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Riceviamo e volentieri pubblichiamo

MIO COGNATO

di Alessandro Piva

Visto da Nino Gernone

La trama del film

Bari, gli anni Duemila. Toni detto "Il professore" (Sergio Rubini) vive d'imbrogli e truffe a contatto con la malavita locale e Vito (Luigi Lo Cascio), piccolo borghese ingenuo della Bari perbene, sono cognati e vanno poco d'accordo; divisi tra la vita caotica e dai mille incontri dello sgargiante Toni e quell'ordinaria, ministeriale e tranquilla di Vito. Durante i festeggiamenti per il battesimo del figlio di Toni, Vito subisce il furto della sua automobile nuova e Toni si offre, sollecitato dalla sorella Anna (la moglie di Vito) di andare a cercare l'automobile del cognato. Inizia il viaggio fascinoso fino a tutta notte in automobile di Toni e Vito per le strade della Bari popolata da loschi figuri…

"Mio cognato" segue il felice esordio cinematografico con La Capagira di Alessandro Piva. Nel precedente lungometraggio girato in stretto dialetto barese con l'interpretazione protagonista di Paolo Sassanelli, fu mostrata al pubblico italiano e internazionale (la pellicola fu premiata anche a Berlino) in tutto il suo degrado la vita di alcuni spacciatori e delinquenti dei quartieri popolari di Bari. In quel felice inizio in barese stretto e autentico (Sassanelli è attore italiano ma affonda le sue radici familiari nei vicoli della Corte San Pietro, nella zona antichissima della Cattedrale di Bari), non fu usato l'idioma ridicolizzato, servile e commercializzato di Lino Banfi, ma il suono duro - pungente - aspro così come la vita dei protagonisti; con la colonna sonora, il ritmo delle immagini e dei dialoghi, l'atmosfera notturna che hanno reso La Capagira un cult nella filmografia degli ultimi anni.

In questa seconda prova, con un budget e sponsor qualificati, con attori da anni affermati - Sergio Rubini è ormai una sicurezza e garanzia sia come attore che da regista, Lo Cascio si conferma protagonista di primo piano -, e con alcuni caratteristi locali ben diretti, in una storia ben congegnata, con la colonna sonora e i testi musicali appropriati, Piva e il suo staff hanno fatto ancora centro: sin dai primi fotogrammi iniziali con le riprese panoramiche che dall'alto si estendono dal molo antico e nuovo a tutta la città, si legge un abbraccio di attenzione e sensibilità all'umanità rappresentata, non a caso ripetuto nelle scene finali; abbraccio, incontro - ascolto, riabbraccio: il rito dell'amicizia. Lo staff di Piva è riuscito a sfuggire ai mille condizionamenti e personaggi limitati e limitanti, rassicuranti ma soffocanti della cultura provinciale barese per leggere con distacco rispettoso uno spaccato di vita meridionale.

La scenografia che fa da sfondo al racconto cinematografico è quella della nostra Bari, con il suo porto, il Fortino borbonico del Belvedere affacciato sul mare, le sue antiche mura medievali, i quartieri popolari Japigia, San Paolo, Barivecchia con le sue viuzze, la periferia di mare del quartiere Libertà, il mitico Faro e la zona marinara che va a San Cataldo che a noi ricorda sempre la bellissima poesia di Antonio Nitti - con Abbrescia e Lopez tra i poeti popolari baresi più sensibili - che Pasolini con grand'affinità riversò in italiano nella sua famosa antologia dialettale del '900….

 

Al vespro

A vrespe


Come si stringe il cuore
guardando il mare
nell'ora in cui il marinaio
scende a pescare;

quando dietro lo Specchio
il vespro, pian piano,
si distende e va lontano
la luce a tormentare;

nell'ora in cui si tinge
di fuoco San Cataldo,
quando scompare il calore
davanti all'Avemaria.


A uno a uno allora,
le pene e i dolori,
le lacrime e le punture
ti sembra di sentire.


Come se strenge u core
acchiamendanne u mare
a l'ore c'au marnare
ascenne a pezzecà;

acquanne drete a Specchi
u vrespe, chiane chiane,
se stenne e va lendane
la lusce a termendà;

a l'ore ca se tenge
de fueche San Catalde,
quanne sparesce u ccalde
nand'a l'Avemmarì.

A june a june tanne,
le pene e le delure,
le larme e le pendure
te pare de sendì.


