Eleaml


Atti parlamentari

CAMERA DEI DEPUTATI — SESSIONE DEL 1866

TORNATA DEL 12 GIUGNO 1866


Scarica il testo in formato ODT o PDF

INTERPELLANZA DEL DEPUTATO LUALDI 

SUL CORSO FORZATO DEI BIGLIETTI.

PRESIDENTE. Nella seduta di ieri annunziai alla Camera che l'onorevole Lualdi aveva inviato al banco della Presidenza una domanda d'interpellanza in questi termini:

«Il sottoscritto desidera interpellare in via d'urgenza l'onorevole signor ministro delle finanze se, e quando, e quali misure intenda adottare per menomare le odierne disastrose conseguenze del corso forzato dei biglietti di Banca.»

Allora il signor ministro non era presente alla seduta, quindi non potè dire se e quando intendesse rispondere a quest'interpellanza. Lo prego a dichiararlo adesso.

MINISTRO DELLE FINANZE. Mi pare che in questa seduta mattutina ci sia ancora del tempo; così, se la Camera crede risponderò anche al momento.

PRESIDENTE. L’onorevole ministro accetta, e se la Camera non fa difficoltà, do la parola all'onorevole Lualdi.

LUALDI. Signori, all'apparire del decreto il quale stabiliva


3029

il corso forzato dei biglietti di Banca, io mi sono detto a me stesso: questa misura, quantunque legale, e scaturisca dai pieni poteri finanziari cui la Camera, per l'entusiasmo alla guerra, che si deve combattere, ha creduto di accordare, mi sembra essere stata troppo precipitosa, e dovere riuscire rovinosa alle finanze e all'economia del paese.

Però siccome il provvedimento era uscito col carattere di estrema urgenza, ho temuto che forse nei miei apprezzamenti mi sbagliassi, e mi sono taciuto.

Tuttavia non nasconderò alla Camera che fin d'allora ero rimasto impressionato dal fatto che alcuni giorni prima dell'apparire di questo decreto, nelle varie città d'Italia, tra cui citerò Milano, si comperavano i pezzi da venti lire con aggio, allegandosi che questa incetta si voleva fare in previsione del prossimo acquisto dei bozzoli il quale in un determinato tempo dell'anno suole essere eseguito con oro.

Quindi, io parlo francamente, tra questa incetta preventiva, e il decreto del corso forzato, io ci ho veduto un nesso; locchè mi ha fatto ritenere e oggi ne sono persuaso ancora più d'allora, che la misura del corso forzato era già stata antivenuta e probabilmente sollecitata da chi ci aveva interesse, e per non parlare con ambagi, poiché la posizione in cui oggi noi ci troviamo esige che non si facciano reticenze, dirò che mi trovai essere perfettamente d'accordo colla generale opinione, la quale subito ravvisò che questo decreto tendeva a salvare la Banca sarda, così detta nazionale, dagl'imbarazzi, in cui forse, per operazioni che essa pel bene suo aveva creduto fare, e che probabilmente non erano rimaste nei confini a lei tracciati dal suo statuto, si sarebbe necessariamente trovata e per impedire inconvenienti ad altri istituti che si trovavano intromessi nel movimento della Banca.

Io quindi avrò caro che l'onorevole ministro delle finanze, non per rispondere a queste mie supposizioni, ma per acquetare un sentimento d'inquietudine abbastanza generale, ci dicesse se da quanto il Governo necessariamente deve conoscere, si sente di potere certamente darci l'affidamento che l'esercizio delle operazioni della Banca sarda, come erano state stabilite dallo Statuto, siano state tutte in regola, sicché noi oggi possiamo riprometterci che quest'istituto di credito risponderà effettivamente, pelle condizioni della sua situazione al compito suo ed all'assunto importantissimo di cui il Governo lo ha recentemente incaricato. Poiché qui anche giova osservare che la Banca, la quale si dovrebbe ritenere legalmente retta dallo statuto. del 1861, per i decreti ministeriali del 1865 era stata facoltizzata ad accrescere il suo capitale ed estendere le sue operazioni. Ora non so ancora se questi furono o non furono posti in esecuzione; la Camera ricorderà che allo studio degli uffici era stato posto il progetto di legge che tendeva a trasformare quella Banca sarda nella Banca italiana, e che gli uffici e la Commissione,


portando un contrario avviso sull'opportunità di questa concentrazione in un istituto solo, erano venuti in un'opinione opposta, opinione che non si concretò ancora in relazione a cagione del decreto 1° maggio.

Dunque noi oggi ci troviamo nell'incertezza, noi abbiamo un istituto di credito, il quale per effetto di quel decreto 1° maggio è stato aiutato colla scorta e colla cooperazione di altri istituti, ma noi non abbiamo davanti a noi un istituto, la cui esistenza sia legalmente netta e completa, ed i cui obblighi siano ben determinati; ed io credo sia necessario che sotto questo rapporto siano dati degli schiarimenti di tal natura da far conoscere al pubblico italiano con quale portata di mezzi quest'istituto adempia i suoi impegni.

Fatta questa premessa, non è necessario che io dica dell'aggio che ha l'oro in confronto dei biglietti di Banca. Tutti sappiamo che quest'aggio è andato crescendo, e che in questi ultimi giorni ha assunto delle proporzioni veramente disastrose. Io credo che sotto questo rapporto sarà difficile di impedire maggiori inconvenienti, poiché il valore della carta dipende dalla fiducia, e la fiducia non si può imporre, bisogna saperla inspirare. Se le condizioni nostre sieno tali da poter ispirare a tutti i contribuenti questo sentimento che la carta debba essere riguardata come un rappresentante vero effettivo del numerario, lo lascio al giudizio della Camera.

Quello che mi preme di far rimarcare alla Camera, sono gli effetti disastrasi del corso forzoso dei biglietti della Banca e del conseguente aggio che ha il numerario metallico.

