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Lettera da Fontamara - 28.03.2007 -
della serie: Spreco infinito e Legalità perduta

- Il “PIZZO” Nazionale -

di Nicola Bonelli

In omaggio al coraggio dei tanti Giovani calabresi e siciliani, che si vanno mobilitando per contrastare le mafie locali, e per opporsi al pagamento del pizzo, vorrei spiegare come e dove nasce il padre di tutti i Pizzi: quello imposto dal Comitato d’Affari Nazionale attraverso l’allegra gestione della Spesa Pubblica; prelevato dagli Appalti Pubblici: di opere, forniture e prestazioni varie; preteso da una Politica malata e sprecona; gestito da una Burocrazia corrotta e famelica; tollerato da una Giustizia inconsistente ed a volte collusa. Il Pizzo che cresce a dismisura per soddisfare le crescenti esigenze del Malaffare Nazionale; che soffoca con nuove tasse l’attuale popolazione; che grava sulle generazioni future con un Debito pubblico in aumento.

Il tutto avviene – secondo un Oscuro Disegno – nella logica dell’emergenza. Che, quando non arriva naturalmente, la si crea con artifizi e stratagemmi. Tali da innescare le procedure della somma urgenza, o della gestione commissariale; tali da vanificare ogni controllo previsto dalla gestione ordinaria.

Partendo da quel ch’è accaduto e tuttora accade in Basilicata, descrivo gli strumenti legislativi di questo Disegno, nonché le sedi istituzionali dove si decidono strategie e tattiche, “Accordi di programma” e diavolerie simili: tutti rivolti alla spartizione delle pubbliche risorse. La cabina di regia è nel C.I.P.E. (Comitato Interministeriale della Programmazione Economica): una specie di Governo Parallelo, inventato dalla prima repubblica in sostituzione del vituperato Sottogoverno di una volta, attraverso il quale – si ricorderà – avveniva allora la spartizione della torta.

Due clamorosi esempi di allegra gestione effettuate dal CIPE negli anni ottanta sono senz’altro le due Delibere: del 6 febbraio 1986 (Gazzetta Ufficiale n. 71 del 26.03.1986) e del 12 maggio 1988 (Gazzetta Ufficiale n. 144 del 21.06.1988). Con le quali furono stanziati dei fondi destinati allo sviluppo: Fondi F.I.O. (Fondi Investimento Occupazione), per circa 11.000 miliardi di lire (di cui 500 miliardi per  la Regione Basilicata) che non produssero un solo posto duraturo di lavoro.

Esaminando le suddette delibere, si ha la dimostrazione di come si inventa l’emergenza: si approvano interventi multimiliardari senza uno straccio di progetto, e si stabilisce l’avvio dei lavori entro 120 giorni, pena la revoca del finanziamento. In tal modo scatta l’urgenza, e la “necessità” di ricorrere alla “procedura dell’Appalto concorso”, disciplinata dall’art. 24 - primo comma - lettera b), della legge 584/77; con il metodo dell’offerta “economicamente più vantaggiosa”.

E’ una norma che prevede l’aggiudicazione della gara sulla base di una ”serie di elementi di valutazione”, tra cui il minor prezzo, unico elemento oggettivo, che però conta poco (o niente) a confronto degli altri elementi: tutti fantasiosi, pretestuosi e soprattutto discrezionali. E’una norma che permette di affidare i Lavori a chi chiede il prezzo più alto. Quindi è “vantaggiosa”, ma non per l’Ente pubblico, bensì per l’Impresa aggiudicataria, che in tal modo riesce a realizzare utili fino all’80%. Per colmo, non si usa più la contabilità dei Lavori; che vengono liquidati “a corpo” e non “a misura”. Così si evita ogni effettiva verifica sulle opere realmente eseguite.