La vicenda si basa ancora una volta sulla delinquenza locale con i vari gruppi organizzati, il loro linguaggio legato ai bisogni immediati e materiali, un mondo rozzo, violento, che involgarisce tutto: finanche il gioco popolare antico da osteria "u Zumbarìdd" proposto - a chi tocca in sorte beve birra - era più gioioso nel passato, nelle osterie antiche era l'occasione per bere vino in compagnia.
E ' il sottoproletariato fuorilegge, notturno della provincia del basso impero americano moderno il protagonista dei film di Piva; umanità che pur oscurando e soverchiando i costumi e quell'ingenuità sprovveduta dei poveri (un personaggio di contorno a un gruppo malavitoso ci ha ricordato queste figure baresi a noi care), eppur intrecciato con i poteri politici amministrativi locali, non ci farà dimenticare quel che a ragione il critico cinematografico e sceneggiatore televisivo Rulli coautore della serie " La Piovra" ci disse con gran meraviglia nel 1980, mentre lo accompagnavamo tra le viuzze di Bari vecchia: " Sembra di essere in un romanzo di Gabriel Garcia Marquez, quanta solitudine e attesa in questi visi …".
Ebbene noi siamo ancora in attesa dei narratori e registi che raccolgano e inventino anche queste storie dei baresi più miti, con il loro dialetto antico eroso dai tempi, i loro visi: quella poesia che pur affiora e che aspetta altri lettori culturali e politici. Eppur qualche timido segno si avverte: le mille iniziative e i libri a difesa delle Tradizioni e Memorie curati dal circolo Acli diretto da Michele Fanelli nella città vecchia, il libro Capatosta di Beppe Lopez edito da Mondadori, il regista Francesco Lopez con la sua società per il casting e la produzione www.ozfilm.it che collabora alla realizzazione dei film di Rubini, Piva e di altri: e lo stesso Lopez sta girando un atteso cortometraggio sul quartiere Libertà; il regista Vito Giuspotenza che ha realizzato un interessante cortometraggio sulla traslazione nel 1087 delle reliquie di San Nicola- protettore della città e della Russia - da Myra (Turchia) a Bari recitato in stretto dialetto e con un intenso bianco e nero, dando luce a visi e espressioni tipiche in un contesto storico millenario. L'arrivo di San Nicola fu immortalato dal gran poeta dialettale Francesco Saverio Abbrescia nella prima metà dell'800:

 

PE LA FESTE DE LA MENUTE DE SANDA NECOLE DA MIRE A VARE
di Francesco Saverio Abbrescia

PER LA FESTA DELL'ARRIVO DI SAN NICOLA DA MYRA A BARI


Vijne vijne, Tatà buene,
Vijne, Amiche de Gesù:
Vijn'a ddà la palandene
A l'amate figghie tù.

Benedisci cijl'e mare,
La cambagne e la cità:
A la misere marnare
Uelde n'ecchie de piatà!

Mendagnole, allegramente
Meh! Candame ad armenì:
Vijne, Stedd' all'auriende,
Com'u Sole a 'mmenzadì.

E chemborm'jnd'u paise
T'acchegghijme 'mmenz'a nnù,
Tu 'nge accuegghie 'mbaravise
Sott'au sande mande tù.

Vieni, vieni, Padre buono,
Vieni, Amico di Gesù:
Vieni a dar l'abbondanza
Agli amati figli tuoi.

Benedici cielo e mare,
La campagna e la città:
Ai poveri marinai
Volgi il tuo sguardo pietoso!

Montanare, con allegria
Su! Cantiamo in armonia:
Vieni, Stella d'oriente,
come il Sole a mezzogiorno.

E com'è d'uso nel paese,
Ti accogliamo tra noi,
Tu ci accogli in Paradiso
Sotto il tuo sacro mantello.

La poesia era canto recitato nell'800 dalle ragazzine baresi, vestite a montanare, nella processione di S. Nicola.
(Traduzione di Nino Gernone)

La poesia era canto recitato nell'800 dalle ragazzine baresi, vestite a montanare, nella processione di S. Nicola.
(Traduzione di Nino Gernone)

Dal Cortometraggio sulla traslazione di San Nicola, Vito Giuspotenza sta sviluppando il progetto girandone il lungometraggio tra mille difficoltà ma con l'entusiasmo del suo staff , degli attori e delle comparse tutti volontari: l'uscita è prevista a primavera del 2004.