Io credo che se anche il movente del decreto 1° maggio fosse stato unicamente il concetto di dare il modo al Governo di avere questo prestito di 250 milioni dalla Banca, ancora la misura sarebbe stata non studiata così, come, secondo me, sarebbe stata infausta al nostro paese.

Noi in Italia non abbiamo avuto precedentemente l'educazione da istituzioni di credito le quali diffondessero nelle abitudini dei cittadini i biglietti, e l'opinione che si dovessero ritenere come rappresentanti effettivi e interi del valore monetario.

Noi abbiamo scelto proprio il momento il più cattivo per avviare il nostro paese in questo esperimento, cioè abbiamo scelto il momento in cui necessariamente in qualunque nazione il credito è alquanto scosso, un momento in cui i timori sorgono a combatterlo ed a renderlo scabroso.

Che è avvenuto? È avvenuto che precisamente questa misura ci ha colto quando il Governo, per provvedere alle somme necessità del momento ed ai bisogni urgenti dell'esercito, ha dovuto ricorrere a svariati e molteplici acquisti.

È che il Governo in tutti questi acquisti non solo ha pagato la differenza tra il valore della moneta metallica ed il valore della carta, ma ha dovuto anche pagare le differenze messe in conto dal timore, dalla paura e, direi anche, dall'esagerazione.


3030

Perché i somministratori si credono autorizzati a ritenere che, quando rientreranno nell'importo delle somministrazioni, i biglietti per circostanze fortunose della guerra potrebbero avere -un aggio accidentale del 50 e del 60 per cento; quindi fanno conti larghi, e fanno pagare al Governo tutto quel danno che potrebbe esserci procacciato dagli avvenimenti meno favorevoli. Io non credo peccare di esagerazione asserendo che, secondo i calcoli da me fatti, il nostro Governo, oggi stesso tutto calcolato, deve spendere quasi tre milioni al giorno. Dico tre milioni tra gli acquisti di materiali, viveri, ecc. Se questo mio calcolo non è errato, in ultima analisi, il Governo verrà a pagare, per effetto del corso forzato, quasi un milione di più al giorno; vorrei ingannarmi, lo desidero di cuore, ma pur troppo sto in questa persuasione. Ora io domando, quando l'effetto di una misura simile si risolve in questo partito disastroso per lo Stato, non è essa da annullarsi?

Continuando molti mesi in questa situazione per l'effetto dell'oscillazione della fiducia e del credito intorno a questa carta che abbiamo disseminato, e che dissemineremmo in quantità maggiore, se pur procederemo avanti, con questo tristo palliativo di aver ricorso alle Banche col corso forzoso dei biglietti, senza che ce ne accorgiamo avremo aggravato il debito dello Stato di una somma rilevante.

Ma non basta considerare gli effetti dannosi che può avere il Governo e lo Stato, per gli acquisti di tutti i generi a cui è tenuto di provvedere; bisogna tener conto anche di tutte le perdite che si sono create nelle economie domestiche, in tutti i rami di commerci e di industrie, avvegnaché questo deprezzamento della carta, colla quale la legge ha autorizzato il pagamento di tutti i crediti, la fortuna delle famiglie ha subito una diminuzione del 15, del 20 per cento.

Inoltre per l'incertezza del corso forzoso della carta, è accaduto che gran parte dei commercianti e degl'industriali non hanno più potuto o voluto far contratti a pagamento protratto. Non potendosi più dare luogo a questa maniera di pagamento a respiro, del quale il commercio ha l'abitudine (e le abitudini del commercio non si possono facilmente mutare), molti industriali han dovuto ridurre il lavoro di metà, e forse saranno costretti a cessarlo del tutto; di qui licenziamenti d'operai.

Negli scorsi giorni la Camera ha compiuta la discussione molto difficile dei provvedimenti finanziari, i quali hanno avuto per iscopo di aumentare le rendite ordinarie dello Stato d'una somma di più di 100 milioni. Ebbene; credo che per ciò che riguarda la tassa sulla ricchezza mobile nel 1867, in conseguenza di questa rovina prodotta dal corso forzoso delle banconote, verrà meno più della metà del suo provento presunto. Non ci saranno infatti né leggi, né legislatori che potranno obbligare il commercio e l'industria che avranno perduto, a pagare una tassa che si ha a percepire sui redditi.


Farò notare un altro inconveniente. L'istinto che porta ogni commerciante dal più alto al venditore di commestibili a stare in guardia perché non accada che nell'esercizio del suo mestiere, abbia delle perdite, farà sì che man mano e senza che ce ne accorgiamo, il vivere della popolazione andrà rincarando. . ! (Rumori — Ehi ehi) Signori, non c'è ne eh ! né oh! è un fatto che già oggi si verifica: ho premesso prima che se tutto il male si limitasse a che ciascun venditore potesse in ogni giorno accontentarsi della differenza reale che c'è in quel giorno stesso tra il corso della carta e quello delle valute effettive, ancora si potrebbe ritenere che non fosse senonché una questione di reciproca compensazione; ma dal momento che la natura stessa di codeste operazioni commerciali esige che tra lo sborso e l'incasso passi di necessità un tempo indeterminato, ne viene che chiunque non vuole arrischiare di soggiacere a certa perdita, si prenderà un margine troppo elevato nelle contrattazioni, locchè tornerà sempre a danno delle povere popolazioni.

Io capisco che forse ora non parrà il momento opportuno per entrare in queste questioni, ma, in fin dei conti, io credo che il male che io denunzio, e sottopongo alle riflessioni della Camera, andrà vieppiù aggravandosi n«i. giorni venturi; io credo sdebitarmi di un dovere di coscienza, per quanto antipatico e disgustoso in questi momenti, e sarò ben lieto e felice, se gli avvenimenti futuri saranno per darmi la più formale smentita. (Bene!)

