Questa affermazione è comparsa alla fine di agosto 2005 sulla rivista scientifica internazionale Plus Medicine da una indagine statistica effettuata da due ricercatori dell'Istituto Mario Negri di Milano, Rita Campi e Maurizio Bonati, i quali da anni raccolgono gli indici sulle condizioni socio-sanitarie di bambini e adolescenti.
Costoro hanno fatto risultare che vi è una enorme
disuguaglianza tra Nord e Sud e, disaggregando i dati delle singole
regioni, hanno tratto la conclusione che, se si considerasse il Sud
come uno Stato indipendente all'interno dell'Unione Europea, sarebbe il
più povero.
I dati da cui hanno tratto le loro conclusioni riguardano
però solo la mortalità infantile, che risulta
quattro volte superiore al resto d'Italia, e l'ospedalizzazione: "Oltre
il 22% dei piccoli pazienti della Basilicata e del Molise, e oltre il
13% di quelli calabresi e abruzzesi deve ricorrere a ospedali del
Centro-Nord.
Una vera e propria migrazione sanitaria". L'affermazione, presentata
poi con l'immagine suggestiva di un eventuale "Sud-Stato indipendente",
sembra voler accreditare ai meridionali una incapacità
congenita di realizzare una sufficiente condizione socio-sanitaria. I
dati esposti, invece, mostrano che lo Stato italiano - la
Sanità è ancora di sua competenza e il Sud fa
parte di questo Stato, almeno di nome - ha destinato al Sud meno
risorse, come del resto fa con tutto, per soddisfare prima di tutto gli
interessi dei gruppi finanziari del Nord.
L'idea di un Sud come Stato indipendente all'interno dell'Europa
è, tuttavia, da prendere in considerazione in quanto
è vero proprio il contrario: un Sud indipendente sarebbe ai
primi posti in Europa. Come lo eravamo circa 145 anni fa. E vediamo
perché.
Bisogna partire prima di tutto dalla definizione di Stato.
Cos'è lo Stato? Al di là delle scolastiche
definizioni giuridiche lo Stato altro non è che uno
strumento usato per organizzare il popolo e il territorio su cui il
popolo è stanziato. Lo Stato, inoltre, per poter funzionare,
deve essere sovrano, non deve cioè, nelle sue scelte
politiche e amministrative, dipendere né essere condizionato
da altri.
Le persone che dirigono l'organizzazione dello Stato sono i politici
che si qualificano in genere di "destra" o di "sinistra", termini che
però non hanno alcun significato reale. I politicanti fanno
basare i movimenti politici su ideali seducenti, escogitati per
catturare i consensi delle masse popolari facendo prospettare miti
simbolici ben collaudati da secoli: patriottismo, nazionalismo,
socialismo, lotta al terrorismo ecc., oppure, con l'inganno,
promettendo vantaggi futuri (posti di lavoro, aumento del reddito,
previdenza, ecc.), oppure instaurando un fiscalismo opprimente con la
promessa di abbassarne i prelievi, oppure con la complicità
di gruppi organizzati di elettori (lobby) che, in cambio del voto, ne
ricavano vantaggi illeciti.
Strumento essenziale, per lo sviluppo del popolo e per far funzionare
l'apparato statale, è il denaro. Il denaro, come si sa,
è fatto con carta stampata e metallo coniato. Esso ha la
funzione di permettere gli scambi commerciali e di retribuire il lavoro
prestato. Attualmente è usato l'Euro che non ha alcun valore
intrinseco. Il suo valore, infatti, non è basato su
corrispondenti riserve di metallo pregiato o altro tipo di beni, ma
semplicemente sul fatto che viene accettato e scambiato di comune
accordo da tutti.
Naturalmente la quantità di Euro in circolazione deve essere in armonia con la situazione dell'economia e della produzione (PIL, cioè il Prodotto Interno Lordo) altrimenti ne scaturirebbe "inflazione" (l'eccessivo denaro in circolazione verrebbe svalutato e servirebbe più denaro per acquistare lo stesso prodotto) oppure "deflazione" (poco denaro in circolazione e relativa diminuzione dei prezzi, situazione che comporterebbe contrazione dell'economia e della produzione con conseguente disoccupazione).