Si tratta insomma di un diabolico marchingegno inventato da Tangentopoli che - grazie alla discrezionalità consentita - sottrae di fatto la gara alla libera concorrenza; fa lievitare a dismisura il costo delle opere; consente di pilotare la gara a proprio piacimento; e regolamenta il patto non scritto tra le parti contraenti; patto che suona all’incirca così: “Ti affido l’appalto per una spesa di 100 (anche se l’opera ne vale 20) a condizione che di quei 100 me ne ritorni almeno 40”.

E’ una specie di gioco di prestigio che trasforma la gara d’appalto in una partita al “mercante in fiera”, in cui l’opera è solo un pretesto: una “base” per costruirci l’Operazione spartitoria.

In questo modo, il “Grande Appalto” di opere pubbliche diventa una grande tavola imbandita: c’è posto per tutti, e l’importo dell’appalto viene commisurato non più al costo dell’opera ma al numero e all’appetito dei commensali. L’alto margine di guadagno prodotto, oltre che garantire il “ritorno per il committente”, consente di “soddisfare” ogni acquiescenza e di “tacitare” ogni resistenza. Il banchetto di solito è organizzato dalle Grandi Imprese: per carità, tutte aziende al di sopra di ogni sospetto. Ma tra i commensali ci deve essere necessariamente (tra cottimisti, fornitori, progettisti, consulenti, subappaltatori etc…) anche chi è disposto ad emettere fatture false. Senza le quali non è possibile costituire fondi neri… e distribuire mazzette. La stessa norma, si badi bene (sotto altro nome ma con identico marchingegno), muove i pianeti di Forniture, Prestazioni, Pulizie, etc…

Grazie a questa famigerata norma, i suddetti 500 miliardi di lire – Fondi FIO spesi in Basilicata negli anni 80 per “Sistemazioni idrauliche” lungo i fiumi lucani – produssero opere semi-fantasma di cui è difficile trovarne traccia; opere liquidate “a forfait”; realizzate a metà ma pagate per intero; o pagate due volte. Furono insomma delle truffe miliardarie: organizzate, avallate e “collaudate” dalla Burocrazia regionale; ed impunemente consumate nella consapevole indifferenza dell’Autorità Giudiziaria e della Corte dei Conti.

Sulla stessa falsariga si continua tuttora: vedi Accordo di programma del 28.07.2003, tra CIPE e Regione (DGR 1383/2003), con il quale sono stati stanziati e dilapidati altri 25 milioni di euro lungo i fiumi lucani, con vere e proprie “rapine” come quella commessa per la “Sistemazione del torrente S. Nicola di Nova Siri”.

Riferendosi alla serie di appalti degli anni  80 in Basilicata, l’allora deputato On. Nicola Savino di Potenza, in una interrogazione parlamentare (n. 5-01750 del 13.10.1989), esprimeva tra l’altro la seguente inquietante preoccupazione: “l’adozione del metodo della contabilizzazione “a corpo” e non “a misura”, per quanto legale, rende tanto superficiali i controlli da consentire guadagni illeciti, i quali possono innescare processi di degrado sociale… e fenomeni di criminalità diffusa”. E difatti, dopo qualche anno (1992) esplose lo scandalo di Tangentopoli. Dove fu proprio questa norma a “regolare” gli accordi intercorsi tra tanti “Mariuoli” che produssero la diffusa “Dazione ambientale” scoperta dal pool “Mani Pulite” e dal Magistrato Antonio Di Pietro, a cominciare dalle Pulizie del Pio Albergo Trivulzio. 

Dopo quel terremoto questa norma era andata in disuso, ma poi ricomparve con la legge 109/1994 (art. 21). Tornata di nuovo in ombra per qualche incidente tangentizio, è stata di recente dissotterrata col Decreto legislativo n. 163 del 12.04.2006 (art. 83), perchè “imposto” da una Direttiva CE. A quanto pare, sfruttando la “copertura” europea, si riesce a camuffare le “porcate” legislative nazionali in “Leggi ispirate dall’Alto”. Non so dove ci porta l’Europa, ma una cosa è certa: la norma in questione disonora il Parlamento italiano. E’ destabilizzante più di cento Brigate rosse.

