenza del Re e della nazione, come affatto singolari e straordinari furono i servizi da lui resi alla patria.

Il Re ci ha pertanto ordinalo di proporre a questo fine un progetto di legge, con cui verrebbe concesso al generale Cialdini, a titolo di ricompensa nazionale per la presa della fortezza di Gaeta, un annuo assegnamento di lire 10,000 sul bilancio della guerra (categoria dell'Ordine militare di Savoia e medaglie).

Confidando che il Parlamento sarà lieto di associarsi al nostro divisamento, ci asteniamo da altre parole intorno ai meriti dell'illustre generale, che sarebbero anche meno opportune in questo recinto. Bensì dobbiamo porgere alla Camera alcuni schiarimenti circa il modo con cui le proponiamo di mandare ad effetto la spesa proposta.

Alla decorazione dell'Ordine militare di Savoia andava annesso, secondo la sua prima istituzione, un annuo assegnamento, che però il Governo si astenne dal conservare quando ricostituì l'Ordine con regio decreto del 28 settembre 1855. Ondechè avviene ora che questa decorazione, destinata a ricompensare quei più nobili falli di guerra, ove risplenda la mente e l'energia dei capitani, non trae seco neppure quei vantaggi che si accompagnano alle medaglie al valore militare, le quali pur si concedono per falli di mero valor personale.

Non isfuggiva veramente fin d'allora al Governo del Re la convenienza di annettere alla della decorazione qualche assegnamento che valesse a rendere men disagiata la vita a coloro che se n'erano resi degni nelle imprese più ardue e nei più fieri cimenti; ed anzi, coll'articolo 23 dei nuovi statuii dell'Ordine, annunziava il suo intendimento di stabilire colali annui assegnamenti tosto come i suoi mezzi le consentissero, indicando come le strettezze unicamente in cui versava allora l'erario, lo obbligassero a differirne la concessione.

Ora, sebbene non sia per anco giunto per verità il momento di mandare al suo pieno effetto cotale divisamente, il Governo pensa che quest'epoca non debba essere troppo lontana, e che intanto sia almeno opportuno di darvi un principio d'attuazione io occasione appunto della ricompensa che si accorderebbe ad uno dei più distinti capi dell'esercito nazionale, cosicché si verrà anche ad attestare all'esercito stesso, come esso non cesserà mai di essere argomento delle più sollecite cure della nazione.

81 - SESSIONE DEL 1861

PROGETTO DI LEGGE.

Articolo unico. È concesso al generale Enrico Cialdini, in ricompensa dei servigi da lui resi alla nazione colla presa di Gaeta, un assegnamento vitalizio di lire 10,000 annue, da pagarsi sul bilancio della guerra alla categoria dell'Ordine militare di Savoia.

Questo progetto di legge non ebbe seguito alcuno. Commissione nominata dagli uffici. Deputati: TORRIGIANI, BERTIPICHAT, GALLENGA, BALDACCHINI, CIPRIANI, PEPOLI, GIOACHINO, MORANDINI, MENICHETTI, CANTELLI.

Riordinamento della Cassa degl'invalidi della marina mercantile.

Progetto di legge presentato alla Camera il 20 marzo 1861 dal ministro della marineria (Cavour).

Signori! — Saggia e provvida istituzione è quella, per la quale alla gente di mare, a cui l'età o l'infortunio rende impossibile l'esercizio della faticosa professione, si assicura il sollievo di una pensione o di un sussidio.

L'origine di questa benefica istituzione rimonta in Francia a Luigi XIV. Essa fu confermata e riordinala colla legge 30 aprile e 13 maggio 1791, e con successivi provvedimenti, i quali poi vennero riprodotti e rifusi nelle due ordinanze 22 maggio 1816 e 31 maggio 1838, tuttavia in vigore presso i nostri vicini.

Ai principii della legislazione francese estesa al Genovesato col decreto imperiale pubblicato in Genova il 15 messidoro, anno xm, s'informavano, dopo l'unione della Liguria al Piemonte, le regie patenti 9 marzo 1816 (capitoli XVIII e XIX), ed il regolamento approvato colle regie patenti 13 gennaio 1827 (capitoli XIV e XV), per cui si disponeva c«e la Cassa degl'invalidi della marina (mediante un fondo formato con una retribuzione stabilita a carico degli equipaggi, e col prodotto di certi proventi assegnati alla medesima)dovesse provvedere di pensioni o sussidi gl'individui appartenenti tanto alla marina militare quanto alla marina mercantile, che si trovassero nelle condizioni previste dalla legge, non che le loro vedove ed orfani.

