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La Scuola Medica Salernitana

di Giuseppe Amelio

La Scuola Medica Salernitana è stata, nel corso dei secoli, famosa in tutto il mondo per i suoi insegnamenti e la sua notevole esperienza medica, dando lustro e decoro alla nostra città. Certamente parlarne oggi, a distanza di tanti secoli dalle probabili origini, è impresa ardua, causa lo scarso materiale storico a disposizione e anche perché, la maggior parte degli storici e dei cronisti che ci hanno tramandato tali vicende, molto raramente furono testimoni diretti di esse.

Non mi sembra il caso di affrontare qui un’ardua questione che mi porterebbe troppo lontano dal mio programma che è quello di presentare ad una vasta platea di cittadini quelli che sono stati i capitoli fondamentali del trascorso storico della famosissima Scuola Medica, intendiamoci molto brevemente e superficialmente.

Ben altri testi curati da illustri storici salernitani, (A. Carucci, A.R. Amarotta, R. Avallone, P. Boggi Cavallo) per citare solo i contemporanei, e soprattutto il meritorio lavoro di ricerca svolto nel corso degli anni dagli studiosi del Centro Studi e Documentazione della Scuola Medica Salernitana sarebbero d’aiuto a chi volesse approfondire l’argomento. Inoltre il Centro Studi, sotto la direzione di due illustri storici salernitani, Arcangelo Amarotta e Alfonso Leone, cura l’edizione periodica di interessanti pubblicazioni, che trattano approfonditamente il trascorso storico della ineguagliabile tradizione medica salernitana.

 
Giuseppe Amelio
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LA SCUOLA MEDICA SALERNITANA

Sintesi di un insegnamento secolare
 

            La medicina ha origini antichissime, anzi preistoriche; si può affermare con certezza che essa sia nata con l’uomo, il quale cercò subito di porre rimedio ai suoi mali fisici, ed era, in epoca arcaica, privilegio di capi politici e sacerdoti che la esercitarono avvalendosi soprattutto di pratiche magico-religiose. Norme di medicina erano già praticate in India, Cina e nell’antico Egitto, si conservano documenti che risalgono al 30° secolo a.C.

Una scienza medica, praticata ancora oggi, nacque in India circa tremila anni fa, si chiama Ayurveda (dal sanscrito, antica lingua indiana, significa ayusvita” e vedaconoscenza” è un sistema di medicina che non ha mai cessato di evolversi ed è tuttora insegnata nelle università e praticata negli ospedali indiani. Alcuni storici presumono che tali precetti raggiunsero la Grecia dove Asclepio[1], uno dei principali promotori, fu considerato il mitico fondatore dell’arte medica. Il precursore della medicina scientifica fu Ippocrate[2] considerato tra le figure più rappresentative della medicina antica che, per suo merito, fu finalmente libera dalle impostazioni esoteriche e avviata su valide basi scientifiche. In seguito la scienza ippocratica si diffuse in Alessandria d’Egitto e poi in Roma dove raggiunse l’apice con Galeno.[3]

Dopo un lungo periodo di decadenza, corrispondente alla diffusione del Cristianesimo, contrario alla dissezione, la medicina risorse nuovamente nei paesi mediterranei per merito degli Arabi e, in Italia, anche con il contributo di esperti medici salernitani. 

           

       La scuola di Salerno, secondo l’ipotesi di alcuni studiosi, vanterebbe origini antiche, risalenti probabilmente al VI secolo d.C., ereditando il sapere di una scuola medica operante a Velia[4] fin dal V secolo a.C. Nel 1960 furono rinvenute a Velia quattro statue di medici tra le quali una dello stesso Parmenide medico. Lo storico P. Ebner, in seguito a questa scoperta, ha messo in relazione di continuità la scuola di Velia con quella di Salerno. Altri studiosi suppongono che la scuola salernitana abbia avuto origini romane.[5] Comunque la sua genesi è avvolta nel mistero, tesi peraltro confermata da molti storici di fama internazionale. I primi documenti, in cui appaiono tracce evidenti del sapere medico salernitano che, oltrepassando i confini della città, si diffuse e integrò con altri insegnamenti medici italiani ed esteri, risalgono al IX secolo. Vi è anche chi sostiene, ed è a mio avviso l’ipotesi più valida, che la scuola di Salerno non sia mai stata fondata, ma si sia lentamente costituita accrescendo il sapere medico ereditato nel corso dei secoli.

