Eleaml


Ringraziamo il Direttore e la Redazione de "Lo Straniero" per averci autortizzato a riprodurre i seguenti articoli:

Chi è interessato a leggere altri articoli può collegarsi al sito della rivista “Lo straniero” e cercare nell'archivio.

Buona lettura!

Webm@ster - 11 Maggio 2007

___________________________________________________________________________________

Fonte:
https://www.lostraniero.net/ - Numero 82 - Aprile 2007

I nuovi professionisti dell'antimafia

di Pietro Barlotti

21 marzo, primo giorno di primavera: si celebra la giornata della memoria e dell'impegno. Per iniziativa di Libera – associazioni nomi e numeri contro le mafie, presieduta da don Luigi Ciotti – si ricordano tutte le vittime delle mafie. Quest'anno la giornata è alla dodicesima edizione e ha avuto luogo a Polistena, nella Piana di Gioia Tauro, provincia di Reggio Calabria. In tanti hanno partecipato: personalità, politici, cantanti (Luca Barbarossa per la festa finale), rappresentanti di cooperative e associazioni e cittadini di ogni età. Tutto questo ha avuto inizio sull'onda emotiva e di sdegno civile dopo le stragi di Capaci e via D'Amelio. In quel 1993, è importante ricordarlo, non sono solo stati uccisi i giudici Falcone e Borsellino, ma anche il parroco di Brancaccio, don Pino Puglisi. Da allora tante piccole e meno piccole realtà del privato sociale hanno preso piena consapevolezza che il loro lavoro di strada, i loro progetti di quartiere potevano essere, erano uno strumento utile per togliere opportunità e possibilità al potere mafioso che proprio nel brodo di cultura della mancanza di diritti e servizi fa crescere adesioni e consenso.

I nuovi professionisti dell'antimafia

Insieme si è fatta più forte una spinta all'impegno civile e un bisogno di riscatto soprattutto nelle regioni a più alta densità mafiosa.

La politica, e in particolare l'allora Pds, ha saputo leggere, cogliere e quindi canalizzare questa energia per fare in modo che tutto quello che era nato e stava nascendo in quegli anni avesse un riferimento politico chiaro. Libera è stato il nome, il contenitore che ha dato identità e gambe a questo “nuovo” soggetto.

Nei mesi che hanno preceduto la sua nascita ufficiale si sono succedute assemblee, riunioni, incontri per dare una forma a questo coordinamento nazionale antimafia. In prima linea, da subito don Luigi Ciotti, del Gruppo Abele, ma era chiaro che altri erano i motori trainanti dell'iniziativa. Alle prime riunioni per fondare Libera non era affatto infrequente incontrare Luciano Violante, Pietro Folena, Nichi Vendola che in quel periodo guardavano al sociale e all'antimafia come un nuovo spazio per accreditarsi nei confronti della società civile. Furono stabiliti organi, statuto, cariche e presidenza (da allora ininterrottamente don Luigi Ciotti) ed è partita la campagna per aggregare gruppi e associazioni.

La prima mossa fu azzeccata: una campagna di raccolta firme per promuovere una legge di iniziativa popolare per il riutilizzo per fini sociali dei beni confiscati ai mafiosi. L'appoggio di tutto il privato sociale fu scontato e non solo per un reale senso di giustizia, ma per le possibilità molto concrete che le legge offriva.

Inoltre se gestire un possedimento sottratto a un mafioso in Sicilia è un'azione davvero dirompente per le logiche mafiose, molti meno rischi si corrono se si entra in possesso di uno stabile o di un terreno confiscati in Piemonte o altrove. Il fatto stupefacente fu che in pochi mesi la macchina organizzativa messa in campo raccolse un milione di firme, la legge di iniziativa popolare arrivò in Parlamento e in poco tempo fu addirittura approvata. Per molti fu un miracolo dell'impegno civile, ma è evidente che si trattò di un disegno ben orchestrato per creare consenso e identità intorno a questo nuovo soggetto, apartitico per Statuto, ma in realtà con un riferimento politico ben preciso.

Quanto possa essere importante questa occupazione politica di uno spazio sociale, lo si può leggere con lampante chiarezza in un episodio avvenuto a metà novembre del 2006. Sotto l'alto patrocinio della Presidenza della Repubblica Libera organizzò a Roma “Contromafie, Stati generali dell'antimafia”. Tra i tanti interventi di magistrati, politici, studiosi, rappresentanti della “società civile” anche quello del sindaco di Napoli, Rosa Russo Jervolino.

L'incipit del suo discorso ha una obiettivo preciso: i tragediatori che parlano male di Napoli e in molti leggono un chiaro riferimento a Roberto Saviano e al suo “Gomorra”: “qualcuno dice che a Napoli ha vinto la camorra, a queste persone dico che si tratta di una grande bugia”. E poi, ancora, senza vergogna: “a Napoli abbiamo bisogno di politiche sociali e culturali, di sviluppo e di lavoro, è necessario sollevare il contesto socio-economico della città”.