Consentire l’uso di questa norma ai tanti Gaglioffi annidati nella struttura pubblica, è come fornire un grimaldello ad uno scassinatore. Anzi, è come consegnare le chiavi di un condominio a dei ladri d’appartamento.

Per ironia della sorte ora tocca proprio al Ministro Di Pietro (II°) applicare questa assurda norma nella gestione dei Lavori Pubblici. E mentre continua ad agitare, a chiacchiere, la spada degli improbabili “Valori” d’Italia, non si accorge che, nella pratica corrente del suo dicastero, fornisce l’alimento alle Grandi Malefatte: applicando appunto questa norma nei Grandi Appalti Nazionali. E’ auspicabile che se ne renda conto e si adoperi per abrogarla. Che non si limiti ad usare il naso del Poliziotto (come fece il Di Pietro I°) alla ricerca perpetua di malfattori. Che usi piuttosto la testa del Politico. E che riesca a individuare e neutralizzare gli oggettivi strumenti usati dal Malaffare: le Leggi, appunto.

E’ altresì auspicabile (la speranza è sempre l’ultima a morire) che il Parlamento provveda a ripristinare, e con più rigore, il reato di “Abuso d’Ufficio”, da cui si genera l’Arroganza-menefreghismo-strapotere della Burocrazia, nonché il vergognoso lassismo della Magistratura ed il conseguente Sfascio del Paese. E provveda a smantellare la miriade di Strutture parallele, a cominciare dal CIPE, nate nella logica della spartizione del potere gestionale, e scevre da ogni responsabilità.

Per un futuro migliore, per il loro futuro, è sperabile infine che i Giovani prendano coscienza anche di questi problemi, e che si mobilitino per debellare questi due Mostri: lo Spreco e l’Illegalità. Due mostri che si inseguono e si alimentano a vicenda, e distruggono la Democrazia. Il Potere li usa per rafforzarsi, creando sudditanza, servo-assistenza e voto di scambio. La Società civile li subisce perdendo cittadinanza e possibilità di sviluppo. Nel contesto che ne segue prevale il Malcostume; si mortifica la Dignità; non c’è spazio per la Legalità. E così via, verso la morte dello stato di Diritto. Dopo di che arriva la giungla …ed alla fine rimaniamo fregati TUTTI.

P.S. Leonardo Sciascia amava ripetere che l'arma, più efficace per combattere e vincere la mafia, è  la Legge. A quanto pare, chi ha veramente capito il concetto è  la Controparte, che si è fatto le leggi su misura per imporre il suo Sistema. Nel mondo dei Grandi Appalti, la norma in questione ha il valore di un vero e proprio Comandamento: “VIETATO NON RUBARE”. E solo chi rispetta tale regola può entrare nel giro.

Sono le leggi il vero piccone usato dall'Antistato per demolire, mattone dopo mattone, lo Stato democratico. Sono le leggi a consentire la massima discrezionalità e lo strapotere a Coloro che gestiscono la cosa pubblica, ed a trasformarla in Cosa loro. Sono le leggi a permettere una sempre più Allegra gestione delle risorse, a fornire gli strumenti per truffe e rapine, ed a garantirne l’impunità.

Inseguire i Malfattori senza neutralizzare le norme truffaldine che consentono di gestire le risorse a loro piacimento: senza controllo (senza contabilità) e senza dover rispondere dei risultati – serve solo a produrre “alternanza e rotazione” tra i Soggetti. Ma il Malaffare non si ferma. Anzi, si ramifica e si moltiplica. Ed il Pizzo ci costa ancora di più.

Nicola Bonelli - Tricarico (Mt) - (348.2601976)


Questo ed altro sul sito: www.fontamara.org


Nota bene: la presente è stata inviata per fax:

alPresidente della Repubblica Giorgio Napolitano

al Presidente del Senato Franco Marini

al Presidente della Camera Fausto Bertinotti

al Capo del Governo Romano Prodi

al Ministro Antonio Di Pietro


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