Chi allora deve avere il compito di stampare e coniare denaro? Con tutta certezza non può essere che lo Stato che, come abbiamo visto, è lo strumento sovrano del popolo per organizzare la sua vita. Ovvio quindi che esso non possa essere prodotto direttamente dai cittadini: il denaro non avrebbe alcun valore perché la quantità immessa nel mercato sarebbe fuori controllo.
Il denaro è, dunque, il pilastro fondamentale per la vita di
un popolo e del suo Stato. Lo Stato tra i suoi compiti deve anche
prevedere la sorveglianza delle banche commerciali e di fissare
periodicamente il tasso ufficiale di sconto (cioè il costo
del denaro dato in prestito alle banche commerciali). Insomma, tutto e
tutti dipendono dal denaro.
Eppure in Italia, dall'Unità fatta nel 1861, ad opera del
"padre della patria" Cavour, lo Stato fu esautorato della
sovranità di emettere denaro, con l'affido ad un ente
privato la Banca Nazionale piemontese, cioè a
quella che - attraverso vicende quasi sempre molto sporche, es. furto
delle riserve in oro di dollari e sterline dei Banchi di Napoli e di
Sicilia in epoca fascista - attualmente è la Banca d'Italia.
I proprietari della Banca d'Italia sono banche private (85%),
assicurazioni (10%) e altri proprietari minori. In pratica la Banca
d’Italia, creando dal nulla il denaro con la sola stampa e
conio, lo "presta" poi allo Stato che, per svolgere le sue funzioni,
resta assurdamente indebitato (Debito Pubblico) con un privato. Cosa
che non avverrebbe se lo Stato, per suo sovrano diritto-dovere, il
denaro se lo stampasse esso stesso e lo distribuisse ai cittadini che
ne sono naturalmente i proprietari.
Un assurdo così enorme, così grande, che nessuno
riesce a vederlo. Una truffa gigantesca ben congegnata: essa consente
agli azionisti della Banca d'Italia di arricchirsi non solo con la
"restituzione" del debito da parte dello Stato, ma anche di farsi
pagare gli interessi (tasso di sconto) su denaro non suo. Solo che il
denaro che torna indietro alla Banca è denaro vero
perché è frutto del lavoro e dei sacrifici dei
cittadini.
Ma ci sono anche altri che ci guadagnano da questa assurda situazione:
quelli che amministrano lo Stato. I politici, che formano i governi e i
vari apparati dello Stato, maneggiando l'enorme flusso di denaro che lo
Stato preleva dai cittadini con imposte e tasse, si arricchiscono anche
loro concedendosi stipendi favolosi per fare concessioni ai cittadini,
per comprare voti, ecc., anche a scapito dell'efficienza economica e
amministrativa dello Stato.
In proposito si può ricordare il
governo di Aldo Moro che per istituire l'ENEL col pretesto di "dare la
luce a tutti" comperò le azioni della S.I.P.
(Società Idroelettrica Piemontese) per una somma pari a
100.000 miliardi di lire, un enorme esborso del tutto inutile
perché le concessioni demaniali degli impianti idroelettrici
stavano per scadere e, quindi, le azioni avrebbero a breve perso
valore.
Quell'enorme cifra fu praticamente tolta per decenni allo
sviluppo e alla costruzione di infrastrutture del Sud e
servì a finanziare lo sviluppo tecnologico della S.I.P. che
passò alla telefonia. Risultato di tale operazione:
l'energia elettrica in Italia costa più che in tutti gli
altri Stati europei. L'operazione fu una delle tipiche truffe del Nord,
ma nessuna formazione politica è andata al fondo della
faccenda: nessuno aveva interesse a sputare nel truogolo della
gozzoviglia.