Questo stato di cose durava sino alla pubblicazione della legge 26 giugno 1851, la quale, disponendo che le pensioni dei militari, come quelle di tutti gl'impiegati amministrativi, andassero a carico del pubblico erario e fossero regolate dalle leggi sulle pensioni, sopprimeva la Cassa degl'invalidi ed instituiva in luogo di essa una nuova cassa sotto la denominazione di Cassa di risparmio e beneficenza per gl'invalidi della marina mercantile, nello scopo di provvedere di pensioni e di sussidi gl'individui appartenenti alla marina mercantile.

A seguito di questa legge, un regolamento organico approvalo con regio decreto 3 dicembre 1851 ed alcune norme che vi fanno seguito provvedevano intorno al modo di amministrazione della Cassa ed alle condizioni richieste per l'ammissione al benefizio di un assegnamento sulla medesima. In data del 2 aprile 1852 emanavano istruzioni ai contabili della Cassa. Successivamente si faceva un aumento alla retribuzione imposta alla gente di mare (legge 16 maggio 1853), e si approvavano diverse modificazioni al regolamento organico di cui sopra (regii decreti 16 maggio 1853, li se tic in lire 1855, 25 luglio 1857, istruzioni ai contabili 31 luglio 1857, e regio decreto 26 settembre 1859).

Poiché il sentimento della nazionalità e l'amore e la devozione dei popoli d'Italia hanno prodotto il felice risultato di estendere di tanto i limiti del territorio nazionale da mutare i domini dell'illustre Casa di Savoia in un regno grande e polente, era indispensabile che il Governo,

nel preparare il progetto di un nuovo Codice per la marina mercantile, del quale doveva naturalmente far parte ciò che ha relazione colla Cassa per gl'invalidi, si fosse fatto ad esaminare, trattandosi d'una legge comune a tulio lo Stato:

1° Se si dovesse estendere alle nuove provincie l'istituzione fondata negli antichi Stati a benefizio della gente di mare, considerando come nella città di Livorno soltanto esista da antico una Cassa il i riscatto alimentata dalla retribuzione imposta alla marineria livornese, ed in quella di Ancona una Cassa di sussidi agl'invalidi di marina ivi fondata dal Governo francese, a norma del decreto 5 giugno 1811 mantenuto in vigore dal ripristinato Governo pontificio, con ordinanza 10 luglio 1817, e successivamente riordinato col regolamento 51 gennaio 1844;

2° Se convenisse stabilire più centri direttivi di questa medesima istituzione, ovveramente concentrare in un sol punto l'amministrazione di un unico istituto. In altri termini, se convenisse stabilire una sola Cassa generale, ovvero tante Casse distinte, ognuna delle quali spandesse i suoi effetti sopra un tratto determinato di litorale.

Intorno al primo punto, non ho esitato a persuadermi della convenienza di estendere alle nuove provincie una istituzione i cui benefici effetti sono per sé evidenti, e che venne generalmente adottata dalle nazioni civili.

Intorno al secondo punto, considerate le ragioni che stanno per l'uno e per l'altro sistema, fui tratto a conchiudere che si dovessero stabilire quattro casse perfettamente distinte.

I principali argomenti affacciali in favore di quest'ultimo sistema, e che ad una tale conclusione mi hanno determinato, sono i seguenti:

a) Il servizio della cassa degl'invalidi, la quale ha una personalità propria e distinta da quella del tesoro nazionale, non tocca in verun modo l'ordinamento politico; e però a delta istituzione può e debbe applicarsi il principio del discentramento amministrativo che deve informare le nostre istituzioni.

b) Ove si volesse stabilire una Cassa generale, la quale avesse diverse sedi principali o succursali nelle diverse regioni marittime, sarebbe di necessità di stabilire un centro comune per l'amministrazione. Ora, quale sarebbe questo centro? La capitale del regno o il capoluogo di una regione? E, in questo secondo caso, quale sarebbe la città a cui dovrebbesi dare la preferenza per istabilirvi questo centro?

Ognun vede a quali difficoltà di ogni maniera si andrebbe incontro per questo verso. E tutte queste difficoltà svaniscono nel sistema di più casse distinte.

c) La Cassa è in sostanza un'opera pia, uno stabilimento di beneficenza, che ha una personalità propria, distinta, un'amministrazione separata da quella dello Stato. Ora le opere pie hanno un carattere di località e di specialità, per cui sarebbe un'anomalia che l'azione di una di esse si estendesse nello intiero territorio nazionale.

d) La Cassa di risparmio e di beneficenza per gl'invalidi della marina mercantile, istituita negli antichi Stati, ha un cospicuo patrimonio proprio, formalo in gran parte col prodotto delle retribuzioni imposte alla marina ligure. Onde, estendendo a tutto lo Stato il benefizio di questa istituzione, e formando una sola Cassa generale, la gente di mare delle nuove provincie verrebbe a profittare di un fondo, alla cui formazione essa non avrebbe contribuito.

