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Riceviamo e pubblichiamo

Il testo sul Mezzogiorno

del governatore della Banca d’Italia Antonio Fazio

Premessa di Nino Gernone

A tutt’oggi la nomina del governatore di Bankitalia è su decisione del governo e dal Consiglio superiore della Banca d’Italia, quest’ultima espressione dell’insieme delle banche italiane e delle assicurazioni. I banchieri e gli assicuratori decidono il nome del governatore e lo propongono al Consiglio dei Ministri, al ministro del Tesoro e al presidente del Consiglio che a loro volta sottopongono un decreto al presidente della Repubblica che lo rende esecutivo.

Il governatore resta in carica a vita ma è prevista nella futura riforma un mandato a termine. Chiaramente il governatore è espressione dei rapporti di forza nel Paese ed esprime da sempre quella dei gruppi dominanti, solitamente i governatori hanno buoni rapporti o ne fanno parte – è il caso di Ciampi in passato governatore –con la Massoneria del Paese, vale a dire l’organizzazione nazionale della borghesia italiana che con la Confindustria e il Governo rappresenta il Sistema. Fazio è per certo simpatizzante dell’Opus Dei tant’è che se ne ricorda la presenza alla messa per le vittime papaline della Breccia di Porta Pia ma nello stesso tempo riesce ad essere in equilibrio con la Massoneria tant’è che si è parlato di una via libera in passato per la sua nomina a Presidente del Consiglio.

E’ sorretto dai poteri forti ma anche da ex – democristiani, da parte dell’imprenditoria meridionale, in un disegno che si oppone alla Lega con i suoi ministri nordisti: una battaglia a colpi bassi sempre nelle logiche per pochi del Potere. Fazio afferma che siamo un paese di banche grandi e d’aziende nane (eccezion fatta per le oligarchie famigliari), e ancora: " "Le iniziative di fusioni e aggregazioni tra imprese implicano un’attenta analisi dei mercati e una valutazione delle sinergie produttive; devono partire dagli imprenditori.

Sono necessarie forme di organizzazione societaria e strutture finanziarie più evolute. Nella cooperazione tra gruppi di aziende, ai fini dell’applicazione delle nuove tecnologie, un ruolo importante può essere svolto dall’Università". Non è un mistero a proposito delle università le sue amicizie con alcuni rettori.

Detto questo dalla lettura dei dati tecnici sul Mezzogiorno nella relazione Fazio, emergono tutti gli aspetti coloniali del rapporto Nord – Sud: occorre partire da questi dati per una presa di coscienza sempre più diffusa che smuova i meridionali da ogni passività che li costringe a subire i giochi di potere internazionali e nazionali.

Nino Gernone maggio 2004

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IL MEZZOGIORNO
di ANTONIO FAZIO
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Il carattere dualistico del sistema economico italiano, attenuatosi fino agli anni settanta, grazie agli elevati investimenti nelle regioni meridionali in infrastrutture e nei settori di base attuati con l’intervento straordinario, si è di nuovo accentuato negli ultimi decenni.

Al Centro Nord è localizzato l’85 per cento della capacità produttiva industriale. Le condizioni ambientali, le distanze dalle regioni ricche dell’Europa, la carenza di efficienti reti di trasporto rendono la produzione del Mezzogiorno meno competitiva di quella delle regioni centrali e settentrionali.

Le conseguenze si ritrovano in un più basso tasso di occupazione in una più alta disoccupazione in una quota elevata di attività sommerse e di lavoro irregolare.

Il rapporto tra investimenti fissi e prodotto ha oscillato al Nord dalla metà degli anni novanta tra il 18 e il 20 per cento; nelle regioni del Mezzogiorno è stato in media più elevato di un punto percentuale. I consumi finali interni delle famiglie e delle Amministrazioni pubbliche raggiungono nel Mezzogiorno il 97 per cento del prodotto dell’area; sono il 74 per cento al Centro Nord.