Il silenzio dei politici meridionali, in proposito, è stato
tombale, come sempre. Addirittura essi ritengono che se il Sud
diventasse indipendente non sarebbe in grado di sopravvivere e numerosi
sono quelli che si affannano a difendere l’unità,
il risorgimento e osannano il Garibaldi.
Eppure quando ho definito
costui, in altri miei articoli, ladro, assassino e primo artefice del
degrado meridionale, nessuno mi ha dimostrato il contrario. E
c’è ancora qualcuno nel Sud che vuole intitolare a
lui un teatro a Gallipoli. Sindrome di Stoccolma?
Una cosa è
certa: con gente così davvero il Sud non andrà da
nessuna parte. Insomma lo Stato viene usato come esattore da parte
della Banca d'Italia con la connivenza dei politici, i quali usano
anch'essi lo Stato come strumento per arricchirsi. Naturalmente non
tutti i politici sono consapevoli e conniventi di quanto avviene, ma
certamente costoro sono di una inammissibile e colpevole ignoranza.
Con questo sistema, essendo lo Stato privo di sovranità e usato come strumento truffaldino, non si può dire, dunque, che in Italia esista uno Stato vero, ma solo il suo simulacro. Da questa colossale truffa a danno del popolo, iniziata con i Savoja per "fare l'Italia unita" e continuata con la complicità di tutti i governi fino ad oggi, si può scientificamente affermare che la Banca d'Italia (oggi la BCE) è la vera detentrice del potere, perché essa, appropriatasi della facoltà di stampare denaro, tiene sottomesso il potere politico che "non vede e non sente" pur di stare ben avvinto alla sua greppia.
Basti, in proposito, ricordare il fatto che nessun politico
si permise di "chiedere la testa" del Governatore della Banca
d'Italia nel 1992, per aver costui fatto perdere allo Stato,
cioè a tutti noi italiani, oltre settantamila miliardi per
aver ritardato di due settimane la svalutazione della lira -
svalutazione ormai certa di circa il 30% - a vantaggio di speculatori
internazionali.
Eppure questo genio della finanza fu fatto Ministro
dell'Economia (ma si era laureato in Lettere alla Scuola Normale di
Pisa), Primo Ministro e Presidente della Repubblica. Naturalmente il
tutto sempre ammantato del glorioso risorgimento, dell'unità
della patria, dell'inno nazionale e dello sventolare di bandiere
tricolori e giacobine. Che bello, che bello!
Con l'istituzione dell'Euro, la Banca d'Italia stampa ancora carta
moneta, ma su concessione della Banca Centrale Europea con sede a
Francoforte, anch'essa privata (azionisti sono i soci privati delle
varie banche nazionali, anche dell'Inghilterra che, pur non essendo
entrata nel sistema Euro, detiene tuttavia il 14% delle azioni, e,
quindi, degli utili).
La concessione comporta ovviamente un elevato
addebito non motivato. Contro il costo di stampa di 0,03 centesimi la
BCE pretende 2,50 Euro ogni cento, ovviamente scaricati sullo Stato
italiano, pagatore finale, cioè su tutti noi.
L'Unione Europea, è, in sostanza, una unione di banche senza
un Governo supervisore. Uno Stato europeo, infatti, non esiste.
Cosicché i governanti dei vari Paesi europei usano ora il
loro Stato nazionale come esattore della Banca Centrale, la cui greppia
è ben più abbondante di quella nazionale e con
meno vincoli per l'assenza di un Governo centrale di tutela.
Tra l'altro la BCE consente continuamente di emettere più
denaro del necessario (circa il 5% all'anno), cosicché
questo surplus, innescando un processo inflattivo, fa diminuire il
valore della moneta.
Questo ha l'effetto di una tassa indiretta per i
popoli e arricchisce silenziosamente i soci della BCE perché
i cittadini e le imprese, causa la forzata svalutazione strisciante,
sono spinti a chiedere più denaro alle banche in
un'infernale spirale senza fine.