Gli interrogativi sono, dovrebbero essere immediati: ma chi avrebbe dovuto sollevare il contesto socio economico di Napoli in questi ultimi 15 anni? Chi ha governato questa città e questa Regione dal 1993 a oggi? Non esistono responsabilità dell'attuale sindaco o del suo predecessore?

Domande che invece non paiono sfiorare il pubblico degli Stati generali dell'Antimafia che, davanti a tutti i dirigenti di Libera, a don Ciotti e sotto il peso della memoria di tutte le vittime di mafia, applaude in modo tanto spontaneo quanto scontato.

In questi anni Libera arriva a contare tra i suoi aderenti oltre mille tra associazioni e gruppi in tutta Italia. La composizione è assai variegata e si va dai sindacati di polizia alle Acli, da Legambiente agli scout. L'occupazione politica dell'antimafia della società civile ha quindi avuto successo. E ha avuto successo anche il ri-posizionamento di un certo apparato del terzo settore.

L'esempio più evidente è proprio il presidente Luigi Ciotti. Dopo che la tossicodipendenza e le droghe hanno perso gran parte del loro appeal mediatico, ma non la loro urgenza e pericolosità sociale, era necessario per il fondatore del Gruppo Abele trovare un nuovo ruolo in prima fila. Accanto e sotto di lui si sono costruite una serie di micro-carriere fatte di uffici di segreteria, coordinatori, referenti regionali.

A volte cariche non retribuite, ma utili per il cappello di prestigio che danno per una “rendita di posizione” che permette di accedere più facilmente a “tavoli” dove si decide e a fonti di finanziamento pubblico. D'altra parte, nonostante uno Statuto che delega i poteri di nomina all'Assemblea nazionale e alle assemblee regionali, paiono un po' oscuri i meccanismi con i quali avvengono le scelte delle cariche. E non è un caso che nel 2006 Libera è stata scossa da una serie di polemiche, con dimissioni e spaccature proprio a causa di una gestione delle cariche ritenuta da alcuni non trasparente e verticistica.

Si è così creato un sottobosco variegato, un po' idealista, un po' furbo e un po' opportunista ma assai poco rappresentativo di una qualche realtà locale o regionale. D'altra parte le attività di Libera, a partire dalla giornata della memoria e dell'impegno, sono in gran parte orientate ai simboli e alla retorica: educazione alla legalità, un dossier sul doping, corsi di formazione per insegnanti e amministratori, gli Stati Generali.

C'è anche, è vero, la consulenza e il sostegno per gruppi e cooperative che intendono entrare in possesso di beni confiscati ai mafiosi, anche se in questo caso basterebbe un buon lavoro di comunicazione e consulenza delle pubbliche amministrazioni interessate. Si sbaglia allora di grosso chi crede che un coordinamento così vasto di associazioni sia un “pensatoio” d'avanguardia, un laboratorio di iniziativa sociale, un luogo di sintesi e di proposta, un'opportunità di critica e denuncia dell'esistente.

Avrebbe potuto essere. Ma così non è. Per le singole associazioni stare dentro Libera significa essere “dentro la corrente”, significa poter usare un marchio riconosciuto, vuol dire avere qualche interlocutore nella politica e forse, per alcune realtà davvero “di frontiera”, può anche significare non sentirsi soli e abbandonati. Ma a un'associazione nazionale antimafia che fa dell'educazione alla legalità una delle attività di punta è però doveroso fare le pulci anche sui compagni di viaggio.

Sul sito di Libera sono sotto la voce “I nostri partner”. Eccoli: Unipol e Telecom. Data la storia, la nascita e gli orientamenti di Libera non stupisce trovare questi due marchi ai quali, in occasione degli Stati Generali dell'Anitmafia, si è aggiunta la Coop Firenze. Troppo facile ripercorrere le cronache giudiziarie che hanno toccato i vertici di Unipol e settori strategici di Telecom per avere qualche dubbio sulla bontà della scelta.

D'altra parte l'antimafia di Libera, più che di sostanza, pare essere una questione di parole, simboli, immagine, eventi. Risponde a bisogni di protagonismo personale e di presenza politica. Associati o meno al carrozzone di Libera sono in tanti e sono altri, a Scampia come nella Locride, a Palermo come a Messina, i soggetti che continuano giorno per giorno il proprio impegno per la costruzione di spazi di socialità e cittadinanza: esisterebbero anche senza Libera con le sue articolazioni, i suoi organismi, le sue cariche elettive e i suoi consulenti. Il suo linguaggio, il suo stile, i suoi modi di sono invece affini ad altri.

A Oliviero Toscani per esempio. Proprio in queste settimane è partita la sua campagna pubblicitaria a sostegno dell'immagine della Calabria voluta a pagata dalla Regione: una campagna costosa, provocatoria, ma neanche troppo originale (“Malavitosi? Sì, siamo calabresi! Incivili? Sì, siamo calabresi!”). I simboli e la retorica di Libera, l'ironia e la provocazione di Toscani: le armi giuste per sconfiggere la mafia?







vai su









Ai sensi della legge n.62 del 7 marzo 2001 il presente sito non costituisce testata giornalistica.
Eleaml viene aggiornato secondo la disponibilità del materiale e del web@master.