Nelle regioni meridionali le importazioni che provengono in misura preponderante dalle altre regioni italiane eccedono le esportazioni per un importo di oltre 50 miliardi di euro. Lo sbilancio pari al 18 per cento del prodotto dell’area è solo in minima parte compensato dal saldo del turismo.

Il riequilibrio avviene per opera della pubblica Amministrazione la spesa essendo sostanzialmente correlata al numero degli abitanti e le entrate più che proporzionali rispetto al reddito.

Il saldo di parte corrente della bilancia dei pagamenti del Mezzogiorno è prossimo all’equilibrio; non c’è accumulo netto di debito delle regioni meridionali.

Attraverso l’attività di impiego e di raccolta il sistema bancario convoglia un afflusso netto di fondi nelle regioni meridionali anche se di entità limitata; le dipendenze di banche del Centro Nord impiegano nel Mezzogiorno più di quanto raccolgono nell’area. Il fenomeno si è sviluppato negli anni più recenti.

Elevati sono i trasferimenti di capitale attraverso i bilanci di imprese del Nord che effettuano investimenti produttivi nelle regioni del Sud. Gli investimenti delle imprese industriali con 50 o più addetti nel 2001 sono stati pari a 35,1 miliardi di euro per 6,3 miliardi localizzati nel Mezzogiorno ma di questi soltanto 2,4 miliardi sono stati realizzati da imprese con sede nell’area.

Gli occupati del settore privato nel Mezzogiorno secondo il censimento del 1996 facevano capo per oltre il 12 per cento a imprese con sede al di fuori dell’area.

Il costo del lavoro rende il prodotto delle regioni meridionali poco concorrenziale a causa delle minore produttività dovuta a diseconomie esterne. Gli aiuti pubblici non colmano il divario con il resto del Paese.

Il tasso di disoccupazione, in riduzione rispetto agli anni precedenti, era nelle regioni meridionali all’inizio di quest’anno del 18,6 per cento, a fronte del 4,2 nel Nord Ovest, del 3,7 nel Nord Est e del 6,9 al Centro. Il tasso di occupazione della popolazione in età lavorativa era del 43,2 per cento al Sud, del 58,4 al Centro, del 63,7 al Nord.

In Europa il tasso di occupazione supera il 64 per cento.

Tra gli occupati elevatissimo è nel Mezzogiorno il numero degli irregolari, fino alla metà del totale in alcuni rami di attività.

Si è riattivato negli anni più recenti un consistente flusso netto di emigrazioni verso il Centro Nord.

Le potenzialità di sviluppo del Mezzogiorno, proprio per il più basso livello di partenza, per la vitalità demografica, per un’abbondanza di forza lavoro giovanile, più aperta all’apprendimento delle nuove tecniche e delle professionalità richieste da una economia moderna, sono, in un ottica di medio termine, più elevate di quelle del Centro Nord.

E’ modesto in relazione alle risorse l’apporto del turismo. Nel Mezzogiorno le entrate turistiche sono state pari a 9,5 miliardi di euro nel 2001, a fronte di 50,2 al Centro Nord. E’ necessario valorizzare le vocazioni industriali e tecnologiche avanzate che già oggi emergono in alcune aree.

Da un innalzamento del ritmo di sviluppo delle regioni meridionali può trarre vantaggio anche l’economia del Nord, caratterizzato da un forte invecchiamento demografico e da un divario ampio e crescente tra capacità di risparmio e possibilità di investimento.

Il decentramento e il federalismo fiscale non possono prescindere dagli intensi legami civili, sociali, economici tra le grandi aree del Paese.

Devono mirare allo sviluppo dell’economia nazionale nel suo complesso.

Antonio Fazio

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Sta in Antonio Fazio "L’economia italiana" pp. 13 -15, articolo pubblicato dalla rivista di "Studi economici e sociali" luglio – settembre 2003 pp.5-15, rivista trimestrale del Centro Studi "G. Toniolo", Pisa.

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