Nell’820 ca. l’arciprete Adelmo organizzò nei pressi del cenobio di San Benedetto un’infermeria che, in seguito, fu aggregata al medesimo convento. Nell’865 ca. il principe longobardo Guaiferio, nei pressi del suo palazzo, edificò una chiesa intitolata a S. Massimo, cui fu annesso un piccolo “hospitium” per vedove e orfani, affidato alle cure dei Benedettini, forse il primo conosciuto a Salerno.

 

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         Uno dei personaggi di maggiore rilievo della scuola medica salernitana fu Ruggero Frugardo o dei Frugardi, meglio noto sotto la denominazione di “Rogerius Salernitanus”, fondatore della branca chirurgica della scuola stessa.

Un suo discepolo, Guido D’Arezzo, ne stese il trattato di chirurgia “Chirurgia Magistri Rogerii”, che va normalmente sotto il suo nome. Molti sono i punti oscuri sulla vita e sull’opera di questo grande chirurgo. Comunque bisogna ricordare che siamo al tempo delle crociate, il porto di Salerno divenne il centro di tutti gli scambi, i malati e i feriti più gravi venivano sbarcati, ricoverati nelle infermerie dei monasteri e affidati ai medici della scuola per le cure immediate. Questa svariatissima ricchezza di casi clinici, permise a Ruggero di sviluppare la parte più originale del suo trattato di “Chirurgia”. La sua opera, che costituisce il testo ufficiale della chirurgia dei secoli XIII-XV è il primo documento della chirurgia italiana.

Il trattato si sviluppa in quattro libri: il primo è incentrato sulla trattazione delle malattie della testa, il secondo su quelle del collo, il terzo su quelle delle estremità superiori del petto e dell’addome, infine il quarto sui morbi dell estremità inferiori, della lebbra e dello spasmo. Dei numerosissimi commenti che ebbe questo trattato, lo rese famoso quello ad opera di Rolando De’ Capezzuti da Parma, nato a Bologna intorno al 1230, che lo insegnò nella sua scuola di Bologna circa un secolo dopo.

Ciò testimonia la diffusione che tale testo ebbe in Italia; ma se volessimo spingere il nostro sguardo al resto dell’Europa di quegli anni, troveremmo che la chirurgia di Ruggiero, già vi si era abbondantemente diffusa. L’opera rivela conoscenze ben più approfondite che non i precedenti testi medioevali, e testimonia che nella scuola di Salerno si praticava la dissezione di animali (soprattutto il maiale) a scopo di studio, anche se le linee fondamentali seguite da questi lontani precursori del rinnovamento scientifico erano pur sempre quelle galeniche. Salerno vanta, inoltre, un primato di notevole prestigio storico: quello di avere le prime donne medico in Italia e forse anche in Europa.

Trotula de Ruggiero. Vissuta nella metà dell’XI secolo, appartenente alla nobile famiglia De Ruggiero, figlia di medico, moglie e anche madre di medico, scrisse molte opere di medicina e insegnò nella scuola salernitana. Trotula offrì un contributo notevole ad un sistema medico-sanitario che non fu solamente una struttura scolastica, ma anche e soprattutto un servizio dotato di una propria attività ambulatoriale, finalizzata a tenere in osservazione i pazienti e a stabilirne le cure più adatta per le diverse patologie. Molto esperta anche in campo ginecologico scrisse “De mulierum passionibus in, ante e post partum”. Suo marito, Giovanni Plateario, fu, a sua volta, il capostipite di una lunga generazione di medici.


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Nel regimen è anche contenuto un ricco prontuario per sfruttare al meglio le proprietà medicamentose di moltissime piante officinali.

Anche nell’epilogo è contenuto un ulteriore incoraggiamento a seguire le norme contenute nell’opera, assicurandone la validità in quanto precetti dettati da due grandi maestri della medicina salernitana, Ursone e Matteo “per quos regnat medicina Salerni” (per i quali regna la medicina salernitana).

La diffusione e la risonanza che il poema, scritto in versi leonini[12], ebbe all’epoca si debbono certamente alla sua semplicità e chiarezza. Non si nota ombra né appesantimento di principi filosofici, ma tutto si ispira alla virtù dei “semplici” e ai precetti di una rigida igiene fisica e morale.

            E’ un poema del quale non si conosce la data precisa di compilazione, né l’autore o gli autori e si presume che i primi versi siano stati scritti intorno al X secolo. Vari sono i manoscritti che in maggioranza lo dedicano al Re d’Inghilterra “Anglorum Regi” poche volte a un “Francorum Regi” nel primo caso; non si è certi se si trattava di Edoardo III di Inghilterra, che regnò con esemplare virtù dal 1042 al 1060, o invece di Roberto II, Duca di Normandia, figlio di Guglielmo il Conquistatore. Il Pazzini ha dato una sua originale e fantasiosa interpretazione ad una miniatura che raffigurerebbe Salerno, impressa in un codice risalente al XV secolo del canone di Avicenna[13].

