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Franco Cassano

Ragione occidentale, ragione mediterranea

16 aprile 2002

Puntata realizzata con gli studenti del Liceo “Cartesio” di Giugliano
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STUDENTESSA: Professor Cassano, nel filmato abbiamo sentito parlare di pensiero meridiano, ragione mediterranea e di saggezza del Sud. Ecco, per cominciare, potrebbe chiarirci che cos'è il pensiero meridiano?

CASSANO: Il pensiero meridiano è l'idea che il Sud abbia non solo da imparare dal Nord, dai Paesi cosiddetti sviluppati, ma abbia anche qualcosa da insegnare e quindi il suo destino non sia quello di scomparire per diventare Nord, per diventare come il resto del mondo. C'è una voce nel Sud che è importante che venga tutelata ed è una voce che può anche essere critica nei riguardi di alcuni dei limiti del nostro modo di vivere, così condizionato dalla centralità del Nord-Ovest del mondo. Io credo che il Sud debba essere capace di imitare, ma anche di saper rivendicare una misura critica nei riguardi di un mondo che ha costruito sull'ossessione del profitto e della velocità i suoi parametri essenziali. Noi pensiamo che i Paesi del mondo siano divisi tra sviluppati e quelli in via di sviluppo e che i secondi debbano diventare come i primi. Questo è impossibile sul piano generale, perché il reddito medio dei Paesi sviluppati sarebbe impossibile a generalizzarsi, impossibile soprattutto perché ogni Paese ha una sua storia attraverso la quale può interpretare lo sviluppo, costruendolo sulla base di quelle che sono le sue esigenze, di quella che è la sua storia, la propria voce. Cantare con la voce degli altri è una falsità. Bisogna cantare con la propria e soprattutto rivendicare alcuni elementi che appartengono al Sud. Io in genere do un grande significato al tema della lentezza. Non è vero che il mondo è più perfetto man mano che diventa più veloce. Ci sono alcune dimensioni dell'esperienza che sono possibili solo nella lentezza, dall'amore alla conoscenza. Pensare che tutto possa essere compresso, reso più rapido e veloce, è un'illusione che produce una serie di patologie. Ecco, il Sud ci può aiutare a percepire le patologie che nascono da un modello nel quale lo sviluppo e la ragione non hanno più un criterio di misura, sono diventate sregolate, prive di possibilità di governo.

STUDENTESSA: Il pensiero meridiano che riguarda tutti gli uomini del Sud, è un'entità così forte e complessa da poter accomunare Giordano Bruno al metalmeccanico di Bagnoli?

CASSANO: Il pensiero meridiano è un'identità complessa perché esso non pensa solo al Sud d'Italia. Noi siamo una grande penisola gettata nel Mediterraneo e certe volte ce ne dimentichiamo. Se noi andiamo a guardare sugli Atlanti, scopriamo che è difficile vedere tutto in un quadro il Mediterraneo. Noi vediamo l'Europa o vediamo l'Africa. Mentre il Mediterraneo è tutto questo incrocio di popoli. Noi, come Sud, siamo sempre stati una molteplicità di voci che hanno attraversato questo mare e, come dicevo prima, possiamo costituire una voce critica nei riguardi dello sviluppo. Perché bisogna correre ossessivamente? Perché dobbiamo vivere in un mondo nel quale, pur essendo molto più ricchi di ieri, corriamo come se fossimo poveri? A questo fine possono essere utili tutti quanti i meridionali, cercando di essere migliori di quello che sono, recuperando il meglio di una storia, il meglio di una tradizione, sapendo che quella storia e quella tradizione non appartengono al passato, ma sono risorse per il futuro. Nulla è più povero di un popolo che arriva di fronte al futuro senza alcuna idea di come attraversarlo, se non quelle prestategli da altri, quelle che vanno bene per altri, ma non per lui. Quindi si tratta di un'opera di creazione originale, difficile, ma, secondo me, straordinariamente attuale ed entusiasmante. 

STUDENTE: Il Sud dunque è un'entità complessa, ma in che misura il pensiero meridiano è un pensiero del Mediterraneo se di esso si affacciano popoli che hanno valori e principi diversi da noi?

CASSANO: L'idea del pensiero meridionale non è l'idea di un pensiero unico, anzi è il contrario. Il Mediterraneo mette in contatto popoli diversi. Questa è la sua grande funzione e noi dovremmo fare in modo che il suo sia un destino di pace, di comunicazione in cui gli uomini che si incontrano alla frontiera possano guardarsi non come se fossero immagine deforme di sé stessi, ma come ciascuno che ha una propria storia da raccontare e che l’altro deve stare a sentire. È il contrario del fondamentalismo secondo cui, invece, soltanto la mia cultura è quella giusta e che l'altro, in quanto diverso da me, sia l'ingiusto, il male e dunque deve diventare come me. 

