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GLI ULTIMI BORBONI
AL COSPETTO DELL'ATTUALE LIBERTÀ D'ITALIA

RISPOSTA
ALLE LETTERE NAPOLITANE
PUBBLICATE DA PIETRO C. ULLOA
PER

L’AVV. VINCENZO ALBARELLA D'AFFLITTO

BARI
DALLA TIPOGRAFIA NAZIONALE DÌ V. DE NINNO

1865
ALLA MEMORIA
DI MIO AVO VINCENZO
MIO PRO-ZIO GIUSEPPE
E MIO PADRE GIAMBATTISTA
TUTTI DAL 1799 AL 1859
VITTIME
DEI BORBONI DI NAPOLI
QUESTE PAGINE
CONSACRO

Nota. Nel 1799 Vincenzo esiliato e Giuseppe condannato a morte Giambattista perseguitato nel 1821, emigrato dal 1851 al 1860.

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PARTE PRIMA

I BORBONI DI NAPOLI

I.

Un libro che pochi conoscono, che assai pochi àn letto e che più pochi ancora curano in Italia e fuori, pel 1865 col titolo Lettres Napolitaines per Pietro C. Ulloa, marchese di Pavale e Rotondella, si pubblicava in Roma dalla tipografia del loiolista periodico la Civilta Cattolica. Codesto libro nel quale la menzogna e la impudenza trovansi elevate a grado di regola ed a dignità di principio, fornisce a noi la occasione di pubblicare una onesta parola, onde il dardo avvelenato della più vile calunnia, scoccato contro gli uomini e le cose ne rimanga spuntato, ed acciò sull'autore ricada finalmente l’inesorabile giudizio della pubblica opinione. È vero, il tacerne, il non rimescolare in quella fetida melma, il non istrappare dal dorso di quell’autore il mantello intessitosi con incomposte filamenta di borbonismo e murattismo, sopra falsa orditura di pelo di volpe, il risparmiare al mondo un tale spettacolo di oscenità, è vero, sarebbe stato miglior proposito, così condannando al disprezzo ed autore e libro; ma poiché quelle lettere sono indirette in massima parte a personaggi riconosciuti capi del partito retrivo di Europa, i quali a differenza dell’autore non sono i continuatori della razza dei traditori, ma sono, nel principio che propugnano e svolgono, franchi e leali, il tacere sarebbe stato accidia; ed il non dichiarare poi che i così detti borbonici non combattono né per amór di dinastia, né per il principio tirannico che quella rappresenta, e che codesti arteggiano siffattamente in birba unicamente per sé e pel loro ventre; il non dichiarar tutto questo sarebbe delitto. E però è a voi uomini del mondo retrivo che noi dirigiamo queste pagine, e non già colla speranza che voi nausenati della decrepitezza della vecchia Europa, vogliate essere inoculati alla vigoria della nuova; ma con la certezza che voi quanto avversar! al sistema libero e popolano, per tanto uomini onesti, stigmatizzerete colla pubblica coscienza l’inverecondo attentato.

II.

Pietro Carlo Ulloa, ardente carbonaro nel 1820, per delitto di maestà incarcerato nel 1821, il quale denunziante i suoi compagni di sventura riscuoteva per prezzo del tradimento un carico in magistratura, e che nel 1848 per tema di perdere il prezzo di Giuda si dichiarò caldo partitante di libertà; ma che nel 1849 ritornò pubblicamente al mestiere che non aveva mai abbandonato, a quello della spia, sicchè fu acerrimo reazionario e fra gl’iniqui giudici fu iniquissimo nelle condanne e nei processi politici. Pelchè nel 1860 con decreto del 16 settembre fu destituito dal carico di Consigliere della Suprema Corte di Giustizia, in omaggio alla pubblica opinione; questo Pietro C. Ulloa, diciamo, che fu tanto sfacciatamente traditore, osa dichiarare con arte di pseuda diplomazia al cospetto dell’Europa civile, che la dinastia dei Borboni di Napoli è caduta pel fatto del tradimento dei liberali. Vile e calunniatore! Vile perché scrive da Roma, calunniatore perché egli sa che la dinastia borbonica è caduta sotto il peso del tradimento sì, ma proveniente dei suoi satelliti, di cui egli Ulloa è stato ed è ancora attualmente un traditore (1).

Dall’insieme della presente pubblicazione sarà dimostrato flagrante il tradimento, e poiché l’epoca intelligente del secolo XIX richiede che non dal fenomeno ma bensì dal perché del fenomeno si desumesse la ragion del fatto, noi consideriamo. come la insaziabile disonesta cupidigia d’impero della dinastia borbonica, alimentata e non mai disfamata dalle male arti di quei cortigiani che infami per interessi e vili per coscienza con iniquo studio disseminando in una corte stupida e balorda l’orrendo seme del sospetto e facendovi quivi germinare la paura, pungeva tanto la libidine di regno che lo scettro assoluto mutava in verga di tiranno.

(1) E tanto vero che Pietro C. Ulloa, attualmente è traditore dei Borboni di cui è Presidente del Ministero, inquantochè, nella perquisizione domiciliare eseguita in casa del Barone Cosenza a Napoli dall’autorità di Pubblica Sicurezza, si rinvenne fra le altre lettere una col seguente brano che trascriviamo, sul conto dell’Ulloa, diretta da un cospiratore borbonico al Cosenza in Boma. Dal seguente brano si rileva come Io stesso partito borbonico lo dichiara traditore. Ecco il brano:

Potete dubitare che sia nato e slattato murattista cotesto presidente del Ministero? Non lo à egli confessato nel suo opuscolo? Nol conferma la sua corrispondenza parigina? Non lo conferma il sacrifizio a voi dato per sacrificare la causa? Se dalla sua conoscenza si sottraggono opere e persone è plausibile: il contrario nulla oltre il sacrifizio del tutto.








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