          

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Il Regimen offre i rimedi giusti per ogni sofferenza, dettandoci le buone norme per vivere sani, demolisce quel fanatico misticismo medioevale che imponeva la privazione della carne, la mortificazione dello spirito, l’astinenza dal piacere e soprattutto la paura di avere in sacro orrore tutto ciò che poteva rendere più dolce e dilettevole la vita, per cui fa capire chiaramente a chi lo consulta, di valersi, con giusta moderazione, de beni terreni che la natura ci ha elargito.

Di notevole rilievo è stata anche la tradizione ospedaliera salernitana. I primi ospedali salernitani sono da definire, nella maggior parte, ospizi, e sorsero a fianco delle chiese e nei monasteri, spesso ubicati lungo le strade di grande comunicazione per fornire asilo e assistenza ai viandanti o ai pellegrini malati. Spesso ne usufruivano anche i poveri locali che, quando si ammalavano, non avevano la possibilità di essere assistiti nelle loro abitazioni.

Oltre all’ospizio di S. Massimo, insieme ad altri luoghi di cura che lentamente si costituirono nella nostra città, si ricorda un ospedale con il nome di S. Lorenzo, citato nel 1163 da Ersacio, gran camerario di Puglia e Terra di Lavoro, il quale colloca l’edificio fuori le mura (extra moenia) nei pressi dell’attuale rione Carmine.

Il più importante fu fondato poi nell’ultimo ventennio del XII secolo da Nicola D’Aiello, arcivescovo di Salerno, il quale ricevette in dono dal padre Matteo, vice cancelliere del Regno, la chiesa di S. Giovanni in Busanola, oltre le mura occidentali della città, dove fondò un ospedale con il nome di S. Giovanni che rimase fuori le mura fino al secolo XIV.

In seguito fu trasferito all’interno, trovando collocazione di fronte la chiesa dell’Annunziata e prese il nome di S. Biagio.

Le autorità cittadine, per una più completa cura ed assistenza degli infermi, invitarono i religiosi dell’Ordine di S. Giovanni di Dio che vennero, nella nostra città, da Napoli. Nel 1870 il marchese Ruggi d’Aragona fondò a proprie spese un ospedale per gli infermi poveri, nei pressi di piazza Portanova. In seguito i consigli di amministrazione dei due ospedali, ormai inadeguati alle esigenze della città, in notevole espansione demografica, decisero nel 1898 di fonderli e costruire un apposito fabbricato che li comprendesse entrambi. Soltanto nel 1910 fu possibile dare corso ai lavori del nuovo ospedale, chiamato San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona, sito in via M. Vernieri, attualmente operante in località S. Leonardo.

L’arte medica fu insegnata a Salerno da valenti maestri che la diffusero si loro discepoli, secondo un’antica tradizione, nelle loro stesse abitazioni “Privata Schola” e soltanto in seguito un istituto comune sostituì molte di queste scuole private.

            Con l’avvento della dominazione Sveva, la tradizione medica salernitana ebbe nuovi impulsi. Federico II, si interessò molto alle problematiche della Scuola Salernitana. Le prime ordinanze riguardanti la Scuola si rinvengono tra le costituzioni[15] emanate dall’imperatore Federico II nel 1231 a Melfi. Infatti l’articolo 45 (lib.3) descrive la procedura per il conferimento delle licenze mediche, secondo la quale il candidato, una volta superato l’esame davanti ai maestri[16] della Scuola, doveva presentarsi al Re o ad un suo rappresentante per ottenere la licenza. L’imperatore prescrisse inoltre che, per il conseguimento della laurea, l’allievo doveva studiare per tre anni logica, come preliminare per lo studio della medicina, il cui corso doveva durare cinque anni e includere anche la pratica chirurgica. Di notevole rilevanza è anche l’articolo 47 il quale imponeva che tutte le medicine fabbricate nel reame, prima di essere poste in commercio, dovevano essere controllate dai maestri medici della scuola. In seguito con i successori di Federico II, il figlio Corrado IV e Manfredi, rimasero inalterati i privilegi concessi alla Scuola; addirittura il re Corrado, nel 1252, trasferì a Salerno, anche se per poco, l’università di Napoli per punire la città che, dopo la morte di Federico, si era associata ai moti eversivi scoppiati in quel periodo contro gli Svevi.