82 - DOCUMENTI PARLAMENTARI

Né colla istituzione di Casse distinte si può temere l'inconveniente di dover imporre diversa retribuzione alla gente di mare, secondo le diverse regioni dello stato, o quello di accordare in diversa misura i benefizi. Imperocché il prodotto della retribuzione imposta alla gente di mare e l'ammontare dei proventi assegnati alla cassa dee bastare a far fronte alle pensioni ordinarie di coloro che hanno retribuito dietro le norme che saranno stabilite nel regolamento comune alle diverse casse. E, in guanto ai sussidi e soccorsi straordinari, questi saranno o non saranno accordali, saranno maggiori o minori, in proporzione dei fondi disponibili in ciascuna cassa.

Per queste considerazioni il progetto che ho l'onore di presentare alla Camera s'informa ai seguenti principii:

1° Che diviso in quattro ripartimenti il territorio marittimo, sia istituita in ciascuno una Cessa degl'invalidi della marina mercantile, e che ciascuna Cassa abbia un'esistenza ed un'amministrazione propria.

Che però sia uniforme la retribuzione imposta alla gente di mare, e siano comuni a tutte le casse i regolamenti concernenti il modo e la forma di contabilità e di amministrazione, e le condizioni richieste per l'ammissione agli assegnamenti sulla Cassa.

3° Che ciascuna Cassa sia posta sollo la tutela immediata del governatore della regione e sotto l'alta sorveglianza del Ministero della marina.

Passando a dar ragione delle singole disposizioni del progetto, dirò, in primo luogo, che la denominazione di Cassa degl'invalidi della marina mercantile parlata dal primo articolo fu adottata a preferenza di quella portata dalla legge 26 giugno 1831, perché, sebbene più breve e più semplice, indica abbastanza lo scopo della istituzione che è definito nel secondo articolo. In questo si accenna alle pensioni ed ai soccorsi con diversa locuzione, per dinotare che coloro che navigano sotto bandiera nazionale, e così anche gli stranieri che hanno retribuito alla Cassa, possono essere ammessi al beneficio dei soccorsi; mentre invece la pensione è accordata soltanto agl'individui ascritti nelle matricole della gente di mare, e cosi soltanto ai nazionali. Questa innovazione alla pratica fin qui vigente nelle antiche provincie è paruta conveniente per togliere la manifesta ingiustizia d'imporre la retribuzione agli esteri, e di non ammetterli in verun caso a partecipare alla distribuzione dei soccorsi nemmeno nei casi di straordinario infortunio.

All'articolo 3 sono determinalo le fonti onde si forma il fondo della Cassa, e siccome nelle diverse parti del Codice marittimo accennato in principio, del quale la presente proposta di legge, e quella che vi fu già presentala relativamente alle tasse di marina, costituiscono appunto due titoli, sono specialmente indicati i diversi proventi devoluti alla Cassa, cosi, dopo di aver toccalo della retribuzione imposta agli equipaggi e della proporzione in cui debb'essere stabilita e dei beni provenienti da doni o lasciti, impieghi od acquisii, si accenna in genere ai proventi che le sono devoluti in forza di speciali disposizioni di legge.

La tabella del progetto che regola la retribuzione degli equipaggi dei bastimenti diversifica da quanto è portato dalla legge 16 maggio 1853: 1° nella denominazione dei gradi e qualità; 2° nell'assimilazione ai padroni dei marinari autorizzati a padroneggiare; 3° nella fissazione di una quota speciale di retribuzione pei bassi ufficiali di bordo.

Sul primo punto, per mettere in accordo le antiche colle nuove denominazioni proposte pei graduati della marina mercantile nel progetto di legge generale, che non tarderò ad esservi presentato, ed in quello sui diritti marittimi già recato dinanzi alla Camera. Sul secondo, perché i marinari autorizzati sostituirebbero in certa guisa gli attuali padroni di seconda classe, ed i marinari che dirigono battelli per la pesca illimitata od all'estero si reputerebbero come patroni, essendosi sempre praticato di assoggettarli alla retribuzione per quelli stabilita. Sul terzo finalmente, perché nel nuovo progetto a cui si è accennato volendosi classificare il nostromo fra i bassi ufficiali di bordo, e perciò in una categoria inferiore e distinta da quella in cui è posto il secondo di bordo, ne veniva per conseguenza la necessità di stabilire una quota che stesse di mezzo a quelle fissate pel marinaro e per l'ufficiale di bordo, fatto anche riflesso che il nostromo sarebbe meno retribuito del secondo e più del marinaro.

