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Buona lettura e tornate a trovarci.

Web@master - 6 settembre 2005
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Spreco infinito di denaro pubblico:

lungo i fiumi di Basilicata (e d’Italia)

di Nicola Bonelli

 

Stimolato da un articolo comparso su “la Nuova Basilicata” del 20 luglio scorso, “Fondi per sistemare il Basento” – che riferisce di recenti delibere approvate dalla Giunta Regionale, su proposta dell’Assessore alle Infrastrutture Francesco Mollìca (dei Verdi), delibere riguardanti due interventi di sistemazione fluviale: nel torrente S. Nicola (Nova Siri, Mt) e nel fiume Basento all’altezza di Calciano (Mt); e che l’articolo stesso descrive come importanti investimenti per la difesa del suolo – mi sono interessato alla cosa ed ho scoperto che l’insieme di quei due interventi è un immane sperpero di denaro pubblico.

Sono soldi stanziati dal C.I.P.E.. Fanno parte di un fondo di 25 milioni di euro, destinato, da apposito “Accordo di Programma Quadro” del luglio 2003, a “Lavori” di questo genere. Per come sono spesi, sarebbe più giusto definirli: “Fondi da sistemare nel Basento”. Essendo soldi dello Stato, è da augurarsi un intervento del Governo – oltre che della Corte dei Conti – per arrestarne lo Spreco.

Ho esaminato i due progetti, redatti dall’ing. Antonio Losinno ed approvati dall’ing. Donato Grieco, dell’Ufficio Infrastrutture e Difesa del suolo di Matera; con la supervisione del Dirigente generale ing. Aniello Vietro. Conosco lo stato dei luoghi e posso dire che entrambi gli interventi potrebbero essere realizzati a costo zero per la P.A.. Per ovvi motivi non posso entrare nel dettaglio. Potrei farlo, con chiunque fosse interessato a capire, con il progetto alla mano o ancor meglio con un sopralluogo. Comunque, spiego qui in sintesi e distintamente.

Torrente S. Nicola - Delibera n. 1547/05 – Lavori di ripristino officiosità idraulica del torrente S. Nicola, in agro di Nova Siri, secondo intervento, importo 330 mila euro – approvata nella seduta del 18.07.2005 (presenti tutti gli Assessori, assente il Presidente Vito De Filippo). L’intervento riguarda il tratto medio del corso d’acqua, a partire da tre chilometri a monte della ss 106. Vi è prevista l’apertura della sezione di deflusso (“savanella”) – per una larghezza di 40 metri, profondità di 3,5 metri, e lunghezza di 2.500 metri – che comporta l’asportazione dall’alveo di 140 mila metri cubi di materiale. Spesa prevista: 330 mila euro. Vediamo le incongruenze del progetto:

a) l’obiettivo che si propone è il “ripristino dell’officiosità idraulica”, ma tra i suoi elaborati non esiste uno straccio di verifica della portata idrica. Non si comprende perciò da dove scaturisca il dimensionamento proposto della sezione di deflusso: 140 mq. Sezione che – con la pendenza longitudi-nale propria del 2%, e con un tirante idrico di 2,5 metri – potrebbe contenere una portata di 1.000 mc/s: portata rapportabile ad un vero fiume, ad esempio come il Basento, che ha un bacino idrografico di 1200 kmq., ma non certo ad un torrentello con 60 kmq. di bacino, qual è appunto quello in questione;

b) da notare, inoltre, che il tratto terminale del torrente – compreso tra la s.s. 106 e la foce: 800 metri circa – ha una sezione di soli 65 mq. ed una pendenza dello 0,6%; lo stesso ponte della 106 ha una luce di soli 24 metri; può quindi transitarvi una portata massima di 200 mc/s. Per cui, che senso ha aumentare la sezione di monte, che può già contenere 500 mc/s, quando quella di valle ne contiene meno della metà?. Sarebbe semmai più logico allargare il tratto di valle, e non quello di monte;

c) il torrente in esame è una tipica fiumara calabra: un greto con tanta ghiaia ma senza una goccia d’acqua; ghiaia depositata in modo uniforme per lungo e per largo e non accumulata – come dice il progetto – “in notevoli depositi, che deviano il flusso idrico” (che non esiste) “e provocano consistenti erosioni” (anch’esse inesistenti); e soprattutto non è affatto vero che “l’attività erosiva sta interessando anche un attraversamento viario di grande utilità… per cui si è reso necessario intervenire”. Il ponte dell’unica strada che attraversa quel tratto di torrente – una strada poderale larga 4 metri e lunga 6 chilometri, a partire dal cimitero di Nova Siri – è un’opera di recente costruzione: robusto e ben fondato; è alto 4 metri; ha una luce complessiva di 100 metri e non presenta alcun segno di erosione; inoltre, la sottostante sezione d’alveo potrebbe contenere, con un tirante idrico di 2,5 metri, una portata di 2.500 mc/sec.: le portate del Basento e del Sinni messe insieme.