Bisogna anche considerare un'altra conseguenza: finché il numero dei biglietti di Banca era limitato, ed essi erano cambiati in contanti alla Banca, era naturale che, entro un certo periodo di tempo, dovessero tutti presentarsi sotto gli occhi di quello stesso istituto da cui erano emanati; ma ora, avendo tolto il cambio in contanti, ed avendone aumentata la quantità, noi possiamo e dobbiamo temere che le contraffazioni delle banconote potranno essere fatte su più larga scala, in quanto che questa contraffazione avrà un maggiore incentivo dalla maggiore facilità di poter sussistere senza che sia scoperta tantosto.

Io prevedo che mi si obbietterà contro questa idea che non giova mettere lo scoraggiamento; ma noi dobbiamo veder di fronte gli inconvenienti a cui andiamo incontro. (Rumori)

Una voce. Li vediamo.

LUALDI. Ebbene, se li vediamo, rimediamoci. (Rumori, interruzioni)

PIROLI. Proponga i rimedi.

LUALDI. Io odo delle interruzioni; mi spiace che la lontananza non le abbia lasciate giungere ai miei orecchi.

PIROLI. Proponga i rimedi.


3031

LUALDI Signori, io credo che per venire a proporre dei rimedi, bisogna prima dimostrare che vi sia il male; senza conoscere il male, la Camera non vorrà ammettere rimedi, perché i rimedi sono gravi, a seconda della gravità e dell'entità del male. Il mio rimedio, o signori, è radicale. Io non mi acqueto alle mezze misure; io non mi contento delle misure in penombra. Il signor ministro Berti, rispondendo ieri all'onorevole nostro collega il marchese di Rorà, diceva che il Governo per favorire le piccole transazioni e venire a sollievo dei piccoli bisogni, si proponeva di stampare una grande quantità di biglietti da 10 lire, e credo, per intanto, di mettere in giro anche dei francobolli che rappresentassero piccole somme. Per me vi sono contrario recisamente, per la ragione che ho enunciata poc'anzi, e che pare abbia sollevato il disgusto da quei banchi. Sono contrario a tutto ciò che può facilitare la contraffazione. (Mormorio)

Io per me mi augurerei che il signor ministro riconoscesse la gravità di questi inconvenienti di varia natura che sono venuto accennando, e di altri che per brevità e convenienza tralascio di enumerare completamente.

Io dico: facciamo l'imprestito forzato (Movimenti) di 600 milioni, in paese, al 6 per cento, al pari, pagabile in sei rato mensili, e restituibile in dieci anni... 

VENTURELLI Domando la parola per una questione pregiudiziale.

LUALDI... e, se occorre sia garantito; io non indico adesso la modalità, questo sarebbe il compito del Governo; quando la Camera entrasse in questo concetto, proporrei che questo prestito avesse una speciale garanzia per esempio sui beni ecclesiastici, e dovesse staccarsi da tutti i prestiti fatti precedentemente; avrebbe il carattere di un prestito di guerra, e mercé gl'incassi che se ne conseguirebbero, si darebbe mano a liquidare gli sborsi che la Banca ha fatto al Governo fin qui in conto dei 250 milioni, e poi ad un'epoca da determinarsi sarebbe rimesso il pagamento dei biglietti della Banca con danaro effettivo...

SINEO Domando la parola. (Movimenti)

LUALDI... e se occorre si potrebbe far aiutare per questa operazione di credito e di prestito da tutti gli istituti di credito che ancora non sono entrati nella combinazione creata dal decreto 1° maggio, e che certo in questi momenti difficili del paese, dietro maturo esame, potrebbero benissimo prestare un concorso efficace onde rialzargli il credito, e quindi concorrere a fare abolire il corso forzoso delle banconote.

Io comprendo che a questa mia proposta si farà una obbiezione assai grave; si tratta di annullare, [di distruggere ciò che si è attivato da poco; ma io credo che davanti all'esperienza tristissima di questo mese, noi possiamo benissimo riconoscere che fra i due mali, questo sarebbe il minore; le nostre popolazioni non sono fatte per avere in questo momento il corso della carta,


e credo che ogni contribuente sarà contento di sopportare questo prestito forzoso per la sua parte, piuttosto che ogni giorno, ogni ora, essere nell’incertezza riguardo al limite della perdita che può fare.

11 prestito forzoso sarebbe distribuito per provincie e per comuni, ed io crederei che le Commissioni già istituitesi ed ancora in funzione per le diverse tasse, per le cognizioni che hanno potuto acquistare sulla capacità individuale, potrebbero giovare molto alla equa distribuzione di questo prestito, ed opino che se il Governo facoltizzasse, per parte dei privati, la consegna delle argenterie, non la rendesse obbligatoria, ma la facoltizzasse, a conto delle somme che dovrebbero pagare, io credo che una grande quantità di cittadini ne farebbero volentieri l'offerta, ora che forse sono inutili, forse sono esposte ad essere depredate, così sovverrebbero i mezzi onde coniare, non dei francobolli o dei biglietti di Banca, ma delle buone valute. Si è detto che non vi è più danaro in Italia:

Io non ne sono persuaso. Il danaro è uscito in parte d'Italia per la speculazione che si è voluto fare dai banchieri di comprare l'imprestito nostro a Parigi; ma, siccome il nostro prestito si riavrà dal corso depresso in cui oggi si trova, così potrà ancora formare argomento di esportazione, e far introitare il danaro.

Ma poi quando apparve il decreto che stabilì il corso forzoso delle banconote, è accaduto che quasi tutti i-privati, i piccoli commercianti, hanno creduto minor male di sobbarcarsi a quella perdita del 3 o del 4 per cento, ed hanno messo da parte il danaro. Se domani uscisse

Il decreto che togliesse il corso forzoso, vedreste ancora apparire nella circolazione il numerario che adesso quasi pare non esistere più. E tanto più questo denaro sonante vi sarebbe, perché una gran parte delle spese che oggi si fanno dal Governo e si continuerebbero più tardi, si fanno e si farebbero nel paese, e quindi il numerario vi rimarrebbe ancora.