Sebbene colla tenue retribuzione finora imposta alla gente di mare non sia da sperare che si possano in avvenire accordare pensioni più larghe di quelle che ora si concedono agli invalidi, giusta le tabelle che fanno seguilo alle norme del 5 dicembre 1851, il Ministero non ha creduto di variare le quote periate dalla legge 16 maggio 1833, tranne per ciò che è relativo ai bassi ufficiali, lasciando interamente alla iniziativa della Camera ogni innovazione a questo riguardo.

Ecco ora in che consisterebbero gli altri proventi della cassa:

a) Nell'importo delle ritenzioni di paghe e riduzione delle razioni all'equipaggio, a Ululo di punizione.

b) In una parte delle multe e ammende inflitte, tanto per reali marittimi, quanto per mancanze di disciplina.

e) In parte delle cose predate e confiscale, e nelle porzioni di prede non reclamate entro il termine che verrà stabilito.

La disposizione dell'articolo 8" per l'esazione delle rendite della cassa sembra giustificata dalla convenienza di agevolare il modo di riscuoterle, avuto riguardo che la maggior parte di esse consistendo nella retribuzione obbligatoria, mal si provvederebbe all'interesse della cassa costringendola alle regole a cui devono attenersi i privati per la riscossione delle loro entrate.

Dal progetto di legge non ha guari iniziato nell'altro ramo del Parlamento dal mio onorevole collega dell'interno, in ordine alle opere pie, è ricavata la disposizione dell'articolo 6.

Il determinare in qua) modo debba essere organizzato il Consiglio d'amministrazione in ciascuna regione, quale debba essere il modo e la forma di contabilità e di amministrazione, e dietro quali norme e condizioni debbano aver luogo gli assegnamenti di pensioni e di sussidi, è cosa che spelta per sua natura al potere esecutivo, anziché al potere legislativo. E però all'articolo 7 si propone di stabilire in massima, che a tutto quanto sopra sarà provveduto con apposito regolamento approvalo con decreto reale, fissando nondimeno fin d'ora (ari. 8) che il console di marina, nella città ove ha sede la cassa, sia presidente del Consiglio di amministrazione.

83 - SESSIONE DEL 1861

Ed in applicazione dell'idea che dettava il nuovo progetto sulle opere pie, di sottrarle al sistema della centralità amministrativa, senza escludere la suprema vigilanza del Ministero, mentre coll'articolo 9 si pone la cassa sotto la sorveglianza e tutela del governatore della regione, agli articoli 10, 11, 13 e 14 si determina in quali circostanze ed in qua! modo abbia luogo l'intervento dell'autorità tutelare. L'articolo 13 provvede intorno ai ricorsi contro le decisioni del governatore, e l'articolo 15 lascia al Ministero la indispensabile autorità di procedere, ove ne sia il caso, allo scioglimento del corpo amministrativo e sua ricostituzione.

Gli articoli Ì6e 17 contengono le opportune disposizioni transitorie. Se gravi motivi di convenienza consigliano l'adozione del principio della pluralità delle casse, gravi ed evidenti considerazioni ad un tempo non consentono che il numero delle casse sia eccessivo, perché altrimenti esse non potrebbero aver vita. Ora, ammettendo come quattro, e non più, debbano essere le casse, cioè in Genova, Napoli,Palermo ed Ancona (giusta l'articolo k), riusciva indispensabile di provvedere alla trasformazione e ricostituzione sulle nuove basi della Cassa di risparmio e beneficenza per gl'invalidi della marina mercantile istituita in Genova, e della Cassa dei sussidi per gl'invalidi di marina esistente in Ancona, e di fondere nella Cassa di Genova quella di riscatto esistente in Livorno. A ciò appunto provvedono i due ultimi articoli del progetto, nei quali non si è omesso quanto valga per mantenere rispettati i diritti quesiti dalla gente di mare che ha retribuito alle casse preesistenti.

PROGETTO DI LEGGE.

Art. i. Saranno istituiti quattro corpi morali sotto la denominazione di Cassa degl'invalidi della marina mercantile, con sede nelle città di Genova, Napoli, Ancona e Palermo.

Art. 3. Questa istituzione ha per iscopo:

a) di accordare pensioni o sussidi agl’individui iscritti nelle matricole della gente di mare, che hanno retribuito alla cassa, alle loro vedove ed orfani;

o) di accordare soccorsi alla gente di mare navigante sotto la bandiera nazionale, che si trovi priva di risorse sotto il peso di avvenimenti gravi ed imprevisti.