Ed allora nasce il dubbio: ma l’obiettivo è veramente la regimazione del S. Nicola o piuttosto il materiale inerte ivi disponibile in abbondanza? Pensando poi agli altri 170 mila mc asportati nello stesso tratto, con un intervento precedente (Delibera. n. 1388 del 2002), al dubbio subentra la certezza. Comunque, non ci sarebbe niente di male, specie se si considera l’oggettivo e pressante fabbisogno di inerti. Se servono gli inerti bisogna pur trovarli da qualche parte. Quindi, ben vengano dal S. Nicola; specie se la soluzione è compatibile, come nel nostro caso, con la tutela ambientale. Niente di male, purché le cose si presentino col loro nome. E qui si tratta di “estrazione di inerti” e non di altro.

Il punto della questione però è un altro. La cosa assurda di questo intervento (e di quello realizzato in precedenza) sta nel fatto che la Regione Basilicata, proprietaria di quel materiale – peraltro utilizzabile al 100%, e non al 25% come dicono i conferenzieri – decide di immetterlo gratis sul mercato, ed in più offre un regalo da 330 mila euro a chi se lo aggiudica. Mi spiego: dovendo realizzare soltanto la cosiddetta savanella (sezione d’alveo), l’impresa che si aggiudica l’appalto trova facilmente qualche ditta interessata, cui cedere il materiale, specie se a titolo gratuito; la quale esegue gratuitamente i lavori di scavo della prevista savanella, asportando semplicemente dall’alveo il materiale avuto in dono. E così: l’importo lordo aggiudicato diventa un netto ricavo incassato.

Ma quale investimento per la difesa del suolo. Qui si tratta di un concorso a premi alla Bonolis, con tanto di Pacco-dono messo in palio. Pacco ricco nel contenuto ed elaborato nella fattura. Per confezio-narlo c’è voluto lo sforzo congiunto di: geol. Franco Vaccaro; geom. Vincenzo Pascale; geom. Antonio Nella; geol. Claudio Berardi; ing. Antonio Losinno; ing. Donato Grieco; riunitisi in Conferenza di servizio il 13.05.2005. E poi c’è voluta tanta carta per confezionare un progetto: im-provvisato(a), approssimativo(b) e menzognero(c).

Il materiale di cui sto parlando è lo stesso che si trova in tutti i fiumi lucani: idoneo alla produzione di inerti; richiesto dagli impianti del settore; oggetto delle concessioni estrattive di competenza del Dipartimento Ambiente. Il quale ne autorizza di norma (legge reg. n. 12/79) la rimozione, con la medesima motivazione dell’officiosità idraulica, ma a condizioni completamente diverse: il materiale viene ceduto in sito; la Regione ne incamera il canone netto e pulito; e il Concessionario si accolla il costo di scavo e trasporto ed ogni altro onere. Il Dipartimento Infrastrutture, invece, nel fare lo stesso lavoro, non incamera un bel niente, ed in più spende un sacco di soldi.

L’altra discordanza, fra i due Dipartimenti, sta nelle quantità di materiale trattato: il Dipart. Ambiente lo concede in quantitativi irrisori e concessioni “virtuali”, osteggiando le richieste reali con cavilli pretestuosi ed alzando il canone alle stelle; il Dipart. Infrastrutture invece lo cede in quantitativi abbondanti. Difatti, mentre il primo ne ha autorizzato, nei 600 chilometri di fiumi ed affluenti, meno di 150 mila mc in dieci anni, il secondo ne sta autorizzando, in soli 3 km. di un torrente, oltre 300 mila mc in poco tempo. Con un rapporto di 1 a 400 tra il primo e il secondo. E’ solo un caso di “strabismo” amministrativo, o il materiale viene “trattenuto” da quelli dell’Ambiente – con il gioco delle Tre Carte – per poter confezionare, insieme a quelli delle Infrastrutture, simili pacchi-dono ?.

