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"Corriere del Mezzogiorno", 25 Febbraio 2005

In Campania serve unità

di Rosanna Lampugnani
 

Il leader dell’Unione è oggi a Napoli, «ospite» dei Verdi. Un’occasione per sottolineare «la buona scommessa regionalistica» e per indicare la centralità della formazione e dei giovani nel superamento del persistente gap Nord-Sud. Romano Prodi si rivolge ai partiti della coalizione: con l’Unione basta conflittualità. Primarie per Napoli? «Una grande opportunità, ma qualsiasi metodo si scelga per individuare il candidato Iervolino, resterà sindaco».

Presidente Prodi, Sabino Cassese sostiene che le Regioni meridionali non abbiano colmato il gap Nord-Sud, anzi lo abbiano aggravato, aggiungendo al dualismo economico quello amministrativo. Lei che ne pensa?

«Non condivido ciò che dice Cassese. L’ampliamento delle competenze regionali ha posto a tutte le Regioni, al Nord come al Sud, problemi e sfide nuovi, hanno dovuto far fronte a nuove domande di governo e di amministrazione e tutte hanno incontrato non poche difficoltà. Alcune hanno reagito meglio e più rapidamente, al Nord e al Sud. Certo, le differenze di partenza hanno pesato. Ma un secolo e mezzo di Stato rigidamente accentrato non è bastato a superare quel divario. Comunque io resto convinto che la scommessa regionalistica sia una buona scommessa. Dico di più: essa è resa necessaria anche dalla nostra appartenenza all’Unione europea, che ha dato negli ultimi due decenni una spinta formidabile alla regionalizzazione di tutti i Paesi europei, compresi quelli appena entrati. Dunque non si tratta di tornare indietro, ma caso mai di andare avanti, sostenendo al Nord come al Sud le Regioni e le classi di governo regionale e locale ad accelerare le loro capacità di risposta».

Al contrario di Cassese, il rapporto del dipartimento sulle Politiche di sviluppo, guidato da Fabrizio Barca, ci dice che la forbice si è ristretta, almeno dal punto di vista amministrativo. Insomma, ci sarebbe una virtuosità delle Regioni, tutte. È condivisibile questa analisi?

«Quello che dice Barca mi pare molto interessante. Dice, in sostanza, che la regionalizzazione ha migliorato l’amministrazione del Mezzogiorno. Credo che abbia ragione, perché avvicinare l’amministrazione, e anche la legislazione, ai cittadini non può non portare anche a una migliore e più efficiente capacità di risposta alle loro esigenze. Aggiungo, poi, che vi è anche un problema di democrazia: avvicinare il governo e l’amministrazione ai cittadini e riconoscere ai governi regionali e locali maggiori competenze».

La discussione sull’efficienza della burocrazia pone un problema: come si seleziona e come si dovrebbe selezionare la classe dirigente?

«Prima che della selezione della nostra burocrazia mi preoccupa e mi appassiona la questione della formazione. Viviamo in una società molto dinamica, nella quale i cambiamenti continui sono impressionanti, così come è notevolissimo l’incremento della domanda di amministrazione e di servizi. Pensiamo solo alla rivoluzione informatica e nelle comunicazioni. Intendiamoci: sono cose buone e fatti positivi, legati alla crescita stessa della nostra società e del suo benessere. Ma sono fatti che pongono alle amministrazioni sempre nuove sfide. Per corrispondervi le amministrazioni, e soprattutto le loro burocrazie, hanno bisogno di rinnovarsi continuamente, di acquisire nuove competenze e nuove specializzazioni. È qui che si colloca il grande tema della formazione e viene in evidenza la necessità di avere buone ed efficienti strutture per la preparazione di nuovi quadri, ma anche buone ed efficienti strutture di formazione continua, capaci di adeguare costantemente le conoscenze e le professionalità dei funzionari già in servizio. La selezione e il miglioramento delle modalità di scelta dei funzionari è dunque solo un aspetto di una moderna amministrazione. Ciò detto, non vi è dubbio che si debba porre mano anche a una significativa riforma delle modalità di accesso, essendo ben noto da anni che il metodo del concorso non è né il solo né il migliore sistema di reclutamento dei funzionari. In questo senso bisogna certamente incentivare quei sistemi di accesso che privilegiano, o comunque tengono conto, anche delle competenze e delle professionalità già acquisite e non necessariamente all’interno dell’amministrazione».

Il rapporto Barca, condiviso in questo anche da Salvatore Rossi, spiega che il gap Nord-Sud deriva anche dall’insufficiente preparazione dei manager. Un esempio: gli studenti meridionali sono meno capaci nel risolvere problemi complessi di matematica: la media europea è del 33,7%, quella del Sud è del 10%, quella nazionale del 20%. Quanto conta questo fattore?

«Credo che conti moltissimo. Conta in generale per tutto il Paese, perché gli indici italiani sono inferiori anche di molto a quelli dei grandi Paesi europei comparabili con il nostro. Basti dire che la Francia e la Germania sfiorano addirittura il 40%. Conta ancora di più per il Mezzogiorno sia perché quell’indice è intollerabilmente basso, sia perché il Mezzogiorno, per superare il divario con il Nord, avrebbe bisogno di avere proprio in questi campi indici in forte e costante crescita. È un problema di scuola, formazione, di attenzione alle giovani generazioni. Non per nulla ho detto che intendo mettere i giovani al centro del programma elettorale. E le Regioni, che hanno anche specifiche competenze in materia di formazione, devono intervenire con la massima attenzione e il massimo impegno».

La camorra è mai stata una grande questione nazionale?