Io quindi conchiudo osservando che la guerra alla quale noi stiamo per andar incontro, potrà essere, e lo desidero di cuore, potrà essere breve, ma potrebbe essere lunga, e noi dobbiamo fin d'oggi essere disposti a questa eventualità.

Se adunque la guerra può essere lunga noi dobbiamo curare che essa sia pagata al vero suo costo e non esageratamente: non dobbiamo rovinare la fortuna dei privati, ma dobbiamo possibilmente cercare di risparmiar loro dei gravami, delle perdite da cui non ha vantaggio alcuno lo Stato, il corso forzato fa perdere a tutti, e le casse dello Stato; non ci guadagnano nulla. Almeno chi ha una perdita avesse la consolazione di dire: ho fatto un vantaggio allo Stato! Ma no, chi guadagna in questa tristezza di cose sono gli aggiotatori che si aiutano scambievolmente, promuovono quest'aggiotaggio artificioso, e fanno sì che per cambiare, ad esempio, un biglietto di mille lire in biglietti da cento lire si debba perdere l'otto, il nove, e fino il dieci per cento.


3032

Del resto la cosa ha assunto delle proporzioni così evidenti che non credo valga più la pena di fermarvisi sopra.

Dico adunque che a parer mio rimedio radicale sarebbe di rivenire da questo corso forzato; però qualora la Camera e il Ministero non dividessero questo mio modo di vedere io udirò volentieri dal signor ministro quali sono i provvedimenti che egli crede di attuare, per vedere almeno di rendere meno disastroso quest'aggiotaggio, e minori le difficoltà nelle quali ci troviamo.

MINISTRO PER LE FINANZE. Non dissimulerò alla Camera che sono molto imbarazzato a rispondere all'onorevole Lualdi, perché alla prima parte del suo discorso non posso, alla seconda non debbo. Mi spiego.

È assai difficile rispondere alla prima parte del discorso dell'onorevole Lualdi, perché egli ha enumerato uno per uno gl'inconvenienti del corso forzato, e fra questi uno ne indicava, certamente innegabile, cioè, che il biglietto di Banca non si può più realizzare in danaro, e da questo fatto, che significa il corso forzato medesimo, egli ha fatto dipendere molti altri mali.

Alcuni onorevoli deputati lo interrompevano, egli credeva, per opposizione, e gli altri dicevano, perché sono cose evidenti, perché non merita la pena di dire quelle cose che sono necessariamente connesse ai fatti lamentati dall'onorevole interpellante; ed io medesimo sarei strano uomo se volessi sostenere che il corso obbligatorio dei biglietti non portasse nessuna conseguenza nociva. Ci sono degli effetti necessari di questa misura; è inutile indicarli, è inutile enumerarli, e voi specialmente che li conoscete meglio di me, sapete che in date circostanze, in dati luoghi, talvolta anche per fatti estrinseci, questi effetti possono essere maggiori o minori. Spetta allora al Governo di vedere quali sono queste cause concomitanti che possono in certe circostanze esagerare il male, e quando le ha rintracciate e conosciute, bisogna vi ponga rimedio per quanto è a sua disposizione.

Oggi senza dubbio il corso forzato è accompagnato da certi inconvenienti che possono essere di mano in mano eliminati o scemati; oggi il corso forzato, oltre ai suoi inconvenienti necessari può incontrarne altri i quali dipendono da cause estrinseche, che non è a disposizione di alcun Governo di potere correggere. Oggi tutti avvertono, a cagion d'esempio, la mancanza dei biglietti di Banca di taglio inferiore a lire 100; questa mancanza produce necessariamente un certo disquilibrio nella circolazione, la quale si traduce in un aggio di carta a carta che è certo uno degli inconvenienti accidentali, di cui bisogna rintracciare la causa e correggerla.

Ebbene, io posso assicurare la Camera che il Governo in questi giorni non si è poco preoccupato di questo inconvenienti, ha preparati tutti i mezzi perché scomparisca interamente, ed ha già in pronto dei mezzi provvisori per riescirvi al più presto possibile.


I mezzi principali erano quelli di far preparare la carta e la stampa di questi biglietti, e non è da credersi che ciò si possa fare in pochissimi giorni. Materia già preparata ce n'era poca, e quella poca si è già tradotta in biglietti. L'altra è in via di preparazione, e prossimamente si potrà cominciare a battere tal quantità di biglietti della forma ordinaria, che sopperirà al bisogno che generalmente si sente. Ma siccome per far ciò si richiede necessariamente del tempo, già un provvedimento provvisorio è stato preso per sopperire temporaneamente a questa mancanza di biglietti.

Quanto poi agli effetti accidentali, che in aggiunta agli effetti naturali del corso possono sperimentarsi, ma che pendono da cause generali, mi pare che l'onorevole Lualdi abbia addebitati questi effetti a cause tanto lievi, che non potrebbero direttamente produrli. Quando scoppia in tutta Europa una crisi di cui la simile non si trova se non risalendo a molte decine di anni indietro; quando la florida, la potente, la ricchissima Inghilterra vi dà lo spettacolo d'un naufragio così grande delle sue istituzioni di credito, non è da dire che l'incetta che l'onorevole Lualdi crede si facesse in Lombardia di pochi napoleoni d'oro, sia la causa che produsse l'immenso effetto del corso forzato in Italia, ch'è uno di quegli effetti che derivarono da tutte quelle cause che prepararono l'immensa crisi che oggi agita l'Europa. (Bene!) E sappia l'onorevole Lualdi che colui che in questo momento ha l'onore di parlare alla Camera, se non fosse stato ridotto alle ultime estremità che lo strinsero a dare il corso forzato ai biglietti, egli vi avrebbe resistito; vi avrebbe resistito la sua coscienza; vi avrebbero resistito le sue profonde convinzioni teoriche che ha acquistate durante lunghissimi anni di studio; e quando egli ha ceduto alla necessità delle cose, creda l'onorevole Lualdi che questa necessità non gli era imposta da quelle meschinissime cause che furono da lui accennate, alle quali avrebbe avuto forza e coraggio abbastanza per resistere.