Se la BCE non stampasse una
quantità eccessiva di Euro non esisterebbe inflazione.
L'inflazione è causata di proposito.
Fazio, rimasto attaccato alle concezioni "nazionali" della Banca
d’Italia ancorate al periodo della Lira, è stato
allontanato perché dava fastidio: "non aveva capito" che era
passato il tempo di fare gli "interessi" nazionali, bisognava
ora fare quelli "europei".
Una truffa talmente enorme che si fa fatica a vederne i contorni. Il
popolo infatti non se ne accorge, anche perché nessun
politico ne parla. Se ne guardano bene. Costoro, interessati a
mantenere questo sistema truffaldino, mentono nei pubblici dibattiti in
modo spudorato: così la gente crede e si adatta alla
situazione ritenendola reale e legittima.
Da tutti si ritiene, infatti, giusto pagare il debito pubblico e che partecipare alle elezioni sia doveroso per poter scegliere al meglio i politici e i partiti onde "essere meglio amministrati per lo sviluppo della vita nazionale".
Nessun programma televisivo è più seguito di
quelli in cui c'è un dibattito politico: ma gli spettatori
non si rendono conto che è solo una messa in scena (magari
anche "combinata" tra gli opposti schieramenti). Un ben collaudato
meccanismo psicologico, il cosiddetto "teatrino della politica", che
cattura le passioni e il consenso popolare col risultato di nascondere
l'enorme truffa dietro celata.
I popoli europei sono ormai ridotti a semplice gregge, particolarmente
quelli del Sud-Italia, da tosare il più possibile per far
arricchire i gruppi finanziari che dominano i governi.
Questi, servi
delle banche, aumentano tasse e tributi con l’ingannevole
pretesto dell'inflazione. Invece è vero esattamente il
contrario: l'aumento dei balzelli serve solo a produrre deflazione
(cioè a far diminuire la quantità di denaro
circolante che causa l’aumento dei costi). Così
gli imprenditori sono costretti a chiedere denaro in prestito alle
banche, che si arricchiscono ancora di più, mentre aumentano
fallimenti e povertà.
Per questo, il cosiddetto Debito
Pubblico non verrà mai cancellato. È un
collaudato meccanismo che fa guadagnare la BCE e i politici (Destra,
Sinistra o Centro non fa alcuna differenza: sono tutti d'accordo).
Prima che arrivassero i "liberatori" piemonteso-savojardi il Regno
delle Due Sicilie aveva una economia del tutto diversa. Il denaro
veniva stampato (fedi di credito) e coniato direttamente dallo Stato.
Non esisteva un "Debito Pubblico" inquinato dal pagamento di tasse a
favore di una Banca privata.
Il Banco delle Due Sicilie era una banca
di Stato e il suo "Debito Pubblico" era fisiologico, dovuto in genere
alle pochissime tasse che servivano solo a pagare i servizi che lo
Stato effettivamente forniva al popolo. Il Regno delle Due Sicilie era
la terza potenza economica in Europa, situazione resa visibile
dall'elevata rendita sulla piazza di Parigi.
Il sistema attuale è dunque così organizzato: a)
lo Stato italiano è privo di sovranità (tra
l'altro è anche occupato da truppe straniere) ed
è usato per soddisfare gli interessi dei gruppi finanziari
italiani e stranieri; b) le lobby italiane, tutte del Centro-Nord,
sfruttano il Sud come una colonia interna in cui vendere i loro
prodotti e servizi.
Ovviamente esse impediscono qualsiasi sviluppo che
potrebbe rivelarsi pericoloso concorrente del Nord, ad esempio fottersi
a qualunque prezzo la Banca del Salento, rea di aver avuto
l'audacia di aprire due sportelli in due zone centralissime di Milano,
uno in Stazione Centrale, l'altro in piazza Diaz a due passi dal Duomo.
