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Fonte:
https://comitatiduesicilie.org/

Relazione del vicepresidente Dott. Luca Longo


cds luca longo 2010

Scritto da Davide

Relazione esposta al congresso 2010:

Comitati delle Due Sicilie: ricostruire l”IDENTITA’” del nostro Popolo e difendere gli interessi del Sud

Sulla base delle valutazioni SVIMEZ, nel 2009 il Pil ha segnato nel Sud una riduzione del 4,5%, un valore molto più negativo del -1,5% del 2008. L’Abruzzo ha registrato la variazione più consistente, pari al - 5,9%, seguito dalla Campania con il - 5,4%.

Sempre nel 2009, il Pil pro capite nel Sud è stato di 17.317 euro, circa il 58,8% del Centro- Nord (29.449 euro); l’ultima Regione, la Campania, con 16.199 euro, era al 55,0%, a sua volta preceduta dalla Calabria con 16.739 euro (56,8%).

Nel 2009, il tasso di disoccupazione nazionale è salito al 7,8% rispetto al 6,7% del 2008: tale risultato è però composto da un 12,5% al Sud, contro un 5,9% al Centro-Nord. In testa alla non invidiabile classifica la Sicilia con il 13,9%, mentre la Campania è al 12,9%.


Come già rilevato nel Rapporto SVIMEZ del 2009, al Sud continua a crescere la zona grigia della disoccupazione, che raggruppa scoraggiati (persone che non cercano lavoro ma si dicono disponibili a lavorare), disoccupati impliciti e lavoratori potenziali. Considerando questa componente, il tasso di disoccupazione corretto del Sud salirebbe nel 2009 al 23,9% (era stimato al 22,5% nel 2008).

Con marcate differenze regionali: in Campania arriverebbe al 25,2%, in Calabria al 25,3%, in Sicilia addirittura al 27,2%. Cifre diverse per il Centro-Nord: in Piemonte arriverebbe a sfiorare il 12% e in Lombardia il 9,5%.

Per quanto concerne la povertà, la percentuale di famiglie con reddito inferiore ai 12.000 euro nel Mezzogiorno è del 14,0%; nel Centro-Nord tale percentuale è del 5,5%.

A livello regionale, ad avere un reddito massimo di 12.000 euro l’anno sono oltre il 17% delle famiglie lucane e calabresi, oltre il 16% delle molisane e siciliane, oltre il 14% delle campane, quasi l’11% delle pugliesi, oltre il 9% di quelle abruzzesi.

Qualunque indicatore socioeconomico conferma, quindi, il dualismo fra il Centro-Nord da una parte ed il Sud (Sicilia compresa) dall’altra.

Ed in effetti disoccupazione, degrado, emigrazione e criminalità organizzata sono fenomeni principalmente presenti a sud dei fiumi Canneto e Tronto fino alla punta estrema della Sicilia.

Nel 2010 è inammissibile accettare che una parte d’Italia presenti un’economia con parametri di reddito che risultano essere pari a poco più della metà di quelli del resto del Paese, disoccupazione ad altissimi livelli, povertà dilagante, cronica carenza di infrastrutture, investimenti stranieri inesistenti.

I media nazionali continuamente parlano del Sud in maniera negativa: degrado, criminalità organizzata, inefficienze, sprechi, ecc.

Tutti sono abilissimi nel mettere a nudo ed analizzare gli effetti di un certa situazione, nessuno invece parla delle cause.

Eppure i dati ci sono. Chiari ed assolutamente indiscutibili:

MANCANZA DI SVILUPPO ECONOMICO = DISOCCUPAZIONE = DEGRADO E CRIMINALITA’ ORGANIZZATA

Questo vale per qualunque Paese al mondo, non solo per il Sud dell’Italia.

Questa è la situazione ad oggi, ma com’era 149 anni fa, nel 1861?

Da una ricerca sul "Valore aggiunto dell’industria" nell’Italia post-unitaria emergono interessanti considerazioni sulle Due Sicilie:

1) Campania e Sicilia erano rispettivamente al 3° ed al 4° posto nel 1861 per  valore aggiunto dell’industria su 16 Regioni; la Puglia all’8° 

2) il Regno delle Due Sicilie era al 1° posto fra gli Stati preunitari

3) dopo 52 anni, nel 1913, il Regno Lombardo-Veneto ed il Regno di Sardegna avevano aumentato il loro peso sul totale del 6,7% a scapito del Regno delle Due Sicilie (- 6,6%).

