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Puglia d'Oggi, 21/12/2005

"La banca del Sud" intervista a Paolo Passaro

di Antonio Cantoro

«E’ una proposta non nuova, che arriva in un momento in cui l’ex ministro dell’economia ha bisogno di qualche visibilità. Ma è un tema che mi trova molto sensibile». Non ha dubbi Paolo Passaro, economista barese da un anno in forza all’agenzia del ministero dell’Economia che cura i rapporti con i Paesi dell’allargamento Ue: «Sicuramente, la proposta avanzata da Tremonti per una Banca del sud può essere un attore decisivo».


Viesti, intervistato da Puglia d’oggi si è detto contrario. Secondo lei, invece, perché è una buona proposta?


«Esistono studi che dimostrano che si raccoglie al sud per investire al nord. Sicuramente in questo senso, la proposta di una Banca del sud può intervenire a migliorare questa situazione. A una condizione, però».


La dica.


«A patto che non sia una introduzione surrettizia di un ritorno all’assistenzialismo ma una realtà che sta sul mercato. Ci serve non una banca tout court, ma una banca destinata esclusivamente alle imprese, “votata” a una certa percentuale di impieghi come venture capital».


Condivide, allora: c’è un problema di sistema bancario poco propenso al “rischio”.


«Al sud ci sono banche del centro-nord che fanno perlopiù raccolta sposando al nord realtà imprenditoriali medio-grandi, ed è una politica plausibile, la loro. E poi ci sono banche locali con limiti dimensionali che si trovano inevitabilmente a dover ridurre il rischio».


Siamo chiusi in una morsa. Come quella di cui ha scritto lei: un sud stretto dai Paesi in via di sviluppo con un costo del lavoro bassissimo e dai paesi a economia avanzata che corrono più veloci di noi.


«Sì, ed è una morsa che non può che peggiorare. In Romania, ci sono già 10mila aziende italiane, moltissime del nord-est ma anche molte del sud. Ma d’altronde lì il costo di un operaio tutto compreso è di 200 euro mensili: non c’è paragone».


E come ci divincoliamo?


«Non è facile trovare una ricetta. Ho un paio di idee, però. La prima è il rilancio della sinergia tra università, centri di ricerca e impresa. Bisogna fertilizzare le nostre industrie meccaniche con nuovi brevetti per creare prodotti competitivi sui mercati avanzati. L’altro punto è appunto l’intervento forte di una banca che finanzi idee e progetti».


Quindi, più ricerca?


«Certo. Mi viene in mente una società barlettana, la Cofra, che ha trasformato il suo prodotto ginnico in una scarpa per il lavoro, tecnica, facendo un’operazione che le ha portato un grande successo. E’ un esempio di fertilizzazione di un prodotto maturo con un prodotto nuovo, diverso: mettendo tecnologia in ciò che sappiamo già fare».


Ma resta che i nostri costi sono altissimi.


«Io introdurrei una fiscalità di vantaggio per il sud».


Ma l’Europa ci boccherebbe.


«Ci sarebbe da negoziare. La strada potrebbe essere la riduzione delle imposte è commisurata al deficit di infrastrutture, e sarebbe assolutamente lecito».


Antonio Cantoro 




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