Art. 3. Il fondo di ciascuna cassa si compone:

a) della retribuzione imposta agli equipaggi dei bastimenti nazionali nella proporzione stabilita nella tabella annessa alla presente legge;

6) dei beni provenienti da doni o lasciti, impieghi od acquisti;

e) dei proventi devoluti alla cassa in forza di speciali disposizioni di Legge.

Art. 4. La prima di queste casse spande i suoi effetti sul territorio marittimo della Liguria, Toscana e Sardegna;

La seconda su quello compreso tra il Capo di Santa Maria di Leuca ed il confine romano;

La terza, sul litorale adriatico fino al Capo di Santa Maria di Leuca;

La quarta sull'isola di Sicilia.

Art.5. Le disposizioni delle leggi relative al modo di riscossione delle rendite comunali saranno applicabili alla riscossione di quelle delle casse degl'invalidi della marina mercantile.

Art. 6. Gli esattori delle contribuzioni potranno essere incaricati delle riscossioni per conto delle casse degl'invalidi.

Art. 7. Con apposito regolamento approvalo per decreto reale sarà provveduto:

a) alla organizzazione di Consigli a cui sia affidata l'amministrazione di queste casse;

l) al modo e forma di amministrazione e di contabilità;

e) alle condizioni necessarie pel conseguimento delle pensioni e dei sussidi.

Art. 8. I consoli generali dei circondar! marittimi, ove hanno sede le casse, saranno presidenti dei Consigli di amministrazione.

Art. 9. Le casse degl'invalidi sono poste sotto la sorveglianza e la tutela dei governatori delle regioni in cui hanno sede.

Art. 10. Sono approvali dal governatore:

a) i bilanci presuntivi ed i conii consuntivi;

b) i contratti d'acquisto o di alienazione d'immobili, e l'accettazione o rifiuto di doni e lasciti;

e) le deliberazioni per cui si accordano pensioni o sussidi, ed in generale tutte quelle che interessano il patrimonio della cassa, e che non concernano l'esecuzione dei bilancio di altre deliberazioni regolarmente approvate.

Art. 11. Il governatore prima di approvare il bilancio presuntivo ed il conto consuntivo dovrà comunicarli al ministro della marina, il quale, ove abbia osservazioni da fare intorno ai medesimi, le porterà a conoscenza del governatore nel termine di quindici giorni.

Art. 12. L'approvazione, di cui all'articolo precedente, risulta dal visto apposto al verbale dal governatore. Il rifiuto di approvazione dovrà essere motivato.

Art. 13. Contro le decisioni del governatore, l'amministrazione della Cassa potrà ricorrere al Re, che provvederà, previo parere del Consiglio di stato.

Art. 14. Il governatore della regione veglia al regolare andamento dell'amministrazione della Cassa, ed, ove occorra, anche per mezzo di speciali delegali ne esamina le condizioni, riconosce se vi sono osservale le leggi ed i regolamenti, e può in ogni tempo far procedere alla verificazione dello stato di Cassa del tesoriere.

Art. 15. Quando un'amministrazione, dopo di esservi stata eccitata, non si conformi ai regolamenti e non compia le obbligazioni che le sono imposte, o ricusi di provvedere nell'interesse della Cassa, potrà essere disciolta con decreto reale, previo parere 'del Consiglio di Stato. Collo stesso decreto sarà provveduto alla interinale amministrazione della medesima.

Disposizioni transitorie.

Art. 16. La Cassa di risparmio e beneficenza per gl'invalidi della marina mercantile esistente in Genova, quella del riscatto in Livorno, quella di sussidi per gl'invalidi della marina in Ancona, sono soppresse.

La nuova Cassa istituita in Genova, giusta l'articolo primo della presente legge, acquista l'attivo ed il passivo delle suddette Casse di risparmio e beneficenza e di riscatto.

Quella che sarà stabilita in Ancona acquista l'attivo ed il passivo della Cassa di sussidi.

Art. 17. Per l'ammissione ai benefizi della nuova Cassa sarà tenuto conto alla gente di mare di Livorno e di Ancona della retribuzione falla alle Casse di riscatto e di sussidi.

84 - DOCUMENTI PARLAMENTARI

Tabella della retribuzione mensuale imposta agli equipaggi dei bastimenti

Capitano di lungo corso

L. 5 00

Capitano di gran cabotaggio

» 3 50

Padrone, marinaro autorizzato per il piccolo traffico o per la pesca illimitata ed all'estero

» 2 80

Ufficiale di bordo

» 1 80

Basso ufficiale

» 1 28

Marinaro

» 1 10

Mozzo

» 0 80

Riordinamento della Cassa degl'invalidi della marina mercantile.