Quanto poi alla domanda se il Governo sia sicuro che la Banca nazionale, che ha messo in circolazione i biglietti, osservi i suoi statuti, osservi la legge, rispondo all'onorevole Lualdi, che nulla ho omesso per parte mia onde invigilare appunto su quest'osservanza della legge e degli statuti. Posso anzi assicurare l'onorevole Lualdi che nella seconda metà di aprile, debbo pur dirlo, la Banca nazionale si è prestata molto, e per quanto erano i suoi mezzi, onde alleviare quella crisi, la quale era così grande che ci ha travolti tutti. Io medesimo, signori, nell'interesse del Governo, ho esperiti tutti i mezzi più vicini alla straordinarietà per tentare se mai potessi ovviare al corso forzato; e quando Banca e Governo sono venuti alle ultime estremità, allora solamente mi sono indotto a sottoscrivere il decreto del corso forzato, dopo aver avuto i poteri necessari, che voi accordaste al Governo, quando già vedevate che la necessità delle cose doveva spingerlo ad adottare questo provvedimento.


3033

L'onorevole Lualdi crede che vi siano molti rimedi, ed egli ha indicato un prestito. Certamente questi rimedi generali si affacciano alla mente di tutti; ma come il Parlamento diede facoltà al Governo di raccogliersi, di meditare e di adottare questi provvedimenti, non è il caso che si abbiano a discutere.

PRESIDENTE. Ha la parola l'onorevole Panattoni.

VENTURELLI. Ho domandato la parola per una questione pregiudiziale.

PRESIDENTE. La questione pregiudiziale non dà diritto a parlar prima degli altri, dà soltanto diritto a porla ai voti prima delle altre proposte. D'altronde è questione d'un solo oratore, dopo il quale la parola sarà a lei.

PANATTONI. Io non mi figurava quando ho domandata la parola, che la questione prendesse un allargamento così vasto. Io non devo entrare, né credo convenienza pubblica che si entri in questo tempo in una disputa, la quale ricade sotto poteri straordinari del ministro; egli solo che ne ha anche i mezzi, è attualmente in grado di porre in bilancia il da farsi.

Quindi non è su questo che io farò parola. La responsabilità del Governo, e le intenzioni che lo debbono animare in momenti così supremi, ci devono far pensare che il Governo sarà quanto noi impegnato a far il meglio possibile, secondo le attuali difficoltà.

Io voleva solamente esprimere all'onorevole ministro un desiderio di molto minore entità, ma che importa egualmente alla quiete del pubblico.

Altra volta io ebbi occasione, e fu poco dopo il decreto del 1° maggio, di richiamare l'onorevole ministro sugli sconcerti che hanno fatto argomento dei reclami d' ieri, ed anche di stamane, e segnatamente sulle inquietudini che genera lo smodato, e, dico anche, procace abuso dell'aggio.

Questo disordine è ormai sentito e convenuto da tutti; sicché è superfluo che io mi trattenga s£li esso. Sopratutto mi giova incoraggiare l'onorevole ministro intorno a quegli espedienti che egli può prendere, valendosi del diritto eccezionale che oggi governa la presente materia, e perché segua gli esempi storici per trovar modo di mettere un discreto confine a questo aggiotaggio. Io sono amico di tutte le libertà, e particolarmente di quelle del commercio e dell'industria; ma sono poi nemico della licenza, ossia non ammetto quella libertà che giunge tant'oltre da degenerare in pubblico disordine.

Badiamo, signori, che, per una esagerazione dei riguardi economici, noi abbiamo avute altre volte gravi perturbazioni, essendosene abusati gl'ingordi oltre i limiti della popolare pazienza. Anco il nostro paese, e la nostra città che abitualmente è così tranquilla serban luttuosi ricordi di pubbliche commozioni, che furono provocate dai monopolii e dagli eccessi della incetta e dell'aggio.


Non vorrei invocare un esempio che è troppo grave, e che non ricorderò se non come un riscontro della fatta esperienza, cioè l'esempio della repubblica francese. Essa fu obbligata al corso forzato della carta-moneta, e questo corso produsse in alto grado gl'inconvenienti che voi tutti intendete, e che bene ha notati l'onorevole ministro. Ma la repubblica non rifletté, e si credé obbligata ad armare la legge del corso forzoso di alcuni mezzi repressivi di straordinaria energia. Non intendo dar per tipo imitabile le leggi dell'anno III e IV; poiché furono trasmodanti come tutti quei provvedimenti che si prendevano in quell'epoca.

Ma qualcosa v'è da fare; e bisogna pur farlo; non fosse altro, per titolo di sicurezza e di quiete pubblica. V'è il rischio che s'impazientiscano le popolazioni, dovendo spendere quotidianamente, e dovendo quotidianamente trovare inciampi per il cambio della carta, e soffrire un eccesso di avarie per parte d'improbi speculatori: e lasciando perdurare il guaio v'è il caso che nascano lamentabili perturbazioni. Credesi che possa bastare la diffusione dei fogli di Banca da 10 lire: ma che? Si è fatta subito una illegale incetta anche di codesti fogli, per trarne un mezzo di più ad inceppare il cambio delle valute, ed a mantenere difficile e costoso il corso, del numerario. Ma è egli consono, che s'imponga il corso forzato dei fogli di Banca, e che si tolleri un sequestro imposto dagli usurai su quella stessa carta minuta che doveva agevolare il corso?

