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Fonte:
Corriere del Mezzogiorno del 26 ottobre 2002

Livolsi: “Meglio abbassare l’Irpeg”

di Michelangelo Borrillo

La grande banca del Sud come l’isola che non c’è. O meglio, che c’era e non c’è più. Da un mese a questa parte tutti ne parlano, a cominciare dal governatore della Banca d’Italia Antonio Fazio e dal Ministro dell’Economia Giulio Tremonti, e tutti hanno idee diverse, a volte anche contrastanti. Anche ieri, al convegno organizzato a Bari dalla Fondazione Ideazione su “Un’altra idea del Mezzogiorno”, si sono confrontati due diversi modi di affrontare la questione meridionale del credito: da una parte Massimo Lo Cicero, direttore scientifico dell’Osservatorio sul Mezzogiorno di Ideazione ed estensore della bozza sulla quale sarà costruito il documento finale per il Sud, oltre che docente di Economia all’Università romana di Tor Vergata; dall’altra Ubaldo Livolsi, banchiere d’affari del Nord che, in Puglia, da un anno a questa parte, ha aperto una nuova sede della Merchant Bank Rivolsi & Partners, di cui è presidente, e che, per il Meridione, sta cercando i coinvolgere risorse nazionali ed internazionali. “Gli anni Novanta – ha sottolineato nel suo intervento Lo Cicero – si sono caratterizzati, tra l’altro, per la scomparsa del sistema delle banche meridionali: un conto è poter comunque contare su una molteplicità di agenzie distribuite capillarmente sul territorio, un altro poter fare riferimento a un banchiere ce decida quali imprese finanziare, dall’alto della sua conoscenza del territorio, e che decida di accompagnare o meno un’azienda meridionale verso un’alleanza con una certa azienda, magari internazionale, piuttosto che un’altra. E’ per questo che dico che non si può rinunciare all’idea di una grande banca meridionale, sia per capitali che per guida”.


Dottor Livolsi, da banchiere settentrionale che opera anche al Sud, cosa risponde a Lo Cicero?


Occorre fare una premessa: è vero che il Sud è stato visto per anni come territorio di raccolta e non di impieghi. Ma non tutte le colpe sono delle banche del Nord.


In che senso?


Nel senso che spesso anche gli imprenditori meridionali non sono stati guidati nel modo migliore. E qui il problema non è tanto distinguere tra istituti di credito del Nord e del Sud, quanto della loro competenza finanziaria.


Si spieghi meglio.


Per portare a compimento alleanze, partnership e tutto quanto possa far crescere le aziende è necessario avere adeguate competenze finanziarie. Ciò di cui hanno bisogno gli imprenditori, quindi, è un banchiere con una visione finanziaria di medio periodo, capace di convogliare capitali finanziari internazionali. Non è necessario avere alla spalle una grande struttura di sportelli.


Il difficile è proprio questo: far sì che il Sud diventi area di attrazione di capitali.


Noi ci stiamo provando. Abbiamo contatti con diversi fondi internazionali ai quali spieghiamo le opportunità offerte dal Sud. Certamente, tutto sarebbe più facile se il Meridione potesse contare su una differenziazione fiscale e su procedure certe.


Sono due delle priorità ribadite dal vice-ministro Miccichè.


Infatti, sottolineando la loro efficacia, non scopro nulla. Posso solo aggiungere quanto ho imparato dalla mia esperienza nel campo: la differenziazione fiscale è fondamentale perché le aziende che hanno intenzione di investire al Sud chiedono di poter fare subito profitti da reinvestire nell’impresa. Solo così si crea la catena virtuosa che attrae altri capitali. Ecco perché il concetto di Irpeg agevolata per il Sud va nella direzione giusta.


E con il riferimento a procedure certe cosa vuol dire?


Null’altro che l’ulteriore garanzia richiesta da chi vuole investire al Sud: saper di poter portare a termine l’investimento entro una certa data. La richiesta è sempre la stessa: uno sportello unico per tutte le procedure burocratiche. Se manca la certezza dei tempi, spesso le aziende preferiscono non investire.








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