Concludendo (in soldoni), con l’apertura della cava “S. Nicola” – sommando ai 427 mila euro del primo intervento (delibera n. 1388 del 2002) i 330 mila del secondo, ed aggiungendo 155 mila euro, per il valore di 310 mila mc. di materiale – la Giunta Regionale sta dilapidando la bella somma di 912 mila euro, un miliardo e 800 milioni di vecchie lire: risorse preziose, se si pensa alla carenza di fondi di cui soffrono gli ospedali, le scuole, i comuni etc. etc.

Fiume Basento - Delibera n. 1546/05 - Lavori di sistemazione idraulica del fiume Basento, in agro di Calciano-Grassano, importo 250 mila euro – approvata nella seduta del 18.07.2005 (presenti tutti gli Assessori, assente il Presidente Vito De Filippo).

Qui la questione è più complessa e lo spreco molto più grosso. Per capire la vera causa dell’attuale situazione di degrado – compreso il crollo della gabbionata che si intende ricostruire con questo intervento – bisogna conoscere la storia decennale di abusi ed omissioni degli uffici preposti: abusi sanciti da una sentenza del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche. Vediamo intanto le incongruenze del progetto, e le madornali contraddizioni tra questo e quello del S. Nicola:

a) l’intervento viene presentato per sistemazione idraulica, ma non lo è. “Sistemazione idraulica” o “officiosità idraulica” che dir si voglia, vuol dire innanzitutto ripristino della sezione di deflusso, cui si aggiungono le opere per il governo delle acque e per la difesa delle sponde. Di solito si interviene per tratti consistenti (per chilometri) e soprattutto nell’ottica della prevenzione. Nel nostro caso invece si guarda soltanto al rifacimento di due brevi tratti di gabbionata, per complessivi 150 metri, senza badare né alla sezione di deflusso, né alla salvaguardia degli altri 5 chilometri della stessa gabbionata: quasi tutta scalzata dall’erosione ed in procinto di crollare.

b) stranamente, gli “accumuli di deposito alluvionali”, chiamati in causa nel torrente S. Nicola (dove sono inesistenti), vengono completamente ignorati nel fiume Basento; dove invece sono vistosamente presenti e formano la causa del crollo della gabbionata in questione; crollo che nel progetto viene invece addebitato ad  un improbabile “raggiro dell’onda di piena”. Di conseguenza non sono previsti né il ripristino della sezione di deflusso, né l’asportazione di materiale dall’alveo. Guardando i luoghi, mi chiedo: che non abbiano scambiato i due progetti?.  

c) riassumendo: l’intervento prevede la ricostruzione di 150 metri di gabbionata, ma non prevede l’eliminazione della causa che ne ha provocato la distruzione. Anzi, guardando il progetto, si nota che non è previsto il “raddrizzamento” del flusso della corrente, che attualmente si proietta verso i tratti distrutti, verso il centro dell’alveo; ma lo stesso viene traslato verso valle, conservando la medesima direzione verso la sponda destra.. Punterà quindi contro il tratto contiguo di difesa spondale; di cui è facile prevederne a breve il crollo e la distruzione.

Concepito così, questo intervento sul Basento può definirsi, è vero, “un investimento”. Ma non certo “per migliorare la stabilità geologica del territorio”, come si sostiene nell’articolo, ma solo per produrre futuri appalti: è uno spreco finalizzato allo Spreco.  

Quanto alla menzionata storia di abusi ed omissioni, è una storia abbastanza nota, peraltro raccontata a puntate anche da “la Nuova Basilicata”, nell’arco di questi ultimi sette anni. Per chi volesse conoscerla, basterebbe consultare l’archivio del giornale e leggere i seguenti articoli: “Calciano teme il Basento: il consiglio comunale ha chiesto inutilmente alla regione un sopralluogo di tecnici” del 5 gennaio 1999; “Pericolo inondazioni del Basento, denuncia il sindaco di Grassano” del 24 dicembre 1999; “Calciano: rischio sul fiume; la gabbionata realizzata dieci anni fa sta cedendo e nessuno interviene” del 9 febbraio 2000; “Calciano: crollano gli argini del Basento” del 12 febbraio 2000; “Il Basento si può salvare a costo zero” del 7 marzo 2000; “Indagine sugli inerti del fiume: la corte dei conti ha aperto un’inchiesta per presunto danno erariale” del 6 luglio 2000.