Relazione fatta alla Camera il 24 aprite 1861 dalla Commissione composta dei deputati CASTAGNOLA, BERTINI, MUSO MEDI, CICCOTTI, MACCHI, LEOPARDI, MONTICELLI, BERTEA, e RICCI GIOVANNI, relatore.

Signori! — Più ancora che nelle altre classi della società, la previdenza per gli anni senili e per le proprie famiglie è necessaria a coloro che per la natura della loro professione logorano anzi tempo le forze, e sono inoltre soggetti a frequenti pericoli della vita.

È quindi savio consiglio il favorire, l'eccitare, ed il mantenere tali sentimenti di mutuo e futuro soccorso nei più gravi bisogni.

Fu perciò bene accolta l'idea del ministro della marina espressa col progetto presentato alla Camera il 20 marzo prossimo passato, di estendere a tutto il regno l'istituzione della Cassa degli invalidi per la marina mercantile. Già da lunghi anni essa esiste in Liguria; ivi la Cassa di risparmio e beneficenza riesco mollo vantaggiosa alla classe marittima, e non pochi beneficii arreca tanto ai capitani e patroni, quanto ai marinari e loro famiglie.

Giusta la relazione che la vostra Commissione prese ad esame, lo scopo propostosi dal ministro essendo quello di creare siffatta instituzione in tutte le provincie marittime del regno ove non esiste, col fondere in certo qua! modo alcuni instituti di beneficenza che trovansi in alcune provincie con altre componenti ciascun dipartimento marittimo, la vostra Commissione si preoccupò anzi tutto di non pregiudicare i diritti acquisiti dalla gente di mare, e quindi credette necessario passare ad esame i varii stabilimenti fondali sia nella Liguria, che in Livorno ed in Ancona.

Dagli schiarimenti forniti dal Ministero della marina e dall'esame dei documenti presentati ebbe a riconoscere:

Che colla legge 26 giugno 1851 veniva soppressa la Cassa invalidi della Liguria, e vi sostituiva quella di risparmio e beneficenza, assegnandole nella liquidazione in proprietà i due terzi del capitale di quella, più il patrimonio della Cassa riscatto schiavi, ed il provento della retribuzione mensile imposta alla gente di mare navigante;

Che i redditi fissi propri di delta cassa, cioè frutti di capitali a mutuo, cedole, annuita di legati, censi, ecc., componenti il patrimonio generale ascendono ad annue lire 72,000 circa;

Che il prodotto della retribuzione mensile della gente di mare ascese nell'anno 1860 alla somma di lire 172,000 circa, presentando la Cassa un attivo di annue lire 254,000 circa.

Intorno alla Cassa del riscatto esistente in Livorno presso quel Monte Pio, il Ministero non sarebbe in grado d'indicare a qual epoca rimonti precisamente una tale antica fondazione, per quanto abbia fatta accurata ricerca della legge di sua istituzione.

La tassa che si paga dalle navi e dagli equipaggi livornesi alla detta Cassa ha sanzione nell'articolo 9 dell'editto di marina mercantile, pubblicato in Toscana il 10 ottobre 1748, ed i fondi di questa Cassa vennero affidati alla amministrazione del Monte Pio di Livorno per decreto del Governo della Toscana 2 agosto 1788.

Dal testo dell'articolo 9 del citato editto di navigazione, dalle tariffe del Consiglio di commercio 29 febbraio 1752, e da un protocollo di esso Consiglio in data 15 febbraio 1766, sembrerebbe che gli equipaggi tutti dei legni toscani, tranne quelli che navigavano col solo passaporto di riscontro, avessero dovuto contribuire alla Cassa; ma per l'opposto si ha che la tassa fu imposta ai soli legni del porto di Livorno maggiori di tonnellate SO, e che nel 1825 soltanto sarebbe incominciata (o forse ripresa) l'esazione di questa tassa, detta del quattrino a lira, a carico dei capitani e patroni di quella categoria di legni del compartimento livornese, esenti quelli del rimanente litorale toscano.

E perimenti da quel tempo si crede siasi cominciato a distrarre i fondi della Cassa dallo scopo primitivo di redimere dalla cattività gli individui che cadevano preda delle escursioni barbaresche.

Questi fondi furono invece erogati:

1° In sussidio ai marinari che si trovano inabili a navigare per vecchiezza o per infortunio;

2° Alle vedove ed orfani di detti marinari;

5° Ai marinari naufraghi, ai quali venivano condonale le spese di mantenimento, vestiario e rimpatrio, quando non esisteva recupero del basamento e del carico.

Il capitale della Cassa era al 51 dicembre 1860 di lire 40,000 circa, e l'ammontare delle annue contribuzioni sarebbe di lire 6,660, stando alla media dell'ultimo quinquennio.