«La camorra, come la ’ndrangheta e la mafia, sono la peggiore emergenza nazionale. Quella che più di ogni altra può essere di ostacolo a interventi esteri nel nostro Paese e quella che è storicamente all’origine di molti dei giudizi negativi che all’estero si danno sul nostro Paese e sul nostro popolo. Per di più essa mina alla base la convivenza civile nelle aree in cui è radicata e costituisce un vero, grande ostacolo allo sviluppo di queste zone. I governi di centrosinistra hanno fatto ogni sforzo possibile per combattere questi fenomeni, dando sempre il massimo sostegno alla magistratura e ai tanti magistrati coraggiosi che operano in quelle zone e sostenendo e incrementando lo sforzo delle forze di polizia presenti sul territorio. A questo si deve aggiungere che le forze di centrosinistra e i loro governi hanno sempre cercato il massimo collegamento con le tante organizzazioni della società civile laica e cattolica e del mondo religioso che in questi anni sono state in prima fila nella lotta a questi fenomeni, assicurando ad esse tutto l’aiuto possibile. Purtroppo pochi anni sono bastati a ricreare in molte zone un clima che speravamo consegnato al passato».

Tutti concordano che la camorra si batte anche con lo sviluppo e il lavoro. Ma intanto opere di utilità sociale stentano a prendere il volo, ci sono cantieri aperti da lustri, come Bagnoli o la Salerno-Reggio Calabria. Perché?

«Il ritardo nel completamento di queste opere costituisce il segno tangibile delle difficoltà che si incontrano ad operare in queste aree del Paese. Certamente i governi avrebbero potuto e dovuto fare di più anche in passato. Ma certo non si può capire come si faccia oggi a progettare nuove opere faraoniche, come il ponte sullo Stretto, quando non si riesce neppure a completare un accettabile asse autostradale sulla dorsale tirrenica. E proprio il completamento del tronco Salerno-Reggio Calabria è sempre più urgente. Non solo, infatti, è coerente sul piano dei collegamenti stradali con gli obiettivi che la Commissione europea, a quel tempo da me presieduta, ha indicato inserendo tra i nuovi progetti prioritari per la rete di trasporto europeo (TEN-T) anche il Corridoio 8, essa è anche essenziale per cogliere le grandi opportunità offerte al nostro Mezzogiorno dal ruolo strategico che il Mediterraneo torna a coprire nelle relazioni Est-Ovest».

Intanto va affrontata l’emergenza-camorra. Ma come? Con l’esercito, con l’alto commissariato, con leggi speciali? O con una sorta di piano Marshall per il Mezzogiorno?

«Credo che sia necessaria una strategia ad ampio raggio che sappia usare con intelligenza le attività di prevenzione e di repressione della polizia e della magistratura, ma che sappia anche stipulare una grande alleanza politica e sociale tra i diversi livelli di governo e le comunità che essi amministrano. Un’alleanza che deve coinvolgere le forze economiche e sindacali, ma anche le scuole, i centri di formazione, le associazioni di categoria, la classe politica sana e saldamente ancorata ai valori della nostra Costituzione. Ma per questo occorre essere credibili, dire cose credibili, tenere comportamenti corretti e trasparenti in ogni circostanza e soprattutto tessere una rete di rapporti politici che escluda sempre e non ceda mai ad alcuna collusione, neppure indiretta. Occorre un grande lavoro svolto in comune e con comunità di intenti tra governo nazionale, governi regionali e autonomie locali. Occorre dare rilevanza vera al Mezzogiorno, ascoltarlo e coinvolgerlo. Anche per questo ho colto con entusiasmo la proposta, emersa in varie sedi nello scorso fine settimana, di aprire anche nel Mezzogiorno una "fabbrica del programma", dedicata appunto ad ascoltare, coinvolgere, associare all’impresa tutti coloro che nel Mezzogiorno condividono le nostre idee, coltivano gli stessi obiettivi».

Cosa si aspetta dalla Campania e dalla sua classe dirigente? In questi cinque anni più volte si è sfiorata la crisi a causa dei contrasti tra Bassolino e De Mita. In caso di rielezione di Bassolino come si può evitare il ripetersi di questa conflittualità?

«Mi aspetto moltissimo dalla Campania, che ha grandi problemi ma anche grandi potenzialità. E’ una delle più grandi regioni del Paese e si trova geograficamente ad essere uno snodo essenziale fra il Sud e il resto dell’Italia e questo in un Paese che, a sua volta, è destinato ad essere sempre di più snodo fra Sud e Nord, Est e Ovest di questa parte del pianeta. La Campania, come tutto il Paese, ha bisogno di una maggioranza di governo coesa e unita intorno a un programma e ad un progetto comune e dando vita all’Unione noi abbiamo voluto dare all’Italia in generale questa classe politica. Sono certo che questo aiuterà anche a superare alcune difficoltà del passato alle quali lei ha fatto cenno. E sono certo che Bassolino continuerà ad essere quel grande presidente che è stato finora».

L’anno venturo si vota per il Comune di Napoli. Si utilizzeranno le primarie anche in questa occasione?

«In linea di principio mi auguro che il metodo delle primarie si consolidi e trovi applicazione sempre più diffusa. E penso che per la scelta di un candidato sindaco le primarie possano essere una grande opportunità di coinvolgimento dei cittadini in una decisione che, se lasciata ai soli partiti, può essere talvolta sentita addirittura come un’imposizione. Registro, tuttavia, che a Napoli opera un bravissimo sindaco, donna di grande valore umano e politico di enorme esperienza e capacità. Una figura che onora la coalizione che la esprime e la città che guida. Non ho dubbi che, quale che sia il metodo scelto, Napoli non cambierà il suo sindaco».



Fonte: "Corriere del Mezzogiorno", 25 Febbraio 2005


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