Ringraziamo Edoardo Vitale per averci autorizzato a pubblicare questo suo editoriale, il primo dalla scomparsa di Silvio Vitale, compianto fondatore e direttore della rivista "L'Alfiere".
Buona lettura e tornate a trovarci.
L'Alfiere entra nel 46° anno di vita, il primo senza il suo fondatore. Quando la rivista ebbe vita, era del tutto egemone il pensiero secondo il quale gli uomini del Sud sono portatori di un pernicioso retaggio di secoli di arretratezza sociale ed economica e di sudditanza agli stranieri, da cui uomini del Nord di cuore ardito e mente illuminata avevano cercato di liberarli. Il mancato raggiungimento degli esiti sperati veniva imputato all'indole sostanzialmente asociale e retriva delle masse meridionali, legate a una visione della vita superata e dedite a usanze e riti pittoreschi, che il progresso avrebbe auspicabilmente relegato nella soffitta della storia.
Attualmente l'intellettuale, l'accademico di rado osano fare sfoggio di
questo armamentario mentale. Certo, esso continua ad essere utilizzato
da vastissimi settori dell'opinione pubblica italiana, talora
incoraggiata dalle sommarie filippiche di un giornalismo tanto
altezzoso quanto refrattario all'approfondimento e alla riflessione.
Tuttavia oggi, quando le nebbie della disinformazione, dell'ignoranza,
dell'oblio accennano ad addensarsi, quasi sempre accorrono a dissiparle
baldanzose raffiche di limpido scirocco.
Si va finalmente affermando l'esigenza di riconoscere, rivendicare e
difendere i valori distintivi della nostra civiltà,
l'identità del nostro popolo quale si è
delineata,
attraverso un processo storico ricco di apporti straordinari ed
eterogenei, caratterizzati, diversamente da quanto accaduto nel resto
d'Italia, sia dalla formazione di un'entità statuale
unitaria
cui facevano capo molteplici e vaste realtà territoriali,
sia
dal radicamento di un senso di appartenenza tuttora vivo.
E possiamo ormai stabilmente scorgere, in lontananza, ma reale e
raggiungibile, la terra delle nostre origini, quella di cui mezzo
secolo fa solo pochi osavano affermare l'esistenza, tacciati nel
migliore dei casi di idealismo visionario.
Impariamo a riconoscere, magari per contrasto con l'onda grigia e
penetrante dell'ininterrotto sconvolgimento mon-dialista, i grandi e
piccoli segni di vitalità che la nostra antica cultura non
cessa
di dare. Impariamo ad aggrapparci alle salde colonne della nostra
filosofia di vita, che i venti e i terremoti di cento stagioni
turbolente non sono riusciti ad abbattere. Impariamo a individuare le
dinamiche dei confronti e degli scontri fra civiltà, entro
le
quali si è collocata la presenza militante del nostro popolo
nel
corso di una storia plurimillenaria, che, come insegna Fernand Braudel,
vede fronteggiarsi, nel mutare delle istituzioni, blocchi di forze a
grandi linee inalterati, nonostante lo scorrere dei secoli.
Particolarmente feconda e illuminante, per la riscoperta della nostra
identità nella storia, è stata la conoscenza,
promossa
dal fondatore di questa rivista, dell'opera di Francisco Elias de
Tejada, lo storico spagnolo che ha posto nel giusto rilievo la naturale
collocazione della nazione napoletana a fianco di quanti difendevano la
Tradizione sotto l'egida dell'Imperium cattolico contro le spinte
disgre-gatrici del mercantilismo imperialista, che trovava nell'eresia
la propria giustificazione teorica.
Il suo pensiero ci ha aiutati a comprendere che la vulgata antimeridionale è figlia della leyenda negro diffusa ad arte dopo la sconfitta dell'Invincibile Armata; che il conflitto di concezioni del mondo con cui si è aperta l'età moderna è ben lungi dall'essere sopito; che riaffermare con orgoglio la nostra identità di uomini del Sud significa respingere l'associazione di idee fra il termine "europeo" e il termine "nordico" e rivendicare l'essenzialità della componente mediterranea nella costruzione dell'unità continentale.
Sono nitide direttrici di meditazione e approfondimento, seguendo le
quali, con la massima disponibilità al leale confronto di
idee e
al contributo dialettico di amici e antagonisti, si possono schiudere
nuovi orizzonti di consapevolezza, attualizzando le verità
storiche disvelate per far sì che i funesti errori del
passato
non abbiano a ripetersi ed estendendo la nostra analisi al contesto
internazionale, entro il quale, oggi ancor più di un tempo,
le
sorti della nostra Patria -come delle altre - si decidono.
La difesa della Tradizione, dinamicamente intesa, la quale
più
che mai si configura come difesa dell'Uomo e della Natura, non
può prescindere da una visione globale delle forze che a
tutti i
livelli trasformano la nostra vita, e che spesso oscurano di
inquietanti minacce il nostro futuro nello stesso tempo in cui
indeboliscono o paralizzano la nostra capacità morale di
farvi
fronte.
La sfida cruciale che il tradizionalismo deve oggi affrontare
è
dunque ampia e impegnativa, ma inevitabile. E appassionante. Per questo
non possiamo non accettarla, armati della forza tranquilla degli
argomenti e della serena perseveranza di chi è in pace con
la
propria coscienza. Questa è la migliore via da seguire per
rendere un buon servigio alle idee in cui si crede: solo l'adesione
profonda, ottenuta attraverso un difficile itinerario personale,
può generare effetti duraturi, non scalfibili dalle sirene
del
materialismo livellatore.
Perciò il passo de L'Alfiere non sarà esitante.
Ora
sappiamo di avere una "casa", e vogliamo riappropriarcene. Vogliamo
liberarci dall'incubo concretatosi due secoli fa, che ci ha portato tre
invasioni, la perdita dell'indipendenza, la distruzione progressiva
delle nostre istituzioni, la spoliazione dei nostri beni, lo sterminio
della nostra gente, l'annientamento della nostra economia, la piaga
dell'emigrazione, il pregiudizio etnico e addirittura razziale, il
trionfo delle associazioni mafiose, la perdita della nostra
dignità e con essa, lentamente, la cancellazione della
nostra
identità di popolo.
Vogliamo che venga presto il giorno in cui gli uomini del Sud si
riprenderanno le chiavi di casa, si riconosceranno nella luce della
Tradizione, si riabbracceranno come fratelli ritrovati nel ricordo di
quelli che hanno tenuto accesa la fiamma della riscossa.
L'ALFIERE
Gennaio 2006 - Anno XLII n° 1 fascicolo 42 |
SOMMARIO | |
Le chiavi di casa di Edoardo Vitale | 1 |
"II sacco dell'orco" | 2 |
1806: la guerra civile e il muro di ortiche di Ulderjco Nisticò | 4 |
L'incredibile storia del napoletano Carlo Gentile e di suo figlio "pellerossa" di Armando De Simone | 5 |
Andreas Hofer eroe della Tradizione di Francesco Maria Agnoli | 7 |
La regina del Sud indomita e ribelle di Fulvio Izzo | 11 |
I quadri direttivi di Pietrarsa "storica" di Giuseppe Pavone | 17 |
Matteo Wade e l'assedio della fortezza di Civitella del Tronto di F. Maurizio Di Giovine. | 21 |
La vostra tomba è un'ara | 24 |
In copertina: I Reggimento
Dragoni Porta Stendardo e Trombetta in Gran Tenuta, Napoli
1854 In retrocopertina: Carta geografica del Regno delle Due Sicilie, Napoli 1840 |
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