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Fonte:
https://comitatiduesicilie.org/

Le case morte di Pontelandolfo

di Giovanni Palmulli

Foggia 15 agosto 2010

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Era stata una giornata felice quella del 14 agosto 2010. L’avevamo passata in buona compagnia con gli altri patrioti duosiciliani a commemorare il martirio di questo paesone, Pontelandolfo. Avevamo calcato il suolo del bosco di Cerquelle dove si scontrarono i “briganti” duosiciliani e gli occupanti piemontesi. Avevamo mangiato allietati dai canti briganteschi e sanfedisti. Tutto bene insomma.

Ma a fine giornata, insieme ai compatrioti che erano in macchina con noi, abbiamo voluto visitare Pontelandolfo, le sue strade, le sue case. Una volta entrati in paese siamo stati assaliti da una profonda tristezza. La piazza e le strade erano pavesate con il tricolore e persino le corone d’alloro dedicate alle vittime civili innocenti di 150 anni fa erano “tricolorate”. Sembrava ancora di vedere i bersaglieri piemontesi, con le baionette insanguinate, imperversare per le stradine del paese alla caccia dei pochi sopravvissuti.

Ma quello che ci ha intristito di più sono state le poche case sopravvissute alla distruzione prima, e alla successiva “ricostruzione” del centro storico.

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 Quelle case avevano “visto” le scorribande dei bersaglieri piemontesi, avevano visto la morte dei loro abitanti, arrostiti nei roghi. Ci sembrava che quelle abitazioni avessero un’anima e che chiedessero notizie dei loro cari o ne piangessero ancora la morte. Quelle case avevano perso quelle orgogliose e degne persone che le frequentavano mattina e sera, che erano la luce delle loro oscurità, il loro sole e la loro luna. Quanto rispetto guadagnarono quelle case attraverso la lotta coraggiosa dei loro abitanti che più di una volta avevano innalzato il bianco vessillo duosiciliano sui loro balconi, accogliendo festanti i “briganti” liberatori. Quanto furono profumate quelle mura dalle virtù di quella gente, dalla loro resistenza benedetta che aveva bandito da esse il padano oppressore. Il coraggio dei loro abitanti le aveva rese superiori a qualsiasi reggia! Esse erano fiere dei loro abitanti, ma il destino si dimostrò invidioso nei loro confronti e le lasciò sole e abbandonate.

Oggi i muri demoliti sono immersi nella tristezza e le stanze desolate piangono silenziose il loro dolore in quella solitudine ormai secolare.

 Restava solo il ricordo della compagnia e della luce di quelle persone. Ecco, quella porta murata e annerita dal fumo dell’incendio forse è quella che aveva visto nascere e farsi giovinetta Concettina Biondi, figlia di Nicola, quel padre che ebbe la più grande sventura che un padre può avere: vedere violentare ed ammazzare la sua figlioletta davanti ai suoi occhi, per mano di barbari ed arroganti conquistatori che poi uccisero anche lui e il resto della sua famiglia.

Ora quella casa indossa una ormai sdrucita veste di lutto per aver perso la sua Concettina. Un poeta, passandoci dinanzi, intingendo il dito nella fuliggine nera e luttuosa che ancora la copriva, versò lacrime in abbondanza e recitò:

 “Passo davanti alle case di Pontelandolfo, ma non le ritrovo come quando erano abitate. Vuoti i loro occhi, che guardano al cielo, chiuse le loro porte, senza più il calore e la vita dei suoi sfortunati abitanti. Che Iddio abbia sempre in grazia queste case e i loro antichi padroni che oggi non ci son più ad abitarle. La loro uccisione ha umiliato i Duosiciliani e gli effetti di tale viltà sono ora palesi. I figli di Pontelandolfo riempiono il mondo, ma hanno lasciato desolato il loro focolare. La vista di queste case morte è diventata la piú grande sofferenza, la piú grande disgrazia per i cuori. Il sole è impallidito in queste contrade malate e persino la terra si è turbata per quel martirio lontano!”

Addio, Pontelandolfo! Ormai sono anch'io figlio tuo, e come tanti altri tuoi figli, per un anno ancora ti lascio, ma con la promessa di tornare a trovarti il prossimo 14 agosto, se Iddio vorrà!




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