Ma mille sono le idee da sviluppare, a Bari non mancano le Storie e le competenze. Basti citare Luciano Canfora che padroneggia come pochi al mondo la storia classica, Tucidide e La Guerra del Peloponneso; e tanti altri dall'antropologo Pesce Delfino, a Franco Cassano, a Matteo Pizzigallo, a Mario Spagnoletti, a Vito Antonio Leuzzi ecc…. Mille episodi sono da svelare che toccano i secoli antichi, normanni, quelli di Federico II e degli svevi con un viaggio mitizzato di Francesco d'Assisi a Bari, le storie angioine e aragonesi, i vicereami, il periodo borbonico che vide a Bari l'incontro tra l'ultimo re meridionale Francesco II e la mitica regina Maria Sofia - amatissima dai soldati meridionali da Gaeta nel 1861 alle trincee della 1ma guerra mondiale -; l'oppressione dei Savoia denunciata dai nostri poeti baresi, i briganti ribelli con il fedele e nobile d'animo sergente Romano di Gioia del Colle in rivolta popolare;le partenze degli emigranti, il giornale Humanitas del primo dopoguerra mondiale diretto da Delfino Pesce con Tommaso Fiore, Edoardo Pedio, Camillo Berneri, Antonio Lucarelli, il maggiore anarchico barese l'autodidatta Michele Pantaleo (ognuno di questi personaggi coinvolge altre storie): esperienza quella di Humanitas distrutta e stroncata dalle squadre fasciste che pur anche attaccarono la Camera del Lavoro difesa da Di Vittorio e dagli operai baresi; il periodo immediatamente successivo dominato dalla contrastata figura del gerarca Di Crollalanza; il secondo dopoguerra con i nostalgici monarchici e fascisti, il periodo democristiano. Per non dimenticare la presenza a Bari dell'editore Laterza promosso a livello internazionale da Benedetto Croce, e il filosofo Fabrizio Canfora con tutti gli intellettuali vicini all'editore barese. Ci sono anche i mille racconti popolari che affondano le radici anche nella Bari saracena ("La Testa del Turco "conficcata nella città vecchia, ne è un esempio; in Sicilia lo scrittore Benito Marziano ha tratto uno struggente racconto dal ricordo della presenza saracena…), le Storie popolari dei Lupi Mannari e dell'Augurio della Casa (lo spirito fantasma che vigila in ogni casa e che viene conosciuto tramite un rito antico popolare ), i libri di Tommaso Di Ciaula, i mitici contadini anarchici di Canosa di Bari (Agostino Raimo, Michele Damiano, Giacinto Di Nunno, Nunzio Caporale ecc..) e tutti i confinati baresi anarchici, comunisti, socialisti con vite e episodi che aspettano di diventare articoli, saggi, sceneggiature, corti e lungometraggi, ecc…


Concludiamo con una citazione di Pasolini che nella lettura dei nostri Dialettali osservava a proposito dei versi del barese Lopez riportati in un suo articolo:
E u cardellicchie cande allegramente

"…c'è molto di più o di diverso di quanto potrebbe far pensare la traduzione italiana: 'il cardellino canta allegramente'… tra 'cardellino' e 'cardellicchie' c'è il salto che conduce da una fredda chiarezza a una sensualità diffusa, dall'affresco, diremmo, all'olio…" (1)
Ecco il punto: noi riteniamo che pur usando tecniche internazionali si debbano utilizzare linguaggi specifici che diano la propria originalità, il proprio sapore e gusto al testo, all'immagine, al suono, all'evento culturale creato.

Siamo fiduciosi nella Bari culturalmente dinamica che progetta e realizza, che si affianca al mercato e al commercio per una sua maggiore valorizzazione e bellezza, con lo sviluppo dei laboratori creativi che affermano il Sud in Europa e nel mondo.


Nino Gernone

(1) (P.P.Pasolini, Sulla Poesia Dialettale p.111, in Quaderni Internazionali diretti da Enrico Falqui, Mondadori 1947)
MIO COGNATO
CAST
Regia: Alessandro Piva
Attori: Luigi Lo Cascio (Vito Quaranta)
Sergio Rubini (Toni Catapano)
Mariangela Arcieri (Anna Quaranta)
Alessandra Sarno (Chicca Catapano)
Soggetto: Alessandro Piva
Andrea Piva
Salvatore De Mola
Sceneggiatura: Alessandro Piva
Salvatore De Mola
Andrea Piva
Fotografia: Gian Enrico Bianchi
Musiche: Ivan Iusco
Montaggio: Thomas Woschitz
Costumi: Francesca Leondeff
Scenografia: Marianna Sciveres
Distribuito da: 01 Distribution
Prodotto da: Dada Film, Rai Cinema

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