Il ministro della marina, nel trasmettere alla vostra Commissione i documenti riguardanti questi pii stabilimenti, univa eziandio alcuni allegati relativi ad altra opera pia della città di Livorno, la. quale gode di un provento a carico dei bastimenti livornesi, notificando che soltanto di recente ne ebbe conoscenza. È la casa pia del rifugio od orfanotrofio eretto dalla magnificenza cittadina nel 1786. Dalla sua fondazione sembrerebbe avesse questa casa il privilegio di dare i mozzi ai bastimenti livornesi, qualunque ne fosse la portata e la destinazione.

Perdurò questo diritto dal i 737 fino al 1828, allorquando, a richiesta dei capitani di nave, e per convenzione passata tra i governatori delle case pie e l'ufficio di marina mercantile, fu convertito in una tassa annuale di uno zecchino (lire 11 20), a carico di ogni bastimento approdanti al porto di Livorno.

Senonchè questo pio stabilimento non spandendo beneficio alcuno alla marineria, non sembrò alla Commissione qui il luogo di occuparsene ulteriormente.

Passando alla Cassa dei sussidi per gli invalidi di marina d'Ancona, la Commissione rilevò dalle disposizioni che regolano la Cassa anconitana, che l'amministrazione di codesto istituto rimase nelle mani del Governo fino al 1828, epoca in cui la Camera di commercio in Ancona, dietro sua proposta di un regolamento portante nuovo metodo d'incasso, fu autorizzata ad assumerne l'amministrazione; e successivamente sulle norme del regolamento del 1828 emanava altro regolamento nel 1844.

85 - SESSIONE DEL 1861

I fondi di questa cassa consistono in un mutuo di scudi romani 1,000 fruttante l'interesse del 5 per cento a carico della famiglia conti Reppi; nell'elargizione del 5 per cento che fa la Camera di commercio sul prodotto della tassa collatico, e nella retribuzione della gente di mare e dei bastimenti, determinala dal regolamento 184. Il conto consuntivo per il 1860 ed il bilancio presuntivo pel 1861 dimostrano come a scudi romani 5,071 siano salite le spese, a fronte di scudi 3,471 a cui ammontavano gli introiti.

È da avvertire che alla suddetta contribuzione non è solo soggetta la marineria anconitana, ma sì tutti gl'individui del paese od esteri che si trovino imbarcati sopra legni del luogo.

Premessi questi cenni sulle opere pie esistenti a vantaggio della classe marittima in Italia, riesce evidente:

1° Che l'attuale fondo accumulato della Cassa di risparmio e beneficenza nelle provincie marittime della Liguria e della Sardegna è il patrimonio esclusivo di quella gente di mare che ha versato e versa tuttavia la sua tangente mensile per acquistare il diritto a pensione o sussidio;

2° Che la marineria mercantile delle altre provincie non ha diritto alcuno a fruire dei benefici! che spande siffatto patrimonio;

5° Che il fondo della Cassa del riscatto di Livorno è particolare ed apparsene esclusivamente alla marineria livornese, per cui deve continuare a servire all'uso al quale è stato destinalo finora;

Lo stesse dicasi della Cassa dei sussidi per gli invalidi di marina d'Ancona.

Egli è d'uopo quindi considerare che, se si adotta il sistema del Ministero di instituire quattro Casse degli invalidi, per seguire in qualche modo la divisione del litorale marittimo dello stato, la Cassa del dipartimento settentrionale, comprendendo la genie di mare della Sardegna, della Toscana e della Liguria, non che quella di parecchie isole, si farebbe in oggi contribuire alla maggior formazione del fondo della sede di Genova. La gente marittima toscana, la quale, non avendo fin qui retribuito alla Cassa comune, e non possedendo alcun capitale proporzionale da aggiungere al patrimonio della Cassa di risparmio o beneficenza, non avrebbe titolo ad invocare la passata navigazione per esser tosti» assimilala a quelle delle provincie settentrionali, e quindi non potrebbe che dopo molti anni, cioè quando soltanto avesse raggiunta la prescritta navigazione con retribuzione, partecipare a pensione o sussidio.

Che i marinai più avanzati in età non avrebbero speranza di arrivare al godimento di delli benefizi, epperciò la loro retribuzione sarebbe quasi un peso senza compenso, e servirebbe soltanto a vantaggio de' loro successori.

Eppertanto, al fine di rispettare i diritti acquistali e non pregiudicare i nuovi chiamati, la vostra Commissione non ravvisò altro mezzo che, o di separare intieramente gli averi delle Casse esistenti da quelle di nuova instituzione, o di lasciare la loro personalità propria alle casse di risparmio della Liguria ed a quella del riscatto di Livorno, preferendo questo secondo mezzo per la pratica sua utilità;

La vostra Commissione fu di parere potersi tutelare i diritti della gente di mare di ogni sede, coll'instituzione di cinque casse distinte, e rappresentato l'emergente al ministro della marina, egli aderiva tantosto a questa modificazione.