Con la dominazione angioina, Carlo I, rimanendo in parte inalterati i privilegi elargiti dai suoi predecessori alla scuola, grazie all’intervento di un certo Petrus Marronus, insegnante di medicina, permise agli studenti salernitani e ad alcuni insegnanti l’esenzione dalle tasse. La scuola medica salernitana mantenne, per molto tempo, il vecchio sistema degli stipendi pagati ai propri insegnanti sulla base di un contratto privato. Il nuovo sistema degli stipendi pubblici fu adottato soltanto nel XIV secolo, quando la scuola divenne una istituzione cittadina e mantenne questo regime fino alla sua soppressione. Un passo avanti, di notevole rilievo, fu fatto dalla scuola sotto la dominazione della regina Giovanna I nel 1359.

La sovrana stabilì, a differenza dei suoi predecessori, che la scuola poteva rilasciare licenze senza l’assenso dei commissari regi e, inoltra, tutti coloro che acquisivano la laurea a Salerno, potevano esercitare liberamente la professione medica in tutto il reame. Questi importanti privilegi concessi alla scuola vennero confermati anche in seguito sotto la dominazione aragonese.

I principi Sanseverino, che governarono la nostra città per circa un secolo (XV-XVI sec.), contribuirono notevolmente al progresso della scuola salernitana, dove non era insegnata solo la medicina, ma anche altre materie come la filosofia e il diritto. Interessante la presenza a Salerno, in questo periodo, di un famoso filosofo, Agostino Nifo[17], che fu degno membro del collegio salernitano. Per dare un’idea dell’importanza della scuola è sufficiente affermare che in origine era proibito a chiunque esercitare nel reame l’ “Ars Medica” se non avesse acquisito la licenza presso la scuola di Salerno che una delle prime città dell’Occidente dove si conferiva la laurea in medicina.

Sembra che la scuola, nonostante ci siano al riguardo molte ipotesi, purtroppo non suffragate da alcun riscontro documentario, abbia avuto varie sedi per l’insegnamento e il conferimento delle lauree. La protettrice della scuola fu santa Caterina Alessandrina. Le sedi d’insegnamento, in relativo ordine cronologico, secondo l’illustre storico salernitano Prof. Riccardo Avallone, e spesso in contemporaneità furono: la reggia Arechi o le sue adiacenze, la cappella superiore e inferiore di S. Caterina[18] nell’atrio e ai piedi della scalinata marmorea del duomo, ossie le odierne sala San Tommaso e San Lazzaro.

La principale sede della scuola fu in seguito, causa l’inagibilità della cappella di S. Caterina, il palazzo dell’antica pretura, ubicato in via Trotula De Ruggiero. L’ultima sede della scuola fu l’ex seminario arcivescovile.

Le lezioni erano accessibili a chiunque, di qualsiasi confessione e nazionalità. Era sorto così il primo ateneo del mondo occidentale; quindi la scuola salernitana fu la veneranda progenitrice di tutte le università e le scuole moderne, modificando e arricchendo, con razionale elaborazione, il sapere antico di nuove cognizioni, fino a diventare esempio su cui, in seguito, si modellarono le istituzioni dei tempi moderni.

La scuola, come tutte le istituzioni di rispetto, aveva un suo preciso ordinamento in base al quale si orientarono, in seguito, le maggiori università italiane ed era formata dall’almo collegio, composto da dieci collegiali (più quattro di riserva), il più anziano dei quali veniva eletto Priore, massima carica della scuola. Il Priore era delegato dal Re, in nome del quale conferiva le lauree ed era anche arbitro nelle vertenze che, di tanto in tanto, si susseguivano tra i collegiali o fra gli studenti. Quando il Priore veniva a mancare, gli succedeva automaticamente il più anziano del collegio, detto anche promotore. Per far parte del collegio il medico doveva risiedere a Salerno da almeno venti anni. Tutti gli altri medici della città erano Alunni”.


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La scuola terminò di operare a seguito di un decreto sul riordinamento della pubblica istruzione, datato venerdì 29 novembre 1811, emanato da Gioacchino Murat.

Vale la pena ricordare l’affermazione di Paul Oskar Kristeller, ritenuto da molti il massimo studioso della scuola medica salernitana, che apre il saggio, “The School of Salerno” pubblicato nel 1956: “La Scuola di Salerno è stata a giusto titolo famosa come la prima e la più importante Università dell’Europa Medioevale, come primo e più importante fra tutti i luoghi della medicina”.


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