"Benvengano gli appelli. Ma se si traducono in idee-guida. E soprattutto in progetti concreti, fatti propri e sostenuti dal governo centrale. Perché la Napoli assediata dalla criminalità è un caso nazionale che non può essere affidato solo a nobili iniziative locali: oltreché riduttivo, è un approccio che sortirebbe scarsi effetti". Massimo Cacciari non ha dubbi.
E per rafforzare i suoi argomenti l'ex sindaco di Venezia e filosofo di
lungo corso, non esita a citare proprio il caso della sua città:
"Per la la salvaguardia di Venezia non c'è forse un progetto
nazionale? Perché dovrebbe essere diverso per Napoli?",
rilancia. Ma neppure si nasconde, tuttavia, le responsabilità
per ciò che a Roma non ha fatto a suo tempo il centrosinistra al
governo, e che a Napoli e in Campania dovrebbero fare il sindaco
Iervolino e il governatore Bassolino.
Converrà, professore, sul fatto
che criminalità organizzata e microcriminalità affondano
nel sociale: quali risposte darvi?
"Proprio perché camorra e mafia si muovono sempre di più
in un'ottica globale e obbediscono in definitiva a una logica centrale,
occorre uno sforzo politico, economico, giudiziario e sociale
altrettanto forte, cioè nazionale".
Come dire non solo polizia: condivide
il ministro dell'Interno Pisanu quando afferma che le forze dell'ordine
non sono l'unica soluzione senza una responsabilizzazione più
capillare dei cittadini?
"Non c'è alcun dubbio. Il presidio del territorio è
importantissimo, ma non può costituire la soluzione delle
cause".
Può di più, magari,
un'iniziativa come quella del professor Masullo di un MANIFESTO dei
napoletani per mettere in moto un processo di consapevolezza civica?
"Certo che l'appello alla cittadinanza è importante e deve
diventare mobilitazione, ma sono le strategie a non poter essere
limitate all'ambito locale. Per creare a Napoli un contesto sfavorevole
alla camorra è essenziale la scuola: ma lo sfascio
dell'istruzione in Italia non è forse sotto gli occhi di
tutti?".
Sta dicendo che gli amministratori
locali poco o nulla possono?
"Dico che dieci anni fa, con Bassolino, Napoli ha provato a camminare
da sola: l'attualità dimostra che non basta se non c'è un
preciso coinvolgimento centrale".
Non sono pochi, e tra questi
l'arcivescovo di Napoli Giordano, a sostenere che il cosiddetto
"Rinascimento napoletano" fosse molto di facciata e poco di sostanza:
come valuta a distanza quell'esperienza di governo?
"Un progetto illuministico, nel senso positivo e negativo. Seppe
aggregare ma forse non stabilire rapporti tra l'amministrazione e gli
altri centri. Con il limite di essere magari un po' accademico".
E oggi, dunque, quali risposte
concrete immagina per Napoli?
"Un grande progetto finanziato e sostenuto dalla comunità
nazionale. Le emergenze si possono contenere e tamponare, lo sviluppo
va costruito".
In tempi di devolution non vede
il rischio di un neocentralismo?
"Assolutamente no. Consideri di nuovo il caso di Venezia: progetto e
finanziamenti sono nazionali, l'attuazione degli amministratori locali,
è lì che scatta la responsabilità. Dov'è
dunque una limitazione dell'autonomia? Il fatto è che per Napoli
e il Mezzogiorno a livello nazionale non c'è un piano, non un
progetto. E il risultato è il degrado".
Questo per la Casa delle
libertà. I governi di centrosinistra non hanno nulla da
rimproverarsi per Napoli?
"Altroché, e non solo per Napoli. Non c'è stata un'idea
forte. Così come non abbiamo realizzato quelle riforme che ora
il centrodestra sta facendo con lo sfascio generalizzato, dalla scuola
alla giustizia".
E quale ruolo vede per il
sindaco di Napoli Iervolino e il governatore della Campania Bassolino
nella prospettiva di questa idea forte per Napoli?
"Che comincino a discuterne e a formalizzarla. Dopo l'occasione sfumata
dell'America's Cup mi sarei aspettato un rilancio di iniziative: come
per le Olimpiadi a Barcellona, per esempio. Morto un re se fa un altro,
no? E allora, per esempio, dov'è il futuro di Bagnoli?".
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