Consiglio in particolare l’articolo “La difesa del fiume Basento” dell’1 aprile 2000, dove si racconta delle “sistemazioni fluviali fantasma” e dei famigerati Fondi FIO, 8.000 miliardi di lire (stanziati anche quelli dal CIPE negli anni 80 e distribuiti in tutta Italia nel periodo della Tangentopoli Nazionale), di cui 528 miliardi di lire furono “sistemati” lungo i fiumi lucani. E si racconta anche del primo ciclo di costruzione della gabbionata del Basento: costata allora  15 miliardi di lire; realizzata soltanto per metà; collaudata due volte la stessa metà; e pagata per intero. Altri spunti di riflessione si possono trovare sul sito: https://xoomer.virgilio.it/fontamara.

Inoltre, è consultabile, presso la presidenza e tutti gli assessorati regionali, un mio dossier datato 24 maggio 2003 – Denuncia di pericolo e proposta di intervento – in cui denunciavo per l’ennesima volta la presenza degli “accumuli alluvionali” nel Basento, e del loro effetto nefasto sulle sponde, ricordando che sin dal 1998 avevo proposto, con regolare istanza (13.08.1998) corredata di progetto, un intervento di manutenzione idraulica – a costo Zero per la P.A (cosa tuttora fattibile) – che prevedeva la rimozione di quegli accumuli ed il consolidamento della gabbionata.

A quel tempo l’opera era scalzata ma ancora integra. Bastava intervenire allora e sarebbe stata salva. Il valore dei 200 mila mc di materiale utilizzabile – quantitativo questo che, visto nel Basento, è pochissima cosa rispetto ai 310 mila mc decisi d’ufficio nel torrente “S. Nicola” – avrebbe non solo compensato l’onere per la movimentazione di materiale in loco (per consolidare l’opera) ma avrebbe procurato anche una notevole entrata alle casse regionali.

Ma non è andata così. L’ufficio Infrastrutture di Matera (allora Ufficio Territorio) con provvedi-mento del 12 gennaio 1999 respinse la mia proposta d’intervento, senza entrare nel merito e senza valutarne il contenuto. Ed ha continuato a ignorare quella situazione di pericolo, nonostante gli articoli di stampa e i ripetuti solleciti di Prefettura e Provincia di Matera, e dei Comuni di Calciano e Grassano: vedi dossier.

Sul citato Atto di rigetto, del 12/01/1999, si è poi pronunciato il Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche – con sentenza n. 8/05, resa in data 17 novembre 2004 e pubblicata il 21 gennaio 2005; e notificata al Presidente pro tempore della Regione Basilicata, in data 2 marzo 2005 – definendo tale provvedimento: “illegittimo… e fondato su una disposizione di legge riportata in termini erronei e fuorvianti, e quindi in violazione della norma stessa”.

Una sentenza che pronuncia una condanna gravissima di cui sarebbe utile, anzi doveroso – trattandosi di un Tribunale della Repubblica Italiana – prendere atto e porre mano alle ingiunzioni disposte. Entrando nel merito della questione, il Tribunale delle Acque dice tra l’altro: “…gli stessi accertamenti operati dal CTU pongono in evidenza l'esistenza di situazioni di oggettivo rischio idraulico: gabbionate danneggiate, presenza di depressioni al piede delle stesse, necessità di risagomatura delle sezioni idriche, erosione delle sponde, formazione di accumuli alluvionali in alveo etc.”. Ed ancora:“L'interessata ha presentato la propria istanza…al fine di meglio garantire l’officiosità idraulica; sarebbe stato onere, quindi, dell'Amministrazione… operare, con apposita  indagine istruttoria, una verifica atta ad appurare se, in effetti, la situazione di grave pregiudizio idraulico indicata dalla richiedente… fosse o meno concretamente in atto, o se ad essa non fosse, se del caso, motivatamente possibile sopperire altrimenti con maggiore beneficio per l’interesse pubblico.”.

Il Tribunale delle Acque, insomma, accogliendo il ricorso, ha annullato il citato provvedimento di rigetto, ordinato il prosieguo dell’istruttoria, e condannato la Regione, ponendo a suo carico l’obbligo dell’esecuzione della sentenza stessa. Ad oggi, trascorsi sei mesi dalla notifica, la Regione non ha ancora ottemperato. Ed ora la Giunta – ignorando del tutto la sentenza – approva l’intervento sul Basento, non nell’ottica del maggior beneficio, ma in quella opposta del maggior onere per l’interesse pubblico. Sarebbe da non credere, se non ci fossero tanto di sentenza notificata e di delibere adottate.