Da ricordare anche la compagnia S. Paolo che, sfruttando il nome del
Banco di Napoli, succhia i risparmi del Sud per versarli a Torino con
la vergognosa complicità della classe dirigente e politica
meridionale. Bisognerebbe impedirle almeno di usare il nome Banco di
Napoli! Ma tanto è inutile: ci fotterebbero comunque con
l'istituzione della Banca del Sud.
Carpendo la "buona fede" del
principe Carlo di Borbone, lo hanno messo a simbolo di questa Banca per
attirare i babbioni terroni. Quello che sorprende sempre (e sgomenta)
è il vedere con quanta facilità questi polentoni
ci fanno fessi come vogliono e senza neanche nasconderlo più
di tanto. Vedrete quanti coglioni adopereranno questa Banca del Sud (o
del Mezzogiorno)!
È intuitivo comprendere, dunque, che, se il Sud tornasse
indipendente, basterebbe il solo fatto di liberarsi dei parassiti
nordisti e stampare in proprio armoniosamente il denaro che serve per
avere un immediato sviluppo sociale ed economico, come avveniva prima
di questa stramaledetta e truffaldina "unità
d’Italia".
Un esempio classico in proposito è rappresentato dalle
colonie della Nuova Inghilterra in Nord America: i coloni nel XVII
secolo emisero direttamente una propria moneta, chiudendo per sempre
con la Banca d'Inghilterra. Si ebbe immediatamente uno sviluppo
prodigioso, ma quando il preoccupato Parlamento inglese impose nel 1763
l'obbligo di usare per le transazioni commerciali solo la moneta
inglese stampata dalla privata Bank of England, gravata da interessi,
vi fu subito recessione e migliaia di disoccupati.
Fu per tal motivo
che scoppiò la guerra d'indipendenza americana e nacquero
gli Stati Uniti. In seguito, però, anche nel nuovo Stato le
banche, con subdole manovre, ripresero il loro predominio "prestando"
denaro allo Stato. Vi furono tre Presidenti che cercarono di
contrastarle ripristinando il denaro come proprietà dello
Stato, ma furono tutti e tre assassinati:
Abraham Lincoln (nel 1865),
per aver fatto stampare dollari di Stato (Greenbacks); James A.
Garfield (1913), per aver denunciato il dominio dei banchieri sulla
Federazione; John F. Kennedy (1963), per aver emesso banconote di
Stato, subito ritirate dopo la sua morte.
Altro esempio dei nostri giorni è la Cina che sta superando
impetuosamente le economie mondiali. Il motivo consiste proprio in
questo: la Cina ha una Banca di Stato e non una Banca Centrale privata!
La Cina stampa direttamente il denaro che le serve e non lo chiede in
prestito a nessuna banca privata! Non è affatto vero, come
ci vogliono far credere, che il lavoro cinese costi poco
perché gli operai mangiano un pugno di riso: la Cina si
è sviluppata e continua a svilupparsi a ritmi impensabili
perché non le gravano addosso i parassiti che le succhiano
il sangue, come quelli che affliggono il nostro Sud.
Se, dunque,
riuscissimo ad avere un nostro Stato, stampando noi il denaro che
serve, noi avremmo sostanziali benefici in ogni campo. Potremmo
costruire le infrastrutture che ci hanno sempre negato col pretesto
assurdo che mancano i capitali (è come dire che non si
possono fare strade perché mancano i chilometri). Potremmo
produrre a basso costo in competizione con tutto il mondo. Potremmo
avere un sistema sanitario tra i più avanzati.
Potremmo
avere la piena occupazione senza dover più emigrare.
Infatti, il denaro emesso direttamente dal nostro Stato,
cioè dal popolo, non gravato da interessi passivi, potrebbe
essere utilizzato senza ostacoli e stimolerebbe la produzione e
conseguentemente l'occupazione. Inoltre, cosa importantissima, non si
avrebbe né inflazione, né deflazione. Lo dimostra
il ducato duosiciliano che non aveva mai perso di valore nei 126 anni
di Regno borbonico.