Detto ciò, non sembra che il Regno delle Due Sicilie fosse così arretrato nel 1860 come la storia ufficiale ci ha tramandato, se nel 1861 era al 1° posto per il Valore aggiunto dell’industria e se due sue Regioni erano ai primi posti; inoltre risulta evidente che, dopo poco più di 50 anni, l’Unità d’Italia aveva spostato il baricentro della produzione industriale dal Regno delle Due Sicilie al Nord.

Addirittura, se si considerano le Industrie estrattive, la Sicilia e la Campania, nel 1861, erano al 1° e 3° posto sempre su 16 Regioni italiane; con riferimento alle Industrie chimiche, la Sicilia e la Campania erano al 1° e 2° posto; per quanto concerne le Costruzioni navali la Campania era al 2° posto, la Sicilia al 4°; con riferimento alle Industrie metallurgiche la Campania era al 2° posto; se si considera, infine, la Produzione tessile la Campania era al 3° posto.

La strategia per uscire definitivamente fuori da questa situazione è, a mio parere, nell’ambito dei dettami Costituzionali, richiedere allo Stato, in considerazione del dualismo dell’economia italiana, l’AUTONOMIA che consenta alle 7 Regioni meridionali (Lazio abruzzese e campano inclusi), fuse, così come consentito dall’art. 132, in una MACROREGIONE identitaria chiamata "DUE SICILIE", di poter decidere del loro futuro secondo i propri specifici interessi e la propria vocazione economica.

La Macroregione potrebbe, per esempio, ancorarsi al contesto evolutivo dell’area Euro-Mediterraneo; il Sud potrebbe essere la piattaforma naturale tale da intercettare quote assai rilevanti dei crescenti flussi di merci, di fonti energetiche, di capitali e di persone che attraversano il Mediterraneo.

Ormai circa un terzo delle esportazioni meridionali al di fuori dell’Unione Europea vanno verso i paesi del Mediterraneo, ed il Sud potrebbe trovare, in una "prospettiva mediterranea", non solo una condizione per lo sviluppo della propria produttività in termini di piattaforma logistica, ma anche una vera e propria integrazione economica.

Ma per poterlo fare dovrebbero dotarsi di infrastrutture, servizi e, soprattutto, di condizioni di sicurezza che siano a livello di una missione intercontinentale.

Bisognerebbe quindi puntare su ben precise priorità: sarebbe bene orientare la spesa per le infrastrutture su poche e significative priorità, sugli interventi immediatamente realizzabili e di indubbia efficacia, su progetti che possano avere una sicura valenza per il Sud. Occorrerebbe sfruttare il vantaggio geografico del Sud nelle rotte tra il Far East e l’Europa con una strategia integrata che investa tutte le articolazioni possibili (reti ferroviarie, stradali, collegamenti ai porti e alle strutture di movimentazione e lavorazione delle merci).

L’AUTONOMIA permetterebbe di porre in essere politiche economiche incentrate sull’attrazione degli investimenti dall’estero.

Per fare ciò, però, bisognerebbe porre rimedio alle diseconomie che affliggono il Sud, ovvero bisognerebbe:

- reprimere i taglieggiamenti della criminalità organizzata e sostituire immediatamente il ceto politico e amministrativo colluso con essa

- implementare oltre alle infrastrutture di trasporto, anche quelle energetiche e telematiche

- ridurre il ginepraio di leggi, regolamenti, norme da conoscere e seguire per intraprendere una qualsivoglia attività economica e quindi ridurre i tempi richiesti per avviare una nuova attività imprenditoriale

- facilitare l’accesso al credito bancario che attualmente posiziona il Sud agli ultimi posti tra i Paesi sviluppati

- garantire una migliore offerta di capitale umano qualificato.

Inoltre andrebbero implementate proprie imposte (IVA, tasse sul reddito delle imprese e delle persone fisiche) ovvero aliquote specifiche che possano, da una parte, rispecchiare la realtà locale più povera, e dall’altra che permettano di attrarre investimenti dall’estero.