Pertanto io termino, facondo un eccitamento agli onorevoli ministri, acciocchè studino un mezzo per riparare. Quando la Camera ha dato loro pieni poteri, affinché potessero far colare nelle casse pubbliche il danaro occorrente pei bisogni dello Stato, ha consentita una tale facoltà che doveva perturbare tutti i privati interessi. Ma appunto per questo la Camera dava implicitamente ai ministri anche la facoltà di prendere tutti quei provvedimenti, che dovevano tendere a scemare gli inconvenienti di questa grave misura. Se il corso è forzato per l'universalità dei cittadini, bisogna che lo sia in modo, da essere anche forzato a carico di coloro, i quali abusano della pubblica disgrazia e delle pubbliche necessità.

Quindi, mentre non nego che si possa disputare nei tempi ordinari e secondo la legge comune, se sia lecito introdurre mezzi repressivi, o almeno stabilire remore e comminare multe contro questa specie di speculazione; sono però intimamente persuaso, ed amo dirlo alla Camera, al Governo e al paese, che quando siamo nelle necessità e sotto una crisi, e quando furono conferiti poteri straordinari, questi poteri devono essere opportunamente adoprati. E ben inteso che ciò si faccia nei modi che saprà usare prudentemente il Governo; ma nel caso attuale, in qualche guisa gli straordinari poteri devono essere adoprati, e precisamente in guisa da tutelare nel medesimo tempo i privati interessi e l'economia generale.


3034

LA PORTA. Comprendo, signori, che ogni crisi ha le sue naturali conseguenze; comprendo che il corso forzoso deve produrre degl'inconvenienti, né credo questo il momento di dire al signor ministro delle finanze che la crisi non è venuta improvvisa, che vi erano molti segni del suo progresso, del suo imperversare; il signor ministro delle finanze, meglio d'ogni altro, potea sapere, tra la lotta delle sue resistenze, con quali mezzi dovea prepararsi al corso forzoso; né gli dirò quali provvedimenti egli doveva adottare il giorno in cui vi ricorse; nel momento attuale, che cosa si può dire al signor ministro delle finanze, quando la Camera lo ha investito di poteri straordinari per far fronte alla situazione presente? Gli si potrebbe dire che come straordinari sono i poteri conferitigli, straordinaria è la sua responsabilità; ma ciò lo sa pur troppo la Camera, lo sa il paese, lo sa il Ministero stesso.

Mi limito quindi a dire che in questa straordinaria responsabilità sta racchiusa la vita del paese, che questa straordinaria responsabilità vai quanto un esercito; che questa straordinaria responsabilità se non ha sanzione nelle nostre leggi, ne ha però una terribile nel paese, il quale potrà domandar conto al ministro del modo col quale avrà adempiuto al compito suo, e tale conto che non ammette replica!

M'affido all'avvenire, e prego Dio, nulla potendo sapere, di illuminare il ministro delle finanze sui provvedimenti che sarà per emanare.

PRESIDENTE. L'onorevole Sanguinetti ha domandato la parola per una mozione d'ordine.

SANGUINETTI. Rinuncio a prolungar la discussione, e, non essendovi proposta di sorta, domando la chiusura onde si vada avanti nella discussione delle materie che sono all'ordine del giorno.

VENTICELLI. La proposta c'è.

PLUTINO AGOSTINO. Domando la parola.

PRESIDENTE. Se deve continuare la discussione, debbo dar la parola all'onorevole Servadio. (Rumori.)

Voci. Ai voti! ai voti! La chiusura!

TOZZOLI. Domandò la parola contro la chiusura.

SERVADIO. Prego la Camera d'un poco di quella tolleranza ch'ella suole usare...

Voci. Ai voti! ai voti!

PRESIDENTE. Mi rincresce, onorevole Servadio, ma essendo chiesta la chiusura, debbo domandare s'è appoggiata.

Voci. Ha cominciato a parlare, bisogna che finisca.

PRESIDENTE. Domando se la chiusura è appoggiata.

(È appoggiata.)

Essendo appoggiata la porrò ai voti dopo che abbia finito di parlare l'onorevole Servadio.


SERVADIO. Dirò poche parole. Signori, la [situazione finanziaria è gravissima e tutti lo sanno; lo è forse molto più di quello che ci immaginiamo. (Rumori)

Mi spiace un poco di vedere l'intolleranza in alcuni membri della Camera che non vogliono sentire che si dicano certe verità le quali non sono perfettamente conformi colle loro viste; io li prego almeno di usare un poco di quella calma che dovrebbe distinguere i vecchi deputati dai novizi, e per conseguenza io, appartenente a questa ultima categoria vorrei che la Camera usasse meco un po' di riguardo e ini lasciasse esprimere francamente le mie idee, cosa impossibile fra tanti rumori e interruzioni.

Voci. Ma su, andate avanti! Parlate! Meno preamboli!

SERVADIO. Entro subito nell'argomento, direi quasi spaventato da questa intolleranza.

Il paese ha bisogno di provvedimenti serii ed energici: è inutile farsi illusioni e sperare vanamente. L'onorevole La Porta diceva che tutta la gran responsabilità cade sul ministro, ed io credo che all'onorevole ministro con tutta la sua scienza, che ne ha moltissima, non dispiacerà sentire una qualche mia idea che sostengo esser pratica, e che vorrei veder attivata o presa in seria considerazione per prevenire mali più gravi.

Molte voci. Fuori l'idea...

SERVADIO. Or dunque è indispensabile prendere dei provvedimenti per il cambio dei biglietti, ma non con delle vaghe e indeterminate misure, come accennava il ministro delle finanze, ma con delle misure pronte ed energiche; credo pure che potrebbe prenderci una iniziativa anche la Camera, cioè: obbligare la Banca nazionale e gli altri istituti di credito al cambio dei biglietti grandi in piccoli... (Ohi ohi)

Un momento; far coniare nel più breve tempo possibile delle monete anche di un saggio inferiore di quelle in corso (tumori), cosa che impedirebbe la esportazione della moneta.

Prendere dei provvedimenti sopra gli aggiotisti...  (Interruzioni— Voci. Parli! parli!) sopra gli aggiotisti; sono quelli che fanno nelle pubbliche vie il cambio della moneta, e ciò potrebbe farsi col dare una patente ai cambi a valute facendo loro pagare una tassa.