Come tutti possono osservare, durante il periodo preelettorale spuntano come funghi una miriade di movimenti meridionalisti. Alcuni sono in buona fede, come è logico e naturale, ma sono numerosi quelli creati artificiosamente per cavalcare il malcontento del Sud. Questi ultimi sono generalmente (e segretamente) finanziati dai grandi partiti politici, con i quali poi, un po’ prima delle elezioni, si finge «un’alleanza» che è solo finalizzata a raccogliere i voti dei meridionalisti che andrebbero "persi".
La lotta per la mangiatoia è durissima e ogni spunto, ogni
occasione, ogni istanza, va perseguita, adulata e ingabbiata: ogni voto
è preziosissimo. Quanto poi a soddisfare le
necessità del popolo: chi se ne fotte. Dopo le elezioni le
chiacchiere e i discorsi si sprecheranno, ma il popolo sarà
ancora una volta ingannato senza alcuna conseguenza per quelli che,
ipocritamente, avevano promesso ogni benessere.
Dopo qualche
giorno tutto verrà dimenticato e la gente tornerà
ai propri problemi. Tutto cambierà per non cambiare nulla.
Si dice che in democrazia il popolo è sovrano, ma in
realtà non lo è per niente: chi organizza le
scelte sono i partiti e chi comanda il tutto sono i grandi gruppi
finanziari e industriali, dei quali i politici sono servi.
Ritornando ai movimenti meridionalisti la domanda ricorrente
è: ma come si fa ad accorgersi se un movimento politico
è veramente meridionalista oppure è un inganno?
è semplicissimo: un autentico movimento meridionalista
è quello che ha come obbiettivo l’indipendenza del
Sud.
Non stupitevi, non è una cosa terribile. Il ragionamento da
fare è molto lineare. Infatti, se ci si rende conto, se si
è finalmente riuscito a capire, che questo sistema che ci
governa da un secolo e mezzo ha sempre penalizzato il Sud trattandolo
come una colonia, come si può dare fiducia a chi ha come suo
programma politico, sia pure con l’obbiettivo
dell’autonomia o del federalismo, quello di stare comunque
sempre dentro il sistema e quindi in ogni caso di essere sempre
soggetto al governo italiano che, di qualunque colore sia, opprime e
inganna cinicamente il Sud da 146 anni? Restare in qualunque modo in
questo sistema ha lo stesso effetto di un pesce nell’acqua di
un barile: può girare da qualsiasi parte, ma sarà
sempre prigioniero del barile.
Naturalmente a questo ragionamento ci sarà subito qualcuno
che griderà che non è bello perché
"siamo tutti italiani". Sarebbe bellissimo se fosse così, ma
in un secolo e mezzo di unità si è visto
chiaramente che il Sud è meno italiano degli altri e a
questa situazione non ci sarà mai rimedio: senza il Sud come
farebbero gli intrallazzatori del Nord ad arricchirsi?
E si vuole stare
ancora in questa situazione? Bisogna essere masochisti, imbecilli o
servi per continuare ancora dopo 146 di trattamento colonialista.
D'altra parte è necessario rendersi conto che gli attuali
confini europei sono ancora quelli ottocenteschi e non rispecchiano
affatto le nazionalità dei popoli. Il "risorgimento", che ci
tiene ingabbiato in questo sistema, è una favoletta creata
apposta per coprire i misfatti che i gruppi di potere
dominanti commettono contro il Sud.
Altrimenti perché lo si
tira sempre fuori in ogni occasione quando ormai anche i sassi sanno
che è tutta una menzogna. Perché lo Stato si
ferma al 1860 invece di guardare che siamo negli anni 2000 e i figli
del Sud, sono sempre costretti ad emigrare?
Poiché le cose stanno così, allora è necessario difendersi e provvedere a cambiare questo sistema.
Noi
facciamo parte dell’Unione Europea, vale a dire che in
pratica non ci sono più confini politici. Quindi non avrebbe
alcuna rilevanza politica avere un Sud-Italia indipendente come
26° Stato europeo, ma sarebbe importantissimo per il Sud che
è veramente diverso in tutto dal Nord.