Auspichiamo, quindi, la creazione di una MACROREGIONE A STATUTO SPECIALE che, attraverso una specifica politica economica basata sulla detassazione dei nuovi investimenti, meglio chiamata "fiscalità di vantaggio", attiri capitali dall’estero per lo sviluppo delle proprie risorse e per offrire nuove opportunità di lavoro.

Prendendo spunto dagli Statuti speciali delle Regioni Friuli-Venezia Giulia, Trentino-Alto Adige e Valle d’Aosta si potrebbe, per esempio, devolvere alla Macroregione le quote del gettito delle seguenti entrate tributarie dello Stato, riscosse nel proprio territorio:

a) i nove decimi:

- delle imposte sulle successioni e donazioni e sul valore netto globale delle successioni

- del gettito dell’imposta sul valore aggiunto, esclusa quella relativa all’importazione

- del provento del lotto, al netto delle vincite

- delle imposte di registro e di bollo, nonché delle tasse di concessione governativa

- delle tasse di circolazione relative ai veicoli immatricolati nel territorio

- dell’imposta sul consumo dei tabacchi per le vendite afferenti al territorio

- del gettito dell’accisa sulla benzina, sugli oli da gas per autotrazione e sui gas petroliferi liquefatti per autotrazione erogati dagli impianti di distribuzione situati nel territorio

- di tutte le altre entrate tributarie erariali, dirette o indirette, comunque denominate, inclusa l’imposta locale sui redditi

- del gettito dell’imposta erariale sull’energia elettrica, consumata nella Macroregione

- del gettito dei canoni per le concessioni idroelettriche

- dell’imposta sul valore aggiunto relativa all’importazione riscossa nel territorio

b) i sei decimi:

- del gettito dell’imposta sul reddito delle persone fisiche - del gettito delle ritenute alla fonte

c) i quattro decimi e mezzo

- del gettito dell’imposta sul reddito delle persone giuridiche

Si potrebbe, inoltre, devolvere alla Macroregione i proventi delle imposte ipotecarie percette nel suo territorio, relative ai beni situati nello stesso.

Infine, il territorio della Macroregione potrebbe essere posto fuori della linea doganale e costituire zona franca.

Prendendo spunto, invece, dallo Statuto speciale della Sicilia, si potrebbe:

- riscuotere l’imposta relativa alla quota del reddito da attribuire agli stabilimenti ed impianti locali delle imprese industriali e commerciali che hanno la sede centrale fuori del territorio della Macroregione.

Detto ciò quale potrebbe essere il ruolo dei COMITATI DELLE DUE SICILIE?

Essi dovrebbero poter essere, a mio parere, il Movimento di denuncia dei mali che attanagliano le nostre Terre e farsi promotori di un programma politico tendente al riconoscimento dell’autonomia per il nostro Sud. Gli spazi di manovra ci sono, il Sud ha bisogno di un Movimento che difenda strenuamente i propri interessi.

Come noto il terzo comma dell’art. 116 della Costituzione prevede che "ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia", analoghe a quelle delle Regioni a Statuto speciale, possono essere attribuite ad altre Regioni italiane.

Pertanto i CDS potrebbe farsi promotori di una iniziativa che chieda allo Stato italiano di attribuire, in considerazione della gravissima situazione socioeconomica, anche alle Regioni meridionali, fuse in una Macroregione a Statuto speciale, forme e condizioni particolari di autonomia simili a quelle attualmente consentite alle Regioni Friuli-Venezia Giulia, Trentino-Alto Adige e Valle d’Aosta.

Rimane, infine, un ultimo grande scopo per i CDS:

- ricercare le fonti dirette dell’ultrasecolare storia del Mezzogiorno d’Italia, con particolare riguardo al periodo borbonico;

- diffondere la vera storia del Mezzogiorno d’Italia;

- tutelare, valorizzare e rivitalizzare la memoria storica e culturale del Mezzogiorno d’Italia. In altre parole bisogna ricostruire l"IDENTITA’" del nostro Popolo.

E’ quella che è stata distrutta 150 anni fa.

Tocca a noi Duosiciliani di oggi ricostruirla. Mai potremo uscire dalla nostra condizione di minorità psicologica fino a quando non smentiremo la vulgata ufficiale che ci descrive sottosviluppati da prima dell’Unità nazionale e non a causa di quest’ultima.

Noi sappiamo che non è così e pertanto è anche nostro dovere divulgare la VERITA’ storica.

Luca Longo

comitati2sicilie










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