Tornando al Basento, c’è da aggiungere che la situazione di oggettivo rischio idraulico, descritta nel menzionato parere del CTU, era persino nota all’Autorità di Bacino della Basilicata, sin dall’anno 2001. Tanto è vero che nelle mappe del suo Piano-stralcio per la Difesa dal Rischio Idrogeologico, il tratto in questione è inquadrato tra le “Aree ad alto rischio inondazione”. Ma la stessa Autorità di Bacino – invece di disciplinare e  regolare l’estrazione dei materiali litoidi in funzione del buon regime delle acque…”, così come detta l’art. 17 della legge 183/89: cosa che, se attuata in tutti i fiumi lucani, potrebbe tra l’altro produrre notevoli entrate per la Regione – impegna la sua struttura soltanto per programmare la spesa (vedi il menzionato Accordo di Programma); e, quando se ne presenta il caso, si presta insieme agli altri a confezionare pacchi del tipo S. Nicola.

Intanto quegli accumuli alluvionali che ostruiscono l’alveo del Basento, nonostante la  loro evidente e conclamata presenza, sono ancora ignorati dall’ufficio Infrastrutture di Matera. Viene da chiedersi: si vuol “trattenere” quel materiale per confezionare altri doni? O si vuol conservare una “fattrice” di crolli ed appalti? O è solo per partito preso contro un imprenditore che insiste per il rispetto di regole e di sentenze?.

Facendo un po’ di conti nella seconda ipotesi (la più probabile) – e rapportando i 250 mila euro (previsti per 150 metri) alla lunghezza totale di 5.000 metriil secondo ciclo di ricostruzione comporterà una spesa di 8 milioni di euro. Se poi si procede come si è fatto nel primo ciclo (realizzandone metà e pagandone due volte la stessa metà) il volume di affari si raddoppia. E così via per altri cicli a venire…

L’intervento ora approvato dalla Giunta, non è altro che l’inizio di questo secondo ciclo d’affari e di spreco. Ed è anche un bel coperchio sugli abusi, sinora commessi dall’Ufficio Infrastrutture di Matera. Il quale, dopo aver perseguito, e praticamente ottenuto, la distruzione di quell’opera, si appresta ora a gestirne la ricostruzione. Insomma, questa gabbionata – della quale peraltro se ne potrebbe addirittura fare a meno, se in quel tratto di fiume fosse garantita un’attenta e puntuale manutenzione, sia nella pulizia dell’alveo che nella cura della vegetazione riparale – è diventata una vera e propria gallina dalle uova d’oro.

A quanto pare questi signori sono tutti protesi verso il flusso di risorse in Uscita, senza curarsi minimamente delle possibili Entrate. Anzi fanno di tutto – come nel S. Nicola e nel Basento – per trasformare una possibilità di Entrata in occasione di Spesa. Non si sa il perché, ma stiamo assistendo ad uno strano “conflitto d’interessi”: interessi contrap-posti tra l’Istituzione che aspira a migliorare le proprie Entrate, ed i suoi Apparati, che invece preferiscono attivare la Spesa.

Alla base di tutto questo c’è l’Allegra Gestione. Voluta, diretta e programmata dal Governo Parallelo, il C.I.P.E., l’allegra gestione del denaro pubblico – attuata sul territorio nazionale con l’impiego di strutture sorte ad hoc (ad esempio le Autorità di Bacino); spacciando le immense risorse impiegate per “Investimenti”; operando con metodi spicci, sbrigativi e senza controllo (in emergenza e con somma urgenza) – sta sfasciando la Basilicata e l’Italia.

E allora, quello che andrebbe innanzitutto regimato, arginato e imbrigliato, è questo immenso fiume di denaro, che scorre senza controllo e senza ritegno; e che, lasciando in secca ciò che è utile e necessario, straripa e si perde in mille sprechi finalizzati a sé stessi; ed in mille “operazioni” (e non opere), che offendono il buonsenso, la morale e la comune intelligenza.

Con l’avvento nell’esecutivo regionale del Verde Francesco Mollica, era nata la speranza di un’aria nuova. La speranza di una svolta in questa politica dissipatoria delle pubbliche risorse. Politica praticata nell’ultimo ventennio nei nostri sventurati fiumi, e tuttora persistente. Ma la speranza… è sempre l’ultima a morire.


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