Del resto se esiste
San Marino oppure piccoli Stati come il Lussemburgo o il Belgio non si
capisce perché non ci potrebbe essere uno Stato del Sud
Italia. Anzi sarebbe un vantaggio anche per gli altri paesi europei la
creazione di un altro Stato, perché sarebbe una
entità diversa da quella indefinibile espressione geografica
che è l’Italia "unita" e, comunque, esisterebbe un
altro soggetto più definito con cui relazionare.
C’è ancora un problema, però. Quei
movimenti meridionalisti, pur essendosi resi conto che
l’indipendenza è la sola soluzione per i mali del
Sud, sono divisi. Ognuno fa politica per conto suo, come se non
appartenessero alla stessa nazione.
A Napoli paradossalmente ogni
vicolo ha il suo movimento politico e, qualche volta, addirittura si
contrastano tra loro. Questo, dunque, è il vero problema,
perché tale divisione impedisce la crescita di ciascun serio
movimento e consente ai marpioni politici di lunga militanza di fare
tutto ciò che vogliono.
È, dunque,assolutamente necessario costituire un movimento
unico accorpando tutti quelli, e solo quelli, che hanno come obbiettivo
l’indipendenza. Questa azione di unificazione, e soprattutto
di coordinazione, richiederà uno sforzo colossale, ma
avrà una importantissima funzione catalizzatrice e
amplificatrice delle numerose e poco conosciute iniziative locali che
solo unendosi agli altri movimenti meridionalisti acquisteranno la
necessaria forza e capacità operativa.
Se consideriamo il progetto politico della indipendenza del Sud dal
punto di vista della legalità, il fatto storico essenziale
che emerge è che il Sud Italia è stato
per circa 800 anni una nazione e che nel 1860 è stato unito
illegittimamente alla parte restante della penisola per effetto di una
ingiusta guerra di aggressione.
Da ciò ne consegue che la
popolazione del Sud Italia può legittimamente affermare la
propria particolare nazionalità e aspirare alla propria
indipendenza. Il concetto di indipendenza politica, bisogna spiegare
inoltre ai molti dubbiosi, è strettamente legato anche al
diritto di autodeterminazione dei popoli così come viene
tutelato dalla Dichiarazione dei Diritti dell’uomo approvata
dall’Unione Europea. In tale documento è stabilito
che ogni popolo ha il diritto di scegliere liberamente la forma di
governo sotto la quale desidera vivere e il diritto di perseguire il
proprio sviluppo economico, sociale e culturale.
Per cui questa
concezione di riacquistare l’indipendenza, restando in
Europa, anche sotto un profilo strettamente giuridico, è del
tutto legittima e, per noi del Sud, doverosa.
Nella situazione in cui siamo ora sotto l’imposizione di
un prossimo tracotante federalismo, non si può
stare più alla finestra a guardare cosa fanno gli altri.
Non
possiamo sempre sottostare a quello che decidono al Nord per noi,
complice anche la perdurante inerzia dei nostri ciechi politici che
pensano servilmente solo a tenersi stretta la poltrona nei partiti di
massa. In 146 anni di "unità" abbiamo dovuto subire, oltre
la spoliazione delle nostre ricchezze, anche due guerre mondiali,
quelle coloniali, il fascismo e ora il leghismo, tutte iniziative nate
nel Nord, dove sono sempre nati i più grandi scandali
finanziari. Dobbiamo continuare ancora così?
È necessaria, dunque, un modo differente di fare politica ed
è venuto il tempo per ciascuno di noi di fare personalmente
qualcosa secondo le proprie possibilità. I vari movimenti
politici del Sud, se amano davvero questa nostra martoriata Terra, si
mettano tutti insieme, mettano da parte ogni stupida divisione e
lottino uniti per avere la forza necessaria per costruire un futuro
migliore per il Sud.
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