L'onorevole Panattoni diceva, che in momenti eccezionali si possono prendere anche delle misure eccezionali.

Ecco perché a me sembra che la misura da prendere sarebbe quella, come ho accennato, di conferire una patente a coloro che vogliono fare il cambio della moneta, poiché così il Governo potrebbe vigilarli, e non permettere che il cambio dell'oro e dell'argento si facesse nelle strade e in una misura così straordinaria e smodata. (Conversazioni)

Economicamente parlando, il signor ministro potrebbe rispondermi, che siccome l'oro è una mercanzia come tutte le altre, non si può impedire


3035

che se ne faccia un commercio; però si può mitigare questo mercato scandaloso che oggi ti fn, procurando in certo modo di influire per la facilità delle transazioni e per la diminuzione del prezzo dell'oro sul mercato. (Rumori)

Signori, un poco di pazienza, e conchiudo. Sapete voi dove sta la sorgente del male che è così generalmente lamentato?

Io ve lo dirò per sgravarmi da ogni responsabilità. Il male, o signori, sta nella circolazione. La circolazione dei biglietti nel modo che è stata fatta, ci porta e ci porterà sempre più a una perdita, a uno scapito straordinario.

L'idea dell'onorevole Lualdi non è certo nuova, come ha accennato l'onorevole ministro, e forse anch'esso avrà pensato o penserà ad un imprestito per fare entrare del danaro nelle casse dello Stato. Però che noi vogliamo lusingarci di aver danaro per le casse dello Stato dall'estero, pare a me una cosa impossibile nelle circostanze attuali. Quando le circostanze saranno buone, allora tutti correranno dal ministro pregandolo di prendere danaro; oggi però nessuno porge quell'aiuto che dovrebbe prestare, a cominciare da quei medesimi che sarebbero nel dovere di farlo, perché nei momenti felici dell'Italia (finanziariamente parlando) l'hanno sfruttata. Ma se oggi dall'estero non è possibile aver un imprestito per sopperire alle necessità del tesoro, dobbiamo salvarci da noi stessi, e quell'entusiasmo che noi vediamo nei volontari per la guerra può svegliarsi anche nei prestatori, in quelli che vogliano soccorrere finanziariamente il Governo.

Egli è per questo che io dico, o signori, che bisogna prevedere e provvedere, nelle misure che vogliamo adottare, per evitare mali maggiori.

Si parla di un imprestito, io dico che è indispensabile, come l'ho detto altra volta. E precisamente allora quando l'onorevole Broglio lo trovava stranissimo, questo imprestito era necessario, come era opportunissimo sei mesi fà, e come è indispensabile oggi. Così si fosse fatto prima di dare il corso forzoso ai biglietti, che sarebbe stato più proficuo e più facilmente realizzabile. Ma al passato non vi è rimedio, e pensiamo al presente.

Ecco, o signori, che cosa io proporrei per ultimo, giacché da tutte le parti della Camera si insiste perché si propongano dei provvedimenti, senza permettere quella discussione calma che l'importanza di tali materie rende indispensabile.

Si faccia un imprestito garantito dai beni del clero per 750 milioni. (Rumori — Ohi olii)

Una voce. Non esistono.

SERVADIO. Lo so che non esistono in circolazione, ed è appunto per questo che vi faccio una proposta, per la quale il paese possa concorrervi, senza grave turbamento dei propri interessi.

Si chiami il paese a grandi sacrifizi, ed il paese risponderà con patriottismo pari alle gravi circostanze in cui ci troviamo.


I Francesi dicono esservi il modo di fare dei debiti per arricchire, quindi è necessario che nel trovare il modo di far prestiti senza aggravio di quelli che prestano, si provi ai contribuenti che anche quando dovessero pur contrarre un debito per prestare allo. Stato, il debito che essi contraessero sarebbe utile per loro.

Si faccia l'imprestito in diverse categorie; si faccia una prima categoria che, annunzio io fin d' ora, sarà pagata assai difficilmente, e forse da nessuno, in danaro effettivo: la seconda categoria dovrebbe esser pagata e in biglietti di Banca e in rendita dello Stato; la terza categoria dovrebbe esser pagata con prestazione di ipoteca su beni stabili tanto da parte di corpi morali, che di società e di privati.

Io domando a molti di questi signori, a tutti...  (Rumori)

Domando perdono: l'Italia ha la sua più grande ricchezza in beni fondi.

PRESIDENTE. Prego di non interrompere l'oratore, prego l'onorevole Servadio a stare nei limiti dell'argomento, senza divagarsi a fare un largo piano finanziario.

SERVADIO. Io ho proposto un imprestito nel modo che credo debba e possa farsi, e ciò perché la Camera ha insistito perché si accennassero le misure da adottarsi al presente.

Mi si dirà che è impossibile il farlo, perché non vi sono in paese 500, 600, o 700 milioni in circolazione nelle condizioni attuali; ed io ripeto che il sapere del legislatore e dell'accorto finanziere è di domandare ai cittadini ciò che possono fare, e certo essi possono concorrere col loro credito a guarentire quello dello Stato. Signori, se domani a me si dicesse: prestate 20 mila lire, io non sarei in condizioni di prestarle, e mi troverei molto più imbrogliato che se mi si dicesse: date un' iscrizione ipotecaria fosse anche di 500 mila lire; e così credo che sarebbero tutti. (Conversazioni)

Così ammesso quando il Governo potesse riunire per 500 milioni d'iscrizioni di privati, esso potrebbe agevolmente fare sulle medesime un'emissione di biglietti circolanti, che sarebbero garentiti non dal solo credito del Governo, ma eziandio da un'ipoteca fondiaria.

Questo biglietto al quale si darebbe il corso forzoso, non potrebbe ragionevolmente essere soggetto a grande oscillazione, e pertanto la differenza fra questo e l'oro sarebbe limitatissima.