STUDENTESSA: Possiamo considerarci continuatori della civiltà greca?

CASSANO: Credo che dalla Grecia derivi per noi un grande insegnamento. Io ho sempre pensato che questa terra, per la sua costituzione geografica che è una specie di penisola gettata nel mare con tutte queste sue isole, sia da sempre un posto di confine tra l'Europa e l'Asia. E per me il confine è il luogo dove riflettere sulla fragilità della nostra verità, perché essa è il risultato di un esercizio continuo e non data una volta per tutte. È un ricominciare continuo. È la capacità di dubitare di un'idea anche se forte della propria verità e percepire che invece le verità sono molteplici. Uno dei grandi compiti che nel mondo abbiamo, non solo nel Mediterraneo, è quello di abituarci a coabitare, di far coesistere le fedi esistenti. Bisogna capire che gli uomini pregano in più modi e non in uno solo, parlano in più modi. Nel Mediterraneo è sempre avvenuto questo scambio di culture e io credo che, da questo punto di vista, la Grecia possa ancora insegnarci molte cose.

STUDENTESSA: Nel pensiero meridiano quanto c'è di cattolico e quanto di pagano? Per esempio il culto dei Santi potrebbe essere ricollegato al politeismo greco?

CASSANO: I Santi testimoniano il bisogno di aiuto che gli uomini hanno di fronte a una serie di problemi, di difficoltà. Io credo, invece, che talvolta gli uomini debbano essere capaci di risolvere da soli i propri problemi. Nel caso di un problema di giustizia sociale, non credo ci si debba rivolgere ai Santi, se non a San Francesco quando Egli dice: “La giustizia organizzatela. MuoveteVi Voi e non aspettate tutto dal cielo”. 

STUDENTESSA: Quand’è che è venuto a mancare il vero significato del pensiero meridiano?

CASSANO: Io credo che noi guardiamo al passato per recuperare alcuni elementi di saggezza oggi assenti. Viviamo in una società che potrebbe essere, senza alcuna forzatura, paragonata ad una macchina, ad un’automobile perfetta con dentro tutte le comodità, dall'airbag, al telefono, alla musica, al mini bar, quello che si vuole, molto veloce, sempre più veloce. C'è un romanzo di uno scrittore, che non è meridionale, Milan Kundera, il quale fa un paragone tra due storie d'amore, due storie di incontri tra uomini e donne; una contemporanea e l’altra ambientata nel Settecento. La seconda è un corteggiamento che dura tre giorni, mentre la prima, quella contemporanea, è quella di un rapporto consumato tra due persone che si sono appena conosciute, le quali, al loro risveglio, si scoprono insopportabilmente estranee, perché hanno bruciato tutto subito. Voglio dire che vi sono delle situazioni di vita che richiedono del tempo, una riflessione, perché le si conosca e le si possa affrontare. Ecco questo tipo di saggezza abita molto poco il nostro tempo, dove gli uomini pensano in velocità, vivono in costante accelerazione. Il pensiero meridiano allora abitua a pensare che una società nella quale il profitto è la regola fondamentale e il resto è soltanto subordinato a questo ciclo, non è una società saggia.

STUDENTESSA: Perché si dice: “noi napoletani”, ma non “noi torinesi” o “noi milanesi”?

CASSANO: C'è un film famosissimo di Troisi in cui lui sta a Firenze e tutti quanti gli chiedono: "Ma lei è immigrato?". E lui risponde: “No, io sono ... Viaggio…Un napoletano può solo emigrare? No, può anche viaggiare!”, diceva Troisi. Ebbene qui non c’è solo l’immagine dei meridionali che emigrano da Sud verso Nord, io credo che vi sia qualche cosa di più complicato all'origine di tutto questo. Forse si pensa che i meridionali, per il loro modo di essere così fantasiosi, forse siano inutilizzabili per una civiltà seria e produttiva. Di certo io mi dissocio da questo pensiero, perché sono convinto che essi invece abbiano in mente, se interpretati bene, un'idea diversa di civiltà, un'idea diversa delle relazioni tra gli uomini. La capacità dell’uomo meridionale di costruire una relazione con l'altro molto più calda, emotiva, è a mio avviso un elemento positivo del vivere che gli stessi nordici spesso vanno a cercare nel Sud . È un bisogno che avvertiamo e che dobbiamo difendere. 

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