Passando poi a dar ragione delle rettificazioni apportale al progetto di legge, osservò la Commissione

1° Esser opportuno che la legge abbia a stabilire a quale classe di persone debba esser affidata l'amministrazione delle casse degli invalidi, e di fatto la legge 26 giugno ISSI, cogli articoli 7, 8 dava alcuni provvedimenti in proposito;

2° Che, se spella al potere esecutivo il determinare intorno all'amministrazione ed alla contabilità, col prescrivere le cautele per guarentigia degli interessati, non ne consegue che il potere legislativo abbia a rimanere estraneo alla determinazione delle basi che debbono stabilire le norme pel conseguimento delle pensioni o sussidi;

3° Che il Governo deve limitarsi ad usare verso di esse quella protettiva sorveglianza che accorda a tutte le civili e pie istituzioni;

4° Che ciascuna Cassa sia posta sotto la sorveglianza dell'autorità amministrativa più elevata in grado nel luogo di sua sede, nello scopo di non ammettere il principio della divisione dello Stato in regioni, non essendovi legge in vigore;

8° Onde sottrarre l'amministrazione delle Casse dalla centralità amministrativa, senza escludere però la suprema vigilanza del Ministero, e per analogia colla legge sulle opere pie, la vostra Commissione ha creduto savio consiglio di attribuire alle deputazioni provinciali le incombenze dal progetto affidate ai governatori;

6° Che le funzioni dei membri dei Consigli cui è affidata la amministrazione delle casse debbono rimanere gratuite e puramente onorifiche.

Egli è su questi principii che la Commissione ha creduto dover modificare il progetto del ministro, e con queste rettificazioni ve ne raccomanda l'approvazione.

PROGETTO DI LEGGE.

Art. 1. Le casse degli invalidi della marina mercantile istituite colla presente legge hanno per iscopo di provvedere, coi redditi e coi proventi che le sono assegnali, di pensione o di sussidio gl'individui della marina mercantile appartenenti a ciascuna sede che si troveranno nelle condizioni stabilite dalla presente legge. A raggiungere tale scopo sono instituiti cinque corpi morali sotto la denominazione di casse degli invalidi della marina mercantile con sede nelle città di Genova, Livorno, Napoli, Palermo ed Ancona.

Art. 2. Questa istituzione ha per iscopo:

a) di accordare pensioni o sussidi agl'individui iscritti nelle matricole della gente di mare, che hanno retribuito alla Cassa, alle loro vedove ed orfani;

b) di accordare soccorsi alla gente di mare navigante sotto la bandiera nazionale, che si trovi priva di risorse sotto il peso di avvenimenti gravi ed imprevisti.

Art. 5. Il fondo di ciascuna Cassa si compone:

a) della retribuzione imposta agli equipaggi dei bastimenti nazionali nella proporzione stabilita nella tabella annessa alla presente legge;

b) dei beni provenienti da doni o lasciti, impieghi od acquisii;

c) dei proventi devoluti alla Cassa, in forza di speciali disposizioni di legge.

Art. li. La prima di queste Casse spande i suoi effetti sul territorio marittimo, che si stende dalla frontiera francese alla Magra, nell'isola di Sardegna ed altre adiacenti;

La seconda su quella dalla Magra a Terracina e delle isole dell'arcipelago toscano;

La terza da Terracina al Capo di Santa Maria di Leuca;

La quarta sul litorale dell'isola di Sicilia ed altre adiacenti;

La quinta sul litorale adriatico fino al Capo Santa Maria di Leuca.



La discentralizzazione padana di Zenone di Elea - 5 gennaio 2011
Delega al Governo federalismo fiscale attuazione articolo 119 Costituzione
DOCUMENTO PRESENTATO DAL GRUPPO DEL PARTITO DEMOCRATICO
I ritardi e le inadempienze del Governo nell’attuazione della legge sul federalismo
L. 16 maggio 1970, n. 281
Provvedimenti finanziari per l'attuazione delle Regioni a statuto ordinario
Legge 17 febbraio 1968, n. 108
Norme per la elezione dei Consigli regionali delle Regioni a statuto normale
Costituzione della Repubblica Italiana - Edizione del 1° gennaio 1948
Repartizione del regno e autorità governative.
Progetto di legge presentato alla Camera il 13 marzo 1861 dal ministro dell'interno
Marco Minghetti di Giuseppe Saredo (Torino, 1861)
Pace di Zurigo - 10 novembre 1859









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