Signori, io vorrei che la Camera, se lo crede, prendesse in considerazione queste mie idee. Io mi farei un dovere, se così si volesse, di dare maggiori spiegazioni intanto mi pare si potrebbe, tanto per la mia, come per altre proposte che si presentassero, nominare una Commissione di due o tre individui...  (Rumori)

Una voce al centro sinistro. Mai più Commissioni.

PRESIDENTE. Lascino che faccia una proposta, e finiamo.


3036

SERVADIO...  i quali assieme al ministro di finanze prendessero tutti i provvedimenti che sono reputati necessari per scongiurare possibilmente la crisi gravissima che perturba il paese...

PRESIDENTE. La parola spetta al deputato Venturelli.

Voci. La chiusura! la chiusura!

PRESIDENTE. Avverto che vi sono anche altri sei inscritti. (Rumori e voci. La chiusura! la chiusura!)

VENTURELLI. Io propongo la questione pregiudiziale, tanto sulla proposta Lualdi quanto su quella dell'onorevole Servadio. Sono proposte formali quelle che essi hanno fatte. Sotto il pretesto di un' interpellanza si è parlato di tutt'altro fuori di quello che può formare materia d'interpellanza.

LI UDÌ. Domando la parola.

SERVADIO. Domando la parola per una dichiarazione.

VENTURELLI. Sonosi fatte delle proposte per le quali l'art. 41 e seguenti del regolamento indicano il modo in cui si deve procedere. Non è, come diceva testé l'onorevole Servadio, domandando alla Camera che prenda in considerazione la sua proposta, che può procedersi in tal caso; bisognava presentarla per iscritto al banco della Presidenza perché fosse trasmessa agli uffici, e quando vi siano tre degli uffici che consentine la lettura, allora solamente è permesso di svilupparla alla Camera, che può prenderla in considerazione.

Io dunque credo che pel momento osti la questione pregiudiziale a che si possa deliberare in alcun modo tanto sulla proposta fatta dall'onorevole Lualdi quanto su quella fatta dall'onorevole Servadio.

SERVADIO. Domando la parola per una dichiarazione.

PRESIDENTE. L'ho iscritto per darle la parola per una dichiarazione, ma prima di lei ci sono sette altri iscritti. (Rumori)

L'onorevole Venturelli ha proposto la questione pregiudiziale contro le proposte fatte dagli onorevoli Lualdi e Servadio, ma io debbo avvertire la Camera che non ho né proposta Lualdi, né proposta Servadio. Quindi non e' è bisogno di questione pregiudiziale da opporvi.

SERVADIO. Domando la parola per uno schiarimento In proposito.

PRESIDENTE. Ma se non c'è proposta da mettere ai voti... 

LUALDI. Domando la parola per un fatto personale. (La chiusura! la chiusura!)

PLUTINO AGOSTINO. Domando la parola contro la chiusura.

PRESIDENTE. Parli contro la chiusura.

PLUTINO AGOSTINO. Signori, noi ci preoccupiamo tanto di un così tristo fatto quale si è quello dell'aggiotaggio. In due provincie del regno d'Italia l'aggiotaggio

fu fatto sparire per incanto; io prego il signor ministro delle finanze di prendere quelle stesse determinazioni che si sono prese a Napoli... 


PRESIDENTE. (Interrompendo) Non parli di provvedimenti, parli contro la chiusura.

PLUTINO AGOSTINO. E siccome si vuol chiudere la discussione, spero che la Camera non lo farà prima che io abbia enunciati questi fatti, e mi lascierà terminare. . (Ilarità)

Voci. Ai voti! ai voti!

PLUTINO AGOSTINO. Voglio annunziare dei fatti; epperciò mi oppongo alla chiusura.

Voci a sinistra. Parli! parli!

PRESIDENTE. (Con forza) Perdoni, non è questo il modo di opporsi alla chiusura della discussione. Ella deve dire: io mi vi oppongo, perché ho dei fatti importanti da annunziare al Ministero ed alla Camera; ma se ella comincia coll'annunziare i fatti, non parla contro la chiusura, continua la discussione, e così forse si fa superiore alla volontà della Camera.

Dunque, essendo stata appoggiata la chiusura, io la pongo ai voti.

Chi l'approva è pregato d'alzarsi.

(Dopo prova e controprova la chiusura è ammessa.)

L'onorevole Lualdi ha chiesto la parola per un fatto personale; è pregato a dichiarare in che questo consista.

LUALDI. L'onorevole ministro delle finanze ha concluso la sua risposta dicendo che se egli si era risolto al corso forzato, era per obbedire a imperio se necessità (Rumori) e non già per obbedire a sentimenti e ad idee meschine che io gli aveva attribuite.

Io non so se abbia sempre la disgrazia che il signor ministro delle finanze... 

PRESIDENTE. Perdoni, onorevole Lualdi, sento già che il signor ministro dichiara... 

LUALDI. Se l'onorevole ministro avesse posto mente... 

PRESIDENTE. Abbia pazienza, ma quando il presidente la richiama a qualche avvertenza, mi pare che Ella debba sospendere immediatamente il suo discorso. Se poi ciò che il presidente dice non le sembra giusto, ella ha diritto di appellarsi alla Camera.

Or bene l'onorevole ministro non ha detto quello che forse le è sembrato di udire. Il signor ministro mi domandava appunto la parola per fare questa dichiarazione.

Quindi cessa ogni argomento di fatto personale,

Signori! Non vi è nulla da porre ai voti. Le proposte debbono essere inviate al banco della Presidenza; io non ne ho ricevuta alcuna; perciò dichiaro sciolta la seduta.

L'adunanza è levata alle ore 12 1/4.






vai su









Ai sensi della legge n.62 del 7 marzo 2001 il presente sito non costituisce testata giornalistica.
Eleaml viene aggiornato secondo la disponibilità del materiale e del Webm@ster.